Gazzetta n. 160 del 12 luglio 2025 (vai al sommario)
MINISTERO DELL'AGRICOLTURA, DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE E DELLE FORESTE
DECRETO 16 aprile 2025
Adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2025-2027.


IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA,
DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE
E DELLE FORESTE

Visto il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, recante «Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57;
Visto il decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, recante «Modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'art. 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38»;
Visti in particolare gli articoli 16, 17 e 18 che prevedono, rispettivamente, forme di finanziamento di iniziative a sostegno della cooperazione, dell'associazionismo, dei lavoratori dipendenti sulla base di programmi annuali e pluriennali predisposti dalle associazioni nazionali riconosciute delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura, dalle associazioni nazionali riconosciute delle imprese di pesca e delle imprese di acquacoltura, dalle organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca e dell'acquacoltura;
Visto il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 26 febbraio 2011, recante «Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie»;
Visto in particolare l'art. 2, comma 5-undecies del sopracitato decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010, che dispone: «sono destinatari degli interventi del Programma nazionale (...) relativamente alle iniziative di cui agli articoli 16, 17 e 18 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, le associazioni nazionali riconosciute delle cooperative della pesca, le associazioni nazionali delle imprese di pesca con rappresentanza diretta nel CNEL, le associazioni nazionali delle imprese di acquacoltura e le organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca e gli enti bilaterali previsti da tale contratto collettivo di riferimento del settore, i consorzi riconosciuti ed i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale»;
Visto sempre l'art. 2, comma 5-decies del sopracitato decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010, che dispone che il Programma nazionale triennale della pesca, contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca nazionali sia adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura;
Visti gli orientamenti per l'esame degli aiuti di Stato nel settore della pesca e dell'acquacoltura (C(2023) 1598 final del 17 marzo 2023) e 2023/C 107/01;
Vista la legge 8 agosto 1991, n. 267, recante attuazione del terzo Piano triennale della pesca marittima e misure in materia di credito peschereccio, nonche' di riconversione delle unita' adibite alla pesca con reti da posta derivante;
Visto in particolare l'art. 2 della sopracitata legge che demanda alla legge finanziaria la determinazione, in apposita tabella, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati per il bilancio pluriennale per leggi di spesa permanente di natura corrente ed in conto capitale;
Considerate le consultazioni con i soggetti portatori dei diversi interessi del settore in conformita' alle norme del procedimento amministrativo volte ad assicurare la partecipazione diretta degli interessati;
Ravvisata l'urgenza di procedere sin da ora all'adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2025-2027, al fine di garantire ai soggetti attuatori una congrua tempistica di attuazione dei progetti, tenuto conto della lunga e complessa procedura amministrativa, anche a livello comunitario per la valutazione di compatibilita' con il mercato comune, da attivare a seguito dell'entrata in vigore del Programma stesso, nonche' della normativa relativa al nuovo concetto di impegno, Impegno pluriennale ad esigibilita' (IPE), in base alla riforma del bilancio dello Stato, in vigore dal 1° gennaio 2019, che ha comportato dall'annualita' 2019 la chiusura delle attivita' del Programma alla data del 15 ottobre, in modo da rendicontare, controllare e disporre il pagamento dell'importo del progetto entro l'annualita' di riferimento;
Ravvisata pertanto l'esigenza di procedere sin da ora, ai sensi del sopracitato art. 2, comma 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, all'adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell'art. 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa comunitaria;

Decreta:

Articolo unico

1. Al fine di assicurare la tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e garantire la competitivita' del settore ittico, e' adottato il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2025-2027 allegato al presente decreto di cui costituisce parte integrante.
2. Per l'attuazione del Programma nazionale di cui al precedente comma, sono utilizzati gli stanziamenti allo stato iscritti nei pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste per gli anni 2025-2027 come attribuite ai pertinenti capitoli dalla legge di bilancio 2025.
Il presente decreto e' inviato agli organi di controllo per la registrazione ed e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 16 aprile 2025

Il Ministro: Lollobrigida

Registrato alla Corte dei conti il 3 giugno 2025 Ufficio di controllo sugli atti del Ministero delle imprese e del made in Italy, del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste e del Ministero del turismo, reg. n. 785
 
Allegato

Programma nazionale triennale
della pesca e dell'acquacoltura 2025-2027
(Ai sensi dell'art. 2, comma 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio
2011, n. 10)
PARTE I: La natura del Programma, lo scenario socioeconomico, la visione strategica
A. Le sfide da affrontare: cenni sullo scenario socioeconomico
B. Un riequilibrio della PCP: cambio di rotta per favorire tutela dell'ambiente e difesa del lavoro e dell'impresa
C. Dall'Europa omologante a quella delle comunita': il paradigma della glocalizzazione PARTE II: La struttura del PNT: aree strategiche, obiettivi e strumenti
A. La struttura
B. Le aree strategiche
C. Sviluppo e sostenibilita' della pesca: obiettivi
D. Sviluppo e sostenibilita' dell'acquacoltura: obiettivi
E. Competitivita' delle imprese: obiettivi
F. Strumenti
1. Ricerche e studi nell'ambito dell'obiettivo prescelto
2. Formazione
3. Promozione e sensibilizzazione
G. Monitoraggio e sistema controlli
H. Focus: La ricerca scientifica APPENDICE: Dati statistici ed economici
A. Stato delle risorse biologiche
B. La pesca italiana
1. Flotta
2. La produzione
C. Acquacoltura
1. Dati produttivi
2. Criticita' ed opportunita'

PARTE I
La natura del Programma,
lo scenario socioeconomico, la visione strategica

