Gazzetta n. 201 del 28 agosto 2019 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 agosto 2019
Scioglimento del consiglio comunale di Torretta e nomina della commissione straordinaria.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Considerato che nel Comune di Torretta (Palermo) gli organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 18 giugno 2018;
Considerato che, dall'esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalita' organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialita' dell'attivita' comunale;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettivita' e ha determinato la perdita di credibilita' dell'istituzione locale;
Ritenuto che, al fine di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale di Torretta, si rende necessario far luogo allo scioglimento del consiglio comunale e disporre il conseguente commissariamento, per rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell'ente locale;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 6 agosto 2019 alla quale e' stato debitamente invitato il Presidente della Regione Siciliana;

Decreta:

Art. 1

Il consiglio comunale di Torretta (Palermo) e' sciolto.
 
Allegato

Al Presidente della Repubblica

Nel Comune di Torretta (Palermo), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 18 giugno 2018, sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il buon andamento ed il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il 17 luglio u.s., all'esito di una vasta operazione di polizia giudiziaria svolta dalla sezione criminalita' organizzata della Polizia di Stato e dalla squadra mobile di Palermo, e' stata data esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, tra gli altri, nei confronti del sindaco del Comune di Torretta, indagato per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.
Le complesse attivita' d'indagine, che hanno dato luogo al menzionato provvedimento cautelare, hanno consentito di delineare gli stretti rapporti intercorsi tra l'attuale sindaco ed un esponente della locale famiglia mafiosa durante la campagna elettorale del 2018 evidenziando come gli stessi abbiano inciso sulle scelte relative alle alleanze ed ai soggetti da inserire nelle liste elettorali.
Tenuto conto della valenza dei riscontri investigativi e degli elementi fattuali in possesso delle forze dell'ordine, il prefetto di Palermo, acquisito il parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nelle riunioni del 18 e 22 luglio c.a., all'ultima delle quali ha partecipato il procuratore aggiunto della locale direzione distrettuale antimafia, ha predisposto l'allegata relazione in data 19 luglio 2019, che costituisce parte integrante della presente proposta.
Nel documento si da' atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori con la criminalita' organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando, pertanto, i presupposti per l'applicazione della misura prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Il consiglio comunale di Torretta, peraltro, e' gia' stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica in data 28 novembre 2005 ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Come emerge dai contenuti dell'ordinanza di custodia cautelare, al primo cittadino - attualmente al suo secondo mandato consecutivo essendo stato eletto per la prima volta nel 2013 e nuovamente nella successiva tornata elettorale del giugno 2018 - viene contestato di aver contribuito, nella sua qualita' di esponente politico di rilievo del comune, a conservare e rafforzare le capacita' operative della famiglia mafiosa di Torretta e di altre articolazioni territoriali di «cosa nostra» nonche' al raggiungimento degli scopi criminali da tale associazione perseguiti tra i quali l'acquisizione in modo diretto o indiretto della gestione o comunque del controllo di attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici al fine di realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se o per altri.
Nel menzionato provvedimento cautelare viene evidenziato inoltre che le condotte del sindaco sono state finalizzate ad impedire o ostacolare il libero esercizio del voto o a procurare voti per se' o altri in occasione di consultazioni elettorali, asservendo la propria posizione di candidato alla carica di sindaco agli interessi della locale articolazione di «cosa nostra», assecondandone nel corso della campagna elettorale le indicazioni sulle alleanze politiche, sui soggetti da inserire in lista nonche' sulla nomina dei componenti della futura giunta comunale. Piu' specificamente il sindaco, in cambio del sostegno elettorale, prometteva che, una volta eletto avrebbe favorito la locale cosca mafiosa nei futuri rapporti con l'amministrazione e consentiva altresi', alla medesima organizzazione criminale di dare indicazioni sul consigliere comunale da eleggere alla carica di presidente del consiglio, sulla nomina dei componenti della giunta comunale nonche' sui dirigenti degli uffici, accogliendo e facendo sue tali indicazioni e, dunque, consentendo alla locale famiglia mafiosa di determinare l'azione politica e amministrativa dell'ente comunale.
La relazione del prefetto si sofferma inoltre sulla figura di un esponente di rilievo della locale famiglia mafiosa e pone in rilievo come quest'ultimo abbia esercitato un occulto potere di controllo infiltrandosi all'interno dell'apparato politico-amministrativo del comune.
Fonti tecniche di prova, richiamate nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari, attestano che l'azione del menzionato esponente mafioso, esercitata con l'ausilio di soggetti pregiudicati riconducibili alla cosca egemone, non si e' limitata ad un mero sostegno elettorale in favore del candidato sindaco ma si e' concretizzata in una piu' generale strategia di controllo totalitario dell'ente comunale volta a garantire futuri illeciti vantaggi per il sodalizio criminale.
In relazione a tale ultimo aspetto le risultanze dell'indagine giudiziaria hanno fatto emergere che il primo cittadino si e' attivato per far conseguire vantaggi ingiusti ai partecipi dell'associazione mafiosa ed a soggetti alla stessa contigui, favorendo anche l'assunzione di personale presso il Comune di Torretta nonche' il pagamento di un credito in favore di una persona, «con le aggravanti rappresentate dall'essere "cosa nostra" un'associazione armata volta a commettere delitti, nonche' ad assumere e mantenere il controllo di attivita' economiche mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa».
Lo stesso giudice per le indagini preliminari, nel rassegnare le proprie conclusioni, evidenzia che l'esame delle prove raccolte nel corso delle indagini consente di affermare che il primo cittadino non si e' limitato a stringere un accordo diretto ad ottenere sostegno elettorale in cambio della propria disponibilita' a soddisfare, una volta eletto, gli interessi della consorteria criminale - condotta gia' di per se' astrattamente idonea ad integrare il concorso eventuale nel reato associativo - ma si e' posto come vero e proprio punto di riferimento della locale consorteria e suo referente politico, consentendo alla medesima cosca, come evidenziato, di' dare indicazioni in ordine alla composizione degli organi dell'ente e dell'apparato burocratico e quindi a determinare l'azione politica ed amministrativa, con cio' abdicando, consapevolmente, alla sua carica rappresentativa in favore dell'associazione «cosa nostra».
Le circostanze, analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto, hanno rivelato una serie di condizionamenti nell'amministrazione comunale di Torretta volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilita' dell'istituzione locale, nonche' il pregiudizio degli interessi della collettivita', rendendo necessario l'intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell'ente alla legalita'
Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Torretta (Palermo), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.

Roma, 5 agosto 2019

Il Ministro dell'interno: Salvini
 
Art. 2

La gestione del Comune di Torretta (Palermo) e' affidata, per la durata di diciotto mesi, alla commissione straordinaria composta da:
dott.ssa Giuseppina Maria Patrizia Di Dio Datola - viceprefetto;
dott. Francesco Milio - viceprefetto aggiunto;
dott.ssa Antonietta Maria Manzo - funzionario economico finanziario.
 

PREFETTURA DI PALERMO
Ufficio territoriale del Governo
Prot. n. 1590/2019/AREA Sic.1-Bis/N.C.

Palermo, 19 luglio 2019

Al sig. Ministro dell'interno Oggetto: Comune di Torretta - Proposta di scioglimento del consiglio
comunale a seguito dell'arresto del sindaco, Salvatore Gambino.

