Gazzetta n. 101 del 30 aprile 2008 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008, n. 81
Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, recante norme generali per l'igiene del lavoro;
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante: attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'articolo 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante: attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante: modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, recante attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, recante attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30;
Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187, recante attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche;
Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche);
Vista la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257, recante attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 marzo 2008;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, espresso nella riunione del 12 marzo 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° aprile 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle infrastrutture, dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le politiche europee, della giustizia, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno, della difesa, della pubblica istruzione, della solidarieta' sociale, dell'universita' e della ricerca, per gli affari regionali e le autonomie locali e dell'economia e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:

Art. 1.
Finalita'

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le finalita' di cui al presente comma nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonche' in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo l'uniformita' della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di eta' e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto legislativo, riguardanti ambiti di competenza legislativa delle regioni e province autonome, si applicano, nell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle quali ancora non sia stata adottata la normativa regionale e provinciale e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, fermi restando i principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma , della Costituzione.
3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.



Avvertenza:

Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle diposizioni di legge
modificate o alle quali e' operante il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.

Note alle premesse:

- Il testo dell'art. 76 della Costituzione e' il
seguente:
«Art. 76. L'esercizio della funzione legislativa non
puo' essere delegato al Governo se non con determinazione
di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.».
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, al
Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.
- Il testo dell'art. 117 della Costituzione e' il
seguente:
«Art. 117. La potesta' legislativa e' esercitata dallo
Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario
e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti
materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello
Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto
di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni
religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato;
armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema
tributario e contabile dello Stato; perequazione delle
risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali;
referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello
Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della
polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento
civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e
funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta'
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e
profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo;
coordinamento informatico statistico e informatico dei dati
dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere
dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle
relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea
delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza
del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale; professioni; ricerca scientifica
e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento
sportivo; protezione civile; Governo del territorio; porti
e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di
navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;
previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attivita'
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di
credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e
agrario a carattere regionale. Nelle materie di
legislazione concorrente spetta alle regioni la potesta'
legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potesta' legislativa in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi
comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione
degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione
europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da
legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio
del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potesta' regolamentare spetta alle Regioni in
ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Citta'
metropolitane hanno potesta' regolamentare in ordine alla
disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che
impedisce la piena parita' degli uomini e delle donne nella
vita sociale, culturale ed economica e promuovono la
parita' di accesso tra donne e uomini alle cariche
elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con
altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie
funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione puo'
concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali
interni ad altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da leggi dello Stato.».
- Il testo della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Misure in
tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e
delega al Governo per il riassetto e la riforma della
normativa in materia), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 10 agosto 2007, n. 185.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
27 aprile 1955, n. 547 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro), e' pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
- Il testo del decreto del Presedente delle Repubblica
7 gennaio 1956, n. 164 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro nelle costruzioni), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1956, n. 78, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303 (Norme generali per l'igiene del
lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile
1956, n. 105, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277 (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE,
in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della
legge 30 luglio 1990, n. 212), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE,
90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE,
99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e
2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1994, n.
265, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia
di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
26 gennaio 1995, n. 21, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
493 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le
prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di
salute sul luogo di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
494 (Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei
cantieri temporanei o mobili), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle
persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni
anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'art. 11
della legge 29 settembre 2000, n. 300), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 19 giugno 2001, n. 140.
- Il testo dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000,
n. 300 (Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti
internazionali elaborati in base all'art. K. 3 del Trattato
sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli
interessi finanziari delle Comunita' europee, fatta a
Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto
a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente
l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della
Corte di giustizia delle Comunita' europee, di detta
Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles
il 29 novembre 1996, nonche' della Convenzione relativa
alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti
funzionari delle Comunita' europee o degli Stati membri
dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e
della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di
pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche
internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre
1997. Delega al Governo per la disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e
degli enti privi di personalita' giuridica), e' il
seguente:
«Art. 11 (Delega al Governo per la disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e
degli enti privi di personalita' giuridica). - 1. Il
Governo della Repubblica e' delegato ad emanare, entro otto
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina
della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche e delle societa', associazioni od enti privi di
personalita' giuridica che non svolgono funzioni di rilievo
costituzionale, con l'osservanza dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati di cui agli articoli 316-bis,
316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322,
322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter,
secondo comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto
e' commesso con abuso della qualita' di operatore del
sistema, del codice penale;
b) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati relativi alla tutela dell'incolumita'
pubblica previsti dal titolo sesto del libro secondo del
codice penale;
c) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del
codice penale che siano stati commessi con violazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o
relative alla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro;
d) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati in materia di tutela dell'ambiente e
del territorio, che siano punibili con pena detentiva non
inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla
pena pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n.
1860, dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, dalla legge
31 dicembre 1982, n. 979, dalla legge 28 febbraio 1985, n.
47, e successive modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno
1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge
8 agosto 1985, n. 431, dal decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, dalla legge 6 dicembre
1991, n. 394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.
95, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, dal
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, dal decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modificazioni, dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
152, dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e dal testo
unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo
29 ottobre 1999, n. 490;
e) prevedere che i soggetti di cui all'alinea del
presente comma sono responsabili in relazione ai reati
commessi, a loro vantaggio o nel loro interesse, da chi
svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di
direzione, ovvero da chi esercita, anche di fatto, poteri
di gestione e di controllo ovvero ancora da chi e'
sottoposto alla direzione o alla vigilanza delle persone
fisiche menzionate, quando la commissione del reato e'
stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi
connessi a tali funzioni; prevedere l'esclusione della
responsabilita' dei soggetti di cui all'alinea del presente
comma nei casi in cui l'autore abbia commesso il reato
nell'esclusivo interesse proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative effettive,
proporzionate e dissuasive nei confronti dei soggetti
indicati nell'alinea del presente comma;
g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria
non inferiore a lire cinquanta milioni e non superiore a
lire tre miliardi stabilendo che, ai fini della
determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto
anche dell'ammontare dei proventi del reato e delle
condizioni economiche e patrimoniali dell'ente, prevedendo
altresi' che, nei casi di particolare tenuita' del fatto,
la sanzione da applicare non sia inferiore a lire venti
milioni e non sia superiore a lire duecento milioni;
prevedere inoltre l'esclusione del pagamento in misura
ridotta;
h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento
della sanzione pecuniaria entro i limiti del fondo comune o
del patrimonio sociale;
i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo
del reato, anche nella forma per equivalente;
l) prevedere, nei casi di particolare gravita',
l'applicazione di una o piu' delle seguenti sanzioni in
aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o
della sede commerciale;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni,
licenze o concessioni funzionali alla commissione
dell'illecito;
3) interdizione anche temporanea dall'esercizio
dell'attivita' ed eventuale nomina di altro soggetto per
l'esercizio vicario della medesima quando la prosecuzione
dell'attivita' e' necessaria per evitare pregiudizi ai
terzi;
4) divieto anche temporaneo di contrattare con la
pubblica amministrazione;
5) esclusione temporanea da agevolazioni,
finanziamenti, contributi o sussidi, ed eventuale revoca di
quelli gia' concessi;
6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e
servizi;
7) pubblicazione della sentenza;
m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui
alle lettere g), i) e l) si applicano soltanto nei casi e
per i tempi espressamente considerati e in relazione ai
reati di cui alle lettere a), b) c) e d) commessi
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo previsto dal presente articolo;
n) prevedere che la sanzione amministrativa
pecuniaria di cui alla lettera g) e' diminuita da un terzo
alla meta' ed escludere l'applicabilita' di una o piu'
delle sanzioni di cui alla lettera l) in conseguenza
dell'adozione da parte dei soggetti di cui all'alinea del
presente comma di comportamenti idonei ad assicurare
un'efficace riparazione o reintegrazione rispetto
all'offesa realizzata;
o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l)
sono applicabili anche in sede cautelare, con adeguata
tipizzazione dei requisiti richiesti;
p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e
dei divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l),
la pena della reclusione da sei mesi a tre anni nei
confronti della persona fisica responsabile della
violazione, e prevedere inoltre l'applicazione delle
sanzioni di cui alle lettere g) e i) e, nei casi piu'
gravi, l'applicazione di una o piu' delle sanzioni di cui
alla lettera l) diverse da quelle gia' irrogate, nei
confronti dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale
e' stata commessa la violazione; prevedere altresi' che le
disposizioni di cui alla presente lettera si applicano
anche nell'ipotesi in cui le sanzioni di cui alla
lettera l) sono state applicate in sede cautelare ai sensi
della lettera o);
q) prevedere che le sanzioni amministrative a carico
degli enti sono applicate dal giudice competente a
conoscere del reato e che per il procedimento di
accertamento della responsabilita' si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni del codice di procedura
penale, assicurando l'effettiva partecipazione e difesa
degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale;
r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui
alle lettere g), i) e l) si prescrivono decorsi cinque anni
dalla consumazione dei reati indicati nelle
lettere a), b) c) e d) e che l'interruzione della
prescrizione e' regolata dalle norme del codice civile;
s) prevedere l'istituzione, senza nuovi o maggiori
oneri a carico del bilancio dello Stato, di un'Anagrafe
nazionale delle sanzioni amministrative irrogate nei
confronti dei soggetti di cui all'alinea del presente
comma;
t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati
consenzienti ovvero abbiano svolto, anche indirettamente o
di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di
amministrazione, che sia assicurato il diritto
dell'azionista, del socio o dell'associato ai soggetti di
cui all'alinea del presente comma, nei confronti dei quali
sia accertata la responsabilita' amministrativa con
riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), di
recedere dalla societa' o dall'associazione o dall'ente,
con particolari modalita' di liquidazione della quota
posseduta, ferma restando l'azione di risarcimento di cui
alle lettere v) e z); disciplinare i termini e le forme con
cui tale diritto puo' essere esercitato e prevedere che la
liquidazione della quota sia fatta in base al suo valore al
momento del recesso determinato a norma degli
articoli 2289, secondo comma, e 2437 del codice civile;
prevedere altresi' che la liquidazione della quota possa
aver luogo anche con onere a carico dei predetti soggetti,
e prevedere che in tal caso il recedente, ove non ricorra
l'ipotesi prevista dalla lettera l), numero 3), debba
richiedere al Presidente del tribunale del luogo in cui i
soggetti hanno la sede legale la nomina di un curatore
speciale cui devono essere delegati tutti i poteri
gestionali comunque inerenti alle attivita' necessarie per
la liquidazione della quota, compresa la capacita' di stare
in giudizio; agli oneri per la finanza pubblica derivanti
dall'attuazione della presente lettera si provvede mediante
gli ordinari stanziamenti di bilancio per liti ed
arbitraggi previsti nello stato di previsione del Ministero
della giustizia;
u) prevedere che l'azione sociale di responsabilita'
nei confronti degli amministratori delle persone giuridiche
e delle societa', di cui sia stata accertata la
responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto
previsto nelle lettere da a) a q), sia deliberata
dall'assemblea con voto favorevole di almeno un ventesimo
del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a
lire cinquecento milioni e di almeno di un quarantesimo
negli altri casi; disciplinare coerentemente le ipotesi di
rinuncia o di transazione dell'azione sociale di
responsabilita';
v) prevedere che il riconoscimento del danno a
seguito dell'azione di risarcimento spettante al singolo
socio o al terzo nei confronti degli amministratori dei
soggetti di cui all'alinea del presente comma, di cui sia
stata accertata la responsabilita' amministrativa con
riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), non
sia vincolato dalla dimostrazione della sussistenza di
nesso di causalita' diretto tra il fatto che ha determinato
l'accertamento della responsabilita' del soggetto ed il
danno subito; prevedere che la disposizione non operi nel
caso in cui il reato e' stato commesso da chi e' sottoposto
alla direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di
rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero
esercita, anche di fatto, poteri di gestione e di
controllo, quando la commissione del reato e' stata resa
possibile dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali
funzioni;
z) prevedere che le disposizioni di cui alla
lettera v) si applicano anche nell'ipotesi in cui l'azione
di risarcimento del danno e' proposta contro l'azionista,
il socio o l'associato ai soggetti di cui all'alinea del
presente comma che sia stato consenziente o abbia svolto,
anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di
controllo o di amministrazione, anteriormente alla
commissione del fatto che ha determinato l'accertamento
della responsabilita' dell'ente.
2. Ai fini del comma 1, per «persone giuridiche» si
intendono gli enti forniti di personalita' giuridica,
eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che
esercitano pubblici poteri.
3. Il Governo e' altresi' delegato ad emanare, con il
decreto legislativo di cui al comma 1, le norme di
coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato, nonche'
le norme di carattere transitorio.».
- Il testo del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione
e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre
2003, n. 235, supplemento ordinario.
- Il testo della direttiva 2004/40/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima
direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1,
della direttiva 89/391/CEE), e'. pubblicato nella G.U.U.E.
30 aprile 2004, n. L 159. Entrata in vigore il 30 aprile
2004.
- Il testo del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
187 (Rettifica di errori materiali contenuti nella
Del.Aut.en.el. e gas 4 agosto 2005, n. 177/05.
(Deliberazione n. 187/05)), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 2005, n. 222.
- Attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da
vibrazioni meccaniche), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 21 settembre 2005, n. 220.
- Il testo della direttiva 2006/25/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali)
(diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell'art.
16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), e' pubblicato
nella G.U.U.E. 27 aprile 2006, n. L 114. Entrata in vigore
il 27 aprile 2006.
- Il testo della legge 6 febbraio 2007, n. 13
(Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee -
legge comunitaria 2006), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 17 febbraio 2007, n. 40, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
257 (Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (campi elettromagnetici)), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 2008, n. 9.
Note all'art. 1:
- Il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123 del
2007, e' il seguente:
«Art. 1 (Delega al Governo per il riassetto e la
riforma della normativa in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro). - 1. Il Governo e' delegato ad
adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in
materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di
lavoro, in conformita' all'art. 117 della Costituzione e
agli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative
norme di attuazione, e garantendo l'uniformita' della
tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso
il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo
alle differenze di genere e alla condizione delle
lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati,
realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni
vigenti, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi generali:
a) riordino e coordinamento delle disposizioni
vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle
convenzioni internazionali in materia, in ottemperanza a
quanto disposto dall'art. 117 della Costituzione;
b) applicazione della normativa in materia di salute
e sicurezza sul lavoro a tutti i settori di attivita' e a
tutte le tipologie di rischio, anche tenendo conto delle
peculiarita' o della particolare pericolosita' degli stessi
e della specificita' di settori ed ambiti lavorativi, quali
quelli presenti nella pubblica amministrazione, come gia'
indicati nell'art. 1, comma 2, e nell'art. 2, comma 1,
lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nel
rispetto delle competenze in materia di sicurezza
antincendio come definite dal decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139, e del regolamento (CE) n. 1907/2006 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006,
nonche' assicurando il coordinamento, ove necessario, con
la normativa in materia ambientale;
c) applicazione della normativa in materia di tutela
della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e
lavoratrici, autonomi e subordinati, nonche' ai soggetti ad
essi equiparati prevedendo:
1) misure di particolare tutela per determinate
categorie di lavoratori e lavoratrici e per specifiche
tipologie di lavoro o settori di attivita';
2) adeguate e specifiche misure di tutela per i
lavoratori autonomi, in relazione ai rischi propri delle
attivita' svolte e secondo i principi della raccomandazione
2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003;
d) semplificazione degli adempimenti meramente
formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro, nel pieno rispetto dei livelli di tutela,
con particolare riguardo alle piccole, medie e micro
imprese; previsione di forme di unificazione documentale;
e) riordino della normativa in materia di macchine,
impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e
dispositivi di protezione individuale, al fine di operare
il necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e
quelle di utilizzo concernenti la tutela della salute e la
sicurezza sul lavoro e di razionalizzare il sistema
pubblico di controllo;
f) riformulazione e razionalizzazione dell'apparato
sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione
delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni
contenute nei decreti legislativi emanati in attuazione
della presente legge, tenendo conto della responsabilita' e
delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con
riguardo in particolare alla responsabilita' del preposto,
nonche' della natura sostanziale o formale della
violazione, attraverso:
1) la modulazione delle sanzioni in funzione del
rischio e l'utilizzazione di strumenti che favoriscano la
regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da parte dei
soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi,
confermando e valorizzando il sistema del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;
2) determinazione delle sanzioni penali
dell'arresto e dell'ammenda, previste solo nei casi in cui
le infrazioni ledano interessi generali dell'ordinamento,
individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34
e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni, da comminare in via esclusiva ovvero
alternativa, con previsione della pena dell'ammenda fino a
euro ventimila per le infrazioni formali, della pena
dell'arresto fino a tre anni per le infrazioni di
particolare gravita', della pena dell'arresto fino a tre
anni ovvero dell'ammenda fino a euro centomila negli altri
casi;
3) previsione della sanzione amministrativa
consistente nel pagamento di una somma di denaro fino ad
euro centomila per le infrazioni non punite con sanzione
penale;
4) la graduazione delle misure interdittive in
dipendenza della particolare gravita' delle disposizioni
violate;
5) il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed
associazioni dei familiari delle vittime della possibilita'
di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli
articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i diritti
e le facolta' attribuiti alla persona offesa, con
riferimento ai reati commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale;
6) previsione della destinazione degli introiti
delle sanzioni pecuniarie per interventi mirati alla
prevenzione, a campagne di informazione e alle attivita'
dei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie
locali;
g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle
attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di
prevenzione aziendale, compreso il medico competente, anche
attraverso idonei percorsi formativi, con particolare
riferimento al rafforzamento del ruolo del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza territoriale; introduzione
della figura del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza di sito produttivo;
h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli
organismi paritetici, anche quali strumento di aiuto alle
imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e
organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela
della salute e sicurezza sul lavoro;
i) realizzazione di un coordinamento su tutto il
territorio nazionale delle attivita' e delle politiche in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, finalizzato
all'emanazione di indirizzi generali uniformi e alla
promozione dello scambio di informazioni anche sulle
disposizioni italiane e comunitarie in corso di
approvazione, nonche' ridefinizione dei compiti e della
composizione, da prevedere su base tripartita e di norma
paritetica e nel rispetto delle competenze delle regioni e
delle province autonome di cui all'art. 117 della
Costituzione, della commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro e dei
comitati regionali di coordinamento;
l) valorizzazione, anche mediante rinvio legislativo,
di accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonche', su
base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle
buone prassi che orientino i comportamenti dei datori di
lavoro, anche secondo i principi della responsabilita'
sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati,
ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
m) previsione di un sistema di qualificazione delle
imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica
esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia
di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite
attraverso percorsi formativi mirati;
n) definizione di un assetto istituzionale fondato
sull'organizzazione e circolazione delle informazioni,
delle linee guida e delle buone pratiche utili a favorire
la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul
lavoro, anche attraverso il sistema informativo nazionale
per la prevenzione nei luoghi di lavoro, che valorizzi le
competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o
duplicazione di interventi;
o) previsione della partecipazione delle parti
sociali al sistema informativo, costituito da Ministeri,
regioni e province autonome, Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL),
Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e
Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro (ISPESL), con il contributo del Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro (CNEL), e del concorso allo
sviluppo del medesimo da parte degli organismi paritetici e
delle associazioni e degli istituti di settore a carattere
scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della
salute delle donne;
p) promozione della cultura e delle azioni di
prevenzione attraverso:
1) la realizzazione di un sistema di governo per la
definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di
progetti formativi, con particolare riferimento alle
piccole, medie e micro imprese, da indirizzare, anche
attraverso il sistema della bilateralita', nei confronti di
tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale;
2) il finanziamento degli investimenti in materia
di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e
micro imprese, i cui oneri siano sostenuti dall'INAIL,
nell'ambito e nei limiti delle spese istituzionali
dell'Istituto. Per tali finanziamenti deve essere garantita
la semplicita' delle procedure;
3) la promozione e la divulgazione della cultura
della salute e della sicurezza sul lavoro all'interno
dell'attivita' scolastica ed universitaria e nei percorsi
di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in
considerazione dei relativi principi di autonomia didattica
e finanziaria;
q) razionalizzazione e coordinamento delle strutture
centrali e territoriali di vigilanza nel rispetto dei
principi di cui all'art. 19 del decreto legislativo
19 dicembre 1994, n. 758, e dell'art. 23, comma 4, del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, al fine di rendere piu' efficaci gli
interventi di pianificazione, programmazione, promozione
della salute, vigilanza, nel rispetto dei risultati
verificati, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni e
carenze negli interventi e valorizzando le specifiche
competenze, anche riordinando il sistema delle
amministrazioni e degli enti statali aventi compiti di
prevenzione, formazione e controllo in materia e prevedendo
criteri uniformi ed idonei strumenti di coordinamento;
r) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il
lavoratore e la lavoratrice subordinati e per i soggetti ad
essi equiparati in relazione all'adozione delle misure
relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e
delle lavoratrici;
s) revisione della normativa in materia di appalti
prevedendo misure dirette a:
1) migliorare l'efficacia della responsabilita'
solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento
degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare
riferimento ai subappalti, anche attraverso l'adozione di
meccanismi che consentano di valutare l'idoneita'
tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private,
considerando il rispetto delle norme relative alla salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale
elemento vincolante per la partecipazione alle gare
relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso
ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della
finanza pubblica;
2) modificare il sistema di assegnazione degli
appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire
che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello
di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
3) modificare la disciplina del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture,
di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano
essere specificamente indicati nei bandi di gara e
risultare congrui rispetto all'entita' e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture
oggetto di appalto;
t) rivisitazione delle modalita' di attuazione della
sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti
modalita' organizzative del lavoro, ai particolari tipi di
lavorazioni ed esposizioni, nonche' ai criteri ed alle
linee guida scientifici piu' avanzati, anche con
riferimento al prevedibile momento di insorgenza della
malattia;
u) rafforzare e garantire le tutele previste
dall'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
v) introduzione dello strumento dell'interpello
previsto dall'art. 9 del decreto legislativo 23 aprile
2004, n. 124, e successive modificazioni, relativamente a
quesiti di ordine generale sull'applicazione della
normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,
individuando il soggetto titolare competente a fornire
tempestivamente la risposta.
3. I decreti di cui al presente articolo non possono
disporre un abbassamento dei livelli di protezione, di
sicurezza e di tutela o una riduzione dei diritti e delle
prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
4. I decreti di cui al presente articoli sono adottati
nel rispetto della procedura di cui all'art. 14 della legge
23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture, limitatamente a quanto previsto dalla
lettera s) del comma 2, dello sviluppo economico,
limitatamente a quanto previsto dalla lettera e) del
comma 2, di concerto con il Ministro per le politiche
europee, il Ministro della giustizia, il Ministro
dell'economia e delle finanze e il Ministro della
solidarieta' sociale, limitatamente a quanto previsto dalla
lettera l) del comma 2, nonche' gli altri Ministri
competenti per materia, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.
5. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di
deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, sono
trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della
Repubblica perche' su di essi siano espressi, entro
quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle
Commissioni competenti per materia e per i profili
finanziari. Decorso tale termine i decreti sono emanati
anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per
l'espressione dei pareri parlamentari di cui al presente
comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei
termini previsti ai commi 1 e 6 o successivamente, questi
ultimi sono prorogati di tre mesi.
6. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
dei decreti di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e
criteri direttivi fissati dal presente articolo, il Governo
puo' adottare, attraverso la procedura di cui ai commi 4 e
5, disposizioni integrative e correttive dei decreti
medesimi.
7. Dall'attuazione dei criteri di delega recati dal
presente articolo, con esclusione di quelli di cui al
comma 2, lettera p), numeri 1) e 2), non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A
tale fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della
presente delega le amministrazioni competenti provvedono
attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse,
umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione
alle medesime amministrazioni.
7-bis. Per l'attuazione del principio di delega di cui
al comma 2, lettera p), e' previsto uno stanziamento di 50
milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio 2008.».
- Per il testo dell'art. 117 della Costituzione, si
veda nota alle premesse.
- Il testo dell'art. 16, comma 3, della legge
4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione
dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e
sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari),
e' il seguente:
«Art. 16 (Attuazione delle direttive comunitarie da
parte delle regioni e delle province autonome). - 1.-2.
(Omissis).
3. Ai fini di cui all'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, le disposizioni legislative adottate dallo
Stato per l'adempimento degli obblighi comunitari, nelle
materie di competenza legislativa delle regioni e delle
province autonome, si applicano, per le regioni e le
province autonome, alle condizioni e secondo la procedura
di cui all'art. 11, comma 8, secondo periodo.».
- Il testo del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196 (Codice in materia di protezione dei dati personali),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 luglio 2003, n.
174, supplemento ordinario.