Il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura (PNT) e' uno strumento che mira a definire sinergie tra l'amministrazione pubblica e le associazioni di settore. Il PNT e', in sostanza, sia una guida strategica (perche' propone una visione per lo sviluppo del comparto e risponde alla domanda: cosa fare e perche?), sia un piano operativo che fornisce alle associazioni gli strumenti tattici per tradurre in concreto, sul territorio e a favore delle imprese e dei lavoratori, tale visione (e che risponde alla domanda: come farlo, con quali metodi, mezzi, misure?).
Dal punto di vista delle definizioni, a dire il vero, poco e' cambiato da quando il Programma ha visto la luce (previsto nel 2004, programmato per il triennio 2007/2009), allorche' era gia' descritto, secondo una accezione non diversa da quella che oggi lo distingue: tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca.
Tuttavia, nel tempo il Programma ha perso molte delle sue prerogative, sostituito in diversi ambiti dal meglio finanziato e piu' complesso Fondo europeo (oggi FEAMPA). Oggi il PNT rappresenta essenzialmente un supporto al mondo delle associazioni e al mondo sindacale, gli attori principali a cui spetta il compito di dare un forte impulso, tecnico, formativo, socioculturale e professionale, allo sviluppo e alla crescita. Il PNT individua proprio in queste strutture consociative gli attori; le rende corresponsabili dei processi evolutivi o di adeguamento; le investe dell'onere di accompagnare la comunita' verso il futuro e le sfide che esso pone.
In questo senso, il Programma non solo fa da corollario al FEAMPA, che resta comunque un riferimento fondamentale, ma lo completa, ne colma eventuali lacune: si tratta di una attuazione in chiave nazionale del principio di sussidiarieta' a cui l'Unione europea si ispira. A. Le sfide da affrontare: cenni sullo scenario socioeconomico
Faro indiscutibile della politica comune della pesca degli ultimi quindici anni e' stato il tema della sostenibilita' a oltranza, che ha messo gli operatori del settore ittico a tu per tu con sfide spesso particolarmente difficili, quali la transizione ecologica e l'innovazione continua delle misure di gestione. Tuttavia, gli approcci regolatori hanno fallito molti dei loro obiettivi, incrinando due dei tre pilastri su cui si regge la politica unionale, ovvero quello sociale e quello economico, determinando quote di mercato a vantaggio di altri competitor extra e intra europei che, invece, non erano ne' sono soggetti a politiche cosi' restrittive.
E infatti, negli ultimi due decenni i dati relativi all'economia ittica hanno disegnato una tendenza particolarmente negativa e determinato uno scenario critico e preoccupante. Rinviando all'appendice del documento per una analisi piu' approfondita (analisi del tutto necessaria per comprendere appieno cio' che il Programma suggerisce di effettuare) e' opportuno in questa sede rimarcare che il settore e' stato anche attraversato da una crisi di fiducia degli stessi operatori, i quali hanno troppo spesso interpretato come vessatorie o inopportune alcune misure adottate a Bruxelles e come troppo debole l'azione politica dei diversi Governi che si sono avvicendati dal 2004 in poi.
Una stasi, quella a cui si e' giunti, che ha scoraggiato gli impulsi propri dell'attivita' d'impresa, affievolito gli investimenti, frenato le nuove aziende e il cambiamento generazionale. I fondi europei che si sono succeduti hanno potuto tamponare l'eccessivo declino, ma risorse che avrebbero dovuto essere indirizzate principalmente allo sviluppo sono state in buona parte utilizzate come ammortizzatori, alla stregua di sussidi. Senza quelle risorse, tuttavia, la situazione oggi sarebbe molto piu' grave.
Con la pandemia e l'esplosione di diversi conflitti, anzitutto quello russo-ucraino, come qualsiasi altro settore anche quello ittico ha dovuto reagire alla gia' precaria situazione. Le imprese hanno subito una compressione dei livelli produttivi e dei fatturati, con ripercussioni dirette sull'occupazione. La crisi energetica, esacerbata dalla crisi tra Russia e Ucraina, e la fase post-pandemica hanno ulteriormente aggravato la situazione con un incremento esponenziale dei costi e una flessione di redditi ed occupazione. La dipendenza dal carburante si e' rivelata una vulnerabilita' critica, con un'aumentata incidenza dei costi di produzione che ha eroso significativamente i margini di profitto. L'aumento dei prezzi del gasolio, dei materiali di consumo e dei costi di trasporto ha inciso pesantemente sulle operazioni quotidiane. Intanto, nonostante l'incremento del consumo di prodotti ittici in Italia, che supera la media europea, si assiste a un paradossale incremento delle importazioni a discapito della produzione nazionale. Questo sottolinea la necessita' di politiche di sostegno mirate che incentivino la produzione locale, garantiscano la sostenibilita' del settore e promuovano un consumo responsabile. Tuttavia, uno dei motivi che determinano questo squilibrio nella bilancia commerciale del comparto e' anche l'assenza di una poderosa industria di trasformazione e conservazione del prodotto, la quale potrebbe immettere sul mercato alimenti congelati, surgelati, freschi o precotti che potrebbero aggredire la fetta enorme di mercato che al momento diversi produttori stranieri occupano.
Un aumento esponenziale dei costi di produzione, dunque, una riduzione delle catture del 25% in dieci anni, insieme a una diminuzione del 20% della flotta (del 50% in ventitre' anni), hanno portato a una contrazione del valore degli sbarchi e delle produzioni nazionali del 18%. Abbiamo perso in dieci anni 100.000 kW e 25.000 GT, una flotta enorme, pari a quella dei leader mondiali del settore ittico industriale (negli ultimi trenta anni 600.000 kW e 140.000 GT).
Inoltre, l'incremento delle importazioni (+25% in dieci anni da Paesi europei) per soddisfare la domanda interna, nonostante un aumento del consumo di pesce, evidenzia una dipendenza crescente dal mercato estero che mina l'autosufficienza nazionale.
La sostenibilita' sociale e' ugualmente compromessa: negli ultimi tredici anni la riduzione delle giornate lavorative in mare e l'aumento dell'eta' media degli imbarcati (oltre 50 anni) indicano difficolta', con una forza lavoro invecchiata e una scarsa attrattivita' per le nuove generazioni. Questo e' aggravato da un calo significativo sia di pescatori autonomi (-36%) che di dipendenti (-27%).
Le giornate medie di lavoro in mare sono 146 (nel 2005 erano 197); l'eta' media degli imbarcati e' di 53 anni, ed e' in aumento. In alcune regioni l'eta' media e' prossima ai 60 anni (58,6). B. Un riequilibrio della PCP: cambio di rotta per favorire tutela dell'ambiente e difesa del lavoro e dell'impresa
Nonostante lo squilibrio dei tre pilastri della PCP a favore delle politiche ambientaliste, il mondo della pesca ha saputo reagire nei limiti delle possibilita' concesse dalla ristretta normativa unionale rispettando il principio per cui lo sfruttamento degli stock ittici deve essere in linea con i parametri della rigenerazione degli stessi.
Questa premessa e' alla base del lavoro di formazione e sensibilizzazione portato avanti dalle varie rappresentanze associative e sindacali dei pescatori sin dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, quando il paradigma della pesca professionale e' mutato decisamente, passando dall'attrezzo migliore per catturare di piu' alle metodologie di prelievo piu' efficaci per coniugare produttivita' e sostenibilita'; lo scopo di tale cambiamento e' stato, appunto, quello di calibrare lo sforzo di pesca sulle possibilita' di assicurare un futuro riproduttivo alle varie specie ittiche oggetto di cattura, consci del fatto che una rarefazione delle risorse avrebbe inevitabilmente causato problematiche occupazionali, oltre che naturalmente ambientali.
Tradotto nella pratica quotidiana, questo irrefutabile paradigma ha portato i pescatori e le loro rappresentanze a impegnarsi in uno sforzo di adeguamento, rinnovamento e sensibilizzazione che ha disposto una serie di trasformazioni che hanno reso le generazioni dei pescatori dei nostri giorni una categoria professionale del tutto differente da quella costituita dalle generazioni precedenti. Il tutto per rispondere anche alle direttive e agli stimoli provenienti dalle istituzioni che, in una sola parola, sono riassumibili nel termine sostenibilita'.