Si informa che a seguito di ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere n. 4847/18 R.G.N.R. n. 7605/19 R.G. del 15 luglio 2019, il giorno 17 luglio e' stato tratto in arresto Gambino Salvatore, nato a Palermo il 27 agosto 1983, sindaco del Comune di Torretta, eletto nelle ultime elezioni amministrative del 18 giugno 2018. In effetti, si e' trattato di una riconferma del precedente mandato, che e' stato ricoperto nel quinquennio 2013-2018.
In particolare, Gambino Salvatore e' sottoposto ad indagine per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, «articoli 110 e 416-bis, commi 4 e 6, codice penale perche', nella qualita' di esponente politico di rilievo di Torretta (in quanto gia' sindaco del medesimo comune dal mese di giugno 2013 e poi candidato per la riconferma alla stessa carica alle elezioni amministrative del giugno 2018, a seguito delle quali veniva rieletto) contribuiva, mediante le condotte di seguito specificate, a conservare ed a rafforzare le capacita' operative della famiglia mafiosa di Torretta e di altre articolazioni territoriali di "cosa nostra; tra le quali le famiglie mafiose di Passo di Rigano e di Uditore, ed al raggiungimento degli scopi criminali di "cosa nostra; onde commettere delitti, acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri, impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o procurare voti a se' o ad altri in occasione di consultazioni elettorali; in particolare forniva il suo contributo causale: dapprima, asservendo la propria posizione di candidato alla carica di sindaco agli interessi della locale articolazione di "cosa nostra"; assecondandone, nel corso della campagna, elettorale, anche le indicazioni sulle alleanze politiche, sui soggetti da inserire in lista quali candidati alla carica di consigliere comunale e sulla nomina dei componenti della futura Giunta comunale; promettendo di favorire la locale cosca mafiosa nei futuri rapporti con l'Amministrazione, in cambio del sostegno elettorale, per poi; una volta eletto, consentire attivamente alla medesima cosca mafiosa di dare indicazioni sul consigliere comunale da eleggere alla carica di Presidente del Consiglio e sulla nomina dei componenti della Giunta comunale e dei dirigenti degli uffici; accogliendo e facendo sue dette indicazioni e dunque consentendo alla locale famiglia mafiosa di determinare l'azione politica e amministrativa dell'Ente comunale; attivandosi per far conseguire vantaggi ingiusti ai partecipi dell'associazione mafiosa ed a soggetti alla stessa contigui, tra l'altro favorendo l'assunzione di Scalici Calogero e di Badalamenti Mariarosa presso il Comune di Torretta, nonche' il pagamento di un credito ad Enea Benedetto da parte del medesimo comune (tutti soggetti «raccomandati» da cosa nostra), con le aggravanti costituite dall'essere «cosa nostra» un'associazione armata volta a commettere delitti, nonche' ad assumere e mantenere il controllo di attivita' economiche mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa.
Con il Gambino Salvatore sono stati tratti in arresto anche Gambino Thomas (classe 72), Zito Calogero Cristian (classe 77) e Zito Simone (classe 62).
I predetti sono indagati per il delitto di cui all'art. 416-bis commi 1, 4 e 6 del codice penale, per avere in concorso tra loro e con Buscemi Giovanni e Inzerillo alternatisi nella direzione del mandamento di Passo di Rigano nonche' con Cipriano Santino, Mannino Alessandro, Fanara Antonino, Sirchia Giovanni, Inzerillo Francesco, Gambino Rosario, Lo Presti Antonino, Spatola Giuseppe, Di Filippo Francesco, Sansone Gaetano, Sansone Giuseppe, Di Maggio Antonio, Migliore Baldassare, Militello Benedetto Gabriele, Lo Cascio Giuseppe e numerose altre persone, fatto parte dell'associazione mafiosa denominata «cosa nostra»; avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva al fine di commettere varie tipologie di reati di seguito indicati e di acquisire il controllo di attivita' economiche.
In particolare:
Gambino Thomas per aver fatto parte dell'organizzazione mafiosa e, in particolare, per aver rappresentato un importante anello di collegamento, in concorso con il defunto Cali' Francesco Paolo (inteso Frank Cali'), tra la famiglia mafiosa di Passo di Rigano e la La Cosa Nostra" americana; per aver partecipato, in Italia, ad importanti riunioni- con mafiosi, tra cui Inzerillo Tommaso e Sansone Gaetano, rappresentando gli interessi di Cali' Francesco Paolo, considerato sottocapo della famiglia americana dei Gambino; per aver gestito in prime persona il passaggio dall'Italia verso gli Stati Uniti di denaro proveniente dalla famiglia mafiosa di Passo di Rigano e destinato al sostentamento dei detenuti appartenenti alla famiglia Gambino e, viceversa, per aver provveduto al sostentamento dei familiari di Inzerillo Tommaso durante il periodo in cui quest'ultimo era detenuto.
Zito Simone, per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Torretta; per aver mantenuto un costante scambio di informazioni con altri esponenti dell'organizzazione mafiosa tra cui Inzerillo Tommaso, Inzerillo Francesco, Gambino Rosario e il defunto Cali' Francesco Paolo (inteso Frank Cali'), esponente de «La Cosa Nostra Americana»; per aver partecipato a diverse riunioni durante le quali sono state discusse questioni strategiche per l'organizzazione mafiosa; per avere gestito il passaggio di denaro dagli USA all'Italia in favore di altri esponenti dell'organizzazione ed altri soggetti contigui; per aver informato i sodali della famiglia mafiosa di Torretta della esistenza di iniziative investigative della polizia giudiziaria; per aver condizionato la campagna elettorale in occasione delle consultazioni per l'elezione del sindaco del Comune di Torretta avvenute il 10 giugno 2018, nonche' l'azione politica e amministrativa del medesimo ente comunale, secondo le modalita' meglio indicate nel capo che segue.
Zito Calogero Christian, per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Torretta; per aver mantenuto un costante scambio di informazioni con altri esponenti dell'organizzazione mafiosa tra cui Inzerillo Tommaso, Inzerillo Francesco, Spatola Giuseppe, Fanara Antonino e il defunto Cali' Francesco Paolo (inteso Frank Cali'), esponente de «La Cosa Nostra, Americana»; per aver informato i sodali della famiglia mafiosa di Torretta della esistenza di iniziative investigative della polizia giudiziaria; per avere gestito il passaggio di denaro dagli USA all'Italia in favore di altri esponenti dell'organizzazione ed altri soggetti contigui; per aver condizionato la campagna elettorale in occasione delle consultazioni per l'elezione del sindaco del Comune di Torretta avvenute il 10 giugno 2018, nonche' l'azione politica e amministrativa del medesimo ente comunale.
L'arresto dei predetti si inserisce in una vasta operazione antimafia, che ha portato anche al contestuale fermo di 15 indiziati di delitto sottoposti ad indagine, gran parte esponenti del mandamento di Passo di Rigano, tutti accusati del delitto di cui all'art. 416-bis per avere, in concorso tra loro:
fatto parte dell'associazione mafiosa «cosa nostra», promuovendone gli interessi, facendo pervenire in territorio siciliano, in modo occulto, somme non quantificate di denaro contante, beni ed altre utilita', tutti provenienti da delitti non colposi; in parte destinati al sostentamento di alleati a Cosa Nostra palermitana sottoposti a detenzione carceraria, nonche' al finanziamento di attivita' commerciali presenti in territorio palermitano intestate fittiziamente a prestanome ed in realta' riconducibili a soggetti appartenenti al mandamento malioso di Passo di Rigano, trasferivano detti beni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa. Con le aggravanti di avere agito al fine di agevolare l'organizzazione mafiosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale;
fatto parte dell'associazione mafiosa «cosa nostra», promuovendone gli interessi, avendo commesso il reato di cui all'alt. 416-bis meglio indicato al capo A), nonche' altri delitti non colposi contro il patrimonio, facendo pervenire in territorio siciliano, in modo occulto, somme non quantificate di denaro contante, beni ed altre utilita', in parte destinati al finanziamento di attivita' commerciali presenti in territorio palermitano intestate fittiziamente a prestanome ed in realta' riconducibili a soggetti appartenenti al mandamento mafioso di Passo di Rigano, impiegavano e trasferivano in attivita' economiche, finanziarie, imprenditoriali o comunque speculative, il denaro, i beni o le altre utilita' provenienti dalla commissione dei suddetti delitti, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa. Con le aggravanti di avere agito al fine di agevolare l'organizzazione maliosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale.
fatto parte dell'associazione mafiosa «cosa nostra», promuovendone gli interessi, facendo uso in piu' occasioni tra gli U.S.A. e l'Italia di numerose carte di credito intestate a terzi non identificati; o comunque carte di credito falsificate ed alterate in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienze delittuosa, anche al fine di finanziare attivita' economiche di interesse di Cosa Nostra ed in particolare del mandamento mafioso di Passo di Rigano, indebitamente utilizzavano, non essendone titolari, carte di credito o di pagamento, o comunque falsificavano e alteravano le suddette carte di credito o di pagamento, o comunque possedevano, cedevano o acquisivano tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati. Con le aggravanti di avere agito al fine di agevolare l'organizzazione mafiosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale
Le indagini svolte dalla Sezione criminalita' organizzata della Polizia di Stato e dalla Squadra mobile di Palermo hanno ad oggetto uno storico mandamento di Cosa nostra nel Palermitano, quello di Passo di Rigano, del quale fanno parte ad oggi le famiglie di Uditore, Passo di Rigano, Boccadifalco e Torretta.
Agli inizi degli anni ottanta i corleonesi di Riina Salvatore falcidiarono gli esponenti di queste famiglie, e chi non venne ucciso fu costretto a riparare in America e a non rientrare per anni. Quelli che furono costretti a fuggire in America per avere salva la vita, detti, appunto, «gli scappati», componenti delle famiglie perdenti la guerra di mafia, in USA hanno impiantato fiorenti attivita' imprenditoriali, i cui profitti sono stati destinati, e lo sono a tutt'oggi, al mantenimento delle famiglie e dei sodali rimasti in Sicilia. Gli «scappati» sono rientrati a Palermo nel 2005 con in benestare di Bernardo Provenzano.
L'O.C.C., in particolare, compendia le risultanze acquisite nell'ambito del procedimento penale n. 4847/2018 R.G.N. R., riguardante l'attivita' investigativa effettuata sul mandamento mafioso di Passo di Rigano - Boccadifalco, nel quale sono inserite storicamente le famiglie mafiose di Passo di Rigano, Uditore, Boccadifalco e Torretta. Disponendo l'arresto di Gambino Thomas, in atto residente negli Stati Uniti d'America, i due Zito, padre e figlio, Simone e Calogero Christian, in quanto appartenenti alla famiglia mafiosa di Torretta, nonche', infine, Gambino Salvatore, attuale sindaco di Torretta ed indiziato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, di cui agli articoli 110 e 416-bis del codice penale, e procedendo nei confronti degli altri esponenti indicati nel capo A con il separato provvedimento di fermo sopracitato.
L'arresto del Gambino, per essersi messo a disposizione della famiglia mafiosa del mandamento di Passo Di Rigano, Uditore, Torretta, richiede, per la comprensione della gravita' delle accuse mosse al sindaco, di riportare quelle parti di O.C.C. che riguardano il mandamento mafioso in cui e' inserita la «famiglia» di Torretta, delineandone la storia e l'attuale operativita' mafiosa, nonche' i profili criminali dei coindagati e le ragioni comprovanti il delitto contestato.