 
Art. 2.
Definizioni

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:
a) "lavoratore": persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attivita' lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore cosi' definito e' equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di societa', anche di fatto, che presta la sua attivita' per conto delle societa' e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
b) "datore di lavoro": il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attivita', ha la responsabilita' dell'organizzazione stessa o dell'unita' produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
c) "azienda": il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro pubblico o privato;
d) "dirigente": persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attivita' lavorativa e vigilando su di essa;
e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attivita' lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
f) "responsabile del servizio di prevenzione e protezione": persona in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) "addetto al servizio di prevenzione e protezione": persona in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) "medico competente": medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed e' nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
i) "rappresentante dei lavoratori per la sicurezza": persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) "servizio di prevenzione e protezione dai rischi": insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attivita' di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
m) "sorveglianza sanitaria": insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa;
n) "prevenzione": il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrita' dell'ambiente esterno;
o) "salute": stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermita';
p) "sistema di promozione della salute e sicurezza": complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
q) "valutazione dei rischi": valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attivita', finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;
r) "pericolo": proprieta' o qualita' intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni;
s) "rischio": probabilita' di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
t) "unita' produttiva": stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale;
u) "norma tecnica": specifica tecnica, approvata e pubblicata da un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria;
v) "buone prassi": soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la piu' ampia diffusione;
z) "linee guida": atti di indirizzo e coordinamento per l'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai Ministeri, dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
aa) "formazione": processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) "informazione": complesso delle attivita' dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) "addestramento": complesso delle attivita' dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;
dd) "modello di organizzazione e di gestione": modello organizzativo e gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro;
ee) "organismi paritetici": organismi costituiti a iniziativa di una o piu' associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attivita' formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attivita' o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;
ff) "responsabilita' sociale delle imprese": integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attivita' commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.



Note all'art. 2:
- Il testo dell'art. 2549 del codice civile, e' il
seguente:
«Art. 2549 (Nozione). - Con il contratto di
associazione in partecipazione l'associante attribuisce
all'associato una partecipazione agli utili della sua
impresa o di uno o piu' affari verso il corrispettivo di un
determinato apporto».
- Il testo dell'art. 18 della legge 24 giugno 1997, n.
196 (Norme in materia di promozione dell'occupazione), e'
il seguente:
«Art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento). -
1. Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e
lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la
conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di
soggetti che hanno gia' assolto l'obbligo scolastico ai
sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con il Ministro della pubblica istruzione,
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica,
da adottarsi ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono emanate, entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, disposizioni nel
rispetto dei seguenti principi e criteri generali:
a) possibilita' di promozione delle iniziative, nei
limiti delle risorse rese disponibili dalla vigente
legislazione, anche su proposta degli enti bilaterali e
delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a
partecipazione pubblica e di soggetti privati non aventi
scopo di lucro, in possesso degli specifici requisiti
preventivamente determinati in funzione di idonee garanzie
all'espletamento delle iniziative medesime e in
particolare: agenzie regionali per l'impiego e uffici
periferici del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale; universita'; provveditorati agli studi;
istituzioni scolastiche non statali che rilascino titoli di
studio con valore legale; centri pubblici di formazione e/o
orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti
in regime di convenzione ai sensi dell'art. 5 della legge
21 dicembre 1978, n. 845; comunita' terapeutiche enti
ausiliari e cooperative sociali, purche' iscritti negli
specifici albi regionali, ove esistenti; servizi di
inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti
pubblici delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell'ambito di
progetti di orientamento e di formazione, con priorita' per
quelli definiti all'interno di programmi operativi quadro
predisposti dalle regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite
convenzioni intervenute tra i soggetti di cui alla
lettera a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non
costituenti rapporti di lavoro, in misura non superiore a
dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti
portatori di handicap, da modulare in funzione della
specificita' dei diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di
assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con
l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e per la responsabilita'
civile e di garantire la presenza di un tutore come
responsabile didattico-organizzativo delle attivita'; nel
caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali
per l'impiego e gli uffici periferici del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, il datore di lavoro
ospitante puo' stipulare la predetta convenzione con
l'INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle
attivita' svolte nel corso degli stages e delle iniziative
di tirocinio pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove
debitamente certificati, per l'accensione di un rapporto di
lavoro;
g) possibilita' di ammissione, secondo modalita' e
criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, e nei limiti delle risorse
finanziarie preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di
cui all'art. 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, al rimborso totale o parziale degli oneri
finanziari connessi all'attuazione di progetti di tirocinio
di cui al presente articoli a favore dei giovani del
Mezzogiorno presso imprese di regioni diverse da quelle
operanti nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui
i progetti lo prevedano, gli oneri relativi alla spesa
sostenuta dall'impresa per il vitto e l'alloggio del
tirocinante;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
i) computabilita' dei soggetti portatori di handicap
impiegati nei tirocini ai fini della legge 2 aprile 1968,
n. 482, e successive modificazioni, purche' gli stessi
tirocini siano oggetto di convenzione ai sensi degli
articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
siano finalizzati all'occupazione.».
- Il testo della legge 1° agosto 1991, n. 266
(Legge-quadro sul volontariato), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 22 agosto 1991, n. 196.
- Il testo del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.
468 (Revisione della disciplina sui lavori socialmente
utili, a norma dell'art. 22 della legge 24 giugno 1997, n.
196), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio
1998, n. 5.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). -
1. (Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
- Il testo dell'art. 6, comma 1, lettera a) del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche,
delle societa' e delle associazioni anche prive di
personalita' giuridica, a norma dell'art. 11 della legge
29 settembre 2000, n. 300), e' il seguente:
«Art. 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di
organizzazione dell'ente). - 1. Se il reato e' stato
commesso dalle persone indicate nell'art. 5, comma 1,
lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente
attuato, prima della commissione del fatto, modelli di
organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
specie di quello verificatosi;».
- Il testo degli articoli 589 e 590, terzo comma del
codice penale, e' il seguente:
«Art. 589 (Omicidio colposo). - Chiunque cagiona per
colpa la morte di una persona e' punito con la reclusione
da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto e' commesso con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena e'
della reclusione da due a cinque anni.
Nel caso di morte di piu' persone, ovvero di morte di
una o piu' persone e di lesioni di una o piu' persone, si
applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave
delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la
pena non puo' superare gli anni dodici.
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - (Omissis).
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e
la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da
uno a tre anni.».



 
Art. 3
Campo di applicazione

1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attivita', privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 1° agosto 1991, n. 266, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarita' organizzative, individuate entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale nonche', relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con i successivi decreti, da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attivita' lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione.
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonche' le disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione; decorso inutilmente tale termine, trovano applicazione le disposizioni di cui al presente decreto.
4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente articolo.
5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell'utilizzatore.
6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorita' nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato dall'amministrazione, organo o autorita' ospitante.
7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente.
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.
9. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall'ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorita' competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza puo' chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l'adozione di misure dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell'azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26.
12. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile e dei soci delle societa' semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21.
13. In considerazione della specificita' dell'attivita' esercitata dalle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per un numero complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti colturali aziendali, provvede ad emanare disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, sentite le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu' rappresentative del settore sul piano nazionale. I contratti collettivi stipulati dalle predette organizzazioni definiscono specifiche modalita' di attuazione delle previsioni del presente decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la tipologia di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.



Note all'art. 3:
- Per i riferimenti della legge n. 266 del 1991, si
veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 17, commi 2 e 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri), e' il seguente:
"Art. 17 (Regolamenti). - 1. (Omissis).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il
Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta
di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta'
regolamentare del Governo, determinano le norme generali
regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle
norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle
norme regolamentari.
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di
autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.".
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
271 (Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute
dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da
pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n.
485), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999,
n. 185, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
272 (Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute
dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi
portuali, nonche' di operazioni di manutenzione,
riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale,
a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999, n. 185, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
298 (Attuazione della direttiva 93/103/CE relativa alle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro
a bordo delle navi da pesca), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 27 agosto 1999, n. 201.
- Il testo della legge 26 aprile 1974, n. 191
(Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli
impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello
Stato), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 24 maggio
1974, n. 134.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto
legislativo n. 626 del 1994, e' il seguente:
"Art. 1 (Campo di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei
servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle
strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate
per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle
universita', degli istituti di istruzione universitaria,
degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle
aree archeologiche dello Stato delle rappresentanze
diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e
marittimi, le norme del presente decreto sono applicate
tenendo conto delle particolari esigenze connesse al
servizio espletato, individuate con decreto del Ministro
competente di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale, della sanita' e della funzione
pubblica.".
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
27 aprile 1955, n. 547 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro), e' pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
- Per i riferimenti del citato decreto del Presidente
delle Repubblica n. 164 del 1956, si veda nota alle
premesse.
- Gli articoli da 20 a 28 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo III
capo I (Somministrazione di lavoro) dello stesso decreto.
- Il testo dell'art. 23, comma 5 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003, e' il seguente:
"Art. 23 (Tutela del prestatore di lavoro esercizio del
potere disciplinare e regime della solidarieta). - 1.-4.
(Omissis).
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi
per la sicurezza e la salute connessi alle attivita'
produttive in generale e li forma e addestra all'uso delle
attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della
attivita' lavorativa per la quale essi vengono assunti in
conformita' alle disposizioni recate dal decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni. Il contratto di
somministrazione puo' prevedere che tale obbligo sia
adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta
indicazione nel contratto con il lavoratore. Nel caso in
cui le mansioni cui e' adibito il prestatore di lavoro
richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino
rischi specifici, l'utilizzatore ne informa il lavoratore
conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed
integrazioni. L'utilizzatore osserva altresi', nei
confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di
protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed
e' responsabile per la violazione degli obblighi di
sicurezza individuati dalla legge e dai contratti
collettivi.".
- Il testo dell'art. 30 del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, e' il seguente:
"Art. 30 (Distacco). - 1. L'ipotesi del distacco si
configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un
proprio interesse, pone temporaneamente uno o piu'
lavoratori a disposizione di altro soggetto per
l'esecuzione di una determinata attivita' lavorativa.
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane
responsabile del trattamento economico e normativo a favore
del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni
deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato.
Quando comporti un trasferimento a una unita' produttiva
sita a piu' di 50 km da quella in cui il lavoratore e'
adibito, il distacco puo' avvenire soltanto per comprovate
ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
4. Resta ferma la disciplina prevista dall'art. 8,
comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236.
4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di
quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato puo'
chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'art. 414
del codice di procedura civile, notificato anche soltanto
al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la
costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di
quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto
dell'art. 27, comma 2.".
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto
legislativo n. 165 del 2001, e' il seguente:
"Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). - 1.
(Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300.".
- Gli articoli da 61 a 69 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo VII,
capo I (Lavoro a progetto e lavoro occasionale) dello
stesso decreto.
- Il testo dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice
di procedura civile, e' il seguente:
"Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). Si
osservano le disposizioni del presente capo nelle
controversie relative a:
1)-2) (Omissis).
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale
ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in
una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere
subordinato;".
- Gli articoli da 70 a 74 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo VII -
capo II (Prestazioni occasionali di tipo accesssorio rese
da particolari soggetti) dello stesso decreto.
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove
norme per la tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 5 gennaio 1974, n. 5.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
8 marzo 1999, n. 70 (Regolamento recante disciplina del
telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma
dell'art. 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1999, n.
70.
- Il testo dell'art. 2222 del codice civile e' il
seguente:
"Art. 2222 (Contratto d'opera). - Quando una persona si
obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un
servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza
vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si
applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto
abbia una disciplina particolare nel libro IV.".
- Il testo dell'art. 230-bis del codice civile e' il
seguente:
"Art. 230-bis (Impresa familiare). - Salvo che sia
configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta
in modo continuativo la sua attivita' di lavoro nella
famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al
mantenimento secondo la condizione patrimoniale della
famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed
ai beni acquistati con essi nonche' agli incrementi
dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in
proporzione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato.
Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli
incrementi nonche' quelle inerenti alla gestione
straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione
dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari
che partecipano all'impresa stessa. I familiari
partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacita'
di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la
potesta' su di essi.
Il lavoro della donna e' considerato equivalente a
quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si
intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo
grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare
quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo
grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma e
intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore
di familiari indicati nel comma precedente col consenso di
tutti i partecipi. Esso puo' essere liquidato in danaro
alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del
lavoro, ed altresi' in caso di alienazione dell'azienda. Il
pagamento puo' avvenire in piu' annualita', determinate, in
difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento
dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno
diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti
in cui e' compatibile, la disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio
dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non
contrastino con le precedenti norme.".
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile e' il
seguente:
"Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli
imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attivita' professionale organizzata prevalentemente con
il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.".



 
Art. 4.
Computo dei lavoratori

1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi non sono computati:
a) i collaboratori familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le attrezzature munite di videoterminali;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;
e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonche' prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 74 del medesimo decreto.
f) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove la loro attivita' non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di lavoro committente;
g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e i volontari che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
i) i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, nonche' i lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, ove la loro attivita' non sia svolta in forma esclusiva a favore del committente.
2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai sensi degli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e i lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell'arco di un semestre.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell'ambito delle attivita' stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni, nonche' di quelle individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative, il personale in forza si computa a prescindere dalla durata del contratto e dall'orario di lavoro effettuato.
4. Il numero dei lavoratori impiegati per l'intensificazione dell'attivita' in determinati periodi dell'anno nel settore agricolo e nell'ambito di attivita' diverse da quelle indicate nel comma 3, corrispondono a frazioni di unita-lavorative-anno (ULA) come individuate sulla base della normativa comunitaria.



Note all'art. 4:
- Per il testo dell'art. 230-bis del Codice civile, si
veda nota all'art. 3.
- Per il testo dell'art. 18 della citata legge n. 196
del 1997, si veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 1 del decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368, (Attuazione della direttiva
1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), e' il
seguente:
«Art. 1 (Apposizione del termine). - 01. Il contratto
di lavoro subordinato e' stipulato di regola a tempo
indeterminato.
1. E' consentita l'apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo.
2. L'apposizione del termine e' priva di effetto se non
risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel
quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal
datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni
lavorativi dall'inizio della prestazione.
4. La scrittura non e' tuttavia necessaria quando la
durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non
sia superiore a dodici giorni.».
- Il testo dell'art. 74 del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 74 (Prestazioni che esulano dal mercato del
lavoro). - 1. Con specifico riguardo alle attivita'
agricole non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro
autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e
affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o
ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo
aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di
compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione
dei lavori.».
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove
norme per la tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 1974, n. 5.
- Per i riferimenti della citata legge n. 266 del 1991,
del decreto legislativo n. 468 del 1997, si veda nota
all'art. 2.
- Per il testo dell'art. 2222 del codice civile,
dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura
civile, si veda nota all'art. 3.
- Per i riferimenti agli articoli da 20 a 28 e da 61 a
69 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, si veda
nota all'art. 3.
- Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.
61, (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa
all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2000, n. 66.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
7 ottobre 1963, n. 1525, (Elenco che determina le attivita'
a carattere stagionale di cui all'art. 1, comma secondo,
lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla
disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1963, n.
307.



 
Art. 5. Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in
materia di salute e sicurezza sul lavoro

1. Presso il Ministero della salute, il Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Comitato e' presieduto dal Ministro della salute ed e' composto da:
a) due rappresentanti del Ministero della salute;
b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un rappresentante dell'INAIL, uno dell'ISPESL e uno dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la piu' completa attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, ha il compito di:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell'azione pubblica di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di intervento dell'azione di vigilanza, i piani di attivita' e i progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai comitati regionali di coordinamento e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al fine di promuovere l'uniformita' dell'applicazione della normativa vigente;
f) individuare le priorita' della ricerca in tema di prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2, lettere a), b), e), f), le parti sociali sono consultate preventivamente. Sull'attuazione delle azioni intraprese e' effettuata una verifica con cadenza almeno annuale.
5. Le modalita' di funzionamento del comitato sono fissate con regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del Ministero della salute appositamente assegnato.
6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
 
Art. 6. Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro

1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. La Commissione e' composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la presiede;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello
nazionale; o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
2. Per ciascun componente puo' essere nominato un supplente, il quale interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai lavori della Commissione possono altresi' partecipare rappresentanti di altre amministrazioni centrali dello Stato in ragione di specifiche tematiche inerenti le relative competenze, con particolare riferimento a quelle relative alla materia dell'istruzione per le problematiche di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c).
3. All'inizio di ogni mandato la Commissione puo' istituire comitati speciali permanenti, dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La Commissione si avvale della consulenza degli istituti pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e puo' richiedere la partecipazione di esperti nei diversi settori di interesse.
5. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque anni.
6. Le modalita' di funzionamento della commissione sono fissate con regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale appositamente assegnato.
7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di cui all'articolo 5;
c) definire le attivita' di promozione e le azioni di prevenzione di cui all'articolo 11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema informativo di cui all'articolo 8, una relazione sullo stato di applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul suo possibile sviluppo, da trasmettere alle commissioni parlamentari competenti e ai presidenti delle regioni;
f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore. Tali procedure vengono recepite con decreto dei Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e dell'interno acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;
g) definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 27. Il sistema di qualificazione delle imprese e' disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, acquisito il parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta ed etici, adottati su base volontaria, che, in considerazione delle specificita' dei settori produttivi di riferimento, orientino i comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i principi della responsabilita' sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti legislativamente;
i) valutare le problematiche connesse all'attuazione delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in materia di salute e sicurezza del lavoro;
l) promuovere la considerazione della differenza di genere in relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione;
m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai fini di cui all'articolo 30.
 
Art. 7.
Comitati regionali di coordinamento

1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonche' uniformita' degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione di cui all'articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.
 
Art. 8. Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro

1. E' istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attivita' di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attivita' di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 e' costituito dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute, dal Ministero dell'interno, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dall'INAIL, dall'IPSEMA e dall'ISPESL, con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Allo sviluppo del medesimo concorrono gli organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne.
3. L'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, e' titolare del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro 180 giorni dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, vengono definite le regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP, nonche' le regole per il trattamento dei dati. Tali regole sono definite nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi' come modificato ed integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, e dei contenuti del Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo decreto sono disciplinate le speciali modalita' con le quali le forze armate e le forze di polizia partecipano al sistema informativo relativamente alle attivita' operative e addestrative. Per tale finalita' e' acquisita l'intesa dei Ministri della difesa, dell'interno e dell'economia e delle finanze.
5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo avviene attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi informativi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:
a) il quadro produttivo ed occupazionale;
b) il quadro dei rischi;
c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;
d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte;
e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte.
7. La diffusione delle informazioni specifiche e' finalizzata al raggiungimento di obiettivi di conoscenza utili per le attivita' dei soggetti destinatari e degli enti utilizzatori. I dati sono resi disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
8. Le attivita' di cui al presente articolo sono realizzate dalle amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse personali, economiche e strumentali in dotazione.



Note all'art. 8:
- Per i riferimenti del citato decreto legislativo n.
196 del 2003, si veda nota all'art. 1.
- Il testo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82
(Codice dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 16 maggio 2005, n. 112, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 4 aprile 2006, n.
159 (Disposizioni integrative e correttive al decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice
dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 29 aprile 2006, n. 99, supplemento
ordinario.



 
Art. 9. Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro

1. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA sono enti pubblici nazionali con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano le proprie attivita', anche di consulenza, in una logica di sistema con il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA operano in funzione delle attribuzioni loro assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in forma coordinata, per una maggiore sinergia e complementarieta', le seguenti attivita':
a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani triennali di attivita';
b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in logiche di conferenza permanente di servizio, per assicurare apporti conoscitivi al sistema di sostegno ai programmi di intervento in materia di sicurezza e salute sul lavoro di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), per verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali;
c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie, piccole e micro imprese, anche attraverso forme di sostegno tecnico e specialistico finalizzate sia al suggerimento dei piu' adatti mezzi, strumenti e metodi operativi, efficaci alla riduzione dei livelli di rischiosita' in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia all'individuazione degli elementi di innovazione tecnologica in materia con finalita' prevenzionali, raccordandosi con le altre istituzioni pubbliche operanti nel settore e con le parti sociali;
d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita' ai criteri e alle modalita' elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione di cui all'articolo 32;
f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e della sicurezza del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari e delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni interessate;
g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 5;
h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 6;
i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera v);
l) predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 2, comma 1, lettera z);
m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
3. L'attivita' di consulenza di cui alla lettera c) del comma 2, non puo' essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al presente articolo che svolgono attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I soggetti che prestano tale attivita' non possono, per un periodo di tre anni dalla cessazione dell'incarico, esercitare attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Nell'esercizio dell'attivita' di consulenza non vi e' l'obbligo di denuncia di cui all'articolo 331 del codice di procedura penale o di comunicazione ad altre Autorita' competenti delle contravvenzioni rilevate ove si riscontrino violazioni alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in ogni caso, l'esercizio dell'attivita' di consulenza non esclude o limita la possibilita' per l'ente di svolgere l'attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute per la parte concernente i funzionari dell'ISPESL, e' disciplinato lo svolgimento dell'attivita' di consulenza e dei relativi proventi, fermo restando che i compensi percepiti per lo svolgimento dell'attivita' di consulenza sono devoluti in ragione della meta' all'ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all'articolo 52, comma 1.
4. L'INAIL fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 della legge 11 marzo 1988, n. 67, dall'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonche' da ogni altra disposizione previgente, svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno infortunistico e ad integrazione delle proprie competenze quale gestore dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, i seguenti compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e proposte, della normazione tecnica in materia;
d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1° gennaio 2007.
5. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro - ISPESL e' ente di diritto pubblico, nel settore della ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, patrimoniale, gestionale e tecnica. L'ISPESL e' organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, del quale si avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del lavoro e della produzione e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. L'ISPESL, nell'ambito delle sue attribuzioni istituzionali, opera avvalendosi delle proprie strutture centrali e territoriali, garantendo unitarieta' della azione di prevenzione nei suoi aspetti interdisciplinari e svolge le seguenti attivita':
a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione degli infortuni, e delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro e della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro;
b) interviene nelle materie di competenza dell'Istituto, su richiesta degli organi centrali dello Stato e delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei controlli che richiedono un'elevata competenza scientifica. Ai fini della presente lettera, esegue, accedendo nei luoghi di lavoro, accertamenti e indagini in materia di salute e sicurezza del lavoro;
c) e' organo tecnico-scientifico delle Autorita' nazionali preposte alla sorveglianza del mercato ai fini del controllo della conformita' ai requisiti di sicurezza e salute di prodotti messi a disposizione dei lavoratori;
d) svolge attivita' di organismo notificato per attestazioni di conformita' relative alle Direttive per le quali non svolge compiti relativi alla sorveglianza del mercato;
e) e' titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto di attrezzature di lavoro sottoposte a tale regime;
f) fornisce consulenza al Ministero della salute, agli altri Ministeri e alle regioni e alle province autonome in materia salute e sicurezza del lavoro;
g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle regioni e alle province autonome per l'elaborazione del Piano sanitario nazionale, dei piani sanitari regionali e dei piani nazionali e regionali della prevenzione, per il monitoraggio delle azioni poste in essere nel campo salute e sicurezza del lavoro e per la verifica del raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza in materia;
h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo informazioni, formazione, consulenza e assistenza alle strutture operative per la promozione della salute, prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro;
i) svolge, congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro delle ASL, l'attivita' di vigilanza sulle strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale;
l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti dalle attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle strutture del Servizio sanitario nazionale;
m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere generale e formula, pareri e proposte circa la congruita' della norma tecnica non armonizzata ai requisiti di sicurezza previsti dalla legislazione nazionale vigente;
n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e delle procedure per la valutazione e la gestione dei rischi e per l'accertamento dello stato di salute dei lavoratori in relazione a specifiche condizioni di rischio e contribuisce alla definizione dei limiti di esposizione;
o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera v);
p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in qualita' di focal point italiano nel network informativo dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
q) supporta l'attivita' di monitoraggio del Ministero della salute sulla applicazione dei livelli essenziali di assistenza relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. L'IPSEMA svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno infortunistico ed ad integrazione delle proprie competenze quale gestore dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del settore marittimo, i seguenti compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) finanzia, nell'ambito e nei limiti delle proprie spese istituzionali, progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti in materia di salute per il settore marittimo, anche mediante convenzioni con l'INAIL, le prestazioni di assistenza sanitaria riabilitativa per i lavoratori marittimi anche al fine di assicurare il loro reinserimento lavorativo;
e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1° gennaio 2007.