Questo processo di rinnovamento, tuttora in atto, ha avuto varie positive conseguenze, tra le quali un ampliamento delle competenze e delle professionalita' dei pescatori ma, di contro, ha causato anche la perdita di occupati per un mutato approccio al mestiere del pescatore, che non tutti i soggetti attivi nelle varie marinerie italiane hanno accettato.
Oggi i pescatori imbarcati sono poco meno di 22 mila, di cui circa 19.000 a tempo pieno (dieci anni fa erano circa 30.000), mentre quelli che operano a terra sono oltre 100 mila, per un totale che si aggira attorno ai 125 mila lavoratori (escluso l'indotto) (1) .
La strada della sostenibilita' cosi' tracciata arriva ai nostri giorni e si amplia con gli interventi relativi alla transizione energetica, concetto che anche la flotta italiana e' chiamata a declinare, quantunque non siano ancora chiari i contorni degli interventi che dovrebbero convertire i motori dei natanti a nuove tipologie di propulsori con ridotte emissioni di sostanze inquinanti.
Un caso specifico relativo al disorientamento e all'impasse che stanno vivendo le imprese della pesca nel rapportarsi alle istanze della transizione energetica e' costituito dalle imbarcazioni che utilizzano attrezzi da traino: lo strascico, ad esempio, e' il segmento che maggiormente risente dei vincoli applicati all'impiego di motorizzazioni endotermiche, poiche' costretto a revisionare i propri strumenti di lavoro senza poter usufruire di opportunita' di investimento e sostegno finanziario per l'acquisto di propulsori piu' moderni e meno inquinanti.
E in effetti, nel quadro delle azioni da implementare all'interno del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2025-2027 si prevede di favorire la ricerca di soluzioni alternative all'utilizzo di motori a gasolio tradizionali, spingendo sull'innovazione e la progettazione di powertrain che, combinando i combustibili fossili con le energie rinnovabili, portino a una propulsione sempre piu' vicina agli obiettivi di decarbonizzazione e di contenimento delle emissioni nocive.
Ma per far questo e' necessario riflettere sull'adeguatezza delle limitazioni in atto applicate agli attrezzi da traino, al fine di promuovere una stagione di investimenti per avviare una fase nuova di collaborazione tra istituzioni e mondo produttivo della pesca, in grado di tradurre in atti concreti la richiamata transizione energetica. C. Dall'Europa omologante a quella delle comunita': il paradigma della glocalizzazione
Ci si potrebbe chiedere se il settore stia vivendo una crisi ormai endemica, affrontata non bene dalle politiche unionali e resa piu' grave da una serie di eventi esterni che hanno messo a dura prova la resistenza e la capacita' di reagire di un settore gia' fragile.
L'inefficacia dei rimedi introdotti dall'Unione europea sembra trovare origine, come detto, nella asimmetria dei tre pilastri della politica comune della pesca. La PCP ha introdotto un quadro giuridico che mira a considerare le dimensioni ambientali, economiche e sociali della pesca, ma nella pratica le misure adottate hanno spesso favorito la sostenibilita' ambientale a discapito delle altre due dimensioni, con misure volte a preservare gli stock ittici attraverso la riduzione delle catture e la diminuzione della flotta peschereccia. Queste misure, sebbene utili per la protezione degli ecosistemi marini, hanno avuto ripercussioni severe sugli altri due pilastri della sostenibilita', specialmente in Italia. Il perche' l'Italia abbia pagato un prezzo superiore agli altri paesi leader del settore e' semplice: il Paese esercita la pesca esclusivamente nel Mediterraneo. Mentre nazioni che si affacciano sull'Atlantico trovano in quella dimensione nuovi mercati e diverse possibilita', l'Italia rimane custode di millenarie tradizioni focalizzate lungo le coste tirreniche e adriatiche, lungo il canale di Sicilia e lo Ionio, e conserva una flotta di piccole dimensioni (con circa 7000 barche al di sotto dei dieci metri), ma proprio per questo non riesce a seguire, forse non puo' seguire, l'impulso globalizzante delle politiche unionali, politiche che parlano a grandi flotte piuttosto che a pescatori locali (e tutto cio' senza considerare che la pesca nel Mediterraneo rappresenta circa l'1% della pesca mondiale: aggredendo in questo modo una cosi' piccola percentuale, si crede seriamente di poter dare un contributo essenziale all'ambiente e agli stock?)
La politica comune della pesca dell'Unione europea, nonostante sia stata concepita con l'intento di uniformare e regolare la gestione delle risorse ittiche in modo sostenibile, si e' rivelata spesso un carico gravoso per le comunita' di pescatori. Queste ultime, specialmente in Italia, dove il mare e' sentito come una naturale prosecuzione della terraferma, hanno percepito le direttive europee come un corpo rigido e insensibile alle variegate realta' locali. Il mare, parte integrante dell'eredita' culturale e della sovranita' nazionale, e' stato oggetto di una cessione di competenze all'UE che ha comportato non una sinergia, ma una sorta di assorbimento dei problemi europei senza una vera e propria condivisione e adattamento alle peculiarita' italiane. Ai pescatori italiani e' sembrato di assistere alla localizzazione dei problemi europei, e non ad una europeizzazione delle crisi e delle problematiche locali. Il principio di sussidiarieta' sembra essere stato violato.
L'ingresso nell'Unione europea ha implicato per l'Italia l'accettazione di un apparato normativo che non sempre ha saputo interpretare o rispettare le specificita' territoriali. Le comunita' ittiche si sono viste imporre regolamenti che mal si adattano alla realta' peninsulare, minacciando l'economia locale e il benessere delle popolazioni costiere. Questo scenario ha posto in luce la difficolta' di trasferire pratiche e regolamenti da un contesto all'altro senza un adeguato processo di adattamento. L'approccio e' stato piu' generico e meno sensibile alle realta' locali.
La glocalizzazione emerge come una strategia promettente in questo contesto: essa propone di integrare le condizioni locali e l'esperienza empirica dei pescatori nell'adattamento delle politiche globali. L'obiettivo e' quello di armonizzare le pratiche tradizionali con le innovazioni tecnologiche e le dinamiche economiche globali, preservando al contempo l'identita' e il valore intrinseco delle comunita' locali.
E' imperativo che la politica comune della pesca dell'Unione europea evolva verso un modello piu' inclusivo e rappresentativo delle molteplici realta' culturali e tecniche che caratterizzano le sue acque. Solo attraverso un approccio piu' olistico e differenziato sara' possibile garantire il futuro sostenibile della pesca e delle comunita' costiere italiane, proteggendo al contempo l'eredita' storica e culturale che queste rappresentano.
Le risorse ittiche non conoscono confini politici ed amministrativi, per cui una politica di pesca efficace deve necessariamente avere una visione globale. Tuttavia, questa visione globale non deve tradursi in un approccio omologante che ignora le specificita' locali. La glocalizzazione significa, infatti, adattare le politiche e le pratiche globali alle realta' locali. Coinvolge l'integrazione delle condizioni e delle specifiche locali, insieme all'esperienza dei pescatori, nel calibrare le politiche globali.
Non si possono «globalizzare» le comunita' locali: perderebbero la loro natura ed i vantaggi che tradizione e cultura hanno concesso per secoli; diverso e' consolidare le ricchezze locali e avvantaggiarle con le economie di scala che si determinano a livello globale. Se si costringe il particolare a fondersi con l'universale, il locale con il globale, il tradizionale con lo standard, il risultato sara' un mondo uniforme e povero. E nessun settore come quello agroalimentare e' piu' esposto a queste dinamiche.
E' necessario adottare l'approccio suggerito dal principio della glocalizzazione, ovvero la capacita' di combinare insieme la sensibilita' globale con l'azione locale. E' imperativo che le politiche di gestione delle risorse ittiche siano informate da una prospettiva globale ma calibrate sulle realta' locali. Cio' significa integrare la conoscenza scientifica con la saggezza empirica dei pescatori che possono offrire intuizioni preziose sulla salute degli stock ittici e suggerire pratiche di pesca sostenibili.