Il mandamento mafioso di Passo di Rigano/Uditore /Torretta

Le indagini, atteso anche il congruo arco temporale durante il quale si sono sviluppate, hanno consentito di delineare il quadro complessivo della compagine mandamentale, ricostruendo ruoli e responsabilita' dei numerosi soggetti sottoposti ad indagine.
L'O.C.C. richiama la vicenda vissuta dalla famiglia Inzerillo, a partire dagli inizi degli anni '80 del secolo scorso. E' infatti proprio in ragione di tali vicende familiari che, storicamente, hanno trovato origine i rapporti, familiari e criminali, di vari esponenti del mandamento di Passo di Rigano con numerosi soggetti residenti negli Stati Uniti d'America, il che ha determinato la creazione di una sorta di joint venture internazionale del crimine organizzato, partecipata non solo dagli Inzerillo, ma anche da altri soggetti comunque orbitanti nel mandamento di Passo di Rigano, come i due Zito destinatari della presente richiesta cautelare, i quali, a loro volta, in detto contesto, hanno sfruttato ed implementato i loro rapporti, lavorativi e criminali, coltivati nel corso degli ultimi decenni con il territorio americano; in particolare, sono proprio i due Zito (e Gambino Thomas) che intrattengono i rapporti con la cosa nostra statunitense.
Orbene, per quanto concerne i soggetti posti in posizione apicale nel mandamento in questione, figurano senz'altro:
per la famiglia di Passo di Rigano, Tommaso Inzerillo, Masino cl. '48, suo cugino Francesco, «u truttaturi» cl. '56, Giovanni Buscemi, "u farfalla" cl. '55 e Alessandro Mannino, Sandrino cl. '60;
per la famiglia di Uditore, Sansone Gaetano, Tanino cl. '41 ed il fratello Giuseppe Sansone, Pino cl. '50;
per la famiglia della Torretta, Simone Zito cl. '62 e Calogero Christian Zito;
infine, sul territorio di Boccadifalco, emergeva la figura di Giovanni Sirchia, recentemente tratto in arresto per associazione mafiosa, nell'ambito del proc. n. 719/2016 (operazione nota come «Cupola 2.0»), in quanto soggetto occupatosi di organizzare sul piano logistico la riunione tra capi-mandamento tenutasi in data 29 maggio 2018, in occasione della quale veniva formalmente sancita la ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, mai piu' ricostituita dall'anno 1993, allorquando veniva tratto in arresto il noto capo-mafia Riina Salvatore.
Sin da subito, nell'ambito dell'indagine, e' risultato palese come le dinamiche del mandamento di Passo di Rigano risentano ancora, nonostante siano trascorsi quasi quaranta anni, dei fatti accaduti nei primi anni ottanta del secolo scorso quando, con gli omicidi di Stefano Bontate e di Totuccio Inzerillo, la fazione guidata da Salvatore Riina stravolse gli equilibri di cosa nostra palermitana sancendo, di fatto, quella dicotomia tra i «corleonesi» e gli «altri» che, ancora oggi, traspare dalle indagini su alcuni ambiti territoriali.
La famiglia Inzerillo, fino all'avvento dei corleonesi, aveva regnato incontrastata nel mandamento di Passo di Rigano ed era anche riuscita a stringere cointeressenze con i capi della mafia statunitense, gestendo lungo l'asse Palermo - New York il commercio di ingenti quantitativi di droga.
Nei primi anni '80, con la feconda guerra di mafia, la compagine mafiosa degli Inzerillo aveva pagato un tributo pesantissimo; l'omicidio piu' eclatante fu quello del capo-mandamento di Passo di Rigano Inzerillo Salvatore detto «Totuccio», avvenuto a Palermo il 10 maggio 1981. Sempre sotto il fuoco dei corleonesi cadevano anche altri importanti uomini d'onore vicini ad Inzerillo Salvatore, ossia Di Maggio Calogero, fratello del reggente Di Maggio Rosario (deceduto), e Inzerillo Santo (nato a Palermo il 23 aprile 1946).
Negli anni successivi, come emerso con chiarezza nell'ambito dell'operazione «Gotha», la guida del mandamento di Passo di Rigano veniva affidata a Buscemi Salvatore, il quale continuava a. mantenere tale titolo anche nel corso della sua detenzione e fino alla sua morte, occorsa nell'anno 2009. In quest'ultimo periodo, tuttavia, tramite l'istituto della «reggenza», la direzione del mandamento veniva attribuita a Marciano' Giovanni (nato a Palermo il 10 ottobre 1942), a sua volta subentrato al fratello Vincenzo, il quale era stato deposto nel 2005, poiche' ritenuto troppo indulgente rispetto alla questione del rientro degli «scappati».
Quanto agli altri soggetti apicali, gia' all'epoca emergevano Sansone Gaetano (nato a Palermo il 23 marzo 1941) quale riconosciuto capo della famiglia di Uditore e gia' cassiere della stessa, Bonura Francesco (nato a Palermo il 27 marzo 1942) quale sottocapo e Mannino Calogero (nato a Palermo il 18 aprile 1940) quale cassiere e, al pari di Sirchia Giovanni e Sansone Giuseppe (nato a Palermo il 3 gennaio 1948), uomo d'onore della famiglia di Uditore.
Venivano altresi' individuati quali uomini d'onore della famiglia di Passo di Rigano-Boccadifalco), Mannino Alessandro (nato a Palermo il 27 novembre 1960) ed Inzerillo Francesco (nato a Palermo il 12 febbraio 1955, deceduto) soprannominato «Franco u' nivuru».
In tale contesto si innesta la storia degli «scappati», i quali, forti della avvenuta carcerazione di Riina Salvatore e di un primo avallo da parte di taluni importanti esponenti di Cosa Nostra, andavano progressivamente rientrando a Palermo reinserendosi nelle fila criminali. Se era noto, infatti, che per gli appartenenti alla famiglia Inzerillo esisteva il divieto di permanenza sul territorio italiano, sancito negli anni '80 dalla Commissione provinciale di Cosa Nostra, era altrettanto vero che il divieto di rientro in Italia non era da intendersi come assoluto, in quanto era stata via via tollerata la presenza in Italia di molti di tali soggetti. Era il caso, ad esempio, di Inzerillo Francesco (nato a Palermo il 10 gennaio 1956) detto «Franco u' truttaturi».
L'analisi di alcune intercettazioni, infatti, rivelava come la sua presenza a Palermo fosse tollerata in quanto imposta da un provvedimento coattivo di espulsione dal suolo americano, al quale era seguita la necessita' di espiare la misura di prevenzione della Sorveglianza speciale per la durata di anni tre. I vertici di Cosa Nostra, pertanto, in deroga alla decisione della Commissione, avevano concesso all'Inzerillo un tempo di permanenza sul territorio italiano pari a quello necessario per l'espiazione della misura di prevenzione. La sua presenza in realta' veniva poi tollerata anche in epoca successiva.
Il passo successivo al rientro in Italia degli Inzerillo avveniva in data 29 dicembre 2004 quando, proveniente dagli Stati Uniti d'America, giungeva a Palermo Inzerillo Rosario inteso «Sarino», fratello di Inzerillo «Totuccio», Inzerillo Santo e Inzerillo Pietro, uccisi da Riina Salvatore nel corso della guerra di mafia tra l'11 maggio 1981 ed il 15 gennaio 1982. Il rientro in suolo palermitano di Inzerillo «Sarino» provoco' una profonda incrinatura nell'equilibrio fino a quel momento raggiunto in Cosa Nostra, dando origine ad una lunga contesa per la quale dovettero intervenire i massimi vertici dell'organizzazione, obbligati ad esprimere subito un parere circa il loro rientro in Italia.
Al riguardo, le indagini condotte (procedimento penale 2474/2005 R.G.N.R.) combinate con l'analisi della documentazione sequestrata a Provenzano Bernardo ed a Lo Piccolo Salvatore all'atto della loro cattura, consentivano di dimostrare come sulla permanenza in Italia, ed a Palermo, di Inzerillo «Sarino», ci fossero tre distinti schieramenti tra gli esponenti di Cosa Nostra. Da una parte quello capeggiato da Rotolo Antonino (storico capo-mandamento di Pagliarelli), che si opponeva con tutte le proprie forze al rientro degli Inzerillo, poiche' timoroso di possibili ritorsioni, visto che riconosceva in loro ancora grandi potenzialita' (piu' di ogni altro temeva la figura di Inzerillo Giuseppe (nato a Palermo il 16 maggio 1976), figlio di Santo, l'elemento piu' attivo di tale compagine e quindi potenzialmente piu' pericoloso; dall'altra parte, una pluralita' eterogenea di soggetti mafiosi, alcuni dei quali storicamente legati alla mafia statunitense, tra i quali spiccava la figura di Lo Piccolo Salvatore.
Quest'ultimo, infatti, favorevole al rientro degli Inzerillo in Italia, insisteva per ottenere subito l'avallo del vertice di Cosa Nostra affinche' fosse legittimato il ritorno a Palermo di Inzerillo «Sarino» (nato a Palermo il 7 aprile 1944).
Infine vi era la terza posizione, quella di Provenzano Bernardo, che avrebbe potuto fare la differenza per far prevalere, fra le prime due, l'una a dispetto dell'altra. Quest'ultimo, pero', consapevole del rischio di una nuova guerra di mafia, aveva optato per adottare una tattica dilatoria, veicolando missive cariche di ambiguita'.
Con riguardo alla posizione di Rotolo Antonino, importante e' il commento dallo stesso espresso quando, per instillare un senso di paura nei propri adepti, il 9 agosto 2005 riferiva: «noialtri non e' che possiamo dormire a sonno pieno perche' nel momento che noi ci addormentiamo a sonno pieno puo' essere pure che non ci risvegliamo piu!! Picciotti, vedete che... non e' finito niente» «questi i morti li hanno sempre per davanti, ci sono sempre le ricorrenze, si siedono a tavola e manca questo e manca quello, queste cose non le possiamo scordare, io la...» (cfr. operazione Gotha).
Altrettanto eloquenti erano le parole pronunciate dal Rotolo ad Oliveri Michele (nato a Palermo il 1° febbraio 1931) quando il 22 settembre 2005, obiettando sul rientro degli Inzerillo, dichiarava di temere la loro incolumita': «...perche', Miche, non e' che ci possiamo scordare... perche' se questi prendono campo ci scippano le teste a tutti!».
Inoltre, sempre in riferimento alla questione degli «scappati» ricorrevano gli esiti di uno dei primi «pizzini» scritti tra ottobre e novembre 2004 dal Provenzano al Lo Piccolo Salvatore. Esso rappresentava la risposta ad una lettera che il Lo Piccolo aveva precedentemente scritto al Provenzano per informarlo che Inzerillo «Sarino» stava per rientrare in Italia e che, cosi' come in passato avevano fatto per Inzerillo Francesco inteso «Franco u truttaturi», i suoi parenti sarebbero andati a richiedere l'autorizzazione a Marciano' Vincenzo, allora capofamiglia di Boccadifalco, per farlo rimanere. Marciano' Vincenzo e Bonura Francesco, emerge dalla missiva, in quella circostanza si erano mostrati favorevoli al rientro degli Inzerillo. Provenzano, invece si riservava di dare una risposta dopo aver assunto il parere di altri eventuali interessati. Che il problema non fosse di facile soluzione si rilevava con evidenza nella missiva successiva, databile probabilmente ai primi mesi del 2005, dove si faceva riferimento al fatto che il ritorno degli Inzerillo era gia' stato accolto con favore da La Barbera Michelangelo oltre che da Brusca Vincenzo di Torretta. «NN.RO (Rotolo Antonino), invece, non era tanto contento, e forse non solo lui».
Da un pizzino datato 19 giugno 2005, ascrivibile a Lo Piccolo Salvatore ed indirizzato al «Caro zio», cioe' a Provenzano Bernardo, veniva confermato che il Lo Piccolo aveva piu' volte chiesto al Provenzano di intervenire con favore sulla vicenda, tanto da scusarsene nella stessa missiva, dove oltre a sottolineare il lungo tempo trascorso dalla decisione della Commissione («si tratta di un impegno e di una decisione di almeno 25 anni fa, da allora ad oggi molte persone non ci sono piu'»), citava le gravi difficolta' di organico in cui versava l'organizzazione («Siamo arrivati al punto che siamo quasi tutti rovinati, e i pentiti che ci hanno consumato girano indisturbati. Purtroppo ci troviamo in una situazione triste e non sappiamo come nasconderci»). Proprio per queste ragioni il Lo Piccolo chiedeva al Provenzano di acconsentire all'arruolamento degli Inzerillo nelle loro fila mafiose, considerato che erano giovani «che non uscivano fuori dal seminato», erano sotto l'assoluto controllo della famiglia di appartenenza e soprattutto il Lo Piccolo stesso se ne assumeva tutte le responsabilita'.
Il Lo Piccolo, pur condividendo talune paure di alcuni uomini d'onore, assicurava al Provenzano che «questi ragazzi sfortunati erano sotto controllo» e soprattutto «erano gia' stati avvisati». Significativo era anche il passaggio in cui il Lo Piccolo, nel ribadire che tale invocazione era condivisa anche da altri uomini d'onore del mandamento, precisava con un sottile velo minatorio la motivazione per la quale chiedeva «gentilmente» il placet del vecchio patriarca: «per non rischiare quel poco di pace che abbiamo». Salvo poi concludere la lettera con l'assicurazione che la decisione del Provenzano avrebbe sancito la fine delle discussioni: «comunque in ogni caso qualsiasi decisione prenderete sara' fatto».
L'O.C.C., quindi, pur non volendo riproporre il tema della seconda guerra di mafia, degli assetti che ne conseguirono e del rientro dagli Stati Uniti dei cosiddetti «scappati», per una piu' agevole comprensione di quanto verra' esposto di seguito, si sofferma brevemente su alcune riflessioni.
I soggetti sopra citati, che rappresentano oggi i piu' alti livelli del mandamento mafioso investigato, sono gli stessi che vissero quegli anni da protagonisti ed avversari.
La crisi seguita alle indagini degli anni '90 (che avevano condotto all'arresto di tutti i capifamiglia della Commissione di Palermo), nonche' quella seguita alla operazione «Gotha» (che aveva condotto all'arresto di quasi tutti i «reggenti» sul territorio in luogo e per conto dei capi arrestati) aveva portato l'associazione mafiosa ad aprirsi necessariamente all'apporto sia di chi aveva perso nella seconda guerra di mafia (gli «scappati», per l'appunto), sia anche di persone che - pur valide - avevano qualche «scheletro nell'armadio» (come Franzese Francesco, poi divenuto collaboratore di giustizia, e come lo stesso Geraci Giuseppe, che ha parenti tra le forze dell'ordine).
Si legge nell'O.C.C. che le indagini svolte nell'ambito del presente procedimento hanno dimostrato in modo inequivoco come, in seguito alle travagliate vicende sin qui sintetizzate, il mandamento di Passo di Rigano, nel quale, come detto, unitamente agli Inzerillo e ai sodali di questi ultimi, operano altresi' i destinatari della presente richiesta cautelare, abbia oggi assunto una rinnovata posizione di rilevo nell'ambito della cosa nostra palermitana, posizione che solo in parte risente ancora dei rancori, e delle «ruggini» di un passato ormai lontano ma che tuttavia ha consentito (e sta consentendo) ai mafiosi di detto territorio di coltivare in modo proficuo i propri interessi criminosi, sfruttando in questo contesto anche i rapporti privilegiati intessuti da decenni con i sodali stabilitisi negli Stati Uniti d'America. Ne' pare un caso, come a breve si vedra', che proprio il mandamento di Passo di Rigano abbia ricoperto un ruolo centrale nel processo di ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, disvelato dalle indagini svolte da questo Ufficio nell'ambito del proc. pen. n. 719/2016 (operazione «Cupola 2.0», sintetizzata nei due provvedimenti di fermo rispettivamente eseguiti in data 4 dicembre 2018 e 22 gennaio 2019, presenti in atti).
Tale rinnovata posizione di forza si e' peraltro tradotta in un nuovo equilibrio raggiunto tra le due opposte «anime» della compagine mafiosa di Passo di Rigano: da un parte, i Sansone, tra i piu' vicini favoreggiatori della latitanza di Riina e, da sempre, schierati sulle posizioni oltranziste di Rotolo per cio' che riguarda la questione «Inzerillo», o meglio, «il discorso dell'America», per utilizzare le stesse parole dell'ergastolano padrino di Pagliarelli; dall'altra, Tommaso Inzerillo, assolto dall'infamante accusa di aver consegnato i suoi parenti agli assassini per aver salva la vita, ed i soggetti a lui piu' vicini quale, ad esempio, Sandrino Mannino al quale lo stesso Rotolo cosi' si era rivolto: «non ti chiami Inzerillo ma sei Inzerillo».
Dalle piu' recenti investigazioni, e' emerso come Masino Inzerillo e Tanino Sansone, si siano fatti garanti di questo equilibrio, rinunciando ad eventuali pretese di leadership assoluta sul mandamento nella piu' proficua ottica di continuare, ognuno per la parte di competenza, a gestire i propri affari illeciti.
Fermo restando quanto sopra esposto a proposito dei Sansone, non v'e' dubbio che Masino abbia rappresentato, almeno fino alla scarcerazione di Giovanni Buscemi «u farfalla», il vertice di quel sodalizio mafioso.
Tommaso «u scarpuni», infatti, interviene con potere decisionale nella gestione di diversi episodi estorsivi, anche mediando tra sodali, come nel caso della tabaccheria Ottini tra Di Filippo e Lo Presti, mitiga le intemperanze di Rosario Gambino (l'americano) anch'egli organico a Passo di Rigano, impone agli esercenti della zona la fornitura dei prodotti che distribuisce tramite la Sicily in Food (societa' fittiziamente intestata al suo fidato collaboratore, il genero Giuseppe Spatola), controlla il settore delle agenzie abusive di scommesse on line sfruttando la competenza nel settore di Giovanni Sirchia, Antonino Fanara e Gabriele Militello ed infine gestisce i rapporti con la famiglia mafiosa della Torretta nella delicata fase della definizione degli equilibri interni alla stessa.