Note all'art. 9:
- il testo dell'art. 331 del codice di procedura penale
e' il seguente:
«Art. 331 (Denuncia da parte di pubblici ufficiali e
incaricati di un pubblico servizio). - 1. Salvo quanto
stabilito dall'art. 347, i pubblici ufficiali e gli
incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a
causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno
notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne
denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la
persona alla quale il reato e' attribuito.
2. La denuncia e' presentata o trasmessa senza ritardo
al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia
giudiziaria.
3. Quando piu' persone sono obbligate alla denuncia per
il medesimo fatto, esse possono anche redigere e
sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o
amministrativo, emerge un fatto nel quale si puo'
configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorita'
che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al
pubblico ministero.».
- Il testo dell'art. 12 della legge 11 marzo 1988, n.
67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)), e' il
seguente:
«Art. 12 - 1. L'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), in deroga al
disposto dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della legge
23 dicembre 1978, n. 833, provvede agli accertamenti, alle
certificazioni e ad ogni altra prestazione medico-legale
sui lavoratori infortunati e tecnopatici.
2. Al fine di garantire agli infortunati sul lavoro e
ai tecnopatici la maggiore tempestivita' delle prestazioni
da parte dell'INAIL, le regioni stipulano convenzioni con
detto Istituto secondo uno schema-tipo approvato dal
Ministro della sanita', di concerto con il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, per disciplinare
l'erogazione da parte dell'Istituto stesso, congiuntamente
agli accertamenti medico-legali, delle prime cure
ambulatoriali necessarie in caso di infortunio sul lavoro e
di malattia professionale, e per stabilire gli opportuni
coordinamenti con le unita' sanitarie locali.».
- Il testo dell'art. 2, comma 6, della legge
28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica), e' il seguente:
«6. L'INAIL puo' destinare in via prioritaria una quota
fino al 15 per cento dei fondi disponibili, su delibera del
consiglio di amministrazione, per la realizzazione o per
l'acquisto di immobili, anche tramite accensione di mutui
da destinare a strutture da locare al servizio sanitario
nazionale ovvero a centri per la riabilitazione, da
destinare in via prioritaria agli infortunati sul lavoro e
da gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti dello
standard di 5,5 posti letto per mille abitanti, di cui l'1
per mille riservato alla riabilitazione ed alla
lungodegenza post-acuzie.».
- Il testo dell'art. 2, comma 130, della legge
23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica), e' il seguente:
«130. Restano ferme le disposizioni previste per
l'INAIL dall'art. 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549, per l'attuazione degli interventi da realizzare
nell'ambito degli indirizzi di programma del Ministero
della sanita' e d'intesa con questo.».
- Il testo dell'art. 1, comma 1187, della legge
27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2007)), e' il seguente:
«1187. Istituzione del Fondo di sostegno per le
famiglie delle vittime degli infortuni sul lavoro.
Al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno
ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro,
anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive
della copertura assicurativa obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al
testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e' istituito presso il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo di
sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni
sul lavoro, di seguito denominato Fondo. Al Fondo e'
conferita la somma di 2,5 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2007, 2008 e 2009. Con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, da adottare entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono definite le tipologie dei benefici
concessi, ivi comprese anticipazioni sulle prestazioni
erogate dall'INAIL, nonche' i requisiti e le modalita' di
accesso agli stessi.».



 
Art. 10. Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Ministero dello sviluppo economico per il settore estrattivo, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante convenzioni, attivita' di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
 
Art. 11.
Attivita' promozionali

1. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui all'articolo 6 sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato di cui all'articolo 5, le attivita' promozionali della cultura e delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
a) finanziamento di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese; per l'accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la semplicita' delle procedure;
b) finanziamento di progetti formativi specificamente dedicati alle piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b);
c) finanziamento delle attivita' degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale finalizzata all'inserimento in ogni attivita' scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie didattiche.
2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a carico delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'istruzione e dell'universita' e della ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le attivita' di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e dell'articolo 52, comma 2, lettera d).
3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze, concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalita' operative da definirsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di quanto previsto nel periodo precedente possono altresi' concorrere le parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali.
4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro e' facolta' degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale inserire in ogni attivita' scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal comma 1, lettera c) e volti alle medesime finalita'. Tale attivita' e' svolta nell'ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli istituti.
5. Nell'ambito e nei limiti delle risorse di cui al comma 2 trasferite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, l'INAIL finanzia progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilita' sociale delle imprese. Costituisce criterio di priorita' per l'accesso al finanziamento l'adozione da parte delle imprese delle buone passi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera v).
6. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni pubbliche promuovono attivita' specificamente destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in vigore del presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate, secondo le priorita', ivi compresa una campagna straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e la province autonome di Trento e di Bolzano.



Nota all'art. 11:
- Per il testo dell'art. 1, comma 7-bis. Della citata
legge n. 123 del 2007, si veda nota all'art. 1.



 
Art. 12.
Interpello

1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonche', di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.
2. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro e previdenza sociale, da due rappresentanti del Ministero della salute e da quattro rappresentanti delle regioni e delle province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione e' integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle attivita' di vigilanza.
 
Art. 13.
Vigilanza

1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e' svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' per il settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalita' del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, lo stesso personale puo' esercitare l'attivita' di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attivita', informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio:
a) attivita' nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e piu' in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attivita' lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, e della salute, adottato sentito il comitato di cui all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale svolge attivita' di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorita' marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanita' aerea e marittima, alle autorita' portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonche' ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono competenti altresi' per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalita' di attuazione, con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia puo' avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche' dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
4. La vigilanza di cui al presente articolo e' esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualita' di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.



Note all'art. 13:
- Il testo del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma
dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59),
e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1999, n.
203, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 21, comma 2, primo periodo, del
citato decreto legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. (Omissis).
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa.».
- Il Testo dell'art. 64 del citato decreto del
Presidente delle Repubblica n. 303 del 1956, e' il
seguente:
«Art. 64 (Ispezioni). - Gli ispettori del lavoro hanno
facolta' di visitare, in qualsiasi momento ed in ogni
parte, i luoghi di lavoro e le relative dipendenze, di
sottoporre a visita medica il personale occupato,
di prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti
nocivi, e altresi' di chiedere al datore di lavoro, ai
dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che
ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in
esse comprese quelle sui processi di lavorazione.
Gli ispettori del lavoro hanno facolta' di prendere
visione, presso gli ospedali ed eventualmente di chiedere
copia, della documentazione clinica dei lavoratori per
malattie dovute a cause lavorative o presunte tali.
Gli ispettori del lavoro devono mantenere il segreto
sopra i processi di lavorazione e sulle notizie e documenti
dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.».



 
Art. 14. Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori

1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attivita' imprenditoriale qualora riscontrino l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche gravita' di esposizione al rischio di infortunio, nonche' in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono quelle individuate nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di sospensione e' comunicata all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonche' per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma 1. In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
3. Il provvedimento di sospensione puo' essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, o di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a quelle di cui al comma 6.
5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:
a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a quelle di cui al comma 6.
6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c), integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed e' destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b), integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e' ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino a sei mesi.
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.



Note all'art. 14:
- Il testo degli articoli 4, 7 e 9 del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione della
direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario
di lavoro), e' il seguente:
«Art. 4 (Durata massima dell'orario di lavoro). - 1. I
contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata
massima settimanale dell'orario di lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non puo' in
ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le
quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la
durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata
con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni
caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi
ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive,
tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro,
specificate negli stessi contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle quarantotto ore di
lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro
straordinario, per le unita' produttive che occupano piu'
di dieci dipendenti il datore di lavoro e' tenuto a
informare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo
di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la
Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del
lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di
lavoro possono stabilire le modalita' per adempiere al
predetto obbligo di comunicazione».
«Art. 7 (Riposo giornaliero). - 1. Ferma restando la
durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha
diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni
ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito
in modo consecutivo fatte salve le attivita' caratterizzate
da periodi di lavoro frazionati durante la giornata».
«Art. 9 (Riposi settimanali). - 1. Il lavoratore ha
diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno
ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con
la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero
di cui all'art. 7.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) le attivita' di lavoro a turni ogni volta che il
lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine
del servizio di una squadra e l'inizio di quello della
squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o
settimanale;
b) le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro
frazionati durante la giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei
trasporti ferroviari: le attivita' discontinue; il servizio
prestato a bordo dei treni; le attivita' connesse con gli
orari del trasporto ferroviario che assicurano la
continuita' e la regolarita' del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire
previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste
dall'art. 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore consecutive puo'
essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e puo'
essere attuato mediante turni per il personale interessato
a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare
ovvero addetto alle attivita' aventi le seguenti
caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso
di forni a combustione o a energia elettrica per
l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuita'
della combustione ed operazioni collegate, nonche'
attivita' industriali ad alto assorbimento di energia
elettrica ed operazioni collegate;
b) attivita' industriali il cui processo richieda, in
tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni
tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano
ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al
prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della
loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano
materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di
lavorazione si svolge in non piu' di 3 mesi all'anno,
ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso
personale si compiano alcune delle suddette attivita' con
un decorso complessivo di lavorazione superiore a tre mesi;
d) i servizi ed attivita' il cui funzionamento
domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi
interessi rilevanti della collettivita' ovvero sia di
pubblica utilita';
e) attivita' che richiedano l'impiego di impianti e
macchinari ad alta intensita' di capitali o ad alta
tecnologia;
f) attivita' di cui all'art. 7 della legge
22 febbraio 1934, n. 370;
g) attivita' indicate agli articoli 11, 12 e 13 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui
all'art. 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che
consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno
diverso dalla domenica, nonche' le deroghe previste dalla
legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con
decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di
categoria comparativamente piu' rappresentative, nonche' le
organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno
individuate le attivita' aventi le caratteristiche di cui
al comma 3, che non siano gia' ricomprese nel decreto
ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e
integrazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161
del 12 luglio 1935, nonche' quelle di cui al comma 2,
lettera d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b)
e c). Con le stesse modalita' il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il
Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede
all'aggiornamento e alla integrazione delle predette
attivita'. Nel caso di cui al comma 2, lettera d), e salve
le eccezioni di cui alle lettere a), b), e c)
l'integrazione avra' senz'altro luogo decorsi trenta giorni
dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.».
- Il testo dell'art. 6 del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), e' il seguente:
«Art. 6 (Autorita' per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture). (art. 81.2,
direttiva 2004/18; art. 72.2, direttiva 2004/17; art. 4,
legge n. 109/1994; art. 25, comma 1, lettera c), legge n.
62/2005). - 1. L'Autorita' per la vigilanza sui lavori
pubblici, con sede in Roma, istituita dall'art. 4 della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, assume la denominazione di
Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture.
2. L'Autorita' e' organo collegiale costituito da sette
membri nominati con determinazione adottata d'intesa dai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica. I membri dell'Autorita', al fine di garantire
la pluralita' delle esperienze e delle conoscenze, sono
scelti tra personalita' che operano in settori tecnici,
economici e giuridici con riconosciuta professionalita'.
L'Autorita' sceglie il presidente tra i propri componenti e
stabilisce le norme sul proprio funzionamento.
3. I membri dell'Autorita' durano in carica cinque anni
e non possono essere confermati. Essi non possono
esercitare, a pena di decadenza, alcuna attivita'
professionale o di consulenza, non possono essere
amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati ne'
ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura o
rivestire cariche pubbliche elettive o cariche nei partiti
politici. I dipendenti pubblici, secondo gli ordinamenti di
appartenenza, sono collocati fuori ruolo o in aspettativa
per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'economia e delle finanze, e' determinato il
trattamento economico spettante ai membri dell'Autorita'.
4. L'Autorita' e' connotata da indipendenza funzionale,
di giudizio e di valutazione e da autonomia organizzativa.
5. L'Autorita' vigila sui contratti pubblici, anche di
interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei
settori ordinari e nei settori speciali, nonche', nei
limiti stabiliti dal presente codice, sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito
di applicazione del presente codice, al fine di garantire
l'osservanza dei principi di cui all'art. 2 e,
segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e
trasparenza delle procedure di scelta del contraente, e di
economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonche'
il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole
procedure di gara.
6. Sono fatte salve le competenze delle altre Autorita'
amministrative indipendenti.
7. Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da
altre norme, l'Autorita':
a) vigila sull'osservanza della disciplina
legislativa e regolamentare vigente, verificando, anche con
indagini campionarie, la regolarita' delle procedure di
affidamento;
b) vigila sui contratti di lavori, servizi,
forniture, esclusi in tutto o in parte dall'ambito di
applicazione del presente codice, verificando, con
riferimento alle concrete fattispecie contrattuali, la
legittimita' della sottrazione al presente codice e il
rispetto dei principi relativi ai contratti esclusi; non
sono soggetti a obblighi di comunicazione all'Osservatorio
ne' a vigilanza dell'Autorita' i contratti di cui agli
articoli 16, 17, 18;
c) vigila affinche' sia assicurata l'economicita' di
esecuzione dei contratti pubblici;
d) accerta che dall'esecuzione dei contratti non sia
derivato pregiudizio per il pubblico erario;
e) segnala al Governo e al Parlamento, con apposita
comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di
inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui
contratti pubblici;
f) formula al Governo proposte in ordine alle
modifiche occorrenti in relazione alla legislazione che
disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi,
forniture;
g) formula al Ministro delle infrastrutture proposte
per la revisione del regolamento;
h) predispone e invia al Governo e al Parlamento una
relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni
riscontrate nel settore dei contratti pubblici con
particolare riferimento:
h.1) alla frequenza del ricorso a procedure non
concorsuali;
h.2) alla inadeguatezza della pubblicita' degli
atti;
h.3) allo scostamento dai costi standardizzati di
cui all'art. 7;
h.4) alla frequenza del ricorso a sospensioni
dell'esecuzione o a varianti in corso di esecuzione;
h.5) al mancato o tardivo adempimento degli
obblighi nei confronti dei concessionari e degli
appaltatori;
h.6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;
i) sovrintende all'attivita' dell'Osservatorio di cui
all'art. 7;
l) esercita i poteri sanzionatori ad essa attribuiti;
m) vigila sul sistema di qualificazione, con le
modalita' stabilite dal regolamento di cui all'art. 5;
nell'esercizio di tale vigilanza l'Autorita' puo'
annullare, in caso di constatata inerzia degli organismi di
attestazione, le attestazioni rilasciate in difetto dei
presupposti stabiliti dalle norme vigenti, nonche'
sospendere, in via cautelare, dette attestazioni;
n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o
piu' delle altre parti, esprime parere non vincolante
relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento
delle procedure di gara, eventualmente formulando una
ipotesi di soluzione; si applica l'art. 1, comma 67, terzo
periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
o) svolge i compiti previsti dall'art. 1, comma 67,
legge 23 dicembre 2005, n. 266.
8. Quando all'Autorita' e' attribuita la competenza ad
irrogare sanzioni pecuniarie, le stesse, nei limiti
edittali, sono commisurate al valore del contratto pubblico
cui le violazioni si riferiscono. Sono fatte salve le
diverse sanzioni previste dalle norme vigenti. I
provvedimenti dell'Autorita' devono prevedere il termine di
pagamento della sanzione. La riscossione della sanzione
avviene mediante iscrizione a ruolo.
9. Nell'ambito della propria attivita' l'Autorita'
puo':
a) richiedere alle stazioni appaltanti, agli
operatori economici esecutori dei contratti, nonche' ad
ogni altra pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche
regionale, operatore economico o persona fisica che ne sia
in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti
relativamente ai lavori, servizi e forniture pubblici, in
corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di
progettazione, agli affidamenti;
b) disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di
chiunque ne abbia interesse, avvalendosi anche della
collaborazione di altri organi dello Stato;
c) disporre perizie e analisi economiche e
statistiche nonche' la consultazione di esperti in ordine a
qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria;
d) avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza, che
esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con
i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini degli
accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto e
alle imposte sui redditi. Tutte le notizie, le informazioni
e i dati acquisiti dalla Guardia di Finanza nello
svolgimento di tali attivita' sono comunicati
all'Autorita'.
10. Tutte le notizie, le informazioni o i dati
riguardanti gli operatori economici oggetto di istruttoria
da parte dell'Autorita' sono tutelati, sino alla
conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di
ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
I funzionari dell'Autorita', nell'esercizio delle loro
funzioni, sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal
segreto d'ufficio.
11. Con provvedimento dell'Autorita', i soggetti ai
quali e' richiesto di fornire gli elementi di cui al
comma 9 sono sottoposti alla sanzione amministrativa
pecuniaria fino a euro 25.822,00 se rifiutano od omettono,
senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di
esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa
pecuniaria fino a euro 51.545,00 se forniscono informazioni
od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse sanzioni
si applicano agli operatori economici che non ottemperano
alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente
aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di
partecipazione alla procedura di affidamento, nonche' agli
operatori economici che forniscono dati o documenti non
veritieri, circa il possesso dei requisiti di
qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti
aggiudicatori a agli organismi di attestazione.
12. Qualora i soggetti ai quali e' richiesto di fornire
gli elementi di cui al comma 9 appartengano alle pubbliche
amministrazioni, si applicano le sanzioni disciplinari
previste dai rispettivi ordinamenti. Il procedimento
disciplinare e' instaurato dall'amministrazione competente
su segnalazione dell'Autorita' e il relativo esito va
comunicato all'Autorita' medesima.
13. Qualora accerti l'esistenza di irregolarita',
l'Autorita' trasmette gli atti e i propri rilievi agli
organi di controllo e, se le irregolarita' hanno rilevanza
penale, agli organi giurisdizionali competenti. Qualora
l'Autorita' accerti che dalla esecuzione dei contratti
pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli
atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti
interessati e alla procura generale della Corte dei
conti.».
- Il testo della legge 7 agosto 1990, n. 241, (Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990, n. 192.
- Il testo degli articoli 16, 19 e 20 del decreto
legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (Riassetto delle
disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11 della
legge 29 luglio 2003, n. 229), e' il seguente:
«Art. 16 (Certificato di prevenzione incendi). (art. 4,
legge 26 luglio 1965, n. 966; art. 1, legge 7 dicembre
1984, n. 818; art. 3, decreto del Presidente della
Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37; articoli 13, 14 e 17,
decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.
577). - 1. Il certificato di prevenzione incendi attesta il
rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di
prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di
sicurezza antincendio nei locali, attivita', depositi,
impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione
alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili,
incendiabili o esplodenti che comportano in caso di
incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei
beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza,
con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare a
norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il
Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione
incendi. Con lo stesso decreto e' fissato il periodo di
validita' del certificato per le attivita' ivi individuate.
2. Il certificato di prevenzione incendi e' rilasciato
dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su
istanza dei soggetti responsabili delle attivita'
interessate, a conclusione di un procedimento che comprende
il preventivo esame ed il parere di conformita' sui
progetti, finalizzati all'accertamento della rispondenza
dei progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi,
e l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a
valutare direttamente i fattori di rischio ed a verificare
la rispondenza delle attivita' alla normativa di
prevenzione incendi e l'attuazione delle prescrizioni e
degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle
attivita' medesime. Resta fermo quanto previsto dalle
prescrizioni in materia di prevenzione incendi a carico dei
soggetti responsabili delle attivita' ed a carico dei
soggetti responsabili dei progetti e della documentazione
tecnica richiesta.
3. In relazione ad insediamenti industriali ed
attivita' di tipo complesso, il Comando provinciale dei
vigili del fuoco puo' acquisire, ai fini del parere di
conformita' sui progetti, le valutazioni del Comitato
tecnico regionale per la prevenzione incendi, avvalersi,
per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal
Comitato stesso, nonche' richiedere il parere del Comitato
centrale tecnico scientifico di cui all'art. 21.
4. Ai fini del rilascio del certificato di prevenzione
incendi, il Comando provinciale dei vigili del fuoco, oltre
ad eseguire direttamente accertamenti e valutazioni,
acquisisce dai soggetti responsabili delle attivita' di cui
al comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti
la conformita' delle attivita' alla normativa di
prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o
professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati
ed iscritti, a domanda, in appositi elenchi del Ministero
dell'interno. Il rilascio delle autorizzazioni e
l'iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al
possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro
dell'interno.
5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza
dei requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione
incendi, il Comando provinciale non provvede al rilascio
del certificato, dandone comunicazione all'interessato, al
sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti ai
fini dei provvedimenti da adottare nei rispettivi ambiti.
Le determinazioni assunte dal Comando provinciale sono atti
definitivi.
6. Indipendentemente dal periodo di validita' del
certificato di prevenzione incendi stabilito con il
regolamento di cui al comma 1, l'obbligo di richiedere un
nuovo certificato ricorre quando vi sono modifiche di
lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione
dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle
sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi
e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni
di sicurezza precedentemente accertate.
7. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato
a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sono dettate
le disposizioni attuative relative al procedimento per il
rilascio del certificato di prevenzione incendi. Esso
disciplina inoltre: il procedimento per il rinnovo del
certificato medesimo; il procedimento per il rilascio del
provvedimento di deroga all'osservanza della normativa di
prevenzione incendi, in relazione agli insediamenti, agli
impianti e alle attivita' in essi svolte che presentino
caratteristiche tali da non consentire l'integrale
osservanza della normativa medesima; gli obblighi a carico
dei soggetti responsabili delle attivita'.
8. Resta fermo quanto previsto al punto 28
dell'allegato A della legge 24 novembre 2000, n. 340.».
«Art. 19 (Vigilanza). (art. 23, decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626). - 1. Il Corpo nazionale
esercita, con i poteri di polizia amministrativa e
giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa
di prevenzione incendi in relazione alle attivita',
costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa
assoggettati. La vigilanza si realizza attraverso visite
tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa
dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a
programmi settoriali per categorie di attivita' o prodotti,
ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo
segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio
dell'attivita' di vigilanza, il Corpo nazionale puo'
avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e
organismi aventi specifica competenza.
2. Al personale incaricato delle visite tecniche, delle
verifiche e dei controlli e' consentito: l'accesso alle
attivita', costruzioni ed impianti interessati, anche
durante l'esercizio; l'accesso ai luoghi di fabbricazione,
immagazzinamento e uso di apparecchiature e prodotti;
l'acquisizione delle informazioni e dei documenti
necessari; il prelievo di campioni per l'esecuzione di
esami e prove e ogni altra attivita' necessaria
all'esercizio della vigilanza.
3. Qualora nell'esercizio dell'attivita' di vigilanza
siano rilevate condizioni di rischio, l'inosservanza della
normativa di prevenzione incendi ovvero l'inadempimento di
prescrizioni e obblighi a carico dei soggetti responsabili
delle attivita', il Corpo nazionale adotta, attraverso i
propri organi, i provvedimenti di urgenza per la messa in
sicurezza delle opere e da' comunicazione dell'esito degli
accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al
sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti, ai
fini degli atti e delle determinazioni da assumere nei
rispettivi ambiti di competenza.».
«Art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell'attivita).
(articoli 1, 5, commi 1 e 2, legge 7 dicembre 1984, n. 818;
art. 2, legge 26 luglio 1965, n. 966). - 1. Chiunque, in
qualita' di titolare di una delle attivita' soggette al
rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di
richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato
medesimo e' punito con l'arresto sino ad un anno o con
l'ammenda da 258 euro a 2.582 euro, quando si tratta di
attivita' che comportano la detenzione e l'impiego di
prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui
derivano in caso di incendio gravi pericoli per
l'incolumita' della vita e dei beni, da individuare con il
decreto del Presidente della Repubblica. previsto dall'art.
16, comma 1.
2. Chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese
ai fini del rilascio o del rinnovo del certificato di
prevenzione incendi, attesti fatti non rispondenti al vero
e' punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la
multa da 103 euro a 516 euro. La stessa pena si applica a
chi falsifica o altera le certificazioni e dichiarazioni
medesime.
3. Ferme restando le sanzioni penali previste dalle
disposizioni vigenti, il prefetto puo' disporre la
sospensione dell'attivita' nelle ipotesi in cui i soggetti
responsabili omettano di richiedere: il rilascio ovvero il
rinnovo del certificato di prevenzione incendi; i servizi
di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed
intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da
notevole presenza di pubblico per i quali i servizi
medesimi sono obbligatori. La sospensione e' disposta fino
all'adempimento dell'obbligo.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 66 del
2003 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003,
n. 87, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno
dell'occupazione), convertito con modificazioni, dalla
legge 19 luglio 1993, n. 236, e' il seguente:
«Art. 1 (Fondo per l'occupazione). - 1. - 6. (Omissis).
7. Per le finalita' di cui al presente art. e'
istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale il Fondo per l'occupazione, alimentato dalle
risorse di cui all'autorizzazione di spesa stabilita al
comma 8, nel quale confluiscono anche i contributi
comunitari destinati al finanziamento delle iniziative di
cui al presente articolo, su richiesta del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale. A tale ultimo fine i
contributi affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato
per essere riassegnati al predetto Fondo:».
- Il testo dell'art. 1, comma 1156, lettera g), della
citata legge n. 296 del 2006, e' il seguente:
«g) il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio decreto, dispone annualmente di una
quota del Fondo per l'occupazione, nei limiti delle risorse
disponibili del Fondo medesimo, per interventi strutturali
ed innovativi volti a migliorare e riqualificare la
capacita' di azione istituzionale e l'informazione dei
lavoratori e delle lavoratrici in materia di lotta al
lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova
occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale ed
in ogni altro settore di competenza del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale;».



 
Art. 15.
Misure generali di tutela

1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonche' l'influenza dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro;
c) l'eliminazione dei rischi e, ove cio' non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo e', o e' meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;
i) la priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita' alla indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
 
Art. 16.
Delega di funzioni

1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non
espressamente esclusa, e' ammessa con i seguenti limiti e
condizioni: a) che essa risulti da atto scritto recante data
certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita' ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicita'.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.
 
