Gazzetta n. 62 del 15 marzo 2017 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 17 febbraio 2017
Scioglimento del consiglio comunale di Parabita e nomina della commissione straordinaria.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Considerato che nel comune di Parabita (Lecce) gli organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 31 maggio 2015;
Considerato che, dall'esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalita' organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialita' dell'attivita' comunale;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettivita' e ha determinato la perdita di credibilita' dell'istituzione locale;
Ritenuto che, al fine di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale di Parabita, si rende necessario far luogo allo scioglimento del consiglio comunale e disporre il conseguente commissariamento, per rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell'ente locale;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 17 febbraio 2017;

Decreta:

Art. 1

Il consiglio comunale di Parabita (Lecce) e' sciolto.


 
Allegato

Al Presidente della Repubblica

Nel comune di Parabita (Lecce) sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata che hanno compromesso la libera determinazione e l'imparzialita' degli organi eletti nelle consultazioni amministrative del 31 maggio 2015, nonche' il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei servizi.
Le risultanze di un'inchiesta giudiziaria hanno portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lecce il 14 dicembre 2015, nei confronti di 22 persone - tra cui un consigliere che ha rivestito, fino all'arresto, le cariche di vicesindaco ed assessore del comune di Parabita -ritenute affiliate, a vario titolo, all'organizzazione mafiosa denominata «sacra corona unita», operante nel comune ed in altre citta' limitrofe.
I destinatari del provvedimento sono accusati dei reati di associazione mafiosa, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, di detenzione illegale di armi comuni da sparo, di estorsione e corruzione con l'aggravante della modalita' mafiosa.
Il 21 aprile 2016, nel corso di una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il Procuratore della Repubblica ha comunicato gli sviluppi processuali della vicenda giudiziaria, informando i presenti che il Tribunale di Lecce, Sezione Riesame, aveva disposto, nei confronti del citato amministratore comunale l'applicazione della misura degli arresti domiciliari in luogo della detenzione in carcere, poi confermata dalla Corte di Cassazione.
Il quadro investigativo delineato dagli inquirenti - che peraltro ha trovato conferma in fonti di prova - ha fatto emergere il rischio di una potenziale compromissione delle istituzioni locali e del tessuto socio economico comunale, da cui e' scaturita, con decreto del Prefetto di Lecce del 18 luglio 2016, una mirata attivita' di accesso nel comune, ai sensi dell'art. 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUOEL).
La commissione incaricata degli accertamenti ha depositato le proprie conclusioni, sulle cui risultanze il Prefetto - sentito nella seduta del 21 ottobre 2016 il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del Procuratore della Repubblica, ha redatto l'allegata relazione del 28 novembre 2016, che costituisce parte integrante della presente proposta, in cui si da' atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalita' organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per l'applicazione delle misure di cui al citato art. 143.
Alcune sentenze della magistratura hanno acclarato, negli anni, la presenza operativa sul territorio comunale e su quello dei comuni contermini di un'articolazione della «sacra corona unita», dotata di autonomia operativa e facente capo ad un soggetto, stretto congiunto del leader storico della consorteria locale, il quale sta scontando, in regime di 41-bis del codice penale, una condanna all'ergastolo.
Il gruppo criminale amministra, in quel territorio, le attivita' illecite del clan che, nel tempo, si sono espanse rispetto ai tradizionali settori del traffico di stupefacenti e delle estorsioni, inserendosi nei circuiti dell'economia legale, anche attraverso l'infiltrazione criminale negli apparati della pubblica amministrazione.
Gli ultimi sviluppi giudiziari - ed in particolare le pronunce del Tribunale di Lecce, di cui la piu' recente e' dell'ottobre 2016 - hanno affermato con assoluta chiarezza la conclamata capacita' del gruppo mafioso di inquinare l'amministrazione comunale di Parabita, nonche' l'abilita' criminale della consorteria nell'imporre il controllo pieno del territorio, attraverso l'intimidazione.
La situazione generale del comune e' stata, peraltro, descritta nella Relazione annuale sulle attivita' svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, del febbraio 2016, riferita al periodo 1° luglio 2014-30 giugno 2015. In particolare, nella relazione si da' atto della perdurante attivita' - anche nel territorio comunale - di un gruppo criminale che ha incrementato la propria azione malavitosa a seguito della condizione di liberta', tra gli altri, del predetto stretto congiunto del leader storico del clan al cui gruppo e' riconosciuta una sorta di autonomia operativa per il rispetto dovuto proprio all'esponente «storico» della «sacra corona unita».