La famiglia di Torretta - i coindagati
Thomas Gambino

Il Federal Bureau of Investigation, nella nota trasmessa il 27 novembre 2018 al Direttore del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, nell'ambito del protocollo di collaborazione investigativa tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America, confermava l'attuale ruolo di Soldier di Thomas Gambino all'interno della Gambino Crime Family, di cui Frank Cali' era Underboss ed alla cui conduzione vi e' il mafioso Joseph Lanni (Estratto da pag. 3 della nota "File No.: RO-c5968-D" del 27 novembre 2018 inviata da: U.S. Department of Justice - Federal Bureau of lnvestigation). Nella stessa nota, Thomas Gambino e' indicato come principale collettore dei proventi illeciti generati dalle gaming machines illegali installate presso vari bar e socialclubs a Brooklyn, dalle quale trae gran parte del suo reddito.
Peraltro, Thomas Gambino vanta un legame di parentela con Frank Cali', poiche' quest'ultimo ha sposato Rosaria Maria Inzerillo, figlia di Salvatore Inzerillo, fratello di Tommaso e Maria Concetta.
L'approfondimento investigativo operato a carico di Gambino ha evidenziato gli elementi che ne delineano un preciso ruolo in seno all'organizzazione mafiosa.
Ed infatti, si e' proposto, in epoca antecedente alla morte di Frank Cali', quale collettore di informazioni e latore delle volonta' di quest'ultimo, negli illeciti interessi condivisi con Tommaso Inzerillo.
Il complesso delle investigazioni ha consentito anche di svelare come Thomas Gambino abbia attivamente contribuito all'assistenza economica della famiglia di Tommaso Inzerillo nel periodo della detenzione di quest'ultimo, come abbia in passato condiviso gli interessi economici di affiliati di spicco della famiglia mafiosa di Passo di Rigano quali Francesco Inzerillo u nivuru, Alessandro Mannino e Matteo Inzerillo e, in tempi piu' recenti, sia stato tra i finanziatori delle attivita' economiche illegalmente intraprese da Giuseppe Spatola in nome e per conto del suocero Tommaso Inzerillo.
Di rilievo sono anche gli incontri di Thomas Gambino nel periodo di permanenza presso questo Capoluogo, poiche' sintomatici del tenore dei suoi rapporti e della grande considerazione di cui gode nel contesto mafioso locale.
Nel periodo trascorso a Palermo, Thomas Gambino e' stato ospitato dal suocero Ernesto Villico presso l'abitazione di quest'ultimo in via Castellana civ. 346.
Zito Simone e Calogero Christian - profilo criminale - appoggio al
sindaco Gambino