Art. 17.
Obblighi del datore di lavoro non delegabili

1. Il datore di lavoro non puo' delegare le seguenti attivita':
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
 
Art. 18
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro, che esercita le attivita' di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attivita' secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: a) nominare il medico competente per l'effettuazione della
sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto
legislativo. b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione
delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di
evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e
immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di
gestione dell'emergenza; c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle
capacita' e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza; d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di
protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente; e) prendere le misure appropriate affinche' soltanto i lavoratori che
hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento
accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e
specifico; f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme vigenti, nonche' delle disposizioni aziendali in materia di
sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione
collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a
loro disposizione; g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi
previsti a suo carico nel presente decreto; h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in
caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in
caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il
posto di lavoro o la zona pericolosa; i) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio
di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e
addestramento di cui agli articoli 36 e 37; m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di
tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave e immediato; n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di
sicurezza e di protezione della salute; o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua
funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), nonche' consentire al medesimo rappresentante di
accedere ai dati di cui alla lettera r); p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su
richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione,
consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza; q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure
tecniche adottate possano causare rischi per la salute della
popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando
periodicamente la perdurante assenza di rischio; r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive
competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli
infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di
almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini
assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro
che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni; s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle
ipotesi di cui all'articolo 50; t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonche' per il caso di
pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui
all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura
dell'attivita', alle dimensioni dell'azienda o dell'unita'
produttiva, e al numero delle persone presenti; u) nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto e
di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di
riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita'
del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro; v) nelle unita' produttive con piu' di 15 lavoratori, convocare la
riunione periodica di cui all'articolo 35; z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della
salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di
evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione; aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza; bb) vigilare affinche' i lavoratori per i quali vige l'obbligo di
sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa
specifica senza il prescritto giudizio di idoneita'.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione
delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle
malattie professionali; e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
 
Art. 19.
Obblighi del preposto

1. In riferimento alle attivita' indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonche' delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinche' soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
 
Art. 20.
Obblighi dei lavoratori

1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche' i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonche' qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilita' e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attivita' in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attivita' nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
 
Art. 21. Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi

1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile e i soci delle societa' semplici operanti nel settore agricolo devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformita' alle disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalita', qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attivita' in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attivita' svolte e con oneri a proprio carico hanno facolta' di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attivita' svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.



Nota all'art. 21:
- Per il testo degli articoli 230-bis, 2083 e 2222 del
codice civile, si veda nota all'art. 3.



 
Art. 22.
Obblighi dei progettisti

1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.
 
Art. 23.
Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori

1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformita', gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.
 
Art. 24.
Obblighi degli installatori

1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.
 
Art. 25.
Obblighi del medico competente

1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori, all'attivita' di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalita' organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di "promozione della salute", secondo i principi della responsabilita' sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici piu' avanzati;
c) istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle sanitarie e di rischio, di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilita', una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il medico competente concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le informazioni riguardo la necessita' di conservazione;
f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal presente decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il lavoratore interessato puo' chiedere copia delle predette cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina generale;
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attivita' che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi', a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicita' diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestivita' ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero della salute entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.



Nota all'art. 25:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196
del 2003, si veda nota all'art. 1.



 
Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di
somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unita' produttiva della stessa, nonche' nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima:
a) verifica, con le modalita' previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneita' tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica e' eseguita attraverso le seguenti modalita':
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneita' tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attivita'.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove cio' non e' possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento e' allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilita' solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullita' ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente piu' rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro e' determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.



Note all'art. 26:
- Il testo dell'art. 47 del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa (Testo A), e' il seguente:
«Art. 47 (Dichiarazioni sostitutive dell'atto di
notorieta). - 1. L'atto di notorieta' concernente stati,
qualita' personali o fatti che siano a diretta conoscenza
dell'interessato e' sostituito da dichiarazione resa e
sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalita'
di cui all'art. 38. (R)
2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del
dichiarante puo' riguardare anche stati, qualita' personali
e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia
diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per
legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i
concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le
qualita' personali e i fatti non espressamente indicati
nell'art. 46 sono comprovati dall'interessato mediante la
dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta'.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente
che la denuncia all'Autorita' di Polizia Giudiziaria e'
presupposto necessario per attivare il procedimento
amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di
riconoscimento o comunque attestanti stati e qualita'
personali dell'interessato, lo smarrimento dei documenti
medesimi e' comprovato da chi ne richiede il duplicato
mediante dichiarazione sostitutiva.».
- Il testo degli articoli 1418, 1559, 1655, 1656 e 1677
del codice civile, e' il seguente:
«Art. 1418 (Cause di nullita' del contratto). -
Il contratto e' nullo quando e' contrario a norme
imperative salvo che la legge disponga diversamente.
Producono nullita' del contratto la mancanza di uno dei
requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceita' della
causa, l'illiceita' dei motivi nel caso indicato dall'art.
1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti
dall'art. 1346.
Il contratto e' altresi' nullo negli altri casi
stabiliti dalla legge.».
«Art. 1559 (Nozione). - La somministrazione e' il
contratto con il quale una parte si obbliga, verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore
dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di
cose.».
«Art. 1655 (Nozione). - L'appalto e' il contratto col
quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento
di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in
danaro.».
«Art. 1656 (Subappalto). - L'appaltatore non puo' dare
in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se
non e' stato autorizzato dal committente.».
«Art. 1677 (Prestazione continuativa o periodica di
servizi). - Se l'appalto ha per oggetto prestazioni
continuative o periodiche di servizi, si osservano, in
quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle
relative al contratto di somministrazione.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 163 del
2006, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006,
n. 100, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 8, comma 1, della citata legge 123
del 2007, e' il seguente:
«Art. 8 (Modifiche all'art. 86 del codice di cui al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). - 1. All'art.
86 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, il comma 3-bis e' sostituito dai
seguenti:
"3-bis. Nella predisposizione delle gare di appalto e
nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle
procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di
servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti
a valutare che il valore economico sia adeguato e
sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo
relativo alla sicurezza, il quale deve essere
specificamente indicato e risultare congruo rispetto
all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi
o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del
lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle,
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla
base dei valori economici previsti dalla contrattazione
collettiva stipulata dai sindacati comparativamente piu'
rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed
assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle
differenti aree territoriali. In mancanza di contratto
collettivo applicabile, il costo del lavoro e' determinato
in relazione al contratto collettivo del settore
merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non puo' essere
comunque soggetto a ribasso d'asta.».



 
Art. 27.
Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

1. Nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 6, anche tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.
2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui al comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.
 
Art. 28.
Oggetto della valutazione dei rischi

1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonche' quelli connessi alle differenze di genere, all'eta', alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attivita' lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacita' professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresi' rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.



Nota all'art. 28:
- Il testo del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia
di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a
norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53),
e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n.
96, supplemento ordinario.



 
Art. 29.
Modalita' di effettuazione della valutazione dei rischi

1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attivita' di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere rielaborati, nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessita'. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate.
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unita' produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attivita' di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).
6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attivita' svolte nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto;
c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV del presente decreto.
 
Art. 30.
Modelli di organizzazione e di gestione

1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attivita' di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attivita' di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attivita' di sorveglianza sanitaria;
e) alle attivita' di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attivita' di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attivita' di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attivita' svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonche' un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresi' prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneita' delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attivita' in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.



Nota all'art. 30:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001,
si veda nota alle premesse.



 
Art. 31.
Servizio di prevenzione e protezione

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della azienda o della unita' produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacita' e i requisiti professionali di cui all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attivita' svolta nell'espletamento del proprio incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro puo' avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni e' obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unita' produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non e' per questo esonerato dalla propria responsabilita' in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unita' produttiva, e' comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive nonche' nei casi di gruppi di imprese, puo' essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.



Note all'art. 31:
- Il testo degli articoli 2, 6 e 8 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della
direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di
incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze
pericolose), e' il seguente:
«Art. 2 (Ambito di applicazione). - 1. Il presente
decreto si applica agli stabilimenti in cui sono presenti
sostanze pericolose in quantita' uguali o superiori a
quelle indicate nell'allegato I.
2. Ai fini del presente decreto si intende per
«presenza di sostanze pericolose» la presenza di queste,
reale o prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si
reputa possano essere generate, in caso di perdita di
controllo di un processo industriale, in quantita' uguale o
superiore a quelle indicate nell'allegato I.
3. Agli stabilimenti industriali non rientranti tra
quelli indicati al comma 1, si applicano le disposizioni di
cui all'art. 5.
4. Salvo che non sia diversamente stabilito rimangono
ferme le disposizioni di cui ai seguenti decreti:
a) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
31 marzo 1989 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del
21 aprile 1989, limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 6, 7,
8, 9, 10;
b) decreto del Ministro dell'ambiente del 20 maggio
1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del
31 maggio 1991, limitatamente agli articoli 1, 3 e 4;
c) decreto dei Ministri dell'ambiente e della sanita'
23 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15
del 20 gennaio 1994;
d) i criteri di cui all'allegato del decreto del
Ministro dell'ambiente 13 maggio 1996, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio 1996;
e) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996,
pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta
Ufficiale n. 155 del 4 luglio 1996;
f) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio
1996;
g) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre
1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998;
h) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre
1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del
3 febbraio 1998;
i) decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 30 marzo
1998;
l) decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre
1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 262 del 9 novembre 1998.
5. Le disposizioni di cui al presente decreto non
pregiudicano l'applicazione delle disposizioni in materia
di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
«Art. 6 (Notifica). - 1. Il gestore degli stabilimenti
di cui all'art. 2, comma 1, oltre a quanto disposto agli
articoli 7 e 8, e' obbligato a trasmettere al Ministero
dell'ambiente, alla regione, alla provincia, al comune, al
prefetto, al Comando provinciale dei Vigili del fuoco
componente per territorio e al Comitato tecnico regionale o
interregionale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, di
cui all'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, integrato ai sensi dell'art. 19 e
d'ora in avanti denominato Comitato, una notifica entro i
seguenti termini:
a) centottanta giorni prima dell'inizio della
costruzione, per gli stabilimenti nuovi;
b) entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, per gli stabilimenti preesistenti.
2. La notifica, sottoscritta nelle forme
dell'autocertificazione con le modalita' e gli effetti
della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche,
deve contenere le seguenti informazioni:
a) il nome o la ragione sociale del gestore e
l'indirizzo completo dello stabilimento;
b) la sede o il domicilio del gestore, con
l'indirizzo completo;
c) il nome o la funzione della persona responsabile
dello stabilimento, se diversa da quella di cui alla
lettera a);
d) le notizie che consentano di individuare le
sostanze pericolose o la categoria di sostanze pericolose,
la loro quantita' e la loro forma fisica;
e) l'attivita', in corso o prevista, dell'impianto o
del deposito;
f) l'ambiente immediatamente circostante lo
stabilimento e, in particolare, gli elementi che potrebbero
causare un incidente rilevante o aggravarne le conseguenze.
3. Il gestore degli stabilimenti che, per effetto di
modifiche all'allegato I, o per effetto di modifiche
tecniche disposte con il decreto di cui all'art. 15,
comma 2, o per effetto di mutamento della classificazione
di sostanze pericolose rientrano nel campo di applicazione
del presente decreto deve espletare i prescritti
adempimenti entro un anno dalla data di entrata in vigore
delle suddette modifiche ovvero entro il termine stabilito
dalla disciplina di recepimento delle relative disposizioni
comunitarie.
4. In caso di chiusura definitiva dell'impianto o del
deposito, ovvero nel caso di aumento significativo della
quantita' e di modifica significativa della natura o dello
stato fisico delle sostanze pericolose presenti, o di
modifica dei processi che le impiegano, o di modifica dello
stabilimento o dell'impianto che potrebbe costituire
aggravio del preesistente livello di rischio ai sensi del
decreto di cui all'art. 10, nonche' di variazioni delle
informazioni di cui al comma 2, il gestore aggiorna
tempestivamente, nelle forme dell'autocertificazione, la
notifica di cui al comma 1 e la scheda di cui all'allegato
V.
5. Il gestore, unitamente alla notifica di cui al
comma 2, invia al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio, alla regione, alla provincia, al sindaco,
al prefetto, al Comitato, nonche' al Comando provinciale
dei Vigili del fuoco, competenti per territorio, le
informazioni di cui all'allegato V.
6. Il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2,
comma 1, puo' allegare alla notifica di cui al comma 2 le
certificazioni o autorizzazioni previste dalla normativa
vigente in materia ambientale e di sicurezza e quanto altro
eventualmente predisposto in base a regolamenti comunitari
volontari, come ad esempio il Regolamento (CEE) 1836/93 del
Consiglio, del 29 giugno 1993, sull'adesione volontaria
delle imprese del settore industriale a un sistema
comunitario di ecogestione e audit, e norme tecniche
internazionali.
6-bis. Il gestore di un nuovo stabilimento ovvero il
gestore che ha realizzato modifiche con aggravio del
preesistente livello di rischio ovvero modifiche tali da
comportare obblighi diversi per lo stabilimento stesso ai
sensi del presente decreto, previo conseguimento delle
previste autorizzazioni, prima dell'avvio delle attivita'
ne da' comunicazione ai destinatari della notifica di cui
al comma 1.».
«Art. 8 (Rapporto di sicurezza). - 1. Per gli
stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in
quantita' uguali o superiori a quelle indicate
nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3, il gestore e'
tenuto a redigere un rapporto di sicurezza.
2. Il rapporto di sicurezza di cui il documento
previsto all'art. 7, comma 1, e' parte integrante, deve
evidenziare che:
a) e' stato adottato il sistema di gestione della
sicurezza;
b) i pericoli di incidente rilevante sono stati
individuati e sono state adottate le misure necessarie per
prevenirli e per limitarne le conseguenze per l'uomo e per
l'ambiente;
c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la
manutenzione di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura
e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello
stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di
incidenti rilevante nello stesso, sono sufficientemente
sicuri e affidabili; per gli stabilimenti di cui all'art.
14, comma 6, anche le misure complementari ivi previste;
d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni
e sono stati forniti all'autorita' competente di cui
all'art. 20 gli elementi utili per l'elaborazione del piano
d'emergenza esterno al fine di prendere le misure
necessarie in caso di incidente rilevante.
3. Il rapporto di sicurezza di cui al comma 1 contiene
almeno i dati di cui all'allegato II ed indica, tra
l'altro, il nome delle organizzazioni partecipanti alla
stesura del rapporto. Il rapporto di sicurezza contiene
inoltre l'inventario aggiornato delle sostanze pericolose
presenti nello stabilimento, nonche' le informazioni che
possono consentire di prendere decisioni in merito
all'insediamento di nuovi stabilimenti o alla costruzione
di insediamenti attorno agli stabilimenti gia' esistenti.
4. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente,
di concerto con i Ministri dell'interno, della sanita' e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita
la Conferenza Stato-regioni, sono definiti, secondo le
indicazioni dell'allegato II e tenuto conto di quanto gia'
previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 31 marzo 1989, i criteri, i dati e le informazioni
per la redazione del rapporto di sicurezza i criteri per
l'adozione di iniziative specifiche in relazione ai diversi
tipi di incidenti, nonche' i criteri di valutazione del
rapporto medesimo; fino all'emanazione di tali decreti
valgono, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai
decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 12 del
decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.
175, e successive modifiche.
5. Al fine di semplificare le procedure e purche'
ricorrano tutti i requisiti prescritti dal presente
articolo, rapporti di sicurezza analoghi o parti di essi,
predisposti in attuazione di altre norme di legge o di
regolamenti comunitari, possono essere utilizzati per
costituire il rapporto di sicurezza.
6. Il rapporto di sicurezza e' inviato all'autorita'
competente preposta alla valutazione dello stesso cosi'
come previsto all'art. 21, entro i seguenti termini:
a) per gli stabilimenti nuovi, prima dell'inizio
dell'attivita';
b) per gli stabilimenti esistenti, entro un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
c) per gli stabilimenti preesistenti, non soggetti
alle disposizioni del citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 175 del 1988, entro due anni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto;
d) in occasione del riesame periodico di cui al
comma 7, lettere a) e b).
7. Il gestore fermo restando l'obbligo di riesame
biennale di cui all'art. 7, comma 4, deve riesaminare il
rapporto di sicurezza:
a) almeno ogni cinque anni;
b) nei casi previsti dall'art. 10;
c) in qualsiasi altro momento, a richiesta del
Ministero dell'ambiente, eventualmente su segnalazione
della regione interessata, qualora fatti nuovi lo
giustifichino, o in considerazione delle nuove conoscenze
tecniche in materia di sicurezza derivanti dall'analisi
degli incidenti, o, in misura del possibile, dei
semincidenti o dei nuovi sviluppi delle conoscenze nel
campo della valutazione dei pericoli o a seguito di
modifiche legislative o delle modifiche degli allegati
previste all'art. 15, comma 2.
8. Il gestore deve comunicare immediatamente alle
autorita' di cui al comma 6 se il riesame del rapporto di
sicurezza di cui al comma 7 comporti o meno una modifica
dello stesso.
9. Ai fini dell'esercizio della facolta' di cui
all'art. 22, comma 2, il gestore predispone una versione
del rapporto di sicurezza, priva delle informazioni
riservate, da trasmettere alla regione territorialmente
competente ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
10. Il Ministero dell'ambiente, quando il gestore
comprova che determinate sostanze presenti nello
stabilimento o che una qualsiasi parte dello stabilimento
stesso si trovano in condizioni tali da non poter creare
alcun pericolo di incidente rilevante, dispone, in
conformita' ai criteri di cui all'allegato VII, la
limitazione delle informazioni che devono figurare nel
rapporto di sicurezza ala prevenzione dei rimanenti
pericoli di incidenti rilevanti e alla limitazione delle
loro conseguenze per l'uomo e per l'ambiente, dandone
comunicazione alle autorita' destinatarie del rapporto di
sicurezza.
11. Il Ministero dell'ambiente trasmette alla
Commissione europea l'elenco degli stabilimenti di cui al
comma 10 e le motivazioni della limitazione delle
informazioni.».
- Il testo degli articoli 7, 28 e 33 del decreto
legislativo 19 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle
direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e
96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti), e' il
seguente:
«Art. 7 (Definizioni concernenti particolari impianti
nucleari e documenti relativi). - 1. Per l'applicazione del
presente decreto valgono le seguenti definizioni di
particolari impianti nucleari, documenti e termini
relativi:
a) reattore nucleare: ogni apparato destinato ad usi
pacifici progettato od usato per produrre una reazione
nucleare a catena, capace di autosostenersi in condizioni
normali, anche in assenza di sorgenti neutroniche;
b) complesso nucleare sottocritico: ogni apparato
progettato od usato per produrre una reazione nucleare a
catena, incapace di autosostenersi in assenza di sorgenti
di neutroni, in condizioni normali o accidentali;
c) impianto nucleare di potenza: ogni impianto
industriale, dotato di un reattore nucleare, avente per
scopo la utilizzazione dell'energia o delle materie fissili
prodotte a fini industriali;
d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato
di un reattore nucleare in cui l'energia o le materie
fissili prodotte non sono utilizzate a fini industriali;
e) impianto nucleare per il trattamento di
combustibili irradiati: ogni impianto progettato o usato
per trattare materiali contenenti combustibili nucleari
irradiati. Sono esclusi gli impianti costituiti
essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che
contengono meno di 37 TBq (1000 curie) di prodotti di
fissione e quelli a fini industriali che trattano materie
che non presentano un'attivita' di prodotti di fissione
superiore a 9,25 MBq (0,25 millicurie) per grammo di Uranio
235 ed una concentrazione di Plutonio inferiore a 10^«-6»
grammi per grammo di Uranio 235, i quali ultimi sono
considerati aggregati agli impianti di cui alla lettera f);
f) impianto per la preparazione e per la
fabbricazione delle materie fissili speciali e dei
combustibili nucleari: ogni impianto destinato a preparare
o a fabbricare materie fissili speciali e combustibili
nucleari; sono inclusi gli impianti di separazione
isotopica. Sono esclusi gli impianti costituiti
essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che non
contengono piu' di 350 grammi di uranio 235 o di 200 grammi
di Plutonio o Uranio 233 o quantita' totale equivalente;
g) deposito di materie fissili speciali o di
combustibili nucleari: qualsiasi locale che, senza far
parte degli impianti di cui alle lettere precedenti, e'
destinato al deposito di materie fissili speciali o di
combustibili nucleari al solo scopo dell'immagazzinamento
in quantita' totali superiori a 350 grammi di Uranio 235,
oppure 200 grammi di Plutonio o Uranio 233 o quantita'
totale equivalente;
h) rapporto preliminare, rapporto intermedio e
rapporto finale di sicurezza: documenti o serie di
documenti tecnici contenenti le informazioni necessarie per
l'analisi e la valutazione della installazione e
dell'esercizio di un reattore o impianto nucleare, dal
punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione
sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i
pericoli delle radiazioni ionizzanti, e contenenti inoltre
una analisi ed una valutazione di tali pericoli. In
particolare i documenti debbono contenere una trattazione
degli argomenti seguenti:
1) ubicazione e sue caratteristiche fisiche,
meteorologiche, demografiche, agronomiche ed ecologiche;
2) edifici ed eventuali strutture di contenimento;
3) descrizione tecnica dell'impianto nel suo
insieme e nei suoi sistemi componenti ausiliari, inclusa la
strumentazione nucleare e non nucleare, i sistemi di
controllo e i dispositivi di protezione ed i sistemi di
raccolta, allontanamento e smaltimento (trattamento e
scarico) dei rifiuti radioattivi;
4) studio analitico di possibili incidenti
derivanti da mal funzionamento di apparecchiature o da
errori di operazione, e delle conseguenze previste, in
relazione alla sicurezza nucleare e alla protezione
sanitaria;
5) studio analitico delle conseguenze previste, in
relazione alla protezione sanitaria, di scarichi
radioattivi durante le fasi di normale esercizio e in caso
di situazioni accidentali o di emergenza;
6) misure previste ai fini della prevenzione e
protezione antincendio.
Il rapporto e' denominato preliminare se riferito al
progetto di massima; finale, se riferito al progetto
definitivo. Il rapporto intermedio precede il rapporto
finale e contiene le informazioni, l'analisi e la
valutazione di cui sopra e' detto, con ipotesi cautelative
rispetto a quelle del rapporto finale;
i) regolamento di esercizio: documento che specifica
l'organizzazione e le funzioni in condizioni normali ed
eccezionali del personale addetto alla direzione, alla
conduzione e alla manutenzione di un impianto nucleare,
nonche' alle sorveglianze fisica e medica della protezione,
in tutte le fasi, comprese quelle di collaudo, avviamento,
e disattivazione;
l) manuale di operazione: l'insieme delle
disposizioni e procedure operative relative alle varie fasi
di esercizio normale e di manutenzione dell'impianto, nel
suo insieme e nei suoi sistemi componenti, nonche' le
procedure da seguire in condizioni eccezionali;
m) specifica tecnica di prova: documento che descrive
le procedure e le modalita' che debbono essere applicate
per l'esecuzione della prova ed i risultati previsti. Ogni
specifica tecnica di prova, oltre una breve descrizione
della parte di impianto e del macchinario impiegato nella
prova, deve indicare:
1) lo scopo della prova;
2) la procedura della prova;
3) l'elenco dei dati da raccogliere durante la
prova;
4) gli eventuali valori minimi e massimi previsti
delle variabili considerate durante la prova;
n) prescrizione tecnica: l'insieme dei limiti e
condizioni concernenti i dati e i parametri relativi alle
caratteristiche e al funzionamento di un impianto nucleare
nel suo complesso e nei singoli componenti, che hanno
importanza per la sicurezza nucleare e per la protezione
sanitaria;
o) registro di esercizio: documento sul quale si
annotano i particolari delle operazioni effettuate
sull'impianto, i dati rilevati nel corso di tali
operazioni, nonche' ogni altro avvenimento di interesse per
l'esercizio dell'impianto stesso;
p) disattivazione: insieme delle azioni pianificate,
tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto
nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della
cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei
requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori,
della popolazione e dell'ambiente, sino allo smantellamento
finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di
natura radiologica.».
Art. 28 (Impiego di categoria A). - 1. L'impiego di
categoria A e' soggetto a nulla osta preventivo da parte
del Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato di concerto con i Ministeri dell'ambiente,
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della
sanita', sentite l'ANPA e le regioni territorialmente
competenti, in relazione all'ubicazione delle
installazioni, all'idoneita' dei locali, delle strutture di
radioprotezione, delle modalita' di esercizio, delle
attrezzature e della qualificazione del personale addetto,
alle conseguenze di eventuali incidenti nonche' delle
modalita' dell'eventuale allontanamento o smaltimento
nell'ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta
e' inviata dal Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato ai ministeri concertanti, al presidente
della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco,
al prefetto, al comando provinciale dei vigili del fuoco
competenti per territorio e all'ANPA.
2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari
prescrizioni per gli aspetti connessi alla costruzione, per
le prove e per l'esercizio, nonche' per l'eventuale
disattivazione degli impianti.».
Art. 33 (Nulla osta per installazioni di deposito o di
smaltimento di rifiuti radioattivi). - 1. Ferme restando le
disposizioni vigenti in materia di dichiarazione di
compatibilita' ambientale, la costruzione, o comunque la
costituzione, e l'esercizio delle installazioni per il
deposito o lo smaltimento nell'ambiente, nonche' di quelle
per il trattamento e successivo deposito o smaltimento
nell'ambiente, di rifiuti radioattivi provenienti da altre
installazioni, anche proprie, sono soggetti a nulla osta
preventivo del Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, di concerto con i Ministeri
dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale e della sanita', sentite la regione o la provincia
autonoma interessata e l'ANPA.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, d'intesa con i Ministri
dell'ambiente e della sanita' e di concerto con i Ministri
dell'interno e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita l'ANPA, sono stabiliti i livelli di radioattivita'
o di concentrazione ed i tipi di rifiuti per cui si
applicano le disposizioni del presente articolo, nonche' le
disposizioni procedurali per il rilascio del nulla osta, in
relazione alle diverse tipologie di installazione. Nel
decreto puo' essere prevista, in relazione a tali
tipologie, la possibilita' di articolare in fasi distinte,
compresa quella di chiusura, il rilascio del nulla osta
nonche' di stabilire particolari prescrizioni per ogni
fase, ivi incluse le prove e l'esercizio.».