Anche la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, in un incontro che si e' svolto a Lecce nel febbraio 2016, ha avuto modo di sottolineare i segnali di una allarmante modifica del rapporto della societa' civile con la criminalita' mafiosa, cui consegue una crescente sottovalutazione della pericolosita' di tali organizzazioni, che determina la caduta verticale della riprovazione sociale nei confronti del fenomeno, con conseguente utilizzazione dei servizi offerti dagli stessi sodalizi o dai singoli associati.
Le consultazioni amministrative del 31 maggio 2015 hanno portato alla conferma del sindaco uscente, mentre il vicesindaco-assessore aveva gia' svolto le funzioni assessorili nella precedente consiliatura. Ed e' proprio la figura di quest'ultimo amministratore che emerge all'interno dell'amministrazione, quale veicolo consapevole per favorire gli interessi criminali, sulla base - come evidenziato nella stessa ordinanza di custodia cautelare del dicembre 2015 - di un vero e proprio patto di scambio politico-mafioso, in forza del quale l'amministratore, pur non essendo inserito organicamente nel sodalizio, di fatto, si e' dimostrato a completa disposizione dello stesso fornendo un contributo specifico, consapevole e volontario, oltre che continuativo, ai fini della conservazione e del rafforzamento della capacita' operativa del gruppo.
Quanto al voto di scambio, emerge dalle indagini della magistratura inquirente che il clan ha pubblicamente e palesemente sostenuto - attraverso il vertice malavitoso locale ed i suoi uomini - la campagna elettorale di alcuni esponenti politici locali, tra cui il predetto amministratore che, in cambio, si e' reso disponibile ad esaudire le richieste della criminalita' organizzata.
Nella richiamata recente sentenza dell'ottobre 2016, il Tribunale evidenzia come la disponibilita' manifestata dallo stesso amministratore nei confronti del clan sia rivelatrice di un pesante condizionamento mafioso del comune, tanto da integrare gli estremi del concorso esterno in associazione mafiosa e non solo quelli del reato di cui all'art. 416-ter del codice penale.
Rileva, in tal senso, la circostanza che lo stesso amministratore si sia autodefinito santo in Paradiso dell'associazione malavitosa, in tal modo palesando il suo status di punto di riferimento della consorteria all'interno dell'ente, pronto ad attivarsi per far fronte a qualsiasi richiesta dell'organizzazione criminale.
Il patto elettorale tra il locale sodalizio e l'amministrazione e' risultato evidente in occasione delle esternazioni del vertice del clan che ha commentato, in rete, la vittoria - nel maggio 2015 - della lista facente capo all'attuale sindaco con parole che, inequivocabilmente, attestano il legame tra il sodalizio e l'istituzione comunale.
Nella richiamata ordinanza vengono individuati gli episodi che concretizzano il ruolo dinamico e funzionale svolto vicesindaco, allorche' ha favorito le assunzioni dei sodali, contribuendo a migliorare le condizioni lavorative di associati assunti da ditte operanti nell'ambito di appalti pubblici, fungendo altresi' da factotum amministrativo del clan.
In particolare, il Prefetto descrive l'impegno dell'amministrazione ad assumere appartenenti al clan presso la ditta che gestisce la raccolta dei rifiuti solidi urbani nel comune, risultata aggiudicataria in via definitiva del servizio all'esito di un procedimento che si era concluso in favore di un'altra impresa, la cui offerta e' stata poi ritenuta anomala dalla commissione di gara.
E' significativo che presso la citata ditta, che tuttora svolge la propria attivita' per l'ente in forza di numerose proroghe, siano stati assunti - con contratto stipulato gia' nel gennaio 2010, poco prima dell'insediamento del sindaco, al suo primo mandato - il vertice della locale organizzazione criminale, stretto congiunto del leader storico della consorteria di cui si e' gia' fatto menzione, nonche' due sodali della consorteria.
La stabilizzazione del rapporto di lavoro con i tre esponenti del clan e' avvenuto il successivo 3 aprile 2013 ed ha comportato l'aumento del costo annuale del servizio.
In relazione a tanto, l'attuale amministrazione comunale non ha avviato iniziative finalizzate ripristinare condizioni di imparzialita' e legalita' nella gestione del settore.
Risulta, invece, dagli esiti dell'inchiesta confluiti nella sentenza del Tribunale di Lecce dell'ottobre 2016, la disponibilita' del vicesindaco-assessore, in vista delle elezioni del 2015, a mettere a disposizione della sacra corona unita la propria funzione pubblica, con promesse di nuove assunzioni, di migliorare le condizioni lavorative di associati assunti da ditte operanti nell'ambito di appalti pubblici e di un innalzamento delle ore lavorative settimanali.
E' emblematica la circostanza che la Corte di Cassazione, con sentenza dell'aprile 2016, nel confermare l'ordinanza del Tribunale di Lecce relativa alla misura cautelare degli arresti domiciliari, abbia evidenziato il rischio che l'amministratore - in virtu' del ruolo pubblico svolto e per la rete di rapporti intessuti nello svolgimento della propria funzione - potesse continuare a favorire esponenti del sodalizio criminale, grazie anche ai contatti con amministratori ancora in carica e indicati come vicini all'associazione mafiosa.