Zito Simone emergeva come soggetto intorno al quale si incentrava la questione riguardante la leadership della famiglia mafiosa di Torretta, e proprio gli approfondimenti su quest'ultimo contesto criminoso offrivano lo spunto per avviare la collaborazione con il Federal Bureau of Investigation, finalizzata a valutare l'attualita' dei rapporti tra cosa nostra palermitana e la cosa nostra americana, essendo per l'appunto emersi stabili e duraturi contatti ed interessi coltivati dai due Zito in territorio statunitense.
Zito Simone, del resto, al cospetto di Tommaso Inzerillo, vanta una sorta di sponsorizzazione proveniente da «cristiani anziani», residenti negli U.S.A., che avrebbero appoggiato la sua ascesa alle posizioni di vertice della Torretta. Lo scambio informativo con l'organismo investigativo statunitense, ha consentito di acquisire significativi elementi utili a riscontrare le risultanze tecniche che hanno evidenziato lo stretto ed attuale legame tra Tommaso Inzerillo e Thomas Gambino, considerato appartenente alla LCN americana e, prima del suo omicidio, Frank Cali', anch'egli considerato dagli investigatori d'oltreoceano elemento di spicco di quella organizzazione criminale.
Emerge, altresi', la figura di Calogero Zito, figlio di Simone, che si pone quale importante anello di collegamento tra gli Stati Uniti ed alcuni autorevoli esponenti della famiglia mafiosa della Torretta, tra cui, Giovanni Angelo Mannino.
Simone e Calogero Zito, inoltre, sono stati tra i principali protagonisti della campagna elettorale che ha preceduto le elezioni amministrative del Comune di Torretta, nel giugno 2018, operando, al riguardo, in nome, per conto e nell'interesse della famiglia mafiosa di Torretta.
L'appoggio di costoro al candidato sindaco, Salvatore Gambino cl. '83, e' stato determinante per la vittoria di quest'ultimo, tanto da mettere lo stesso Calogero Zito nelle condizioni di poter indicare nomi e funzioni di quanti poi hanno ottenuto incarichi in seno all'Amministrazione comunale e consentendogli altresi' di asservire stabilmente la figura del sindaco alle esigenze sue e della sua famiglia mafiosa, come dimostrato anche da talune assunzioni lavorative effettuate proprio su istanza della locale consorteria mafiosa.
Le vicende del mandamento mafioso di Passo di Rigano, nel corso dell'ultimo anno, si sono significativamente e pericolosamente intersecate con la dinamica criminale che, in data 29 maggio 2018, dopo un lungo e complesso percorso, portava alla formale ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, mediante la riunione di diversi capi-mandamento, operanti nella citta' e nella Provincia di Palermo.
Tale dinamica veniva tempestivamente bloccata dalle iniziative giudiziarie intraprese, nell'ambito del sopra richiamato proc. pen. nr. 719/2016, in seno al quale venivano adottati due distinti provvedimenti di fermo, l'uno eseguito il 4 dicembre 2018 e l'altro il 22 gennaio 2019, mirati a disarticolare sul nascere la nuova commissione provinciale di cosa nostra (v. provvedimenti di fermo in atti) ed entrambi largamente confermati dal successivo vaglio del locale Giudice per le indagini preliminari e del locale Tribunale del riesame.
La rilevanza dell'evento criminale in questione veniva peraltro confermata dai due nuovi collaboratori di giustizia, Colletti Francesco e Bisconti Filippo Salvatore, entrambi sottoposti a fermo in data 4 dicembre 2018. Ebbene, ambedue, essendo stati coinvolti nelle attivita' relative alla ricostituzione della commissione provinciale, una volta avviati i rispettivi percorsi di collaborazione con la giustizia, spiegavano i meccanismi di funzionamento e le regole organizzative del rinnovato organismo collegiale (v., sul punto, gli elementi sintetizzati in seno al provvedimento di fermo eseguito in data 22 gennaio 2019) ed e' stato da subito sorprendente notare come tali meccanismi siano risultati perfettamente sovrapponibili ai precetti che, sempre a proposito della commissione provinciale, si ritrovarono consacrati per iscritto in un «pizzino» rinvenuto nella disponibilita' di Salvatore e Sandro Lo Piccolo al momento del loro arresto, effettuato in data 5 novembre 2017.
Ebbene, in tale allarmante contesto criminale, e' importante sottolineare come anche i rappresentanti del mandamento di Passo di Rigano abbiano attivamente partecipato alla rifondazione del suddetto organismo collegiale, chiamato a conferire rinnovato lustro ed efficienza operativa alla cosa nostra palermitana, in particolare tramite la partecipazione del capo-mandamento Buscemi Giovanni al consesso riunitosi in data 29 maggio 2018, nonche' mediante le fondamentali attivita' logistiche ed organizzative assicurate da Sirchia Giovanni, uomo «d'onore» della famiglia mafiosa di Passo di Rigano che, come detto, veniva sottoposto a fermo nell'ambito del suddetto procedimento n. 719/2016; ancora, e soprattutto, giova evidenziare che la riunione intermandamentale del 29 maggio 2018 veniva organizzata e svolta proprio all'interno del mandamento di Passo di Rigano, ed in particolare nella zona di Baida, presso un immobile allo stato non compiutamente identificato e verosimilmente messo a disposizione proprio da Buscemi Giovanni (si vedano, sul punto le dichiarazioni rese dal nuovo collaboratore di giustizia Colletti Francesco in seno al verbale del 21 dicembre 2018, agli atti del presente procedimento). Peraltro, proprio le richiamate iniziative giudiziarie determinavano una forte fibrillazione anche all'interno del mandamento di Passo di Rigano, nei cui confronti proseguivano le investigazioni a largo raggio infine sfociate nella presente iniziativa cautelare, nonche' in quelle che separatamente saranno adottate nei confronti di altri soggetti sottoposti ad indagine nell'ambito del presente procedimento.
L'O.C.C. delinea compiutamente la caratura criminale di Zito Simone e Calogero.
Simone Zito ha un rilevante curriculum criminale che ne accosta la figura a quella del gruppo mafioso degli Inzerillo di Passo di Rigano e dei Gambino di New York fin dagli anni '80.
Dal dicembre del 1986 si rendeva irreperibile in seguito all'emissione dell'ordine di cattura da parte Procura della Repubblica di Palermo per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti.
Nel 1987 la stessa Procura emetteva a suo carico un mandato di cattura, poiche' imputato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e infrazioni alle norme in materia valutaria.
Il 25 novembre 1988, una nota dei Carabinieri lo segnalava alla Procura della Repubblica di Palermo per l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con divieto di soggiorno in Sicilia, Sardegna, Calabria e Campania.
Le investigazioni eseguite nell'ambito delle indagini note come Iran Tower ne individuavano la certa presenza negli Stati Uniti fin dall'aprile del 1988.
Quando venne data esecuzione agli arresti tra la Sicilia e gli Stati Uniti 17 dicembre 1988, a seguito del mandato di cattura, per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, Simone Zito, che era tra i destinatari del provvedimento restrittivo, era ancora latitante. In tale occasione vennero arrestati la moglie Giuseppa Enea, i fratelli Stefano, Antonio e Giuseppe Zito, il cugino Benedetto Zito e altri soggetti.
La sua latitanza terminava il 24 aprile 1990, quando venne catturato a casa dei suoceri, residenti a Torretta, durante i festeggiamenti per il suo 28° compleanno.
Condannato nel 1992 alla pena detentiva di 20 anni, a suo carico non fu riconosciuta l'imputazione relativa all'associazione per delinquere di tipo mafioso. La Corte d'appello diminui' a 17 anni la pena irrogata nei confronti di Zito che venne scarcerato il 9 maggio 2004 e sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Torretta (cfr, casellario giudiziale).
Il figlio di Zito Simone, Calogero Christian Zito, e' stato destinatario di sequestro di prevenzione, poiche' ritenuto prestanome, con riferimento alla sua partecipazione societaria nella F.M. Edilizia S.r.l., del pregiudicato Ignazio Antonino Mannino, tratto in arresto con Simone Zito nell'ambito dell'operazione Iran Tower. Il Tribunale ha disposto la restituzione dei beni nei confronti dello Zito, ma cio' che qui rileva e' l'accertata esistenza di cointeressenze economiche del predetto Zito con il Mannino. Difatti, soci paritari della F.M. Edilizia S.r.l., oltre a Luca Senapa (sul quale si vedra' oltre), erano lo stesso Zito Calogero Christian e Pulitano Grazia, moglie del Mannino Ignazio Antonino, nei confronti della quale e' stata disposta la confisca della sua quota (cfr. provvedimento del Tribunale di Palermo Sezione misure di prevenzione del 29 giugno 2017).
Simone e Calogero Christian Zito, fin dalle prime investigazioni, sono risultati gestori di un'attivita' commerciale di ristorazione e bar negli Stati Uniti, nella citta' di Philadelphia, nello stato della Pennsylvania, denominato Dolce & Caffe', all'indirizzo 708 n. 2 street 19123, inaugurato il 6 gennaio 2018.
Agli stessi sarebbe riconducibile l'esercizio commerciale per la ristorazione denominato Joe's pizza, all'indirizzo 122 Street, 16th Street 19012.
Proprio a tale societa', era intestata l'autovettura nel cui bagagliaio, il 15 gennaio 1982, veniva rinvenuto il cadavere di Pietro Inzerillo, fratello di Totuccio.
L'esito delle odierne investigazioni ha consentito di dimostrare la sussistenza di elementi che costituiscono gravi indizi di colpevolezza, nei confronti di Zito Simone e di Zito Calogero Christian, in ordine alla loro appartenenza a «cosa nostra» e, in particolare, alla famiglia mafiosa di Torretta.
Nell'ambito della presente indagine, le figure di Simone Zito e di Calogero Christian Zito emergevano a partire dal mese di maggio del 2017.
Zito Simone, pertanto, si e' «effettivamente relazionato con numerosi soggetti del mandamento di Passo di Rigano Torretta nel gestire le vicende attinenti alla gestione di cosa nostra nel territorio di Torretta.
Nell'ordinanza viene ancora osservato come Calogero Christian Zito, abbia perseguito, raggiungendo peraltro l'obiettivo prefissatosi, una delle finalita' piu' tipiche dell'associazione mafiosa, infiltrandosi all'interno dell'apparato politico amministrativo del Comune di Torretta, al fine di esercitare un occulto potere di controllo sull'intero Ente, nella prospettiva, invero concretizzatasi, di ampliare non soltanto il proprio potere personale, ma soprattutto quello dell'associazione mafiosa nel territorio di Torretta, incidendo non soltanto sull'elezione del sindaco e dei consiglieri comunali, ma anche sulla nomina del Presidente del Consiglio comunale degli assessori e dei dirigenti degli uffici. Non puo' sfuggire, inoltre, come per portare a compimento tale strategia, Zito Christian abbia avuto l'ausilio di soggetti pregiudicati, alcuni dei quali vicinissimi ad esponenti di spicco di cosa nostra, tra i quali Calogero Badalamenti, Luca Senapa e Lorenzo Altadonna, ed abbia altresi' sollecitato il padre, Zito Simone, ad intercedere nei confronti del cognato Benedetto Enea, al fine di impedire allo stesso ed al fratello di svolgere attivita' elettorale in favore della cugina, fino a convincerlo a sostenere il candidato Salvatore Gambino, cosi come dimostrano le parole successivamente captate dello stesso Zito Simone (non gliele ho fatte vincere io le elezioni?!). D'altra parte, deve considerarsi come l'azione di Zito Calogero Christian non si sia limitata ad un mero sostegno elettorale in favore del Gambino Salvatore, motivato da ragioni di amicizia o dalla prospettiva di ricevere vantaggi esclusivamente personali, ma si sia concretizzata in una piu' generale strategia di controllo totalitario dell'Ente comunale, volta a garantire futuri illeciti vantaggi per il sodalizio criminoso. In tal senso sono emblematiche le parole del pregiudicato Badalamenti Calogero rivolte a Zito Simone (se ha perso lui, ho perso io, ha perso tuo figlio, hanno perso tutti... abbiamo perso tutti, hai perso tu), nonche' le parole pronunciate dallo stesso Zito Calogero Christian, dopo la riconferma del Gambino alla carica di sindaco, nella telefonata con il socio Lorenzo Altadonna (eh ... ora ... allestiamo ce ne andiamo a lavorare Lore!), alle quali seguiva una inequivocabile affermazione dello stesso Altadonna: «e lo so!».