 
Art. 32. Capacita' e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili
dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni

1. Le capacita' ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, e' necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonche' di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, e' necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1, di organizzazione e gestione delle attivita' tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni.
3. Possono altresi' svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle universita', dall'ISPESL, dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche' dai soggetti di cui al punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti e delle specifiche modalita' ivi previste. Ulteriori soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita' di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e universitari e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, individuandolo tra:
a) il personale interno all'unita' scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile;
b) il personale interno ad una unita' scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad operare in una pluralita' di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8, gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di un esperto esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e protezione con un adeguato numero di addetti.



Note all'art. 32:
- Il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato
decreto legislativo 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini e agli effetti
delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo
si intende per:
a)-h)(omissis);
i) «libretto formativo del cittadino»: libretto
personale del lavoratore definito, ai sensi dell'accordo
Stato-regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata
Stato-regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono
registrate le competenze acquisite durante la formazione in
apprendistato, la formazione in contratto di inserimento,
la formazione specialistica e la formazione continua svolta
durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da
soggetti accreditati dalle regioni, nonche' le competenze
acquisite in modo non formale e informale secondo gli
indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purche' riconosciute e certificate;».
Note all'art. 34
- Il testo dell'art. 3 del decreto ministeriale
16 gennaio 1997 (Individuazione dei contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la
sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere
direttamente i compiti propri del responsabile del servizio
di prevenzione e protezione), e' il seguente:
«Art. 3 (Formazione dei datori di lavoro). - I
contenuti della formazione dei datori di lavoro che possono
svolgere direttamente i compiti propri del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione sono i seguenti:
a) il quadro normativo in materia di sicurezza dei
lavoratori e la responsabilita' civile e penale;
b) gli organi di vigilanza e di controlli nei
rapporti con le aziende;
c) la tutela assicurativa, le statistiche ed il
registro degli infortuni;
d) i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori;
e) appalti, lavoro autonomo e sicurezza;
f) la valutazione dei rischi;
g) i principali tipi di rischio e le relative misure
tecniche, organizzative e procedurali di sicurezza;
h) i dispositivi di protezione individuale;
i) la prevenzione incendi ed i piani di emergenza;
l) la prevenzione sanitaria;
m) l'informazione e la formazione dei lavoratori.
La durata minima dei corsi per i datori di lavoro e' di
sedici ore.».
- Il testo dell'art. 95 del citato decreto legislativo
n. 626 del 1994 e' il seguente:
«Art. 95 (Norma transitoria). - 1. In sede di prima
applicazione del presente decreto e comunque non oltre il
31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere
direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai
rischi e' esonerato dalla frequenza del corso di formazione
di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza
degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2,
lettere a), b) e c).».



 
Art. 33.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione

1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrita' degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita' aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione e' utilizzato dal datore di lavoro.
 
Art. 34. Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi

1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di lavoro puo' svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonche' di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva validita' la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto e' riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell'accordo di cui al periodo precedente.
3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e' altresi' tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano frequentato i corsi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
 
Art. 35.
Riunione periodica

1. Nelle aziende e nelle unita' produttive che occupano piu' di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresi' luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori e' facolta' del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che e' a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
 
Art. 36.
Informazione ai lavoratori

1. Il datore di lavoro provvede affinche' ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attivita' della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' affinche' ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita' svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attivita' di protezione e prevenzione adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
 
Art. 37.
Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalita' della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresi', che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni gia' in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede e' definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi.
7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda, un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attivita' di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attivita' di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata minima dei corsi e' di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalita' dell'obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non puo' essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano piu' di 50 lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non puo' comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita' di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Il contenuto del libretto formativo e' considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.



Note all'art. 37:
- Il testo dell'art. 13 del citato decreto legislativo
n. 626 del 1994 e' il seguente:
«Art. 13 (Prevenzione incendi). - 1. Fermo restando
quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro
e della previdenza sociale, in relazione al tipo di
attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori
di rischio, adottano uno o piu' decreti nei quali sono
definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un
incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si
verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli
impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di
prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12,
compresi i requisiti del personale addetto e la sua
formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al
comma 1 e' adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e
della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato.».
- Per il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del
citato decreto legislativo 276 del 2003, si veda nota
all'art. 32.



 
Art. 38.
Titoli e requisiti del medico competente

1. Per svolgere le funzioni di medico competente e' necessario possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d), sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da definire con apposito decreto del Ministero dell'universita' e della ricerca di concerto con il Ministero della salute. I soggetti di cui al precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, svolgano le attivita' di medico competente o dimostrino di avere svolto tali attivita' per almeno un anno nell'arco dei tre anni anteriori all'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni. A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del datore di lavoro comprovante l'espletamento di tale attivita'.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e' altresi' necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma triennale successivo all'entrata in vigore del presente decreto legislativo. I crediti previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina "medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro".
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo sono iscritti nell'elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero della salute.



Note all'art. 38:
- Il testo dell'art. 55 del citato decreto legislativo
n. 277 del 1991 e' il seguente:
«Art. 55 (Esercizio dell'attivita' di medico
competente). - 1. I laureati in medicina e chirurgia che,
pur non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1,
lettera c), alla data di entrata in vigore del presente
decreto abbiano svolto l'attivita' di medico del lavoro per
almeno quattro anni, sono autorizzati ad esercitare la
funzione di medico competente.
2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 e'
subordinato alla presentazione, all'assessorato regionale
alla sanita' territorialmente competente, di apposita
domanda corredata dalla documentazione comprovante lo
svolgimento dell'attivita' di medico del lavoro per almeno
quattro anni.
3. La domanda e' presentata entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
L'assessorato alla sanita' provvede entro novanta giorni
dalla data di ricezione della domanda stessa.».
- Il testo del decreto legislativo 19 giugno 1999, n.
229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre
1998, n. 419), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
16 luglio 1999, n. 165, supplemento ordinario.



 
Art. 39.
Svolgimento dell'attivita' di medico competente

1. L'attivita' di medico competente e' svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH).
2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita' di:
a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata con l'imprenditore;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di medico competente.
4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l'autonomia.
5. Il medico competente puo' avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
6. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive, nei casi di gruppi d'imprese nonche' qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessita', il datore di lavoro puo' nominare piu' medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
 
Art. 40.
Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale

1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali, all'ISPESL.
 
Art. 41
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria e' effettuata dal medico competente: a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee
nonche' dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di
cui all'articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta
dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende: a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui il lavoratore e' destinato al fine
di valutare la sua idoneita' alla mansione specifica; b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione
specifica. La periodicita' di tali accertamenti, qualora non
prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in
una volta l'anno. Tale periodicita' puo' assumere cadenza diversa,
stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del
rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo'
disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria
differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente; c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta
dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue
condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa
dell'attivita' lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio
di idoneita' alla mansione specifica; d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde
verificare l'idoneita' alla mansione specifica; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi
previsti dalla normativa vigente.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate: a) in fase preassuntiva; b) per accertare stati di gravidanza; c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono altresi' finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneita'; b) idoneita' parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o
limitazioni; c) inidoneita' temporanea; d) inidoneita' permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneita' temporanea vanno precisati i limiti temporali di validita'.
8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
9. Avverso i giudizi del medico competente e' ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
 
Art. 42.
Provvedimenti in caso di inidoneita' alla mansione specifica

1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneita' alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonche' la qualifica originaria. Qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si applicano le norme di cui all'articolo 2103 del codice civile, fermo restando quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.



Note all'art. 42:
- Il testo della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per
il diritto al lavoro dei disabili), e' pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 23 marzo 1999, n. 68, supplemento
ordinario.
- Il testo dell'art. 2103 del codice civile, e' il
seguente:
«Art. 2103 (Mansioni del lavoratore). - Il prestatore
di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali e'
stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte,
senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di
assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto
al trattamento corrispondente all'attivita' svolta, e
l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima
non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un
periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non
superiore a tre mesi. Egli non puo' essere trasferito da
una unita' produttiva ad una altra se non per comprovate
ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto
contrario e' nullo.».
- Il testo dell'art. 52 del citato decreto legislativo
n. 165 del 2001 e' il seguente:
«Art. 52 (Disciplina delle mansioni). (Art. 56 del
decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito
dall'art. 25 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 15 del decreto
legislativo n. 387 del 1998). - 1. Il prestatore di lavoro
deve essere adibito alle mansioni per le quali e' stato
assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito
della classificazione professionale prevista dai contratti
collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica
superiore che abbia successivamente acquisito per effetto
dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o
selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non
corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha
effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o
dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di
lavoro puo' essere adibito a mansioni proprie della
qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non
piu' di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano
state avviate le procedure per la copertura dei posti
vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente
assente con diritto alla conservazione del posto, con
esclusione dell'assenza per ferie, per la durata
dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai
fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo
prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e
temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di
effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al
trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora
l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a
vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque
nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il
dipendente e' assegnato alle predette mansioni, devono
essere avviate le procedure per la copertura dei posti
vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e'
nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di
una qualifica superiore, ma al lavoratore e' corrisposta la
differenza di trattamento economico con la qualifica
superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione
risponde personalmente del maggiore onere conseguente, se
ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano
in sede di attuazioni della nuova disciplina degli
ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi
e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi
contratti collettivi possono regolare diversamente gli
effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in
nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto
alla qualifica di appartenenza, puo' comportare il diritto
ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale
del lavoratore.».



 
Art. 43.
Disposizioni generali

1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera t), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da' istruzioni affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non puo' essere evitato, possano cessare la loro attivita', o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinche' qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei rischi specifici dell'azienda o della unita' produttiva secondo i criteri previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unita' produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
 
Art. 44.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato

1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non puo' essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non puo' subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo' subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
 
Art. 45.
Primo soccorso

1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita' e delle dimensioni dell'azienda o della unita' produttiva, sentito il medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, vengono definite le modalita' di applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni.



Note all'art. 45:
- Il testo del decreto ministeriale del 15 luglio 2003,
n. 388 (Regolamento recante disposizioni sul pronto
soccorso aziendale, in attuazione dell'art. 15, comma 3,
del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 3 febbraio 2004, n. 27.



 
Art. 46.
Prevenzione incendi

1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumita' dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o piu' decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attivita' di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della attivita' di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attivita' di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.



Note all'art. 46:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 139,
del 2006, si veda nota all'art. 14.
- Il testo del decreto del Ministro dell'interno del
10 marzo 1998 (Criteri generali di sicurezza antincendio e
per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 aprile 1998, n. 81,
supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 14, comma 2, lettera b), del
citato decreto legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
«Art. 14 (Competenza e attivita). (Articoli 22 e 30,
legge 27 dicembre 1941, n. 1570; art. 2, legge 26 luglio
1965, n. 966; art. 14, decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300; articoli 1, 6 e 8, decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). - 1. (Omissis).
2. Le attivita' di prevenzione incendi di cui al
comma 1 sono in particolare:
a) (omissis);
b) il rilascio del certificato di prevenzione
incendi, di atti di autorizzazione, di benestare tecnico,
di collaudo e di certificazione, comunque denominati,
attestanti la conformita' alla normativa di prevenzione
incendi di attivita' e costruzioni civili, industriali,
artigianali e commerciali e di impianti, prodotti,
apparecchiature e simili;».
- Il testo degli articoli 1, 2 e 13 del citato decreto
legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
« Art. 1 (Struttura e funzioni). (Articoli 1, 3 e 9,
legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 11, legge 24 febbraio
1992, n. 225; art. 14, comma 3, decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300). - 1. Il Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, di seguito denominato: «Corpo nazionale», e' una
struttura dello Stato ad ordinamento civile, incardinata
nel Ministero dell'interno - Dipartimento dei vigili del
fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di
seguito denominato: «Dipartimento», per mezzo della quale
il Ministero dell'interno assicura, anche per la difesa
civile, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione
ed estinzione degli incendi su tutto il territorio
nazionale, nonche' lo svolgimento delle altre attivita'
assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti,
secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo.
2. Il Corpo nazionale e' componente fondamentale del
servizio di protezione civile ai sensi dell'art. 11 della
legge 24 febbraio 1992, n. 225.».
«Art. 2 (Organizzazione centrale e periferica del Corpo
nazionale). (Articoli 10, 11, 12, legge 13 maggio 1961, n.
469; art. 4, comma 4 e art. 15, comma 2, decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300). - 1. L'organizzazione
a livello centrale del Corpo nazionale si articola in
direzioni centrali e in uffici del Dipartimento, secondo
quanto previsto dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300, e successive modificazioni, dall'art. 12 del decreto
legislativo 19 maggio 2000, n. 139, e dall'art. 6 del
decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001,
n. 398.
2. Le strutture periferiche del Corpo nazionale si
articolano nei seguenti uffici:
a) direzioni regionali dei vigili del fuoco del
soccorso pubblico e della difesa civile, di livello
dirigenziale generale, istituite per lo svolgimento in
ambito regionale delle funzioni di cui all'art. 1;
b) comandi provinciali, di livello dirigenziale non
generale, istituiti per l'espletamento in ambito
provinciale delle funzioni di cui all'art. 1;
c) distretti, distaccamenti permanenti e volontari e
posti di vigilanza, istituiti alle dipendenze dei comandi
provinciali;
d) reparti e nuclei speciali, per particolari
attivita' operative che richiedano l'impiego di personale
specificamente preparato, nonche' l'ausilio di mezzi
speciali o di animali.
3. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17,
comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono
determinate l'organizzazione e la disciplina degli uffici
di livello dirigenziale generale di cui al comma 2,
lettera a). Con decreto del Ministro dell'interno di natura
non regolamentare sono istituiti gli uffici di livello
dirigenziale non generale con l'indicazione dei relativi
compiti e gli uffici di cui al comma 2, lettera c) e
lettera d).
4. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui al
comma 3 continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data
di entrata in vigore del presente decreto.».
«Art. 13 (Definizione ed ambito di esplicazione).
(Articoli 1 e 2, legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 1,
comma 7, lettera e), legge 23 agosto 2004, n. 239;
articoli 1, 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577). - 1. La prevenzione incendi e' la
funzione di preminente interesse pubblico diretta a
conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul
territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita
umana, di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e
dell'ambiente attraverso la promozione, lo studio, la
predisposizione e la sperimentazione di norme, misure,
provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad
evitare l'insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso
comunque connessi o a limitarne le conseguenze.
2. Ferma restando la competenza di altre
amministrazioni, enti ed organismi, la prevenzione incendi
si esplica in ogni ambito caratterizzato dall'esposizione
al rischio di incendio e, in ragione della sua rilevanza
interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza nei
luoghi di lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti
rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose,
dell'energia, della protezione da radiazioni ionizzanti,
dei prodotti da costruzione.».



 
Art. 47.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le modalita' di cui al comma 6.
2. In tutte le aziende, o unita' produttive, e' eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure e' individuato per piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo quanto previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante e' eletto dai lavoratori della azienda al loro interno.
5. Il numero, le modalita' di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonche' il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell'ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro della salute, sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalita' di attuazione del presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 2 e' il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unita' produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unita' produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende o unita' produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali aziende il numero dei rappresentanti e' aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o dalla contrattazione collettiva.
8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4, le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
 
Art. 48.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale

1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di cui all'articolo 47, comma 3, esercita le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50 e i termini e con le modalita' ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unita' produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Le modalita' di elezione o designazione del rappresentante di cui al comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali, interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In mancanza dei predetti accordi, le modalita' di elezione o designazione sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le associazioni di cui al presente comma.
3. Tutte le aziende o unita' produttive nel cui ambito non e' stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza partecipano al Fondo di cui all'articolo 52.
4. Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di lavoro nel rispetto delle modalita' e del termine di preavviso individuati dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso non opera in caso di infortunio grave. In tale ultima ipotesi l'accesso avviene previa segnalazione all'organismo paritetico.
5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalita' di cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico o, in sua mancanza, all'organo di vigilanza territorialmente competente.
6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui all'articolo 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale.
7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva secondo un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale.
8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e' incompatibile con l'esercizio di altre funzioni sindacali operative.
 
Art. 49.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo

1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo sono individuati nei seguenti specifici contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza di piu' aziende o cantieri:
a) i porti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorita' portuale nonche' quelli sede di autorita' marittima da individuare con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita' presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti nell'area superiore a 500.
2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo e' individuato, su loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende operanti nel sito produttivo.
3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalita' di individuazione di cui al comma 2, nonche' le modalita' secondo cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le attribuzioni di cui all'articolo 50 in tutte le aziende o cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la sicurezza e realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del medesimo sito.



Note all'art. 49:
- Il testo dell'art. 4, comma 1, lettera b), c) e d)
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e' il seguente:
«Art. 4 (Classificazione dei porti). - 1. I porti
marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie
e classi:
a) (omissis);
b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree
portuali, di rilevanza economica internazionale;
c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree
portuali, di rilevanza economica nazionale;
d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree
portuali, di rilevanza economica regionale e
interregionale;».



 
Art. 50.
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) e' consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unita' produttiva;
c) e' consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attivita' di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) e' consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonche' quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrita' fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorita' competenti, dalle quali e', di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attivita' di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attivita';
o) puo' fare ricorso alle autorita' competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonche' dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facolta' riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non puo' subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attivita' e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalita' per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonche' al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.



Nota all'art. 50:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196
del 2003, si veda nota all'art. 1.



 
Art. 51.
Organismi paritetici

1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al medesimo articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purche' dispongano di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza, sopralluoghi per le finalita' di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al Comitato di cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attivita' svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui all'articolo 48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi degli organi di vigilanza territorialmente competenti.



Note all'art. 51:
- Il testo dell'art. 9 del citato decreto legislativo
n. 165 del 2001, e' il seguente:
«Art. 9 (Partecipazione sindacale). (Art. 10 del
decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito
dall'art. 6 del decreto legislativo n. 80 del 1998). - 1. I
contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti
sindacali e gli istituti della partecipazione anche con
riferimento agli atti interni di organizzazione aventi
riflessi sul rapporto di lavoro.».



 
Art. 52. Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'

1. Presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e' costituito il fondo di sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'. Il fondo opera a favore delle realta' in cui la contrattazione nazionale o integrativa non preveda o costituisca sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticita' migliorativi o, almeno, di pari livello ed ha quali obiettivi il:
a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al cinquanta per cento delle disponibilita' del Fondo, delle attivita' delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali, anche con riferimento alla formazione;
b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie imprese, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile, dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei lavoratori autonomi;
c) sostegno delle attivita' degli organismi paritetici.
2. Il fondo di cui al comma 1 e' finanziato:
a) da un contributo delle aziende di cui all'articolo 48, comma 3, in misura pari a due ore lavorative annue per ogni lavoratore occupato presso l'azienda ovvero l'unita' produttiva;
b) dalle entrate derivanti dall'irrogazione delle sanzioni previste dal presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso a seguito dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente normativa abrogata dal presente decreto nel corso dell'anno 2007, incrementato del 10 per cento;
c) con una quota parte delle risorse di cui all'articolo 9, comma 3;
d) relativamente all'attivita' formative per le piccole e medie imprese di cui al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui all'articolo 11, comma 2.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti le modalita' di funzionamento del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle risorse tra le finalita' di cui al medesimo comma nonche' il relativo procedimento amministrativo e contabile di alimentazione.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale redige una relazione annuale sulla attivita' svolta, da inviare al Fondo.



Note all'art. 52:
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile, e' il
seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli
imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attivita' professionale organizzata prevalentemente con
il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».



 
Art. 53.
Tenuta della documentazione

1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo.
2. Le modalita' di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema di gestione della predetta documentazione devono essere tali da assicurare che:
a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai soggetti a cio' espressamente abilitati dal datore di lavoro;
b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo alle persone responsabili, in funzione della natura dei dati;
c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b) siano univocamente riconducibili alle persone responsabili che le hanno effettuate mediante la memorizzazione di codice identificativo autogenerato dagli stessi;
d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle inerenti alle generalita' e ai dati occupazionali del lavoratore, siano solo aggiuntive a quelle gia' memorizzate;
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le informazioni contenute nei supporti di memoria;
f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti supporti informatici di memoria e siano implementati programmi di protezione e di controllo del sistema da codici virali;
g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura in cui siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per la gestione del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere riportati i codici di accesso.
3. Nel caso in cui le attivita' del datore di lavoro siano articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori funzionali, l'accesso ai dati puo' avvenire mediante reti di comunicazione elettronica, attraverso la trasmissione della password in modalita' criptata e fermo restando quanto previsto al comma 2 relativamente alla immissione e validazione dei dati da parte delle persone responsabili.
4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico, deve essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.
5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo' essere tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le disposizioni relative alla valutazione dei rischi, le modalita' per l'eventuale eliminazione o per la tenuta semplificata della documentazione di cui al periodo che precede sono definite con successivo decreto, adottato, previa consultazione delle parti sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
6. Fino ai sei mesi successivi all'adozione del decreto interministeriale di cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.



Nota all'art. 53:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196
del 2003, si veda nota all'art. 1.



 
Art. 54.
Comunicazioni e trasmissione della documentazione

1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato e con le modalita' indicati dalle strutture riceventi.
 
Art. 55.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

1. E' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:
a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere q) e z), prima parte;
b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), salvo il caso previsto dall'articolo 34;
2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione e' commessa:
a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f);
b) in aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e d), da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da attivita' di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto;
c) per le attivita' disciplinate dal titolo IV caratterizzate dalla compresenza di piu' imprese e la cui entita' presunta di lavoro non sia inferiore a 200 uomini-giorno.
3. E' punito con l'ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore di lavoro che non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), secondo le modalita' di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3, nonche' nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino una o piu' delle indicazioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere c) ed e).
4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 800 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere b), e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e 3, 43, comma 1, lettere a), b) e c);
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro per la violazione degli articoli 18, commi 1, lettere d), h), e v), e 2, 26, comma 1, lettera b), 43, comma 1, lettere d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2;
c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c). Nei casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell'arresto da quattro a otto mesi;
d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2, lettere a) e b), 34, commi 1 e 2;
e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera l), e 43, comma 4;
f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 10.000 euro per non aver provveduto alla nomina di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a);
g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera bb);
h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera u), 29, comma 4, e 35, comma 2;
i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni;
l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento agli infortuni superiori ad un giorno;
m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore, in caso di violazione dell'articolo 26, comma 8;
n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 3.000 in caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera s);
o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera aa).
5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i), esclude l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.



Nota all'art. 55:
- Il testo dell'art. 53 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali), e' il
seguente:
«Art. 53. - Il datore di lavoro e' tenuto a denunciare
all'Istituto assicuratore gli infortuni da cui siano
colpiti i dipendenti prestatori d'opera, e che siano
prognosticati non guaribili entro tre giorni,
indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza
degli estremi di legge per l'indennizzabilita'. La denuncia
dell'infortunio deve essere fatta con le modalita' di cui
all'art. 13 entro due giorni da quello in cui il datore di
lavoro ne ha avuto notizia e deve essere corredata da
certificato medico. Qualora il datore di lavoro effettui la
denuncia di infortunio per via telematica, il certificato
medico deve essere inviato solo su espressa richiesta
dell'Istituto assicuratore nelle ipotesi in cui non sia
stato direttamente inviato dal lavoratore o dal medico
certificatore.
Se si tratta di infortunio che abbia prodotto la morte
o per il quale sia preveduto il pericolo di morte, la
denuncia deve essere fatta per telegrafo entro ventiquattro
ore dall'infortunio.
Qualora l'inabilita' per un infortunio prognosticato
guaribile entro tre giorni si prolunghi al quarto il
termine per la denuncia decorre da quest'ultimo giorno.
La denuncia dell'infortunio ed il certificato medico
debbono indicare, oltre alle generalita' dell'operaio, il
giorno e l'ora in cui e' avvenuto l'infortunio, le cause e
le circostanze di esso, anche in riferimento ad eventuali
deficienze di misure di igiene e di prevenzione, la natura
e la precisa sede anatomica della lesione, il rapporto con
le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti.
La denuncia delle malattie professionali deve essere
trasmessa sempre con le modalita' di cui all'art. 13 dal
datore di lavoro all'Istituto assicuratore, corredata da
certificato medico, entro i cinque giorni successivi a
quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al
datore di lavoro della manifestazione della malattia. Il
certificato medico deve contenere, oltre l'indicazione del
domicilio dell'ammalato e del luogo dove questi si trova
ricoverato, una relazione particolareggiata della
sintomatologia accusata dall'ammalato stesso e di quella
rilevata dal medico certificatore. I medici certificatori
hanno l'obbligo di fornire all'Istituto assicuratore tutte
le notizie che esso reputi necessarie.
Nella denuncia debbono essere, altresi', indicati le
ore lavorate e il salario percepito dal lavoratore
assicurato nei quindici giorni precedenti quello
dell'infortunio o della malattia professionale.
Per gli addetti alla navigazione marittima ed alla
pesca marittima la denuncia deve essere fatta dal capitano
o padrone preposto al comando della nave o del galleggiante
o, in caso di loro impedimento, dall'armatore all'Istituto
assicuratore e all'autorita' portuale o consolare
competente. Quando l'infortunio si verifichi durante la
navigazione, la denuncia deve essere fatta il giorno del
primo approdo dopo l'infortunio. Il certificato medico, che
deve corredare la denuncia di infortunio, deve essere
rilasciato dal medico di bordo o, in mancanza di esso, da
un medico del luogo di primo approdo sia nel territorio
nazionale sia all'estero.
I contravventori alle precedenti disposizioni sono
puniti con la sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire tremilioni.».