PARTE II
La struttura del PNT: aree strategiche, obiettivi e strumenti

I criteri attraverso i quali le risorse del PNT saranno distribuite sono una diretta emanazione dei principi di cui si e' detto e delle strategie descritte. Una componente importante nell'elaborazione delle regole del gioco e' stata anche la relazione della Corte dei conti, pregna di indicazioni e suggerimenti che, laddove possibile, hanno trovato rifugio nella nuova formulazione del Programma.
Il PNT deve essere interpretato correttamente nella sua accezione di Programma, ovvero un insieme di strumenti, metodi, tecniche per raggiungere un risultato complessivo in un arco temporale definito, nel nostro caso un triennio. Se si interpreta il PNT come un percorso, e' piu' semplice comprendere come qualsiasi tappa, rappresentata dalla progettualita' che i beneficiari vorranno proporre, ha un valore immediato (ad esempio: formare il ceto peschereccio su dinamiche cogenti), e uno programmato che rendera' quella tappa (rectius: progetto) utile ai fini del risultato finale. A. La struttura
Il Programma individua tre aree strategiche che tentano di circoscrivere l'intero scenario del complesso mondo professionale a cui e' destinato. Ognuna di queste aree contempla obiettivi specifici che possono essere raggiunti attraverso strumenti trasversali, ovvero comuni per le tre aree strategiche.