D'altra parte, che l'avvenuta conquista di un siffatto potere di condizionamento dei piu' elevati livelli dell'apparato politico e amministrativo comunale costituisca una iniziativa destinata a rafforzare, e in maniera assolutamente straordinaria, il sodalizio mafioso operante nel territorio di Torretta e' un fatto innegabile, allorche' si pensi alla possibilita' per la locale cosca di incidere a proprio beneficio sulle piu' importanti azioni dell'Amministrazione o, piu' semplicemente, all'acquisizione da parte della medesima cosca di una maggiore capacita' di attrarre nuovi adepti attirati dalla prospettiva di ottenere lucrosi vantaggi direttamente connessi a tale potere di condizionamento dell'Ente comunale da parte della consorteria criminale mafiosa.
Dichiara il G.I.P. che, alla luce delle emergenze acquisite nei confronti di Calogero Christian Zito, puo' concludersi che sussistono elementi gravemente indizianti con riferimento al suo rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio mafioso, tale da implicare un rilevante ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale lo stesso ha preso parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Il sindaco Salvatore Gambino, al secondo mandato, e' stato rieletto a seguito delle elezioni amministrative del 10 giugno 2018.
Il Comune di Torretta e' stato sciolto per infiltrazioni mafiose, con provvedimento del Consiglio dei Ministri adottato nel novembre 2005, allorche' era in carica il sindaco Filippo Davi. Al Davi e' succeduto il sindaco Vincenzo Guastella e, dopo la sindacatura del predetto, veniva eletto primo cittadino Salvatore Gambino, presentatosi con una lista civica vincente alle elezioni del 9 e 10 giugno 2013.
Il Salvatore Gambino e' coniugato con Francesca Di Maggio, figlia di Salvatore Emanuele Di Maggio. Lo stesso Salvatore Emanuele Di Maggio, figlio del mafioso Rosario Di Maggio (nei confronti del quale e' stata riconosciuta l'appartenenza all'associazione mafiosa «cosa nostra» ed il ruolo, ricoperto per anni, di capo mandamento di Passo di Rigano, Uditore e Torretta), e' stato definitivamente condannato per il delitto di associazione per delinquere, con sentenza n. 9/98 Reg. gen. la Corte d'appello di Palermo Sez. 1, che cosi' riformava la precedente sentenza di condanna resa dal Tribunale per il delitto di cui all'art. 416-bis del codice penale.
Nel febbraio 2014, questa Prefettura, anche in relazione ai rapporti di parentela del sindaco con la famiglia Di Maggio, capo storico della locale famiglia, aveva effettuato un accesso ispettivo nel Comune di Torretta, al fine di verificare la sussistenza di infiltrazioni mafiose, che veniva esitato con una relazione che orientava il Prefetto a proporre la dissoluzione degli organi elettivi. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto del 24 ottobre 2014, non riteneva sussistenti i presupposti per lo scioglimento del Comune, in assenza della necessaria congruenza degli elementi emersi rispetto ai requisiti di concretezza, univocita' e rilevanza, richiesti dall'art. 143, comma 1, del decreto legislativo n. 267/2000.
L'O.C.C., nel contestare al sindaco il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, per avere favorito cosa nostra, evidenzia fatti di grave compromissione come testualmente di seguito si riporta.
L'attivita' d'indagine ha consentito di svelare la figura di Zito Calogero Christian quale regista occulto delle strategie elettorali del sindaco Salvatore Gambino, candidatosi alle amministrative di giugno 2018, per la riconferma alla carica di primo cittadino.
Nel periodo della campagna elettorale per le amministrative del giugno 2018, e' emerso un rapporto perfettamente simbiotico tra il sindaco Salvatore Gambino e Calogero Christian Zito, con riferimento alle scelte relative alle alleanze, alle strategie politiche, ai soggetti da inserire in lista quali candidati alla carica di consigliere comunale ed alla nomina degli assessori.
In alcune occasioni, poi, il Gambino e' apparso anche essere interlocutore subalterno rispetto al mafioso Zito Calogero Christian, al quale si e' sempre rivolto, nel corso della campagna elettorale, chiedendogli spesso consigli e riservati incontri (ho bisogno di un venticinque minuti io e tu ... tu e io, io e tu).
Nel corso delle conversazioni intercettate tra Calogero Christian Zito e Salvatore Gambino, dunque, si e' avuto modo di appurare come i due discutessero della composizione delle liste, della nomina dei futuri assessori, delle strategie politiche e delle alleanze, fissando anche appuntamenti al fine di affrontare di presenza di tali aspetti.
Zito Calogero Christian ha finanche indicato al Gambino soggetti da inserire in lista, come nel caso di Rosaria Pipitone, oggi consigliere comunale di Torretta, proponendo anche l'organizzazione di occasioni conviviali quali luoghi in cui definire alleanze o comunque strategie elettorali, come nel caso del «pranzo» o della «cena» da organizzare con il suocero del Gambino, Salvatore Emanuele Di Maggio, nonche' con Giuseppe Scatassa, gia' assessore nella precedente giunta ed oggi vice sindaco.
Zito Calogero Christian, inoltre, nel corso della campagna elettorale ha anche dato prova di potersi comportare quale vero e proprio alter ego del Gambino. A tal proposito e' assolutamente dimostrativa della fondatezza della precedente affermazione la conversazione del 9 maggio 2018 (126), che, invero, conferma anche il ruolo di soggetto subalterno del Gambino rispetto a quello di Zito.
Nel corso di tale dialogo, difatti, Calogero Christian Zito riferiva in merito ai suoi contatti con tale Toto', al quale aveva garantito l'appoggio per garantire la nomina alla carica di Assessore di un terzo soggetto. Ebbene, in questo caso, pur essendosi mosso in totale autonomia, l'operato di Zito trovava il piena condivisione di Salvatore Gambino, il quale si lasciava istruire finanche sulle modalita' con cui avrebbe dovuto rivolgersi al soggetto gia' incontrato da Zito.
Deve, poi, osservarsi come il Gambino, oltre a dimostrarsi totalmente accondiscendente, durante la campagna elettorale, nei confronti del mafioso Zito Calogero Christian, abbia beneficiato altresi' del sostegno elettorale di quest'ultimo, del di lui padre, ossia del mafioso Zito Simone (altro elemento di spicco della famiglia mafiosa di Torretta, nella specie, sceso in campo dopo la sollecitazione del figlio Calogero Christian, cosi' come e' dimostrato dalla telefonata nel corso della quale lo stesso Zito Simone richiedeva espressamente ad Enea Benedetto di astenersi dallo svolgere attivita' elettorale in favore della cugina, nonche' dalle parole dello stesso pronunciate nel corso di una successiva telefonata [non gliele ho fatte vincere io le elezioni?!]), oltre che del sostegno di altri soggetti, fra i quali pregiudicati e vicinissimi ad esponenti di spicco di cosa nostra, tra i quali Calogero Badalamenti, Luca Senapa e Lorenzo Altadonna.
Che tale appoggio elettorale al Gambino sia stato garantito in forza della sua promessa di favorire la locale cosca mafiosa di appartenenza di Zito Calogero Christian e di Zito Simone nei futuri rapporti con l'Amministrazione, d'altra parte, e' dimostrato, in primo luogo dalla conversazione (127) dell'11 giugno 2018 tra Calogero Christian Zito e Lorenzo Altadonna (Zito Calogero Christian: eh ... ora ... allestiamo ce ne andiamo a lavorare Lore! Lorenzo Altadonna: e lo so!), nonche' da quella intercorsa tra Zito Simone ed il pregiudicato Calogero Badalamenti (128) («se ha perso lui, ho perso io, ha perso tuo figlio, hanno perso tutti...abbiamo perso tutti, hai perso tu hai perso pure tu»).
Sul punto, poi, appare sufficiente un mero richiamo agli ulteriori elementi compendiati nella nota da ultimo depositata dalla polizia giudiziaria, in data 25 giugno 2019, dei quali si e' detto nell'ultima parte del precedente paragrafo, con particolare riferimento all'assunzione di Scalici Calogero e della figlia di Badalamenti, nonche' agli stretti rapporti tra il Gambino Salvatore e Zito Simone ( ... stasera ha bisogno di te... speriamo il Signore per lui... ) ed alla attribuzione di ingiusti vantaggi da parte del primo in favore del secondo (si prende l'impegno per uscirmi una cosa dalla soprintendenza).
Ma, nel caso di specie, vi e' molto di piu' di un patto di scambio elettorale tra il Gambino, da una parte, e Zito Calogero Christian, Zito Simone e gli altri soggetti gia' sopra menzionati, dall'altra, peraltro, gia' astrattamente idoneo di per se' ad integrare il delitto contestato al Gambino Salvatore (cfr. Cass. pen. Sez. I ord., 4 febbraio 2005, n. 11613 [rv. 231630]: «E' configurabile il concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa tutte le volte in cui il contributo dell'extraneus sia concreto, specifico, consapevole e volontario. Tale contributo ben puo' connettersi ad un accordo di scambio con il quale un esponente politico si impegni - verso la promessa di voti in sede di elezioni amministrative - a favorire il sodalizio criminoso nei futuri rapporti con l'Amministrazione, sicche' la condotta offensiva del bene giuridico tutelato viene integrata dallo scambio sinallagmatico tra le due promesse (appoggio elettorale e agevolazione da parte dell'ente), restando irrilevante la mancata esecuzione delle promesse)».
Invero, le intercettazioni delle conversazioni intrattenute da Zito Calogero Christian dopo l'avventa elezione del Gambino, ma anche quelle tenute da Zito Simone, dimostrano il totale asservimento del sindaco Gambino Giuseppe alle volonta' dei suddetti mafiosi (si vedano al tal riguardo le intercettazioni relative alla assunzione di Scalici Calogero, al pagamento del credito vantato da Enea Benedetto, nonche' all'interessamento per «la cosa alla sovrintendenza»), nonche' l'esistenza di una allarmante situazione che ha visto il predetto Zito Calogero Christian quale soggetto dotato del potere di dare indicazioni in merito alla scelta del Presidente del Consiglio comunale, degli assessori e dei dirigenti degli uffici e, dunque, di determinare in maniera assai incisiva l'azione politica e amministrativa dell'Ente comunale e del primo cittadino.