L'ente non ha svolto un'effettiva attivita' di contrasto al fenomeno dell'occupazione abusiva degli edifici pubblici, consentendo invece l'indebita fruizione di abitazioni destinate all'edilizia residenziale pubblica da parte di soggetti privi di legittimazione, tra cui figurano esponenti del locale clan. Infatti, nonostante le segnalazioni dell'ente gestore del patrimonio finalizzate sia al rilascio degli immobili che al pagamento degli oneri condominiali, e' stata emessa una sola ordinanza di sgombero.
La commissione d'accesso ha anche segnalato un'altra grave illegittimita' nella gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica da parte del sindaco il quale, con propria ordinanza, ha requisito alcuni beni, destinandoli a soggetti non rientranti nella graduatoria ufficiale degli aventi titolo all'assegnazione. In questo caso tra i beneficiari della disposizione del primo cittadino figura un pregiudicato di cui sono state comprovate le frequentazioni di esponenti della locale consorteria.
Anche la procedura per l'assegnazione di contributi economici e dei buoni lavoro relativi a prestazioni lavorative occasionali risulta viziata. Come rileva la commissione d'indagine, le prestazioni sociali in questione sono state elargite all'esito di un sorteggio pubblico svoltosi alla presenza di personale dipendente del comune ovvero di soggetti non identificati. Risultano beneficiari delle prestazioni esponenti della criminalita' organizzata, loro familiari o persone ad essi legate da rapporti di frequentazione.
Nel corso delle indagini che hanno portato alla recente sentenza del 12 ottobre 2016 e' emerso l'interesse del capo clan alla gestione, per il tramite di prestanome, di alcuni locali commerciali al fine di investire il denaro proveniente dalle attivita' illecite.
Dagli atti in possesso degli inquirenti emergono in particolare i contatti intercorsi tra l'amministrazione ed esponenti del clan, finalizzati a garantire la gestione di un esercizio commerciale da parte di uno stretto congiunto di un affiliato alla locale consorteria.
La vicenda, secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce mette in luce la conclamata capacita' dell'organizzazione criminale di inquinare l'amministrazione comunale, ottenendo come contropartita del proprio sostegno elettorale ad alcuni candidati «favori» di vario genere.
Significativo e' l'episodio accaduto il 10 gennaio 2016 in occasione di un incontro di' calcio presso il campo sportivo comunale quando un gruppo di tifosi ha inneggiato slogan in favore del vicesindaco che era stato da poco raggiunto dal provvedimento di custodia cautelare in carcere, per concorso esterno in associazione mafiosa di cui si e' trattato. Grave e' la circostanza che tali iniziative siano state postate su una delle principali reti sociali.
Il Prefetto evidenzia come le manifestazioni in favore dell'amministratore confermino la «caduta verticale» della riprovazione sociale del fenomeno che era stata rilevata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, costituendo un inequivocabile segnale di consenso nei confronti di esponenti interni ed esterni del clan mafioso.
Il Prefetto rileva anche che alla «marcia per la legalita'», che si e' svolta a Parabita in concomitanza con l'incontro calcistico ed alla quale erano presenti i consiglieri di minoranza e tre consiglieri di maggioranza, non hanno partecipato il sindaco ed alcuni assessori.
Tra le condotte antigiuridiche segnalate dalla commissione d'accesso, particolare valenza assumono alcune vicende amministrative in materia urbanistica e, piu' specificamente, quelle relative al rilascio di un permesso a costruire in variante, concesso ad una societa' il cui socio e' un amministratore, presente in giunta anche nella consiliatura eletta nel 2010, che ha seguito la relativa procedura in violazione dell'obbligo di astensione di cui all'art. 78, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Gli atti della magistratura inquirente confermano la funzione svolta dal predetto amministratore - definito come l'uomo del clan all'interno dell'ente che si fa portavoce di tutte le istanze dell'associazione criminale - per favorirne gli interessi, all'indomani del sostegno elettorale assicurato dalla consorteria.
Le vicende analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del Prefetto di Lecce, con particolare riferimento allo scenario investigativo e agli ulteriori riscontri derivanti dalle fonti tecniche di prova, hanno evidenziato una serie di condizionamenti nell'amministrazione comunale di Parabita, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che determinano lo svilimento e la perdita di credibilita' dell'istituzione locale, nonche' il pregiudizio degli interessi della collettivita', rendendo necessario l'intervento dello Stato per assicurare il risanamento dell'ente.
Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Parabita (Lecce), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Roma, 15 febbraio 2017

Il Ministro dell'interno: Minniti


 

Parte di provvedimento in formato grafico



 
Art. 2

La gestione del comune di Parabita (Lecce) e' affidata, per la durata di diciotto mesi, alla commissione straordinaria composta da:
- dott. Andrea Cantadori, viceprefetto;
- dott. Gerardo Quaranta, viceprefetto;
- dott. Sebastiano Giangrande, dirigente di II fascia.


 
Art. 3

La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
Dato a Roma, addi' 17 febbraio 2017

MATTARELLA

Gentiloni Silveri, Presidente del
Consiglio dei ministri

Minniti, Ministro dell'interno

Registrato alla Corte dei conti il 24 febbraio 2017 Interno, fog. n. 385


 
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