Parte di provvedimento in formato grafico
B. Le aree strategiche
Sviluppo sostenibile della pesca
Sviluppo sostenibile dell'acquacoltura
Competitivita' delle imprese ittiche C. Sviluppo sostenibile della pesca: obiettivi
Lo sviluppo sostenibile della pesca e' una priorita' strategica che mira a garantire la conservazione delle risorse ittiche e il loro utilizzo responsabile, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea e dei comitati scientifici. Obiettivi
1. Nuove strategie di gestione dello sforzo di pesca:
sviluppare modelli di gestione coerenti con il raggiungimento del rendimento massimo sostenibile (MSY).
2. Conservazione degli habitat per la protezione delle aree sensibili:
identificare le aree biologicamente cruciali per la riproduzione e la crescita delle specie target.
3. Transizione energetica:
sperimentare modelli di adozione di fonti energetiche rinnovabili (eolica, solare, micro-idroelettrica).
4. Sensibilizzare il consumo responsabile di prodotti nazionali:
favorire l'utilizzo dei prodotti di pesca italiana in contesti educativi e sociali (es. mense scolastiche e catering pubblico);
coinvolgere operatori e cittadini, con particolare attenzione ai giovani e agli istituti scolastici, per promuovere la consapevolezza ambientale e sociale;
sensibilizzare i consumatori sull'origine, la qualita' e il valore aggiunto dei prodotti ittici italiani attraverso campagne mirate.
5. Migliorare la qualita' e la sicurezza dei prodotti ittici da valorizzare:
sperimentare sistemi innovativi per la tracciabilita' e conservazione dei prodotti, con l'obiettivo di aumentare la shelf-life e garantire trasparenza ai consumatori;
promuovere le produzioni locali e tradizionali ittiche per la loro valenza ecologica e culturale;
fornire informazioni chiare sull'origine e la qualita' dei prodotti destinati ai canali Ho.Re.Ca., anche attraverso sistemi di etichettatura innovativi. D. Sviluppo sostenibile dell'acquacoltura: obiettivi
Lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura rappresenta un elemento chiave per il rafforzamento della produzione alimentare nazionale, garantendo la tutela delle risorse ambientali e la valorizzazione del patrimonio culturale e produttivo del settore. Si intende creare un equilibrio tra le esigenze economiche, sociali ed ecologiche, promuovendo l'innovazione e la qualita' e sicurezza dei prodotti ed a tale scopo sono stati identificati i seguenti Obiettivi
1. Sensibilizzare il consumo responsabile di prodotti nazionali:
a. favorire l'utilizzo dei prodotti di acquacoltura italiana in contesti educativi e sociali (es. mense scolastiche e catering pubblico);
b. coinvolgere operatori e cittadini, con particolare attenzione ai giovani e agli istituti scolastici, per promuovere la consapevolezza ambientale e sociale;
c. sensibilizzare i consumatori sull'origine, la qualita' e il valore aggiunto dei prodotti ittici italiani attraverso campagne mirate.
2. Efficienza energetica e fonti rinnovabili:
supportare la produzione di energia da fonti eolica, solare o micro-idroelettrica, sfruttando le caratteristiche strutturali degli impianti di acquacoltura.
3. Migliorare la qualita' e la sicurezza dei prodotti ittici da valorizzare:
a. favorire l'adozione di metodiche di allevamento che garantiscano elevati standard qualitativi e sanitari, con particolare sostegno alla prevenzione e gestione delle malattie dei pesci, ottimizzando l'uso di farmaci veterinari e ingredienti funzionali nei mangimi;
b. sperimentare sistemi innovativi per la tracciabilita' e conservazione dei prodotti, con l'obiettivo di aumentare la shelf-life e garantire trasparenza ai consumatori;
c. promuovere le produzioni locali e tradizionali ittiche delle lagune e della vallicoltura per la loro valenza ecologica e culturale;
d. fornire informazioni chiare sull'origine e la qualita' dei prodotti destinati ai canali Ho.Re.Ca., anche attraverso sistemi di etichettatura innovativi.
4. Ridurre l'impatto ambientale delle attivita' di acquacoltura:
a. introdurre tecnologie innovative per una gestione sostenibile delle risorse idriche ed energetiche;
b. promuovere sistemi per ridurre il consumo di acqua e minimizzare l'inquinamento e l'impatto ambientale, attraverso il riutilizzo dei reflui e il trattamento degli scarti di lavorazione.
5. Valorizzare le produzioni estensive e i servizi ecosistemici:
a. realizzare progetti per il ripristino funzionale e produttivo degli ambienti estensivi (es. vallicoltura) con riconoscimento economico dei servizi ecosistemici offerti (es. sequestro del carbonio, protezione della biodiversita'). E. Competitivita' delle imprese ittiche: obiettivi
Il rafforzamento della competitivita' delle imprese del settore della pesca e dell'acquacoltura e' un obiettivo strategico imprescindibile per garantire la resilienza economica e la sostenibilita' a lungo termine. La fragilita' strutturale delle imprese richiede interventi mirati e sistemici. In questo contesto, il ricambio generazionale, la diversificazione delle attivita' e la promozione di modelli imprenditoriali innovativi e inclusivi rappresentano leve fondamentali per lo sviluppo. Di seguito si elencano i relativi Obiettivi
1. Promuovere l'associazionismo:
promozione dell'associazionismo per migliorare l'organizzazione delle imprese e facilitare l'accesso ai mercati, nonche' la corretta informazione in materia e la giusta comunicazione ed intermediazione con l'amministrazione.
2. Promuovere il ricambio generazionale e l'inclusione:
sostenere la partecipazione dei giovani e delle donne nel settore imprenditoriale attraverso l'implementazione di programmi di tutoraggio e formazione mirati a giovani imprenditori e imprenditrici, con particolare attenzione all'avvio di nuove imprese e servizi di supporto per start-up.
3. Favorire la diversificazione economica:
espandere le attivita' lungo la filiera ittica, sviluppando canali commerciali alternativi per collegare direttamente la produzione alla vendita al dettaglio;
sperimentazione e sviluppo di nuove pratiche commerciali (es. marchio condiviso);
creazione di mercati digitali e piattaforme e-commerce per favorire la vendita diretta e ridurre la dipendenza da intermediari, attraverso la digitalizzazione delle attivita' di vendita e la promozione, mediante piattaforme on-line e strumenti di marketing mirati, di modelli di consumo a chilometro zero;
promozione di modelli integrati che combinino pesca, acquacoltura e attivita' complementari come turismo ittico, vendita diretta e trasformazione dei prodotti, per aumentarne la competitivita' e la diversificazione.
4. Rafforzamento e rilancio economico delle imprese:
ridurre la vulnerabilita' del sistema imprenditoriale attraverso l'innovazione, la digitalizzazione e lo sviluppo di reti commerciali integrate;
rafforzare le capacita' di adattamento delle imprese ai cambiamenti economici e climatici, attraverso piani di gestione del rischio e piani di adattamento in caso di crisi di mercato o interruzioni della catena produttiva.
5. Nuovi modelli di economia circolare:
implementazione dei modelli di business dell'economia circolare (filiera circolare, recupero e riciclo, estensione della vita del prodotto, piattaforma di condivisione, prodotto come servizio). F. Strumenti
Per realizzare gli obiettivi connessi a ciascuna area, i soggetti attuatori potranno avvalersi degli strumenti illustrati di seguito: 1. Ricerche e studi
Lo strumento trasversale delle ricerche e degli studi scientifici e di fattibilita' e' il mezzo piu' versatile per la realizzazione degli obiettivi relativi alle aree strategiche prefissate dal PNT. L'importanza di disporre di studi continuamente aggiornati e che rispondano alle esigenze dell'amministrazione quanto del ceto peschereccio per programmare le misure di gestione nel migliore dei modi lo rende lo strumento che meglio si adatta alla realizzazione degli obiettivi del Programma. Questi ultimi, infatti, non fanno altro che individuare l'oggetto dei possibili studi che i soggetti attuatori possono decidere di sviluppare. Una scontata elasticita' sara' consentita nelle diverse annualita' nel concentrare i progetti su uno o piu' focus relativi ad aspetti specifici e di particolare interesse. 2. Formazione
La formazione rappresenta lo strumento su cui e' concessa la maggiore elasticita' di intenti. Vale a dire che la predisposizione dei corsi di formazione programmati e realizzati a favore di tutti gli operatori del settore non sara' necessariamente vincolata ad una stretta rispondenza e correlazione con i singoli obiettivi ma potra' piu' genericamente riferirsi direttamente alle tre aree strategiche. Bastera', infatti, la riconducibilita' dei corsi di formazione all'area strategica di riferimento, senza vincolare in maniera piu' stringente la formazione ai singoli obiettivi ma collegandola all'organizzazione di seguito elencata.
Organizzazione di corsi di formazione:
titoli abilitativi;
corsi di lingua;
corsi sulla sicurezza in mare;
corsi in materia di buone prassi igienico-sanitarie per il trattamento dei prodotti ittici a bordo delle imbarcazioni;
corsi in materia di trasformazione e confezionamento dei prodotti ittici a terra e a bordo delle imbarcazioni;
corso sulla corretta compilazione del log-book. 3. Promozione e sensibilizzazione
La promozione e la sensibilizzazione sono strumenti fondamentali del Programma nazionale triennale, essenziali per valorizzare il prodotto ittico nazionale, favorire il consumo responsabile e rafforzare il legame tra le comunita' locali e le risorse acquatiche. Questi interventi mirano a migliorare la visibilita' del settore della pesca e dell'acquacoltura, incentivando pratiche di consumo sostenibili e valorizzando il patrimonio culturale e produttivo legato alle eccellenze italiane.
Campagne di informazione e promozione:
programmi educativi multimediali: realizzazione di contenuti digitali e campagne sui principali media per valorizzare le eccellenze ittiche locali;
eventi tematici: organizzazione di fiere, manifestazioni culinarie e giornate dedicate al pescato italiano e ai prodotti tipici dell'acquacoltura;
testimonial e promozione locale: coinvolgimento di figure pubbliche o esperti locali per amplificare l'impatto delle iniziative;
iscrizione ad organismi nazionali e sovranazionali.
Materiali divulgativi e certificazioni:
opuscoli e guide per i consumatori: creazione di materiali informativi sui benefici nutrizionali e ambientali dei prodotti ittici;
etichettature e certificazioni: introduzione di sistemi chiari che garantiscano la tracciabilita', l'origine e la sostenibilita' dei prodotti, migliorando la fiducia dei consumatori.
Collaborazione educativa e formativa:
progetti nelle scuole: inserimento di percorsi didattici su pesca e acquacoltura sostenibili nei programmi scolastici, coinvolgendo studenti di ogni ordine e grado;
workshop per operatori del settore: seminari e attivita' formative per promuovere le migliori pratiche di produzione, valorizzazione e sostenibilita'. G. Monitoraggio e sistema controlli
Il monitoraggio dovra' poggiare:
sulla condivisione dell'attuazione del Programma, nell'ambito del Tavolo istituzionale, che vede la partecipazione di rappresentanti dell'apparato governativo centrale e degli enti locali in senso complessivo, che annualmente monitora l'attivita' svolta, ivi inclusi i risultati positivi e le criticita' attuative;
sulla produzione di rapporti di sintesi rappresentanti lo stato di avanzamento dei programmi a cadenza predefinita nei documenti attuativi;
sulla consultazione costante tra l'amministrazione e gli operatori del Comparto nazionale pesca e acquacoltura, attraverso le loro associazioni nazionali ed i tradizionali canali della comunicazione e dell'informazione, sia in seno al Tavolo consultivo centrale per la pesca, sia in occasione dell'organizzazione di eventi mirati, aperti alla partecipazione di esperti e tecnici della materia e dell'amministrazione;
sulla valutazione del grado di soddisfazione partecipativa e funzionale all'attuazione del Programma nazionale da parte degli operatori del settore della pesca e dell'acquacoltura. H. Focus: La ricerca scientifica
Un ruolo fondamentale per la crescita del settore della pesca e dell'acquacoltura assume la ricerca scientifica.
Gli sforzi e le risorse impiegate negli ultimi anni hanno consentito al nostro Paese, attraverso le sue strutture di ricerca pubbliche e private, di costruire una base dati completa e fruibile da parte della comunita' di amministratori e ricercatori: cio' e' ancora oggi essenziale per la determinazione degli obiettivi operativi e gestionali che incontrano le istanze e soddisfano i bisogni degli operatori del comparto.
In linea generale la ricerca scientifica dovra' essere promossa per raggiungere obiettivi di sostenibilita' delle attivita' che hanno impatti sugli ecosistemi acquatici e sulla biodiversita', nonche' per supportare la transizione digitale di tutti i processi afferenti al settore. La conservazione della biodiversita' e' essenziale per la durata nel tempo delle attivita' economiche della pesca: solo assicurandone la preservazione e lo sfruttamento nel rispetto di alti standard di sicurezza e qualita' del prodotto si potra' avere una pesca vitale nel futuro. La sostenibilita' e la transizione green, infatti, sono centrali nella predisposizione di ogni intervento.
Il conseguimento di risultati di rilievo scientifico piu' mirati potra' essere costituito dalla elaborazione di modelli di variabili biologiche ed economiche per la osservazione degli standard di qualita' e sicurezza alimentare del prodotto ittico, nel rispetto delle caratteristiche tipologiche delle singole specie e a tutela della preservazione e della ricostituzione degli stocks. Sara' quindi essenziale prevedere la diffusione, anche in formato semplificato e sintetico, dei risultati di tali indagini, per consentire non soltanto agli addetti al settore, ma all'opinione pubblica in generale di poter venire a conoscenza delle condizioni della «risorsa blu» e di poter contribuire al dibattito sulle necessita' di bilanciamento tra preservazione dell'ecosistema e sfruttamento sostenibile del prodotto ittico.
In particolare, la nuova programmazione vuole seguire l'evoluzione delle scienze della pesca per disporre delle migliori evidenze e dei piu' avanzati strumenti di controllo e previsione per verificare gli impatti delle misure sullo stato delle risorse e per avere elementi indipendenti a supporto delle posizioni assunte in sede europea e nelle relazioni tra amministrazione ed operatori.
In tal senso il processo di modernizzazione della pesca deve considerare la promozione degli strumenti della societa' dell'informazione che evidenzia la necessita' di uno sforzo diffuso per la digitalizzazione del sistema, in coerenza con l'indirizzo pubblico nazionale di potenziare e sostenere la transizione digitale dei processi.
In tal senso le innovazioni della ricerca per la definizione di «letture sintetiche delle attivita' di pesca negli spazi marini», la definizione di sistemi di controllo remoto su base di dati raccolti in tempo reale, la pianificazione spaziale di pesca e acquacoltura, e l'elaborazione di modelli bioeconomici per valutare gli effetti delle misure tecniche sulle realta' sociali ed economiche, possono rappresentare una serie di pilastri su cui appoggiare la digitalizzazione del sistema pesca italiano. Questo, tra l'altro, consentira' di valorizzare il potenziale di conoscenza e la base di dati di cui il sistema pesca italiano dispone.
Questo processo deve vedere partecipi i pescatori come lavoratori del mare, le loro associazioni, i loro sindacati, anche per evitare che il processo di digitalizzazione crei ulteriori distanze.