Quanto agli effetti della condotta del Gambino, puo' senz'altro dirsi che l'avvenuta conquista di un siffatto potere di condizionamento dei piu' elevati livelli dell'apparato politico e amministrativo del Comune di Torretta costituisca una situazione sicuramente destinata a rafforzare, e in maniera assolutamente straordinaria, il locale sodalizio mafioso.
Si pensi soltanto alla possibilita' per la locale cosca mafiosa di incidere a proprio beneficio sulle piu' importanti azioni dell'Amministrazione o, piu' semplicemente, all'acquisizione da parte della medesima cosca di una maggiore capacita' di attrarre nuovi adepti attirati dalla prospettiva di ottenere lucrosi vantaggi direttamente connessi a tale potere di condizionamento dell'Ente comunale.
Tale inquietante situazione, in effetti, non puo' trovare giustificazione nella volonta' del Gambino di avvantaggiare, per ragioni di amicizia o di riconoscenza per il sostegno elettorale ricevuto, esclusivamente Zito Calogero Christian, bensi' e' all'evidenza indicativa dell'avvenuto adempimento da parte del Gambino degli accordi gia' raggiunti in campagna elettorale con Zito Calogero Christian quale emissario della locale cosca mafiosa.
A tale riguardo, appare il caso di ricordare come Zito Calogero Christian, parlando con il Di Maggio, affrontava la questione concernente l'individuazione del Di Mino quale soggetto da porre a capo dell'Ufficio tecnico dopo il pensionamento di Bordonaro (se lo incontri, cosi' lui si deve prendere l'impegno con noialtri ... perche' noi, qualsiasi cosa abbiamo di bisogno, lui la deve fare! Intanto!).
In effetti, ove il Gambino avesse semplicemente voluto contraccambiare il solo Zito per l'impegno dallo stesso profuso nella campagna elettorale, avrebbe, di certo, potuto limitarsi a fornire la propria disponibilita' a soddisfare singole richieste da parte di quest'ultimo e non gia' concedergli la facolta' di esprimere finanche le proprie preferenze in ordine alla elezione del Presidente del Consiglio Comunale ed alla nomina dei componenti della Giunta e dei dirigenti degli uffici comunali.
D'altra parte che il Gambino si sia rivolto a Zito Calogero Christian in ragione della sua caratura criminale e non gia' perche' uomo politicamente attrezzato e' emerso sin dalle prime conversazioni captate nel corso della campagna elettorale, allorche' lo stesso Zito ha dato prova di non conoscere nemmeno la prevista facolta' per gli elettori di esprimere la loro preferenza mediante il c.d. voto disgiunto e le connesse eventuali implicazioni (Gambino Salvatore: no, assolutamente no. Ma io di qua al dieci giugno non lo so che succede e con un candidato dentro puo' succedere di tutto al contrario, capisci? E quindi ... Zito Calogero: cioe', e che danno ti puo' fare il candidato dentro scusami? Ti fa fare brutta figura? Gambino Salvatore: i voti disgiunti compa' Zito Calogero: si puo' fare, tu dici?).
Tutto cio' premesso, il giudice dichiara che alla luce poi degli accertamenti sulla cerchia familiare del suddetto Gambino e del suo simbiotico rapporto con Zito Calogero Christian appare doversi indubbiamente escludere che il suddetto Gambino non fosse perfettamente consapevole della caratura mafiosa di Zito e della sua funzione di emissario della locale famiglia mafiosa.
E sostiene ancora il Giudice che alla luce di quanto precede, pertanto, appare non potersi dubitare circa la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico di Gambino Salvatore, in ordine al reato contestatogli.
L'organico esame delle prove raccolte, difatti, consente di affermare che lo stesso non si e' esclusivamente limitato a stringere un accordo diretto ad ottenere sostegno elettorale in cambio della propria disponibilita' a soddisfare, in caso di vittoria, gli interessi della consorteria criminale - condotta che, come sopra ricordato, gia' di per se' e' astrattamente idonea ad integrare il concorso eventuale nel reato associativo - ma si e' posto quale vero e proprio punto di riferimento della locale consorteria mafiosa e suo referente politico, consentendo alla medesima cosca di dare indicazioni con riguardo alla elezione del Presidente del Consiglio comunale ed alla nomina dei componenti della Giunta e dei dirigenti degli uffici e dunque di determinare l'azione politica ed amministrativa dell'Ente comunale, nonche' garantendo il proprio appoggio al fine di far conseguire vantaggi ingiusti ai partecipi dell'associazione ed a soggetti alla stessa contigui, come nel caso delle assunzioni in favore di Scalici Calogero e della figlia del Badalamenti, del richiesto pagamento del credito in favore di Enea Benedetto e della attribuzione di ingiusti vantaggi in favore di Zito Simone (si prende l'impegno per uscirmi una cosa dalla soprintendenza).
Da quanto sopra esposto emerge un grave quadro indiziario in ordine al delitto contestato. A tale proposito il GIP scrive «come evidenziato dalla P.G., Gambino Salvatore vanta parentele ed e' inserito in un qualificato contesto di mafia. Cio' non avrebbe di per se' rilievo penale, ma il dato, inserito e letto nel compendio delle emergenze investigative che lo riguardano, indubbiamente incide sull'elemento psicologico del delitto oggetto di imputazione provvisori. Il Gambino, puo' qui dedursi, ma la deduzione e' basata sulle oggettive emergenze istruttorie, non puo' non sapere chi sono e chi rappresentano i suoi sostenitori ed interlocutori nel frangente delle elezioni e successivamente.
Le condotte che verranno evidenziate sono poste in essere dal Gambino, dunque, nella piena consapevolezza della caratura criminale dei soggetti con i quali opera in piena sintonica dipendenza, ai quali sa bene di dovere rendere il conto in termini di assoggettamento del suo mandato ai loro interessi. Il rapporto di vera e propria dipendenza tra il sindaco Gambino e il volto pulito della famiglia mafiosa di Torretta, Calogero Christian Zito si pone all'attenzione degli inquirenti nel corso della campagna elettorale per il rinnovo delle cariche amministrative del Comune di Torretta. Del maggio 2018. Nel corso delle stesse la gestione, o meglio la direzione occulta da parte dello Zito e della associazione si coglie a piene mani nelle conversazioni oggetto di captazione in capo al predetto Zito. In particolare nella conversazione del 3 maggio 2018 delle ore 19,58 trascritta a pagina 140 il sindaco Gambino in piena attivita' di raccolta dei consensi manifesta a Calogero Christian Zito il bisogno di parlare con lui a quattr'occhi per sottoporgli alcune questioni e condividere alcune sue riflessioni: «Ho bisogno 25 minuti ... io e tu ... tu ed io». Nella conversazione sopra trascritta e contenuta a pagina 144 della richiesta cautelare e' di palmare evidenza la fattiva partecipazione del Calogero Christian Zito in termini di vera direzione nella formazione delle liste degli assessori futuri e dei candidati al Consiglio comunale. Sempre le intercettazioni confermano che Zito coinvolge nella raccolta di voti il padre Zito Simone, ed ancora Altadonna Lorenzo, soggetto gia' colpito da misura cautelare per il delitto di associazione mafiosa e da misura di prevenzione ormai definitiva. Che Gambino sia informato del coinvolgimento di questo soggetto e' confermato dal fatto che i tre si incontrano a Palermo al fine di cui sopra. E va segnalato come lo Zito controlla il Gambino a che mantenga gli impegni preelettorali, come appunto quello con Altadonna.
Che i contatti e le richieste intessute dallo Zito abbiano sortito effetto positivo determinando la riconferma del sindaco si ha conferma nelle seguenti conversazioni telefoniche trascritte. E' altamente significativa della finalita' delle condotte dello Zito la conversazione trascritta a pagina 152 della richiesta cautelare, laddove, parlando con Altadonna Lorenzo, evidentemente soddisfatto dei risultati elettorali lo Zito, soddisfatto, significativamente dice all'Altadonna che ora possono andarsene a lavorare. A questo punto, va detto, che il lavoro a cui entrambi possono serenamente porre mano, di cui lo stesso Zito e' certo e' relativo ad attivita' edilizia. Infatti Zito parlando con il padre Simone fa riferimento ai lavori di Altadonna ed ai quali egli appare direttamente interessato.
Univoco e sorprendentemente chiaro valore indiziante della sussistenza del delitto contestato al Gambino lo si ritrova nella trascrizione della conversazione tra i coindagati Badalamenti Calogero Emanuele e Zito Simone. E' il primo che parlando con il secondo della eventualita' di una perdita da parte del Gambino Salvatore, significativamente afferma: «Se ha perso lui ho perso io, ha perso tuo figlio, abbiamo perso tutti! ossia: simul stabunt vel simul cadent.
L'uso del noi non puo' - attese tutte le considerazioni sopra esposte e lo spessore criminale dei due interlocutori e i risultati delle indagini - non puo' che essere riferito alla famiglia mafiosa di Cosa Nostra operante a Torretta... E' del resto lo stesso Zito Simone che nella conversazione telefonica dell'8 settembre 2018, trascritta a pagina 159 della richiesta cautelare, dichiara al suo interlocutore sodale di avergliele fatte vincere lui le elezioni al Gambino. E dalle investigazioni risulta che lo Zito Simone abbia chiesto e si sia speso per quest'ultimo.
Il ritorno per la famiglia di Torretta e' subito rilevabile nelle conversazioni che seguono tra Calogero Christian Zito e Di Maggio Francesco. In esse e' Calogero Christian che decide direttamente, personalmente e senza vincolo alcuno rispetto al sindaco, le piu' importanti cariche degli uffici comunali. Tra queste quella del capo dell'Ufficio tecnico del Comune di Torretta che viene individuato in relazione agli interessi della famiglia stessa come soggetto che avrebbe dovuto mettersi e si sarebbe messo certamente a disposizione ... Lui si deve prendere l'impegno con noialtri perche' noi qualsiasi cosa abbiamo di bisogno, lui la deve fare «Anche il soggetto giusto per la presidenza del Consiglio comunale, individuato dai sodali avrebbe dovuto impegnarsi per qualsiasi cosa. Le conversazioni non lasciano spazio a dubbi interpretativi ed il noi sempre adoperato dallo Zito e dal suo coindagato sodale non puo' che fare capo a che ha determinato la vittoria del sindaco.
Dichiara pertanto il G.I.P. che il sindaco, dunque, con la sua abdicazione consapevole dalla sua carica rappresentativa in favore della Cosa Nostra sul territorio, confermata e concretizzatasi subito dopo le elezioni con la delega in termini fattuali delle sue prerogative alla associazione de qua, ovviamente non puo' che considerarsi asservito ai voleri della famiglia. Funzione di questa e dei suoi interessi, espressione nella vita amministrativa del paese del gruppo criminale dominante sul territorio.
E infine cosi' conclude il GIP: Questo, plasticamente dato dagli esiti delle conversazioni, che peraltro non lo vedono mai attore delle sue sorti politiche amministrative del paese, integra a parere di questo Ufficio il quadro grave e plurimo richiesto dall'art. 273 del codice di procedura penale in ordine al delitto ascritto dal pubblico ministero in capo al Gambino Salvatore, per la emissione della misura cautelare richiesta.
Conclusioni.