 
Art. 56.
Sanzioni per il preposto

1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attivita' alla quale sono tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e),
f); b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
c) con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettera g).
 
Art. 57. Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i fornitori e gli
installatori

1. I progettisti che violano il disposto dell'articolo 22 sono puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 600 a 2.000 euro.
2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto dell'articolo 23 sono puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 15.000 a 45.000 euro.
3. Gli installatori che violano il disposto dell'articolo 24 sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro.
 
Art. 58.
Sanzioni per il medico competente

1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.500 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere d), e) e f);
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere b), c) e g);
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettera l);
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere h), i) e m), e per la violazione dell'articolo 41, comma 5;
e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500 euro per la violazione dell'articolo 40, comma 1.
 
Art. 59.
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro per la violazione dell'articolo 20, comma 2, lettere b), c), d), e), f), g), h) e i);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la violazione dell'articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si applica ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione.
 
Art. 60. Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare, i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle societa' semplici
operanti nel settore agricolo

1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000 euro per la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettere a) e b);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettera c).
 
Art. 61.
Esercizio dei diritti della persona offesa

1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto e' commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne da' immediata notizia all'INAIL ed all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i diritti e le facolta' della persona offesa di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.



Note all'art. 61:
- Il testo degli articoli 91 e 92 del codice di
procedura penale, e' il seguente:
«Art. 91 (Diritti e facolta' degli enti e delle
associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato).
- 1. Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai
quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si
procede, sono state riconosciute, in forza di legge,
finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato, possono
esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i
diritti e le facolta' attribuiti alla persona offesa dal
reato.».
«Art. 92 (Consenso della persona offesa). -
1. L'esercizio dei diritti e delle facolta' spettanti agli
enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi
dal reato e' subordinato al consenso della persona offesa.
2. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da
scrittura privata autenticata e puo' essere prestato a non
piu' di uno degli enti o delle associazioni. Einefficace il
consenso prestato a piu' enti o associazioni.
3. Il consenso puo' essere revocato in qualsiasi
momento con le forme previste dal comma 2.
4. La persona offesa che ha revocato il consenso non
puo' prestarlo successivamente ne' allo stesso ne' ad altro
ente o associazione.».



 
Art. 62.
Definizioni

1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente ai fini dell'applicazione del presente titolo, si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unita' produttiva, nonche' ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unita' produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro;
b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o forestale.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
 
Art. 63.
Requisiti di salute e di sicurezza

1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilita' e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono specificati nel punto 7 dell'allegato IV.
 
Art. 64.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto piu' rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
 
Art. 65.
Locali sotterranei o semisotterranei

1. E' vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza puo' consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.
 
Art. 66.
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento

1. E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrita' fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosita' dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
 
Art. 67.
Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio

1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonche' gli ampliamenti e le ristrutturazioni di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore ed essere notificati all'organo di vigilanza competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti considerati nella valutazione e relativi:
a) alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali modalita' di esecuzione delle stesse;
b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti. L'organo di vigilanza territorialmente competente puo' chiedere ulteriori dati e prescrivere modificazioni in relazione ai dati notificati.
3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di lavoro ove e' prevista la presenza di piu' di tre lavoratori.
4. La notifica di cui al presente articolo e' valida ai fini delle eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.
 
Art. 68.
Sanzioni per il datore di lavoro

1. Il datore di lavoro e' punito:
a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da 4.000 a 16.000 euro per la violazione dell'articolo 66;
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 2.500 euro per la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.
 
Art. 69.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimita' di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro.
 
Art. 70.
Requisiti di sicurezza

1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V.
3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro funzioni ispettive, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, accertino che un'attrezzatura di lavoro messa a disposizione dei lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in servizio ai sensi della direttiva di prodotto, in tutto o in parte, risulta non rispondente a uno o piu' requisiti essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 2, ne informano immediatamente l'autorita' nazionale di sorveglianza del mercato competente per tipo di prodotto. In tale caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:
a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in sede di utilizzo, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore dell'esemplare di attrezzatura oggetto dell'accertamento, mediante apposita prescrizione a rimuovere la situazione di rischio determinata dalla mancata rispondenza ad uno o piu' requisiti essenziali di sicurezza;
b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente, nei confronti del fabbricante e dei soggetti della catena della distribuzione, alla conclusione dell'accertamento tecnico effettuato dall'autorita' nazionale per la sorveglianza del mercato.



Note all'art. 70:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, abrogato dal presente decreto, recava: «Norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro».
- Il testo dell'art. 28 del citato decreto legislativo
n. 626 del 1994, e' il seguente:
«Art. 28 (Adeguamenti al progresso tecnico). - 1. Con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri della sanita' e dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente:
a) e' riconosciuta la conformita' alle vigenti norme
per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si da' attuazione alle direttive in materia di
sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della
Comunita' europea per le parti in cui modificano modalita'
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre
direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di
natura strettamente tecnica e degli allegati al presente
decreto in relazione al progresso tecnologico.».
- Il testo degli articoli 20 e 21 del citato decreto
legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare
la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza,
nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui
all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di
tempo tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile
a richiesta del contravventore, per la particolare
complessita' o per l'oggettiva difficolta'
dell'adempimento. In nessun caso esso puo' superare i sei
mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non
imputabili al contravventore determinano un ritardo nella
regolarizzazione, il termine di sei mesi puo' essere
prorogato per una sola volta, a richiesta del
contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei
mesi, con provvedimento motivato che e' comunicato
immediatamente al pubblico ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata
anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al
servizio del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo'
imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo
per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il
lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di
riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente
alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di
procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non
oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato
nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la
violazione e' stata eliminata secondo le modalita' e nel
termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento
alla prescrizione, nonche' l'eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ne da' comunicazione al pubblico
ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione.».



 
Art. 71.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature gia' in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformita' alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso e' previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalita' di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilita' particolari in relazione ai loro rischi
specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie
affinche': a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e specifica;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro provvede affinche':
1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova localita' di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;
2) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. a controlli periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2. a controlli straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattivita';
c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unita' produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche periodiche, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche e' effettuata dall'ISPESL e le successive dalle ASL. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
13. Le modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.



Note all'art. 71:
- Il testo dell'art. 1, comma 2 del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1996, n. 459 (Regolamento per
l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE,
93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle macchine), e'
il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione e definizioni). -
1. (Omissis).
2. Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a) macchina:
1) un insieme di pezzi o di organi, di cui almeno
uno mobile, collegati tra loro, anche mediante attuatori,
con circuiti di comando e di potenza o altri sistemi di
collegamento, connessi solidalmente per una applicazione
ben determinata, segnatamente per la trasformazione, il
trattamento, lo spostamento o il condizionamento di
materiali;
2) un insieme di macchine e di apparecchi che, per
raggiungere un risultato determinato, sono disposti e
comandati in modo da avere un funzionamento solidale;
3) un'attrezzatura intercambiabile che modifica la
funzione di una macchina, commercializzata per essere
montata su una macchina o su una serie di macchine diverse
o su un trattore dall'operatore stesso, nei limiti in cui
tale attrezzatura non sia un pezzo di ricambio o un
utensile;
b) componente di sicurezza:
un componente, purche' non sia un'attrezzatura
intercambiabile, che il costruttore o il suo mandatario
stabilito nell'Unione europea immette sul mercato allo
scopo di assicurare, con la sua utilizzazione, una funzione
di sicurezza e il cui guasto o cattivo funzionamento
pregiudica la sicurezza o la salute delle persone esposte.
3. Si intende per immissione sul mercato la prima messa
a disposizione sul mercato dell'Unione europea, a titolo
oneroso o gratuito, di una macchina o di un componente di
sicurezza per la sua distribuzione o impiego. Si
considerano altresi' immessi sul mercato la macchina o il
componente di sicurezza messi a disposizione dopo aver
subito modifiche costruttive non rientranti nella ordinaria
o straordinaria manutenzione.
4. Si intende per messa in servizio:
a) la prima utilizzazione della macchina o del
componente di sicurezza sul territorio dell'Unione europea;
b) l'utilizzazione della macchina o del componente di
sicurezza costruiti sulla base della legislazione
precedente e gia' in servizio alla data di entrata in
vigore del presente regolamento, qualora siano stati
assoggettati a variazioni delle modalita' di utilizzo non
previste direttamente dal costruttore.
5. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente
regolamento:
a) le macchine la cui unica fonte di energia sia
quella prodotta dalla forza umana direttamente applicata,
ad eccezione delle macchine per il sollevamento di carichi
ovvero di persone;
b) le macchine per uso medico destinate all'impiego
diretto sul paziente;
c) le attrezzature specifiche per i parchi di
divertimento;
d) le caldaie a vapore e i recipienti a pressione;
e) le macchine specificamente progettate o destinate
ad uso nucleare che, se difettose, possono provocare
emissioni di radioattivita';
f) le fonti radioattive incorporate in una macchina;
g) le armi da fuoco;
h) i serbatoi di immagazzinamento e le condutture per
il trasporto di benzina, gasolio per autotrazione, liquidi
infiammabili e sostanze pericolose;
i) i mezzi di trasporto aerei, stradali, ferroviari o
per via d'acqua destinati unicamente al trasporto di
persone e quelli destinati al trasporto delle merci per la
sola parte inerente la funzione del trasporto. Non sono
esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento
i veicoli destinati all'industria estrattiva;
l) le navi e le unita' mobili offshore, nonche' le
attrezzature destinate ad essere utilizzate a bordo di tali
navi o unita';
m) gli impianti a fune, comprese le funicolari, per
il trasporto pubblico o non pubblico di persone;
n) i trattori agricoli e forestali quali definiti al
paragrafo 1 dell'art. 1 della direttiva 74/150/CEE,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative all'omologazione dei trattori
agricoli o forestali a ruote, modificata da ultimo dalla
direttiva 86/297/CEE;
o) le macchine appositamente progettate e costruite a
fini militari o di mantenimento dell'ordine;
p) gli ascensori che collegano in modo permanente
piani definiti di edifici e costruzioni mediante una cabina
che si sposta lungo guide rigide la cui inclinazione
sull'orizzontale e' superiore a 15 gradi, destinata al
trasporto:
1) di persone;
2) di persone e cose;
3) soltanto di cose se la cabina e' accessibile,
ossia se una persona puo' penetrarvi senza difficolta', e
attrezzata con elementi di comando situati al suo interno o
alla portata di una persona che si trovi al suo interno;
q) i mezzi destinati al trasporto di persone che
utilizzano veicoli a cremagliera;
r) gli ascensori utilizzati nei pozzi delle miniere;
s) gli elevatori di scenotecnica;
t) gli ascensori da cantiere per il trasporto di
persone o di persone e materiale.
6. Ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n.
183, con decreto del Ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, sono adottate le modifiche del
presente regolamento concernenti modalita' esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico.».



 
Art. 72.
Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso

1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria attrezzature di lavoro di cui all'articolo 70, comma 2, deve attestare, sotto la propria responsabilita', che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di lavoro attrezzature di lavoro senza conduttore deve, al momento della cessione, attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza. Dovra' altresi' acquisire e conservare agli atti per tutta la durata del noleggio o della concessione dell'attrezzatura una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle disposizioni del presente titolo.
 
Art. 73.
Informazione e formazione

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro provvede, affinche' per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonche' sui cambiamenti di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilita' particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano una formazione adeguata e specifica, tale da consentirne l'utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali e' richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonche' le modalita' per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' della formazione.
 
Art. 74.
Definizioni

1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato "DPI", qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o piu' rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonche' ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
 
Art. 75.
Obbligo di uso

1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
 
Art. 76.
Requisiti dei DPI

1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per se' un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessita'.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di piu' DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.



Note all'art. 76:
- Il testo del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
475 (Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio
del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di
protezione individuale e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 9 dicembre 1992, n. 289, supplemento ordinario.



 
Art. 77.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche' questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite dal fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere
usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione
di: a) entita' del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai requisiti previsti dall'articolo 76.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di piu' persone, prende misure adeguate affinche' tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unita' produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine dell'utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;
h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento e' indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.



Nota all'art. 77:
- Per il testo del decreto legislativo n. 475 del 1992,
si veda nota all'art. 76.



 
Art. 78.
Obblighi dei lavoratori

1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
 
Art. 79.
Criteri per l'individuazione e l'uso

1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77, commi 1 e 4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo conto della natura, dell'attivita' e dei fattori specifici di rischio sono indicati:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorita' delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
 
Art. 80.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e manutenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con l'adozione delle misure di cui al comma 1.
 
Art. 81.
Requisiti di sicurezza

1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche' le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere progettati, realizzati e costruiti a regola d'arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti di cui al comma precedente, si considerano costruiti a regola d'arte se sono realizzati secondo le norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere predisposte tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
 
Art. 82.
Lavori sotto tensione

1. E' vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica secondo la migliore scienza ed esperienza, nonche' quando i lavori sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V in corrente continua:
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attivita' secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica;
2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V in corrente continua purche':
1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende autorizzate con specifico provvedimento dei competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ad operare sotto tensione;
2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione e' affidata a lavoratori abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attivita';
3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende gia' autorizzate ai sensi della legislazione vigente.
 
Art. 83.
Lavori in prossimita' di parti attive

1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimita' di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, o che per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1 dell'allegato IX, salvo che vengano adottate disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.
 
Art. 84.
Protezioni dai fulmini

1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di buona tecnica.
 
Art. 85.
Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature

1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli determinati dall'innesco elettrico di atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di materiali esplosivi.
2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano utilizzando le specifiche disposizioni di cui al presente decreto legislativo e le pertinenti norme di buona tecnica di cui all'allegato IX.
 
Art. 86.
Verifiche

1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede affinche' gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute vengono stabilite, sulla base delle disposizioni vigenti, le modalita' ed i criteri per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 1.
3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell'autorita' di vigilanza.



Note all'art. 86:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
22 ottobre 2001, n. 462 (Regolamento di semplificazione del
procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi
di protezione contro le scariche atmosferiche, di
dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di
impianti elettrici pericolosi), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2002, n. 6.



 
Art. 87.
Sanzioni a carico del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 1 e dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2, 5.13.8 e 5.13.9 dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
2. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8, 3.1.11, 3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1, 5.15.2, 5.16.2, 5.16. 4, dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6, 2.11, 3.1.3, 3.1.4, 3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
3. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti diversi da quelli indicati alle lettere a) e b) dell'allegato V, parte II, e dell'allegato VI;
b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
d) dell'articolo 86, comma 3.
 
Art. 88.
Campo di applicazione

1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonche' i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;
e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e
nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello
Stato; f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attivita' svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche' tali attivita' non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
 
Art. 89.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato: "cantiere": qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco e' riportato nell'allegato X.
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente e' il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione dell'opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell'opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori e' il responsabile unico del procedimento;
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attivita' professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92, che non puo' essere il datore di lavoro delle imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;
g) uomini-giorno: entita' presunta del cantiere rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, puo' avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;
l) idoneita' tecnico-professionale: possesso di capacita' organizzative, nonche' disponibilita' di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell'opera.



Nota all'art. 89:
- Per il testo del decreto legislativo n. 163 del 2006,
si veda nota all'art. 26.



 
Art. 90.
Obblighi del committente o del responsabile dei lavori

1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 15. Al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
3. Nei cantieri in cui e' prevista la presenza di piu' imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98.
5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o piu' imprese.
6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facolta' di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.
8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facolta' di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4.
9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa:
a) verifica l'idoneita' tecnico-professionale dell'impresa affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalita' di cui all'allegato XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarita' contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonche' una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del documento unico di regolarita' contributiva e dell'autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;
c) trasmette all'amministrazione competente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attivita', il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione di cui alle lettere a) e b). L'obbligo di cui al periodo che precede sussiste anche in caso di lavori eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con proprio personale dipendente senza ricorso all'appalto. In assenza del documento unico di regolarita' contributiva, anche in caso di variazione dell'impresa esecutrice dei lavori, l'efficacia del titolo abilitativo e' sospesa.
10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all'articolo 99, quando prevista, e' sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L'organo di vigilanza comunica l'inadempienza all'amministrazione concedente.
11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si applica in ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.
 
Art. 91.
Obblighi del coordinatore per la progettazione

1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione:
a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell'allegato XV;
b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti all'allegato XVI, contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26 maggio 1993. Il fascicolo non e' predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), e' preso in considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.



Note all'art. 91:
- Il testo dell'art. 3, comma 1, lettera a) del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
(testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia. (Testo A), e' il seguente:
«Art. 3 (Definizioni degli interventi edilizi). (Legge
5 agosto 1978, n. 457, art. 31). - 1. Ai fini del presente
testo unico si intendono per:
a) «interventi di manutenzione ordinaria», gli
interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione,
rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e
quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza
gli impianti tecnologici esistenti;».



 
Art. 92.
Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori

1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneita' del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e il fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attivita' nonche' la loro reciproca informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione da' comunicazione dell'inadempienza alla azienda unita' sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
 
Art. 93.
Responsabilita' dei committenti e dei responsabili dei lavori

1. Il committente e' esonerato dalle responsabilita' connesse all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento dell'incarico al responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilita' connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori dalle responsabilita' connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) e d).
 
Art. 94.
Obblighi dei lavoratori autonomi

1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attivita' nei cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.
 
Art. 95.
Misure generali di tutela

1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l'esecuzione dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui all'articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrita';
b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze pericolose;
f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;
g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
h) le interazioni con le attivita' che avvengono sul luogo, all'interno o in prossimita' del cantiere.
 
Art. 96.
Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalita' chiaramente visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1, lettera h).
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo 18, comma 1, lettera z), e all'articolo 26, commi 1, lettera b), e 3.
 
Art. 97.
Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria

1. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria vigila sulla sicurezza dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
2. Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro dell'impresa affidataria. Per la verifica dell'idoneita' tecnico professionale si fa riferimento alle modalita' di cui all'allegato XVII.
3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve, inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.
 
Art. 98. Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del
coordinatore per l'esecuzione dei lavori

1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi: LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica conseguita nelle seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca in data 5 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero laurea conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto ministeriale in data 4 agosto 2000, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attivita' lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresi', in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dai rispettivi ordini o collegi professionali, dalle universita', dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
3. I contenuti, le modalita' e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV.
4. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che, non piu' in servizio, abbiano svolto attivita' tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita' di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario con i medesimi contenuti minimi. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.
 
Art. 99.
Notifica preliminare

1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei lavori, trasmette all'azienda unita' sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente all'allegato XII, nonche' gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:
a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in corso d'opera;
c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entita' presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.
2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di vigilanza territorialmente competente.
3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni in attuazione dell'articolo 51 possono chiedere copia dei dati relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.
 
Art. 100.
Piano di sicurezza e di coordinamento

1. Il piano e' costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessita' dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all'allegato XI, nonche' la stima dei costi di cui al punto 4 dell'allegato XV. Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) e' corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull'organizzazione del cantiere e, ove la particolarita' dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l'indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti all'allegato XV.
2. Il piano di sicurezza e coordinamento e' parte integrante del contratto di appalto.
3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel piano operativo di sicurezza.
4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori.
5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facolta' di presentare al coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamento dei prezzi pattuiti.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata e' necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.
 
Art. 101.
Obblighi di trasmissione

1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.
2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi.
3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all'impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione. I lavori hanno inizio dopo l'esito positivo delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni dall'avvenuta ricezione.
 
Art. 102.
Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza

1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli fornisce eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha facolta' di formulare proposte al riguardo.
 
Art. 103.
Modalita' di previsione dei livelli di emissione sonora

1. L'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti puo' essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validita' e' riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, riportando la fonte documentale cui si e' fatto riferimento.
 
Art. 104.
Modalita' attuative di particolari obblighi

1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai duecento giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto dall'articolo 102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di cui all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai 200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli gia' visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, e' sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all'anno l'ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.
3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione nazionale di categoria.
4. I datori di lavoro, quando e' previsto nei contratti di affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera b).
 
Art. 105.
Attivita' soggette

1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita' che, da chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati o autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme del presente capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente capo e ad in ogni altra attivita' lavorativa.
 
Art. 106.
Attivita' escluse

1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e
nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello
Stato;
c) ai lavori svolti in mare.
 
Art. 107.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende per lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
 
Art. 108.
Viabilita' nei cantieri

1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la viabilita' delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1 dell'allegato XVIII.
 
Art. 109.
Recinzione del cantiere

1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni.
 
Art. 110.
Luoghi di transito

1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e simili deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di misure o cautele adeguate.
 
Art. 111. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in
quota

1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita' ai seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro dispone affinche' sia vietato assumere e somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti ai lavori in quota.
 
Art. 112.
Idoneita' delle opere provvisionali

1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono essere conservate in efficienza per la intera durata del lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti piu' idonei ai sensi dell'allegato XIX.
 
Art. 113.
S c a l e

1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.
2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi piu' di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala e' fissata. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficolta' costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi; nelle scale lunghe piu' di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio. E' vietato l'uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono inoltre essere provviste di:
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremita' inferiori dei due montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremita' superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilita' della scala.
4. Per le scale provviste alle estremita' superiori di dispositivi di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le scale a mano usate per l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle impalcature non devono essere poste l'una in prosecuzione dell'altra. Le scale che servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono sistemate verso la parte esterna del ponte, devono essere provviste sul lato esterno di un corrimano parapetto.
5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.
6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di accedervi.
7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.
8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o piu' elementi innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:
a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15 metri, salvo particolari esigenze, nel qual caso le estremita' superiori dei montanti devono essere assicurate a parti fisse;
b) le scale in opera lunghe piu' di 8 metri devono essere munite di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;
c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo spostamento laterale;
d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza della scala.
9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che impedisca l'apertura della scala oltre il limite prestabilito di sicurezza.
10. E' ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato XX.
 
Art. 114.
Protezione dei posti di lavoro

1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati calcestruzzi e malte o eseguite altre operazioni a carattere continuativo il posto di lavoro deve essere protetto da un solido impalcato sovrastante, contro la caduta di materiali.
2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere delimitato con barriera per impedire la permanenza ed il transito sotto i carichi.
3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come quelli di spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili, devono essere predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia delle persone direttamente addette a tali lavori sia di coloro che sostano o transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per i lavori di normale adattamento di pietrame nella costruzione di muratura comune.
 
Art. 115.
Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto

1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva come previsto all'articolo 111, comma 1, lettera a), e' necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l'uso specifico, deve permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di dissipatore di energia a 4 metri.
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.
 
Art. 116. Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di
accesso e di posizionamento mediante funi

1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l'accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e l'altra con funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di sicurezza. E' ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso e se sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti. La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio di compatibilita' ai criteri di cui all'articolo 111, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
 
Art. 117.
Lavori in prossimita' di parti attive

1. Quando occorre effettuare lavori in prossimita' di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette o che per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette, ferme restando le norme di buona tecnica, si deve rispettare almeno una delle seguenti precauzioni:
a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per tutta la durata dei lavori;
b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l'avvicinamento alle parti attive;
c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi di sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di sicurezza.
2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano avvenire contatti diretti o scariche pericolose per le persone tenendo conto del tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle tensioni presenti.
 
Art. 118.
Splateamento e sbancamento

1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza l'impiego di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera l'altezza di m 1,50, e' vietato il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento della parete.
2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del terreno.
3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio del fronte di attacco.
4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo.
5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilita' del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve essere almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili col proseguire dello scavo.
 
Art. 119.
Pozzi, scavi e cunicoli

1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi piu' di m 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilita', anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere, man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle necessarie armature di sostegno.
2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi degli scavi di almeno 30 centimetri.
3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature per evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature devono essere applicate man mano che procede il lavoro di avanzamento; la loro rimozione puo' essere effettuata in relazione al progredire del rivestimento in muratura.
4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o indebolite dagli scavi.
5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate misure e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno producano lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i lavoratori.
6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve essere disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed all'asportazione del materiale scavato, un robusto impalcato con apertura per il passaggio della benna.
7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza all'esterno e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.
 
Art. 120.
Deposito di materiali in prossimita' degli scavi

1. E' vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.
 
Art. 121.
Presenza di gas negli scavi

1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilita' dell'aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.
3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di sicurezza e sempreche' sia assicurata una efficace e continua aerazione.
4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad incendiare il gas.
5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell'esecuzione dei lavori.
 