APPENDICE
Dati statistici ed economici
A. Stato delle risorse biologiche
Lo stato degli stock commerciali nei mari italiani e' descritto in base ai dati raccolti nell'ambito del Programma nazionale di raccolta dei dati alieutici (PNRDA), aggiornati al 2023, che comprendono sia la serie storica dei dati raccolti nei trawl surveys (campagne di ricerca in mare come il MEDITS e Grund), sia i campionamenti biologici dello sbarcato commerciale (campbiol) e, per la frazione dei piccoli pelagici, le serie storiche ed alcuni risultati ottenuti dai survey acustici (MEDIAS).
La valutazione sullo stato degli stock condivisi con altri Paesi del Mediterraneo viene realizzata in ambito CGPM-FAO, STECF e ICCAT.
I dati raccolti ed analizzati sono stati pubblicati nel 2024 dal Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste nell'Annuario sullo stato delle risorse e sulle strutture produttive dei mari italiani.
I risultati delle valutazioni scientifiche sui principali stock commerciali (circa 10) continuano a descrivere una situazione di sovrasfruttamento delle risorse ittiche seppure con qualche segnale di miglioramento e differenziata nelle diverse sub aree geografiche (GSA).
Specie demersali come il moscardino (Eledone cirrhosa), e la sogliola (Solea solea) presentano una situazione non grave e molto diversificata nelle diverse GSA, mentre per la triglia di fango (Mullus barbatus) sono stati registrati segnali di netta ripresa dello stock seppure ancora con soglie di eccessivo sfruttamento nello Ionio e canale di Sicilia (GSA 16 e 19).
Situazione ugualmente positiva quella del gambero rosa (P. longirostris) in fase di incremento in diverse GSA, con segnali di overfishing solo nella 10 e la 16, mentre il gambero rosso (A. foliacea) presenta un livello di sfruttamento sostenibile nella sola GSA 9 e segnali di ripresa nella 18 e 19, ma situazioni preoccupanti nelle GSA 10 e 11. Piu' negativi tra i crostacei i dati relativi al gambero viola (A. antennatus) e allo scampo (N. norvegicus) che risultano ovunque in situazione critica.
Per quanto riguarda le alici (E. encrasicolus) e le sardine (S. pilchardus) permane una situazione di sovrasfruttamento soprattutto nelle GSA adriatiche (meno grave quella della 18), seppure con fluttuazioni interannuali anche in relazione a fattori ambientali.
Tra i cefalopodi dati positivi per il totano (I. coindetii) nelle GSA 17 e 18, dove la seppia (S. officinalis) presenta al contrario segnali preoccupanti.
Altre specie, come il sugarello (T. trachurus) o la pannocchia (S. mantis), valutate solo in alcune GSA, hanno mostrato tutte una mortalita' da pesca eccessiva.
Alla luce di questa situazione, risulta evidente la necessita' di rafforzare le misure di gestione, mediante piani di ricostituzione degli stock, piani multi-annuali sia unionali che nazionali per l'ulteriore adeguamento dello sforzo di pesca, senza trascurare laddove la ricerca scientifica ne ravvisi la necessita', un incremento delle chiusure spazio-temporali e delle innovazioni nelle misure tecniche e nei modelli gestionali. Cio' anche se e' ormai evidente che oltre alla pesca esistono altre fonti di impatto che incidono sullo stato delle risorse, dai cambiamenti climatici ad altre attivita' economiche (traffico marittimo, attivita' estrattive, scarichi industriali, etc.) che richiederebbero un approccio integrato per essere affrontati adeguatamente ed in modo proporzionato e contemporaneo alla limitazione delle catture in mare, e che in una visione ecosistemica la stessa ripresa di alcuni stock puo' comportare una alterazione degli equilibri tra le specie e non comportare necessariamente un incremento della biomassa complessiva. B. La pesca italiana 1. Flotta
La flotta da pesca italiana iscritta nell'archivio licenze di pesca al 31 dicembre 2023 risulta pari a 11.678 unita'. Il tonnellaggio di stazza lorda complessivo espresso in GT e' pari a 141.283, mentre la potenza motore e' di 915.186 Kw, tutti valori che confermano il trend di riduzione della flotta gia' osservato negli anni precedenti.
Nei prossimi anni, attraverso la misura cod. 113105 «Arresto definitivo dell'attivita' di pesca» prevista dall'art. 20 del regolamento (UE) n. 2021/1139 che istituisce il Fondo europeo per gli affari marittimi, pesca e acquacoltura (FEAMPA) e che modifica il regolamento (UE) 2017/1004, ed attuata mediante il decreto direttoriale n. 319453 del 17 luglio 2024, e' previsto un ulteriore ridimensionamento della capacita' di pesca.
La percentuale di ritiro del naviglio e' modulata nelle GSA in squilibrio in funzione delle diverse aree marine e degli attrezzi da pesca utilizzati.
Si prevede uno sforzo finanziario pari a circa il 60% delle risorse complessive previste per l'attuazione delle operazioni di cui agli articoli dal 17 al 21 del reg. FEAMPA (7,14% del totale delle risorse dell'intero programma operativo 2021-2027 FEAMPA). Con l'impiego di queste risorse l'obbiettivo e' quello della riduzione di 10.575 GT e 58.183 Kw.
Secondo l'intendimento dell'autorita' di gestione l'implementazione di questa misura, peraltro richiesta fortemente anche dal ceto peschereccio direttamente e per il tramite dei vari corpi intermedi, consente di compiere un ulteriore sforzo per il raggiungimento di un equilibrio sostenibile tra la capacita' e le possibilita' di pesca (art. 22 del regolamento (CE) n. 1380/2013).
La consistenza in GT e Kw di queste cinque unita' e' pari a 3.926 GT e 7.840 Kw.
Secondo i dati registrati al 31 dicembre 2023, la flotta mediterranea (ossia la flotta italiana che opera all'interno del Mediterraneo) e' pari a 11.673 battelli, con una capacita' di stazza di 137.357 GT e una forza motrice di 907.346 Kw. La flotta operante al di fuori del Mediterraneo nel 2023 risulta costituita da cinque unita', due delle quali non risultano operative ed una ha gia' fatto dismissione di bandiera nei primi del 2024. Delle tre unita' in esercizio, due praticano la pesca a strascico ed una la circuizione.
Alla fine del 2023 la suddivisione della flotta da pesca per sistemi conferma la struttura registrata negli anni precedenti. Con 8.130 battelli, la piccola pesca (PGP) rappresenta di gran lunga il segmento piu' importante in termini numerici, sommando da solo il 69,58% del totale della flotta. Tuttavia, il peso si riduce notevolmente in termini dimensionali, attestandosi al 12,73% in termini di GT ed al 27,23% di potenza motore (Kw). Con 2.042 unita' (il 17,48% del totale nazionale), la flotta operante con attrezzi da traino [strascico e rapido (DTS e TBB)] si conferma la seconda in termini di numerosita', e la prima in termini dimensionali. Difatti, tale sistema ricopre il 60,44% di GT ed il 47,17% della potenza motore nazionale. A seguire seguono, in ordine di importanza, le draghe idrauliche (con il 6,11% del totale nazionale), il segmento della circuizione (con il 2,99%), e le unita' che utilizzano come tecnica prevalente il palangaro (con il 2,98%).
La maggior parte della flotta italiana (2.854 unita') e' concentrata nella GSA 17 (Adriatico settentrionale) le cui marinerie costituiscono un nucleo storico della pesca italiana dove si riscontrano tutte le possibili tecniche di pesca. Il numero di unita' della GSA 17 presenta un'incidenza percentuale del 24,42% sul totale Italia, ed in termini dimensionali concentra quasi il 30,86% e 30,88% rispettivamente in termini di stazza (GT) e potenza motore (Kw). All'area nord adriatica segue per numerosita' la flotta che opera nel mar Tirreno meridionale e centrale (GSA 10), che include le coste della Campania, Calabria tirrenica e Sicilia nord; qui si concentrano 2.616 unita' pari al 22,39% in termini numerici, il cui contributo dimensionale e' pari al 13,74% in GT e al 16,14% in potenza del motore.