Tutto cio' premesso, si prende atto che dalle le gravi evidenze giudiziarie emerge che la famiglia mafiosa di Torretta inserita nel mandamento di Passo di Rigano/Uditore/Torretta, ha determinato l'elezione a sindaco del Gambino Salvatore, attivamente partecipando alla sua campagna elettorale con l'obiettivo di infiltrarsi all'interno dell'apparato politico amministrativo del Comune di Torretta, al fine di esercitare un occulto potere di controllo sull'intero Ente, nella prospettiva, invero concretizzatasi, di ampliare non soltanto il proprio potere personale, ma soprattutto quello dell'associazione mafiosa nel territorio di Torretta incidendo non soltanto sull'elezione del sindaco e dei consiglieri comunali, ma anche sulla nomina del presidente del Consiglio comunale, degli Assessori e dei dirigenti degli uffici e operando per la ricerca di voti al punto tale da impedire che altri potessero ricevere voti dalla stessa famiglia.
Il Comitato, riunitosi in data 18 luglio u.s. al tavolo della Prefettura, ha ribadito che sussistono gli elementi comprovanti la condizionabilita' mafiosa del Comune di Torretta, tenuto conto delle pesanti conclusioni della Procura della Repubblica DDA, confermate dal GIP, che attestano la grave compromissione del sindaco Gambino rispetto alla locale famiglia mafiosa, consentendo alla stessa di interferire e condizionare la vita politico amministrativa dell'Ente.
Pertanto, la scrivente, alla luce di quanto sopra rassegnato, ritiene che sussistano concreti, univoci e rilevanti elementi, di cui all'art. 143, comma 1, del decreto legislativo n. 267/2000, comprovanti la presenza certa di forme di condizionamento da parte della criminalita' organizzata, che hanno determinato un'alterazione del procedimento di formazione della volonta' degli organi elettivi e compromesso il buon andamento e l'imparzialita' dell'Amministrazione comunale di Torretta.

Il Prefetto: De Miro
 
Art. 3

La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.

Dato a Roma, addi' 8 agosto 2019

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri

Salvini, Ministro dell'interno

Registrato alla Corte dei conti il 13 agosto 2019 Interno, foglio n. 1913