Art. 122.
Ponteggi ed opere provvisionali

1. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente al punto 2 dell'allegato XVIII.
 
Art. 123.
Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali

1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.
 
Art. 124.
Deposito di materiali sulle impalcature

1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere e' vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed attrezzi necessari ai lavori.
2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a quello che e' consentito dalla resistenza strutturale del ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le manovre necessarie per l'andamento del lavoro.
 
Art. 125.
Disposizione dei montanti

1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un metro; devono altresi' essere verticali o leggermente inclinati verso la costruzione.
2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi montanti singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza superiore, soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere ad elementi singoli.
3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla base di appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento in senso verticale ed orizzontale.
4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri 1,20 l'ultimo impalcato o il piano di gronda.
5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere superiore a m 3,60; puo' essere consentita una maggiore distanza quando cio' sia richiesto da evidenti motivi di esercizio del cantiere, purche', in tale caso, la sicurezza del ponteggio risulti da un progetto redatto da un ingegnere o architetto corredato dai relativi calcoli di stabilita'.
6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.
 
Art. 126.
Parapetti

1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie, che siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di conservazione.
 
Art. 127.
Ponti a sbalzo

1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purche' la loro costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca la solidita' e la stabilita'.
 
Art. 128.
Sottoponti

1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m 2,50.
2. La costruzione del sottoponte puo' essere omessa per i ponti sospesi, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque giorni.
 
Art. 129.
Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio

1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle casseforme per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.
2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della successiva soletta o della trave perimetrale, non devono essere lasciate sporgere dal filo del fabbricato piu' di 40 centimetri per l'affrancamento della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto ponte puo' servire l'impalcato o ponte a sbalzo costruito in corrispondenza al piano sottostante.
3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve essere sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la caduta di materiali dall'alto. Tale protezione puo' essere sostituita con una chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio, qualora presenti le stesse garanzie di sicurezza, o con la segregazione dell'area sottostante.
 
Art. 130.
Andatoie e passerelle

1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando siano destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere maggiore del 50 per cento.
2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di riposo ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo di un uomo carico.
 
Art. 131.
Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego

1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme della presente sezione.
2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al Ministero del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione alla costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.
3. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in aggiunta all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio gia' autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti alla norma UNI EN 74.
4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di buona tecnica.
5. L'autorizzazione e' soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.
6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g) dell'articolo 132.
7. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si avvale anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a campione presso le sedi di produzione.
 
Art. 132.
Relazione tecnica

1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:
a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.
 
Art. 133.
Progetto

1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego, nonche' le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non, oppure di notevole importanza e complessita' in rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un progetto comprendente:
a) calcolo di resistenza e stabilita' eseguito secondo le istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.
2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.
3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.
 
Art. 134.
Documentazione

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.
 
Art. 135.
Marchio del fabbricante

1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio del fabbricante.
 
Art. 136.
Montaggio e smontaggio

1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessita' del ponteggio scelto, con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano puo' assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed e' messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
2. Nel serraggio di piu' aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno puo' fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e' impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacita' portante sufficiente;
c) il ponteggio e' stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.
8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
 
Art. 137.
Manutenzione e revisione

1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve assicurarsi della verticalita' dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.
2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.
 
Art. 138.
Norme particolari

1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in modo che non possano scivolare sui traversi metallici.
2. E' consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio dalla muratura non superiore a 30 centimetri.
3. E' fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del ponteggio.
4. E' fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono ammesse deroghe:
a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma 4, a condizione che l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro l'ultimo impalcato o il piano di gronda;
b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che l'altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm rispetto al piano di calpestio;
c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che l'altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm rispetto al piano di calpestio;
d) alla disposizione di cui all'articolo 128, comma 1, nel caso di ponteggi di cui all'articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano specifici schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.
 
Art. 139.
Ponti su cavalletti

1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore a metri 2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.
 
Art. 140.
Ponti su ruote a torre

1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere, con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento e in modo che non possano essere ribaltati.
2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con tavoloni o altro mezzo equivalente.
3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate con cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.
4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno ogni due piani; e' ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote a torre conformi all'allegato XXIII.
5. La verticalita' dei ponti su ruote deve essere controllata con livello o con pendolino.
6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano lavoratori o carichi.
 
Art. 141.
Strutture speciali

1. Durante la costruzione o il consolidamento di cornicioni di gronda e di opere sporgenti dai muri, devono essere adottate precauzioni per impedirne la caduta, ponendo armature provvisorie atte a sostenerle fino a che la stabilita' dell'opera sia completamente assicurata.
 
Art. 142.
Costruzioni di archi, volte e simili

1. Le armature provvisorie per la esecuzione di manufatti, quali archi, volte, architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi altra opera sporgente dal muro, in cemento armato o in muratura di ogni genere, devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni fase del lavoro, la necessaria solidita' e con modalita' tali da consentire, a getto o costruzione ultimata, il loro progressivo abbassamento e disarmo.
2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti ad arco, per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino negli schemi di uso corrente, devono essere eseguite su progetto redatto da un ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli di stabilita'.
3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al comma precedente, devono essere esibiti sul posto di lavoro a richiesta degli organi di vigilanza.
 
Art. 143.
Posa delle armature e delle centine

1. Prima della posa delle armature e delle centine di sostegno delle opere di cui all'articolo precedente, e' fatto obbligo di assicurarsi della resistenza del terreno o delle strutture sulle quali esse debbono poggiare, in modo da prevenire cedimenti delle armature stesse o delle strutture sottostanti, con particolare riguardo a possibili degradazioni per presenza d'acqua.
 
Art. 144.
Resistenza delle armature

1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali, nonche' le sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a vibrazioni durante l'esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla spinta del vento e dell'acqua.
2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere opportunamente distribuito.
 
Art. 145.
Disarmo delle armature

1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2 dell'articolo 142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste sotto la diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre dopo che il direttore dei lavori ne abbia data l'autorizzazione.
2. E' fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura di sostegno quando sulle strutture insistano carichi accidentali e temporanei.
3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo devono essere adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio.
 
Art. 146.
Difesa delle aperture

1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali o di persone, un lato del parapetto puo' essere costituito da una barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo necessario al passaggio.
3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondita' superiore a m 0,50 devono essere munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone.
 
Art. 147.
Scale in muratura

1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in costruzione, fino alla posa in opera delle ringhiere, devono essere tenuti parapetti normali con tavole fermapiede fissati rigidamente a strutture resistenti.
2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta impalcatura posta all'altezza del pavimento del primo piano a difesa delle persone transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.
3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti di gradini, qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono essere fissati intavolati larghi almeno 60 centimetri, sui quali devono essere applicati trasversalmente listelli di legno posti a distanza non superiore a 40 centimetri.
 
Art. 148.
Lavori speciali

1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumita' delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta.
 
Art. 149.
Paratoie e cassoni

1. Paratoie e cassoni devono essere:
a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati di resistenza sufficiente;
b) provvisti dell'attrezzatura adeguata per consentire ai lavoratori di ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.
2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo smantellamento di una paratoia o di un cassone devono essere effettuati soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.
3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano ispezionati ad intervalli regolari.
 
Art. 150.
Rafforzamento delle strutture

1. Prima dell'inizio di lavori di demolizione e' fatto obbligo di procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di stabilita' delle varie strutture da demolire.
2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere eseguite le opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad evitare che, durante la demolizione, si verifichino crolli intempestivi.
 
Art. 151.
Ordine delle demolizioni

1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti in maniera da non pregiudicare la stabilita' delle strutture portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza.
 
Art. 152.
Misure di sicurezza

1. La demolizione dei muri effettuata con attrez-zature manuali deve essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti dall'opera in demolizione.
2. E' vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri in demolizione.
3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.
 
Art. 153.
Convogliamento del materiale di demolizione

1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto, ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri dal livello del piano di raccolta.
2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni tronco imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono essere adeguatamente rinforzati.
3. L'imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in modo che non possano cadervi accidentalmente persone.
4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta.
 
Art. 154.
Sbarramento della zona di demolizione

1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la sosta ed il transito, delimitando la zona stessa con appositi sbarramenti.
2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento ed il trasporto del materiale accumulato deve essere consentito soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.
 
Art. 155.
Demolizione per rovesciamento

1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e locali, la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul terreno non superiore a 5 metri puo' essere effettuata mediante rovesciamento per trazione o per spinta.
2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale e senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di struttura opportunamente isolati dal resto del fabbricato in demolizione in modo da non determinare crolli intempestivi o non previsti di altre parti.
3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una volta e mezzo l'altezza del muro o della struttura da abbattere e allontanamento degli operai dalla zona interessata.
4. Il rovesciamento per spinta puo' essere effettuato con martinetti solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con l'ausilio di puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi smossi.
5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del terreno in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere adiacenti pericolose per i lavoratori addetti.
 
Art. 156.
Verifiche

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente, puo' stabilire l'obbligo di sottoporre a verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni, stabilendo le modalita' e l'organo tecnico incaricato.
 
Art. 157.
Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori

1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 90, commi 1, secondo periodo, 3, 4 e 5;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera a);
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600 euro per la violazione dell'articolo 101, comma 1, primo periodo;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera c).
 
Art. 158.
Sanzioni per i coordinatori

1. Il coordinatore per la progettazione e' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione dell'articolo 91, comma 1.
2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e' punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettere a), b), c), e) ed f), e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 8.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettera d).
 
Art. 159.
Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettere a), b), c) e g), 97, comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121, 126, 128, comma 1, 145, commi 1 e 2, 148;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a 5.000 euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125, commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151, comma 1, 152, comma 1, 154;
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97, comma 3, nonche' per la violazione delle disposizioni del capo II del presente titolo non altrimenti sanzionate;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600 euro per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e 3.
2. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100, comma 3, 121, 136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3 e 6, 152, comma 2.
 
Art. 160.
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 100, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione dell'articolo 94.
2. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 150 a 600 euro per la violazione degli articoli 124, 138, commi 3 e 4, 152, comma 2.
 
Art. 161.
Campo di applicazione

1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo ed aereo.
 
Art. 162.
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attivita' o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;
b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o pericolo;
d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;
f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilita' e' garantita da una illuminazione di intensita' sufficiente;
h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari;
i) colore di sicurezza: un colore al quale e' assegnato un significato determinato;
l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa;
m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che e' illuminato dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa;
n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale;
o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.
 
Art. 163.
Obblighi del datore di lavoro

1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformita' all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli allegati da XXIV a XXXII.
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unita' produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'allegato XXVIII.
 
Art. 164.
Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unita' produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonche' i comportamenti generali e specifici da seguire.
 
Art. 165.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
 
Art. 166.
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione dell'articolo 163;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 150 a 600 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
 
Art. 167.
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita' lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.
2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o piu' lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.
 
Art. 168.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessita' di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attivita' comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalita' del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si puo' fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.
 
Art. 169.
Informazione, formazione e addestramento

1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi lavorativi ed alle modalita' di corretta esecuzione delle attivita'.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l'addestramento adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei carichi.
 
Art. 170.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2, 169, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
 
Art. 171.
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
 
Art. 172.
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita' lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
 
Art. 173.
Definizioni

1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unita' a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonche' l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
 
Art. 174.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui all'articolo 173, in conformita' ai requisiti minimi di cui all'allegato XXXIV.
 
Art. 175.
Svolgimento quotidiano del lavoro

1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua attivita' mediante pause ovvero cambiamento di attivita'.
2. Le modalita' di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalita' e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessita'.
5. E' comunque esclusa la cumulabilita' delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa e' considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non e' riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
 
Art. 176.
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicita' delle visite di controllo e' biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di eta'; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneita' temporanea il medico competente stabilisce il termine per la successiva visita di idoneita'.
5. Il lavoratore e' sottoposto a visita di controllo per i rischi di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalita' previste all'articolo 41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attivita' svolta, quando l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessita' e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
 
Art. 177.
Informazione e formazione

1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall'articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalita' di svolgimento dell'attivita';
3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).
 
Art. 178.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 177, comma 1, lettera a).
 
Art. 179.
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).
 
Art. 180.
Definizioni e campo di applicazione

1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le attivita' comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle comportanti esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e' disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e sue successive modificazioni.



Nota all'art. 180:
- Il testo del citato decreto legislativo n. 230 del
1995, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 giugno
1995, n. 136, supplemento ordinario.



 
Art. 181.
Valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici e' programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi e' aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi e' riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa puo' includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entita' dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi piu' dettagliata.
 
Art. 182.
Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi

1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita' di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione contenuti nel presente decreto.
2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III, IV e V. Allorche', nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.
 
Art. 183.
Lavoratori particolarmente sensibili

1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all'articolo 182 alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.
 
Art. 184.
Informazione e formazione dei lavoratori

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori esposti a rischi derivanti da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) all'entita' e al significato dei valori limite di esposizione e dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche' ai potenziali rischi associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalita' per individuare e segnalare gli effetti negativi dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie all'uso.
 
Art. 185.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui all'articolo 41, ed e' effettuata dal medico competente nelle modalita' e nei casi previsti ai rispettivi capi del presente titolo sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un lavoratore un'alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai rischi lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.
 
Art. 186.
Cartella sanitaria e di rischio

1. Nella cartella di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), il medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi compresi i valori di esposizione individuali, ove previsti negli specifici capi del presente titolo, comunicati dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.
 
Art. 187.
Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.
 
Art. 188.
Definizioni

1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A) riferito a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6, nota 2.
 
Art. 189.
Valori limite di esposizione e valori di azione

1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attivita' lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, e' possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attivita'.
3. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione settimanale va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.
 
Art. 190.
Valutazione del rischio

1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di lavoro valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti disposizioni in materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;
l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione.
2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, puo' fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.
3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata dell'esposizione e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle norme tecniche. I metodi utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia rappresentativa dell'esposizione del lavoratore.
4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore di lavoro tiene conto dell'incertezza delle misure determinate secondo la prassi metrologica.
5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193, 194, 195 e 196 ed e' documentata in conformita' all'articolo 28, comma 2.
 
Art. 191.
Valutazione di attivita' a livello di esposizione molto variabile

1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite di esposizione, per attivita' che comportano un'elevata fluttuazione dei livelli di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro puo' attribuire a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di sopra dei valori superiori di azione, garantendo loro le misure di prevenzione e protezione conseguenti e in particolare: a) la disponibilita' dei dispositivi di protezione individuale dell'udito; b) l'informazione e la formazione; c) il controllo sanitario. In questo caso la misurazione associata alla valutazione si limita a determinare il livello di rumore prodotto dalle attrezzature nei posti operatore ai fini dell'identificazione delle misure di prevenzione e protezione e per formulare il programma delle misure tecniche e organizzative di cui all'articolo 192, comma 2.
2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, a fianco dei nominativi dei lavoratori cosi' classificati, va riportato il riferimento al presente articolo.
 
Art. 192.
Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualita' di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto e' di limitare l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 190 risulta che i valori inferiori di azione sono superati, il datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche e organizzative volte a ridurre l'esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle stesse e' limitato, ove cio' sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attivita', il lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal datore di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.
 
Art. 193.
Uso dei dispositivi di protezione individuali

1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1, lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.
 
Art. 194.
Misure per la limitazione dell'esposizione

1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori limite di esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in applicazione del presente capo, si individuano esposizioni superiori a detti valori, il datore di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare che la situazione si ripeta.
 
Art. 195.
Informazione e formazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 184 nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori di azione vengano informati e formati in relazione ai rischi provenienti dall'esposizione al rumore.
 
Art. 196.
Sorveglianza sanitaria

1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal medico competente, con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e' estesa ai lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro richiesta e qualora il medico competente ne confermi l'opportunita'.
 
Art. 197.
Deroghe

1. Il datore di lavoro puo' richiedere deroghe all'uso dei dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.
2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti sociali, per un periodo massimo di quattro anni dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le circostanze che giustificano le deroghe di cui al comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di venire meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione la disciplina regolare.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.
 
Art. 198. Linee Guida per i settori della musica delle attivita' ricreative e
dei call center

1. Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6, sentite la parti sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee guida per l'applicazione del presente capo nei settori della musica, delle attivita' ricreative e dei call center.
 
Art. 199.
Campo di applicazione

1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti indicati all'articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, quali individuate dai decreti ivi previsti.
 
Art. 200.
Definizioni

1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore.
 
Art. 201.
Valori limite di esposizione e valori d'azione

1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti valori limite di esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 5 m/s2; mentre su periodi brevi e' pari a 20 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, e' fissato a 2,5 m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 1,0 m/s2; mentre su periodi brevi e' pari a 1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione giornaliero va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.
 
Art. 202.
Valutazione dei rischi

1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche puo' essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entita' delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari condizioni di uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza, dalle informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature. Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque il metodo di riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo intero e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero al di la' delle ore lavorative, in locali di cui e' responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature, il bagnato, l'elevata umidita' o il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.
 
Art. 203.
Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 182, in base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal freddo e dall'umidita'.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione e' stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.
 
Art. 204.
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi' sottoposti alla sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si verificano una o piu' delle seguenti condizioni: l'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni e' tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute ed e' probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute.
 
Art. 205.
Deroghe

1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di lavoro, in circostanze debitamente giustificate, puo' richiedere la deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale valore limite nonostante le misure tecniche e organizzative messe in atto.
2. Nel caso di attivita' lavorative in cui l'esposizione di un lavoratore a vibrazioni meccaniche e' abitualmente inferiore ai valori di azione, ma puo' occasionalmente superare il valore limite di esposizione, il datore di lavoro puo' richiedere la deroga al rispetto dei valori limite a condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al valore limite di esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui e' sottoposto il lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di esposizione corrispondente al valore limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le deroghe sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono meno le circostanze che le hanno giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 e' condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.
 
Art. 206.
Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione.
 
Art. 207.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione a campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti;
c) valori di azione: l'entita' dei parametri direttamente misurabili, espressi in termini di intensita' di campo elettrico (E), intensita' di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densita' di potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o piu' delle misure specificate nel presente capo. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.
 
Art. 208.
Valori limite di esposizione e valori d'azione

1. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera A, tabella 1.
2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera B, tabella 2.
 
Art. 209.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati in conformita' alle norme europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC). Finche' le citate norme non avranno contemplato tutte le pertinenti situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione e calcolo dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), tenendo conto, se necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle attrezzature.
2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi elettromagnetici effettuata in conformita' al comma 1, qualora risulti che siano superati i valori di azione di cui all'articolo 208, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e 2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili al pubblico, purche' si sia gia' proceduto ad una valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.
4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in pubblicazioni scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste dall'articolo 210.



Nota all'art. 209:
- Il testo della raccomandazione 1999/519/CE del
Consiglio, del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione
dell'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz, e' pubblicato nella
G.U.C.E. 30 luglio 1999, n. L 199.



 
Art. 210.
Misure di prevenzione e protezione

1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i valori di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di intensita' inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione individuale.
2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere indicati con un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel caso che dalla valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, il datore di lavoro dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse e' limitato laddove cio' sia tecnicamente possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori limite di esposizione.
3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione. Allorche', nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo, i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.
4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.
 
Art. 211.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio di cui all'articolo 183, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' diversi da quelli forniti dal medico competente.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di azione di cui all'articolo 208, comma 2.
 
Art. 212.
Linee guida

1. Il Ministero della salute, avvalendosi degli organi tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, elabora le linee guida per l'applicazione del presente capo nello specifico settore dell'utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature di risonanza magnetica.
 
Art. 213.
Campo di applicazione

1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.
 
Art. 214.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e' suddivisa in UVA (315-400 ¯Fm), UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280 ¯Fm);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 ¯Fm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 780 ¯Fm e 1 mm. La regione degli infrarossi e' suddivisa in IRA (780-1400 ¯Fm), IRB (1400-3000 ¯Fm) e IRC (3000 ¯Fm-1 mm);
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d'onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla radiazione laser;
e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densita' di potenza: la potenza radiante incidente per unita' di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato (W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unita' d'angolo solido per unita' di superficie, espressa in watt su metro quadrato su steradiante (W m-2 sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle quali e' esposto un lavoratore.
 
Art. 215.
Valori limite di esposizione

1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell'allegato XXXVII, parte II.
 
Art. 216.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, le raccomandazioni della Commissione internazionale per l'illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni, fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate dell'Unione europea, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformita' delle pertinenti direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
 
Art. 217.
Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi

1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d'azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che l'esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono essere indicati con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse e' limitato, laddove cio' sia tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio.
 
Art. 218.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria e' effettuata con l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonche' prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro e' informato di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.
 
Art. 219.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216, comma 1.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185, 190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202, 203, 205, comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3, e 217, commi 2 e 3.
 
Art. 220.
Sanzioni a carico del medico competente

1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino tre mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli articoli 185 e 186.
 
Art. 221.
Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attivita' lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi' al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e nel decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, del Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle attivita' comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle norme contenute al capo III del presente titolo.



Note all'art. 221:
- Per il testo del decreto legislativo n. 230 del 1995,
si veda nota all'art. 180.
- Il testo del decreto ministeriale 4 settembre 1996,
(Attuazione della direttiva 94/55/CE del Consiglio
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su
strada), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 dicembre
1996, n. 282, supplemento ordinario .
- Il testo del decreto ministeriale 15 maggio 1997
(Attuazione della direttiva 96/86/CE del Consiglio
dell'Unione europea che adegua al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
4 giugno 1997, n. 128, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto ministeriale 28 settembre 1999
(Attuazione della direttiva 1999/47/CE della Commissione
dell'Unione europea, che adegua per la seconda volta al
progresso tecnico la direttiva 94/55/CE), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1999, n. 249,
supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n.
41 (Attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative
al trasporto di merci pericolose per ferrovia), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 febbraio 1999, n.
48, supplemento ordinario .
- Il testo del'art. 2 della direttiva 93/75/CEE del
13 settembre 1993, Direttiva del Consiglio relativa alle
condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti
marittimi della Comunita' o che ne escono e che trasportano
merci pericolose o inquinanti, e' il seguente:
«Art. 2. - Ai fini della presente direttiva si
intendono per:
a) «operatore»: il proprietario, il noleggiatore,
l'imprenditore o l'agente marittimo della nave;
b) «nave»: qualsiasi nave da carico, petroliera,
chimichiera o gasiera o nave passeggeri diretta ad un porto
della Comunita' o che ne esce e che trasporta merci
pericolose o inquinanti, alla rinfusa o in colli;
c) «merci pericolose»: quelle merci classificate nel
codice IMDG, inclusi i materiali radioattivi di cui alla
raccolta INF; nel capitolo 17 del codice IBC e nel capitolo
19 del codice IGC;
d) «merci inquinanti»:
- idrocarburi, secondo la definizione della MARPOL,
allegato 1,
- sostanze liquide nocive, secondo la definizione
della MARPOL, allegato 2,
- sostanze dannose, secondo la definizione della
MARPOL, allegato 3;
e) «Marpol 73/78»: la convenzione internazionale del
1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi,
nella versione modificata dal protocollo del 1978, di volta
in volta in vigore;
f) «Codice IMDG»: il codice marittimo internazionale
per il trasporto delle merci pericolose, di volta in volta
vigente;
g) «Codice IBC»: il codice internazionale IMO per la
costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto
alla rinfusa di prodotti chimici pericolosi, di volta in
volta vigente;
h) «Codice IGC»: il codice internazionale IMO per la
costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto
alla rinfusa di gas liquefatti, di volta in volta vigente;
i) «raccolta INF»: il corpus delle norme di sicurezza
IMO per il trasporto di combustibile nucleare irradiato, di
plutonio e di scorie altamente radioattive in fusti a bordo
di navi, di volta in volta vigente;
j) «risoluzione IMO A.851(20)»: la risoluzione
851(20) dell'Organizzazione marittima internazionale,
adottata dall'assemblea nella 20ª sessione il 27 novembre
1997, avente per titolo «General princi-ples for ship
reporting systems and ship reporting requirements,
including guidelines for reporting incidents involving
dangerous goods, harmful substances and/or marine
pollutants» (Principi generali dei sistemi di notifica e
norme di compilazione delle notifiche, con orientamenti per
la notifica di sinistri in cui sono coinvolte merci
pericolose, sostanze nocive e/o sostanze inquinanti per
l'ambiente marino);
k) «autorita' competenti»: le autorita' e le
organizzazioni designate dagli Stati membri ai sensi
dell'art. 3;
l) «spedizioniere/caricatore»: una persona che ha
stipulato un contratto per il trasporto di merci via mare,
o la persona nel cui nome o per conto della quale, viene
stipulato il contratto.».



 
Art. 222.
Definizioni

1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attivita' lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni, nonche' gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, nonche' gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili come pericolosi, in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprieta' chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui e' stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;
c) attivita' che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attivita' lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attivita' lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori e' riportato nell'allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori e' riportato nell'allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprieta' intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilita' che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.



Note all'art. 222:
- Il testo del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52 (Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente
classificazione, imballaggio ed etichettatura delle
sostanze pericolose), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 11 marzo 1997, n. 58, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65
(Attuazione della direttiva 1999/45/CE e della direttiva
2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e
all'etichettatura dei preparati pericolosi), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n. 87, supplemento
ordinario .