Dal punto di vista della consistenza numerica seguono le GSA 11, 9, 19, 16 e 18; le flotte di queste aree incidono sul totale nazionale con percentuali che oscillano dal 12,28% della Sardegna (GSA 11) all'8,61% dell'Adriatico meridionale (GSA 18) che con le sue 1.006 unita' chiude la classifica delle aree italiane del Mediterraneo.
Utilizzando il 2004 come anno di riferimento base, si registra una evidente e costante contrazione nella consistenza della flotta, che passa dai 14.873 battelli del 2004 agli 11.678 del 2023, registrando quindi un calo complessivo di 3.195 motopesca. Tale significativa flessione (-21,6%) ha interessato maggiormente battelli con dimensioni superiori alla media. 2. La produzione
Il volume dei prodotti della pesca sbarcati dalla flotta italiana operativa nel Mar Mediterraneo nel corso del 2023 risulta pari a 116.276,79 tonnellate, cui corrisponde un valore economico di 687,65 milioni di euro. Il segmento dello strascico (comprensivo dei rapidi) risulta dominante, le quantita' sbarcate si attestano a 38.539,23 tonnellate, pari al 33,14% della quantita' complessiva. In termini economici, in ragione dell'elevato pregio commerciale del mix di specie bersaglio, tra cui gamberi rossi e scampi, il contributo risulta ancor piu' significativo con 309,22 milioni di euro pari al 44,97% del fatturato dell'intera flotta italiana. Il segmento della volante a coppia ed il comparto della piccola pesca seguono in termini di rappresentativita' di catture con valori percentuali di circa il 16% per entrambi sul totale.
Dall'analisi della distribuzione geografica della produzione, emerge il ruolo trainante della GSA 17, cui corrisponde il 50,15% delle quantita' sbarcate. E' noto che nell'Adriatico centro settentrionale, si concentrano tipologie di pesca particolarmente produttive come la volante a coppia e le draghe idrauliche che, insieme, rappresentano circa un terzo degli sbarchi nazionali. Per converso, il basso pregio commerciale delle specie target, piccoli pelagici e vongole, comporta una riduzione della quota in termini di valore economico, che si attesta a poco meno del 38%, comunque rappresentando l'area principale anche in termini di ricavi.
In relazione al paniere di specie sbarcato, si conferma la predominanza di tre specie: acciughe, vongole e sardine, che nel complesso costituiscono il 37,7% del totale sbarcato dalla flotta nazionale operante nel Mediterraneo. Le acciughe rappresentano in assoluto la prima specie con 19.567 tonnellate, equivalenti al 16,8% della produzione complessiva. Le vongole registrano un quantitativo di 16.753 tonnellate ed un contributo del 14,4% al totale; infine, gli sbarchi di sardine sono di 7.482 tonnellate pari al 6,4%. Su livelli quantitativi significativamente piu' contenuti gli sbarchi di nasello e gamberi bianchi pari rispettivamente a 6.745 e 5.944 tonnellate. Tra le altre specie caratteristiche della pesca italiana si segnalano: il tonno rosso con 5.114 tonnellate, le pannocchie con 3.630 tonnellate, le seppie con 3.134 tonnellate, le triglie di fango con 3.091 tonnellate ed i polpi con 3.002 tonnellate (All. B - Tab. B1 Relazione flotta).
Nel complesso, i dati dei ricavi evidenziano una minore concentrazione rispetto alle quantita' e le prime dieci specie rappresentano piu' del 50% del valore complessivo dei ricavi. C. Acquacoltura 1. Dati produttivi
L'Italia e' uno dei leader europei per la produzione di pesci (come trote), novellame di specie marine (spigole ed orate), storioni e relativa produzione di caviale. Inoltre, e' uno dei maggiori produttori di molluschi bivalvi, nonostante negli ultimi anni il settore, in particolare in nord Adriatico, ha dovuto affrontare una forte contrazione a causa dei danni provocati sia dalla comparsa della specie aliena invasiva granchio blu (Callinectes sapidus) che per il fenomeno delle mucillagini. Entrambi questi fenomeni sono strettamente connessi al cambiamento climatico e all'aumento delle temperature nelle aree marino costiere.
Il quadro produttivo dell'acquacoltura nazionale, con riferimento ai pesci, offre sia un'ampia varieta' di specie allevate che diverse tipologie di allevamento utilizzate. Le specie ittiche d'acqua dolce, costituite in prevalenza da salmonidi, rappresentano circa i due terzi della produzione totale della piscicoltura. Le produzioni negli ultimi anni hanno chiaramente risentito, in primo luogo, della pandemia da COVID-19 e successivamente della particolare congiuntura verificatasi nel 2022 connessa da un lato con gli sviluppi della crisi ucraina che ha portato a un aumento forte dei costi dell'energia, e dall'altro una lunga siccita' complicata da un incremento delle temperature medie dell'acqua.
Prendendo in considerazione i dati produttivi raccolti ed elaborati nell'ambito del regolamento (CE) n. 762/2008, per EUROSTAT nel 2023, la piscicoltura nazionale ha prodotto circa 50.500 tonnellate con una leggera crescita nella produzione di trota e orata, mentre si registra un calo nella produzione di spigola; in questo dato sono comprese le produzioni di vallicoltura e delle acque salmastre delle zone costiere di transizione.
L'allevamento ittico sul territorio nazionale, si distingue per la varieta' di specie allevate (trenta), tra cui spiccano, anche con volumi marginali di produzione, l'ombrina, l'anguilla, i cefali e le diverse specie di storione.
Alle produzioni di pesci destinati al consumo, alla pesca sportiva e al ripopolamento si aggiungono le produzioni delle avannotterie di specie eurialine (orata e spigola) e degli impianti specializzati nella produzione di uova embrionate di salmonidi d'acqua dolce.
La produzione lorda vendibile del comparto, sempre nel 2023 (fonte EUROSTAT), comprensiva delle produzioni sopra descritte al netto del valore aggiunto fornito dal prodotto ittico fresco trasformato, e' superiore ai 330 milioni di euro (cui si deve sommare la produzione della molluschicoltura).
L'Italia e' il Paese leader nella produzione di caviale, ottenuto da storioni di allevamento, nell'Unione europea con circa 65 tonnellate prodotte nel 2023; va, inoltre, evidenziato che l'export delle trote italiane supera un terzo della produzione totale.
Il comparto dell'itticoltura nel 2024 e' costituito, sulla base dei dati presenti sull'anagrafe delle aziende d'acquacoltura gestita dalla BDN del Min. salute (estrazione del 28 ottobre 2024) da oltre 500 impianti attivi, a cui si sommano: gli impianti d'acquacoltura estensivi tradizionali nelle aree costiere di transizione e acque lagunari salmastre (circa 80 vallicolture attive nella solo bacino dell'Alto Adriatico), oltre 40 centri ittiogenici dediti all'attivita' di ripopolamento delle acque dolci e oltre 1.500 laghetti di pesca sportiva ricreativa la cui attivita' e' fortemente interconnessa con quella dell'allevamento ittico. Gli impianti di molluschicoltura attivi (considerando sia gli allevamenti di mitili che di ostriche e vongole) sono 294.
Per quanto concerne l'allevamento di molluschi in Italia e' limitato alla produzione di bivalvi. Le tre specie che dominano il mercato sono: la cozza mediterranea (Mytilus galloprovincialis), la vongola filippina (Ruditapes philippinarum) e l'ostrica del Pacifico (Magallana gigas).
Nel 2023 i mitili hanno raggiunto le 57.000 tonnellate, la vongola filippina 21.000 tonnellate e l'ostrica concava 300 t.
Come esposto in precedenza, i fattori che stanno contribuendo alla contrazione della produzione di vongole veraci sono molteplici: dal degrado della qualita' delle acque costiere agli effetti del cambiamento climatico, nonche' all'esplosione demografica di specie aliene invasive che, predando gli stadi giovanili della vongola, ne impediscono il raggiungimento delle dimensioni commerciali.
Un esempio di specie aliena invasiva e' il granchio blu, che, pur essendo presente nelle lagune del Delta del Po Veneto da almeno dieci anni, e' diventato invasivo nella primavera del 2023, come segnalato dagli allevatori di molluschi locali. La vongola verace in quest'area ha mostrato un'elevata incidenza di lesioni dovute alla predazione del granchio. Inoltre, e' stata registrata un'elevata incidenza di vongole morte sia nell'estate che nell'autunno del 2023, con valori che hanno raggiunto il 100%.
La totale assenza di semi dai siti di raccolta e' compatibile con l'attivita' predatoria del granchio blu.
Per le cozze, sia le ondate di calore che la progressiva acidificazione delle acque costiere sembrano avere un impatto negativo sulla disponibilita' e sulla capacita' di attecchimento dei semi, poiche' influenzano negativamente la resistenza del bisso e la capacita' immunitaria delle cozze. 2. Criticita' ed opportunita'
Gli eventi climatici degli ultimi anni hanno avuto un'importante incidenza sulla produttivita' degli impianti: in particolare si segnala come, a partire dal 2013, in Italia si siano spesso ripetuti lunghi periodi di siccita' che hanno determinato notevoli variazioni in termini quali-quantitativi dell'acqua che hanno condizionato sia le produzioni in essere sia la salute degli stock ittici.
Nello stesso periodo, sempre a causa degli effetti connessi al cambiamento climatico, si sono verificati eventi atmosferici eccezionali caratterizzati da elevata piovosita' con danni diretti (perdite allo stock ittico) ed indiretti con danneggiamenti alle strutture ed attrezzature.
Gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire anche nell'ambito della salute degli animali con la comparsa di nuove patologie o recrudescenza di agenti patogeni da tempo conosciuti che, soprattutto a causa dell'incremento delle temperature, diventano piu' aggressivi.
E' necessario, pertanto, che vengano create nuove opportunita' economiche e nuovi posti di lavoro, contribuendo ad aumentare l'immagine dell'acquacoltura europea ed italiana come riferimento globale in termini di sostenibilita' e salubrita' di prodotto.
Questo potra' essere perseguito anche con campagne promozionali dedicate ai prodotti acquicoli, sia a livello nazionale che internazionale.
Permane a livello nazionale un ritardo nell'applicazione delle innovazioni tecnologiche dovuto anche all'elevata presenza, di micro e piccole imprese, superabile con una capillare diffusione delle informazioni e ad una puntuale attivita' di formazione, garantita anche dall'attivita' delle associazioni di produttori. Il settore, inoltre, e' caratterizzato da una forte diversificazione delle strutture produttive, favorito dalle diverse condizioni ambientali e socioeconomiche che caratterizzano il territorio, che va dalle tradizionali tecniche estensive svolte in lagune costiere, valli e stagni, alle moderne produzioni intensive in bacini, vasche e gabbie in mare, oltre alla molluschicoltura svolta sia in aree riparate che off-shore.
A fronte di quanto sopra descritto, va sottolineato che la tendenza dei consumi dei prodotti ittici sia in continua crescita, anche se ancora ridotto e' l'apporto delle produzioni nazionali di acquacoltura e pesca al fabbisogno nazionale: nell'insieme riescono a soddisfare appena il 25% della domanda del mercato al consumo.
I prodotti ittici trasformati rappresentano un'eccellenza dell'acquacoltura nazionale, in quanto capaci di rispondere alle esigenze del consumatore che richiede un alimento salubre con un alto valore nutrizionale, fresco, di facile preparazione, dai contenuti innovativi in grado di fornire:
prodotti specializzati (per l'infanzia e l'adolescenza, fish burgers, street food);
packaging moderno, accattivante ed eco-friendly;
conservazione prolungata;
preparati idonei alla somministrazione nella ristorazione sociale (scuole, centri per anziani, ospedali, ecc.);
prodotti di elevata qualita' ed eccellenze gastronomiche (carpaccio, affumicato, sushi, caviale, ecc.).
La pandemia da COVID-19 ha inoltre rivoluzionato l'approccio dei consumatori ai prodotti ittici: i consumatori si stanno orientando verso prodotti «locali» d'origine italiana, con maggiori garanzie di freschezza, tracciabilita' e sicurezza. In quest'ultimo periodo si e' inoltre osservato l'aumento del ricorso all'acquisto diretto dai produttori, sia in azienda o negli spacci/mercati locali, sia attraverso forme innovative di cessione diretta quali la consegna porta a porta o delivery.
In relazione a quanto sopra esposto, purtroppo, sempre piu' spesso si assiste a forme di etichettatura di prodotti dell'acquacoltura immessi nel mercato al consumo non rispondenti ai principi espressi dalla normativa europea.
E' necessaria quindi una forte azione a tutela del consumatore e delle produzioni ittiche nazionali che preveda l'obbligo di indicare l'origine e il metodo di produzione anche da parte degli operatori dell'HORECA, azione piu' volta richiesta dalle associazioni di categoria di varie sedi.
In questo quadro di riferimento gli obiettivi del Piano nazionale triennale 2025-2027 riguarderanno principalmente la crescita economica del settore secondo i principi di equita' sociale e uso responsabile delle risorse ambientali, in linea con le diverse strategie e norme UE, e si affronteranno alcune criticita', quali:
la complessita' dell'apparato normativo di riferimento vigente;
la debolezza degli strumenti di sostegno finanziario ed assicurativo in favore degli operatori del settore;
la difficolta' per le imprese micro e piccole imprese di accesso al credito per la creazione di nuovi insediamenti o l'ammodernamento e potenziamento degli impianti esistenti;
la diversificazione delle specie allevate e dei processi in grado di garantire valore aggiunto alla produzione;
la necessita' di qualificare il prodotto nazionale e di adottare certificazioni di standard di qualita';
la necessita' di sviluppare nuove formulazioni di mangime adeguate ai principi della sostenibilita' e dell'economia circolare;
l'esigenza di informare, aggiornare e formare continuamente gli operatori del settore in merito a: innovazione tecnologica, evoluzione delle norme (ambientali, sanitarie, fiscali, di sicurezza e tutela dei lavoratori) che intervengono sulla complessa e multiforme attivita' dell'acquacoltura, digitalizzazione e dematerializzazione, dinamiche di mercato e commercializzazione dei prodotti.
Si sottolinea infine, che a livello nazionale, l'Italia si e' dotata di una strategia nazionale per l'acquacoltura il PNSA 2021-2027, che rappresenta, come nella precedente programmazione finanziaria, un allegato al PN FEMAPA 2021-2027 e che di fatto recepisce quanto suggerito dagli orientamenti strategici dell'Unione.
Il PNSA 2021-2027 descrive quali azioni e linee di intervento siano ritenute prioritarie nella risoluzione di alcune delle criticita' sopra riscontate e, di concerto con il PNT, rappresenta uno strumento fondamentale non solo per l'amministrazione centrale, ma anche per le regioni e gli operatori stessi.

(1) Fonte: Relazione annuale Italia 2024 - regolamento (CE) n.
1380/2013 - Ministero dell'agricoltura, della sovranita'
alimentare e delle foreste, Dipartimento della sovranita'
alimentare e dell'ippica - DG PEMAC - PEMAC III - agosto 2024