 
Art. 223.
Valutazione dei rischi

1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro determina, preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro proprieta' pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile dell'immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantita' degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco e' riportato negli allegati XXXVIII e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria gia' intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi dell'articolo 224 e, ove applicabile, dell'articolo 225. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attivita', ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali e' prevedibile la possibilita' di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo l'adozione di tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attivita' lavorative che comportano l'esposizione a piu' agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, il responsabile dell'immissione sul mercato di agenti chimici pericolosi e' tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio puo' includere la giustificazione che la natura e l'entita' dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un'ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.
6. Nel caso di un'attivita' nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attivita' comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessita'.



Nota all'art. 223:
- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e
n. 65 del 2003, si veda nota all'art. 222.
Note agli articoli 227, 234 e 239:

- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e
n. 65 del 2003, si veda nota all'art. 222.



 
Art. 224.
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantita' di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessita' della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonche' dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e alle modalita' e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi e' solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
 
Art. 225.
Misure specifiche di protezione e di prevenzione

1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attivita' e della valutazione dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinche' il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell'attivita' lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell'attivita' non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l'applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorita':
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.
2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui e' riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali.
3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 223. Sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attivita' lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili.
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne da' comunicazione, senza indugio, all'organo di vigilanza.
 
Art. 226.
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44, nonche' quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui e' consentito operare nell'area colpita o ai lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle attivita' necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attivita' pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata.
 
Art. 227.
Informazione e formazione per i lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali l'identita' degli agenti, i rischi per la sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal responsabile dell'immissione sul mercato ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui all'articolo 223. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il datore di lavoro provvede affinche' la natura del contenuto dei contenitori e delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano chiaramente identificabili.
4. Il responsabile dell'immissione sul mercato devono trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
 
Art. 228.
Divieti

1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degli agenti chimici sul lavoro e le attivita' indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente e' presente in un preparato, o quale componente di rifiuti, purche' la concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le seguenti attivita':
a) attivita' a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;
b) attivita' volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso piu' rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attivita' di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la rilascia sentito il Ministero della salute e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione e' corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attivita' e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire l'esposizione dei lavoratori.
 
Art. 229.
Sorveglianza sanitaria

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 224, comma 2, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta l'esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico e' obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali e' stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente, adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma dell'articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinche' sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizione simile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti dal medico competente.
 
Art. 230.
Cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h) del comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l'altro, indicati i livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.
2. Su richiesta, e' fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.
 
Art. 231.
Consultazione e partecipazione dei lavoratori

1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 50.
 
Art. 232.
Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato e' composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero della salute, su proposta dell'Istituto superiore di sanita', dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
2. Con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresi' stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 e' inoltre determinato il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantita' ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio moderato e' comunque effettuata dal datore di lavoro.
 
Art. 233.
Campo di applicazione

1. Fatto salvo quanto previsto per le attivita' disciplinate dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunita' europea dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita' nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attivita' lavorativa.
 
Art. 234.
Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al numero 1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65 e successive modificazioni;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XLII, nonche' una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.
 
Art. 235.
Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non e' tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinche' la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purche' tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e' tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinche' il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al piu' basso valore tecnicamente possibile. L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.
 
Art. 236.
Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacita' degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi e' assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarita' delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attivita' lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita' o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza puo' richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.
 
Art. 237.
Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessita' delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessita' predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree e' fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi e' emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se cio' non e' tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il piu' vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
 
Art. 238.
Misure tecniche

1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinche' i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), e' vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
 
Art. 239.
Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessita' di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinche' gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
 
Art. 240.
Esposizione non prevedibile

1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non puo' essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, e' limitata al tempo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose.
 
Art. 241.
Operazioni lavorative particolari

1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per le quali e' prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti e' in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle lavorazioni da espletare.
 
Art. 242.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'oppor-tunita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' lavorativa.
 
Art. 243.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie

1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro e' istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attivita' con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.



Note all'art. 243:
- Per il testo del decreto legislativo n. 196 del 2003,
si veda nota all'art. 1.
- Il testo del decreto ministeriale 12 luglio 2007, n.
155 (Regolamento attuativo dell'art. 70, comma 9, del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Registri e
cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro
ad agenti cancerogeni), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 18 settembre 2007, n. 217.



 
Art. 244.
Registrazione dei tumori

1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in applicazione di direttive e regolamenti comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza i dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi di cui all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul territorio nazionale, nonche' i dati di carattere occupazionale rilevati, nell'ambito delle rispettive attivita' istituzionali, dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall'Istituto nazionale di statistica, dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro, e da altre amministrazioni pubbliche. I sistemi di monitoraggio di cui al presente comma altresi' integrano i flussi informativi di cui all'articolo 8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche' gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR) di cui al comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che regola le modalita' di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle informazioni.
3. Presso l'ISPESL e' costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavita' nasali e dei seni paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a piu' bassa frazione eziologia riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalita' di possibile significativita' epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero della salute, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all'INAIL ed alle regioni e province autonome i risultati del monitoraggio con periodicita' annuale.
5. I contenuti, le modalita' di tenuta, raccolta e trasmissione delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero della salute, d'intesa con le regioni e province autonome.



Nota all'art. 244:
- Il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 10 dicembre 2002, n. 308 (Regolamento per la
determinazione del modello e delle modalita' di tenuta del
registro dei casi di mesotelioma asbesto correlati ai sensi
dell'art. 36, comma 3, del decreto legislativo n. 277 del
1991), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 febbraio
2003, n. 31.



 
Art. 245.
Adeguamenti normativi

1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) e' pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.



Nota all'art. 245:
- Per il testo del decreto legislativo n. 52 del 1997,
si veda nota all'art. 222.



 
Art. 246.
Campo di applicazione

1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del presente decreto si applicano alle rimanenti attivita' lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree interessate.



Nota all'art. 246:
- Il testo della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 aprile 1992, n. 87,
supplemento ordinario.



 
Art. 247.
Definizioni

l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.
 
Art. 248.
Individuazione della presenza di amianto

1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d'amianto.
2. Se vi e' il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste dal presente capo.
 
Art. 249.
Valutazione del rischio

l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell'esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensita' e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non e' superato nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attivita':
a) brevi attivita' non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensita', di cui al comma 2.
 
Art. 250.
Notifica

1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una descrizione sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attivita' e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori all'amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi l e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto, effettua una nuova notifica.
 
Art. 251.
Misure di prevenzione e protezione

1. In tutte le attivita' di cui all'articolo 246, l'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato nell'articolo 254, in particolare mediante le seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero piu' basso possibile;
b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto nell'aria e tale da garantire all'utilizzatore in ogni caso che l'aria filtrata presente all'interno del DPI sia non superiore ad un decimo del valore limite indicato all'articolo 254;
c) l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro, l'accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d);
d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni previste dall'articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto al comma 1, lettera b), del presente articolo;
e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da evitare di produrre polvere di amianto o, se cio' non e' possibile, da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;
f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione;
g) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;
h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il piu' presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sara' apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti devono essere successivamente trattati in conformita' alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi.
 
Art. 252.
Misure igieniche

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma 2, per tutte le attivita' di cui all'articolo 246, il datore di lavoro adotta le misure appropriate affinche':
a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita' siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in contenitori chiusi, qualora l'impresa stessa non vi provveda o in caso di utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo le vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano prese misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o deteriorato prima di ogni utilizzazione.
 
Art. 253.
Controllo dell'esposizione

1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato all'articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del luogo di lavoro tranne nei casi in cui ricorrano le condizioni previste dal comma 2 dell'articolo 249. I risultati delle misure sono riportati nel documento di valutazione dei rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell'esposizione personale del lavoratore alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai sensi del decreto del Ministro della sanita' in data 14 maggio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 178 del 25 ottobre 1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di riferimento di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto e' effettuato di preferenza tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanita' (OMS) nel 1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di cui al comma l, si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
 
Art. 254.
Valore limite

1. Il valore limite di esposizione per l'amianto e' fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinche' nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell'aria superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il piu' presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro puo' proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l'esposizione non puo' essere ridotta con altri mezzi e' necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da garantire tutte le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b); l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro; l'accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d).
5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle condizioni climatiche.
 
Art. 255.
Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione di amianto nell'aria, e' prevedibile che questa superi il valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali tali da garantire le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b);
b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui all'articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali attivita'.
 
Art. 256.
Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto

1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonche' dai mezzi di trasporto, predispone un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione dell'ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui seguenti punti:
a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione individuale;
c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all'articolo 254, delle misure di cui all'articolo 255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e).
5. Copia del piano di lavoro e' inviata all'organo di vigilanza, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli adempimenti di cui all'articolo 50.
7. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.



Nota all'art. 256:
- Il testo dell'art. 30, comma 4 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della
direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), e'
il seguente:
«Art. 30 (Imprese sottoposte ad iscrizione). -
1.-3. (Omissis).
4. Le imprese che svolgono attivita' di raccolta e
trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le
imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi,
esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano
la quantita' di trenta chilogrammi al giorno o di trenta
litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi
rifiuti, nonche' le imprese che intendono effettuare
attivita' di bonifica dei siti, di bonifica dei beni
contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei
rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e di
recupero di titolarita' di terzi, e di gestione di impianti
mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, devono
essere iscritte all'Albo. L'iscrizione deve essere
rinnovata ogni cinque anni e sostituisce l'autorizzazione
all'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto, di
commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre
attivita' l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti
il cui esercizio sia stato autorizzato ai sensi del
presente decreto.».



 
Art. 257.
Informazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad attivita' comportanti esposizione ad amianto, nonche' ai loro rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessita' di non fumare;
c) le modalita' di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre al minimo l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 254 e la necessita' del monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori superiori al valore limite fissato dall'articolo 254, il datore di lavoro informa il piu' presto possibile i lavoratori interessati e i loro rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure da adottare o, nel caso in cui ragioni di urgenza non rendano possibile la consultazione preventiva, il datore di lavoro informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro rappresentanti delle misure adottate.
 
Art. 258.
Formazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, il datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti a polveri contenenti amianto ricevano una formazione sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in particolare per quanto riguarda:
a) le proprieta' dell'amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso l'effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
c) le operazioni che possono comportare un'esposizione all'amianto e l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l'eliminazione dei rifiuti;
i) la necessita' della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell'amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257.



Nota all'art. 258:
- Il testo dell'art. 10, comma 2, lettera h), della
citata legge n. 257 del 1992, e' il seguente:
«Art. 10 (Piani regionali e delle province autonome). -
1. (Omissis).
2. I piani di cui al comma 1 prevedono tra l'altro:
(omissis);
h) la predisposizione di specifici corsi di
formazione professionale e il rilascio di titoli di
abilitazione per gli addetti alle attivita' di rimozione e
di smaltimento dell'amianto e di bonifica delle aree
interessate, che e' condizionato alla frequenza di tali
corsi;».



 
Art. 259.
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree interessate cui all'articolo 246, prima di essere adibiti allo svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, o con periodicita' fissata dal medico competente, sono sottoposti ad un controllo sanitario volto a verificare la possibilita' di indossare dispositivi di protezione respiratoria durante il lavoro.
2. I lavoratori che durante la loro attivita' sono stati iscritti anche una sola volta nel registro degli esposti di cui all'articolo 243, comma 1, sono sottoposti ad una visita medica all'atto della cessazione del rapporto di lavoro; in tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare ed all'opportunita' di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi individuale, l'esame clinico generale ed in particolare del torace, nonche' esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l'opportunita' di effettuare altri esami quali la citologia dell'espettorato, l'esame radiografico del torace o la tomodensitometria.
 
Art. 260.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio

1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all'articolo 246, che nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre nell'ambiente e l'uso di idonei DPI, nella valutazione dell'esposizione accerta che l'esposizione e' stata superiore a quella prevista dall'articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati nelle condizioni di cui all'articolo 240, li iscrive nel registro di cui all'articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli organi di vigilanza ed all'ISPESL. L'iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea dovendosi perseguire l'obiettivo della non permanente condizione di esposizione superiore a quanto indicato all'articolo 251, comma 1, lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1.
4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.
 
Art. 261.
Mesoteliomi

1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.
 
Art. 262.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3, 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242, commi 1, 2 e 5, lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1;
b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227, commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma 1, e 252;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e 7;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma 3, e 260, commi 2 e 3.
 
Art. 263.
Sanzioni per il preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e 242, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi 1 e 4.
 
Art. 264.
Sanzioni per il medico competente

1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e comma 6, 230, e 242, comma 4;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell'articolo 243, comma 2.
 
Art. 264-bis (6) (( (Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti)

1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 238, comma 2, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 450 euro.))
 
Art. 265.
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell'articolo 240, comma 2.
 
Art. 266.
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita' lavorative nelle quali vi e' rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
 
Art. 267.
Definizioni

1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entita' microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.
 
Art. 268.
Classificazione degli agenti biologici

1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilita' di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che puo' causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; e' poco probabile che si propaga nella comunita'; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo' causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico puo' propagarsi nella comunita', ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puo' provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e puo' presentare un elevato rischio di propagazione nella comunita'; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non puo' essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio piu' elevato tra le due possibilita'.
3. L'allegato XLVI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4.
 
Art. 269.
Comunicazione

1. Il datore di lavoro che intende esercitare attivita' che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
2. Il datore di lavoro che e' stato autorizzato all'esercizio di attivita' che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 e' tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attivita' di cui al comma 1 comportano la presenza di microrganismi geneticamente modificati, ai quali si applicano i livelli di contenimento 2, 3 e 4 individuati all'allegato IV del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, il documento di cui al comma 1, lettera b), e' sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.



Nota all'art. 269:
- Il testo dell'allegato IV del decreto legislativo
12 aprile 2001, n. 206 (Attuazione della direttiva 98/81/CE
che modifica la direttiva 90/219/CE, concernente l'impiego
confinato di microrganismi geneticamente modificati), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1° giugno 2001, n. 126,
supplemento ordinario.



 
Art. 270.
Autorizzazione

1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attivita', un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della salute.
2. La richiesta di autorizzazione e' corredata da:
a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione e' rilasciata dai competenti uffici del Ministero della salute sentito il parere dell'Istituto superiore di sanita'. Essa ha la durata di 5 anni ed e' rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonche' di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della salute comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della salute istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali e' stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
 
Art. 271.
Valutazione del rischio

1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalita' lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale e' affetto un lavoratore, che e' da porre in correlazione diretta all'attivita' lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorita' sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarita' delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attivita' lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attivita', quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro puo' prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non e' necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 e' integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalita' del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche' le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza e' consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
 
Art. 272.
Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. In tutte le attivita' per le quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attivita' lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
 
Art. 273.
Misure igieniche

1. In tutte le attivita' nelle quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonche', se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro in cui c'e' rischio di esposizione e' vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
 
Art. 274.
Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie

1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attivita' svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunita', i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.
 
Art. 275.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformita' all'allegato XLVII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della salute, sentito l'Istituto superiore di sanita', puo' individuare misure di contenimento piu' elevate.
 
Art. 276.
Misure specifiche per i processi industriali

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
 
Art. 277.
Misure di emergenza

1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al piu' presto l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonche' i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha gia' adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.
 
Art. 278.
Informazioni e formazione

1. Nelle attivita' per le quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
 
Art. 279.
Prevenzione e controllo

1. I lavoratori addetti alle attivita' per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono gia' immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo 271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XLVI nonche' sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.
 
Art. 280.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali

1. I lavoratori addetti ad attivita' comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanita', all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1, fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanita' e all'organo di vigilanza competente per territorio copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonche' le cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attivita' che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali e' noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo e' di quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi e' custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalita' di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della salute e del lavoro e della previdenza sociale sentita la Commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
 
Art. 281.
Registro dei casi di malattia e di decesso

1. Presso l'ISPESL e' tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonche' le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalita' di tenuta del registro di cui al comma 1, nonche' le modalita' di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della salute fornisce alla Commissione CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
 
Art. 282.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3; 270, commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 277, comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280, commi 1 e 2;
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000 per la violazione dell'articolo 280, commi 3 e 4.
 
Art. 283.
Sanzioni a carico dei preposti

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279, commi 1 e 2.
 
Art. 284.
Sanzioni a carico del medico competente

1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo 279, comma 3.
 
Art. 285.
Sanzioni a carico dei lavoratori

1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro 150 a euro 600 per la violazione dell'articolo 277, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da euro 103 a euro 309 per la violazione dell'articolo 277, comma 1.
 
Art. 286.
Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti

1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 273, comma 2, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro.
 
Art. 287.
Campo di applicazione

1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove e' presente un'area con atmosfere esplosive, oppure e' prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonche' la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.



Note all'art. 287:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
15 novembre 1996, n. 661 (Regolamento per l'attuazione
della direttiva 90/396/CEE concernente gli apparecchi a
gas), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre
1996, n. 302, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
624 (Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla
sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie
estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE
relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle
industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1996, n.
293, supplemento ordinario.



 
Art. 288.
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo, si intende per: "atmosfera esplosiva" una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.
 
Art. 289.
Prevenzione e protezione contro le esplosioni

1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attivita'; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attivita' non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.
 
Art. 290.
Valutazione dei rischi di esplosione

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;
b) probabilita' che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni;
d) entita' degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
 
Art. 291.
Obblighi generali

1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinche':
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.
 
Art. 292.
Coordinamento

1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i cantieri temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile per le questioni soggette al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun datore di lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che e' responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'articolo 294, l'obiettivo, le misure e le modalita' di attuazione di detto coordinamento.
 
Art. 293.
Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive

1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell'allegato LI.
 
Art. 294.
Documento sulla protezione contro le esplosioni

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento, denominato: "documento sulla protezione contro le esplosioni".
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente titolo;
c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all'allegato XLIX;
d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all'allegato L;
e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;
f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.
 
Art. 294-bis (6)
(( (Informazione e formazione dei lavoratori)

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori esposti al rischio di esplosione e i loro rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi, con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) alla classificazione delle zone;
c) alle modalita' operative necessarie a minimizzare la presenza e l'efficacia delle sorgenti di accensione;
d) ai rischi connessi alla presenza di sistemi di protezione dell'impianto;
e) ai rischi connessi alla manipolazione ed al travaso di liquidi infiammabili e/o polveri combustibili;
f) al significato della segnaletica di sicurezza e degli allarmi ottico/acustici;
g) agli eventuali rischi connessi alla presenza di sistemi di prevenzione delle atmosfere esplosive, con particolare riferimento all'asfissia;
h) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni all'uso.))
 
Art. 295.
Termini per l'adeguamento

1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.
 
Art. 296.
Verifiche

1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.



Nota all'art. 296:
- Per il testo del decreto del Presidente della
Repubblica n. 462 del 2001, si veda nota all'art. 86.



 
Art. 297.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per la violazione degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293, commi 1 e 2, e 296.
 
Art. 298.
Principio di specialita'

1. Quando uno stesso fatto e' punito da una disposizione prevista dal titolo I e da una o piu' disposizioni previste negli altri titoli, si applica la disposizione speciale.
 
Art. 299.
Esercizio di fatto di poteri direttivi

1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresi' su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
 
Art. 300.
Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1. L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e' sostituito dal seguente:
«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro). - 1. In relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione dell'articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.».



Nota all'art. 300:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001,
si veda nota alle premesse.
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale, si veda
nota all'art. 2.



 
Art. 301. Applicabilita' delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti
del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758

1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonche' da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.



Nota all'art. 301:
- Il testo degli articoli da 20 a 24 del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla
disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), e' il
seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare
la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza,
nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui
all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di
tempo tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile
a richiesta del contravventore, per la particolare
complessita' o per l'oggettiva difficolta'
dell'adempimento. In nessun caso esso puo' superare i sei
mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non
imputabili al contravventore determinano un ritardo nella
regolarizzazione, il termine di sei mesi puo' essere
prorogato per una sola volta, a richiesta del
contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei
mesi, con provvedimento motivato che e' comunicato
immediatamente al pubblico ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata
anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al
servizio del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo'
imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo
per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il
lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di
riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente
alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di
procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non
oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato
nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la
violazione e' stata eliminata secondo le modalita' e nel
termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento
alla prescrizione, nonche' l'eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ne da' comunicazione al pubblico
ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione.».
«Art. 22 (Notizie di reato non pervenute dall'organo di
vigilanza). - 1. Se il pubblico ministero prende notizia di
una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve
da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un
pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne da'
immediata comunicazione all'organo di vigilanza per le
determinazioni inerenti alla prescrizione che si renda
necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione.
2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza
informa il pubblico ministero delle proprie determinazioni
entro sessanta giorni dalla data in cui ha ricevuto
comunicazione della notizia di reato dal pubblico
ministero.».
«Art. 23 (Sospensione del procedimento penale). - 1. Il
procedimento per la contravvenzione e' sospeso dal momento
dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui
all'art. 335 del codice di procedura penale fino al momento
in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni
di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
2. Nel caso previsto dall'art. 22, comma 1, il
procedimento riprende il suo corso quando l'organo di
vigilanza informa il pubblico ministero che non ritiene di
dover impartire una prescrizione, e comunque alla scadenza
del termine di cui all'art. 22, comma 2, se l'organo di
vigilanza omette di informare il pubblico ministero delle
proprie determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora
nel predetto termine l'organo di vigilanza informi il
pubblico ministero d'aver impartito una prescrizione, il
procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal
comma 1.
3. La sospensione del procedimento non preclude la
richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre,
l'assunzione delle prove con incidente probatorio, ne' gli
atti urgenti di indagine preliminare, ne' il sequestro
preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del
codice di procedura penale.».
«Art. 24 (Estinzione del reato). - 1. La
contravvenzione si estingue se il contravventore adempie
alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel
termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto
dall'art. 21, comma 2.
2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la
contravvenzione e' estinta ai sensi del comma 1.
3. L'adempimento in un tempo superiore a quello
indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta
congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero
l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della
contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate
dall'organo di vigilanza, sono valutati ai fini
dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale. In
tal caso, la somma da versare e' ridotta al quarto del
massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione
commessa.».



 
Art. 301-bis (6) (( (Estinzione agevolata degli illeciti amministrativi a seguito di
regolarizzazione)

1. In tutti i casi di inosservanza degli obblighi puniti con
sanzione pecuniaria amministrativa il trasgressore, al fine di estinguere l'illecito amministrativo, e' ammesso al pagamento di una somma pari alla misura minima prevista dalla legge qualora provveda a regolarizzare la propria posizione non oltre il termine assegnato dall'organo di vigilanza mediante verbale di primo accesso ispettivo.))
 
Art. 302. Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena
dell'arresto

1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto e punite con la sola pena dell'arresto il giudice applica, in luogo dell'arresto, la pena dell'ammenda in misura comunque non inferiore a 8.000 euro e non superiore a 24.000 euro, se entro la conclusione del giudizio di primo grado, risultano eliminate tutte le irregolarita', le fonti di rischio e le eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non e' in ogni caso consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale nel verificarsi di un infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto e' stato commesso da soggetto che abbia gia' riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il reato si estingue decorsi tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che l'imputato abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo caso si estingue ogni effetto penale della condanna.



Nota all'art. 302:
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale si veda
nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 590 del codice penale e' il
seguente:
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - Chiunque
cagiona ad altri per colpa una lesione personale e' punito
con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a
euro 309.
Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da
uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se e'
gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della
multa da euro 309 a euro 1.239.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e
la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da
uno a tre anni.
Nel caso di lesioni di piu' persone si applica la pena
che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni
commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della
reclusione non puo' superare gli anni cinque.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa,
salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso,
limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale.».



 
Art. 302-bis (6)
(( (Potere di disposizione)

1. Gli organi di vigilanza impartiscono disposizioni esecutive ai fini dell'applicazione delle norme tecniche e delle buone prassi, laddove volontariamente adottate dal datore di lavoro e da questi espressamente richiamate in sede ispettiva, qualora ne riscontrino la non corretta adozione, e salvo che il fatto non costituisca reato.
2. Avverso le disposizioni di cui al comma 1 e' ammesso ricorso, entro trenta giorni, con eventuale richiesta di sospensione dell'esecutivita' dei provvedimenti, all'autorita' gerarchicamente sovraordinata nell'ambito dei rispettivi organi di vigilanza, che decide il ricorso entro quindici giorni. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Con riferimento ai provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la autorita' gerarchicamente sovraordinata e' il dirigente della Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.))
 
Art. 303.
Circostanza attenuante

1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e puniti con la pena dell'arresto, anche in via alternativa, e' ridotta fino ad un terzo per il contravventore che, entro i termini di cui all'articolo 491 del codice di procedura penale, si adopera concretamente per la rimozione delle irregolarita' riscontrate dagli organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi di definizione del reato ai sensi dell'articolo 302.
 
Art. 304.
Abrogazioni

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogati:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187;
b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123;
d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo stesso.
2. Con uno o piu' decreti integrativi attuativi della delega prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123, si provvede all'armonizzazione delle disposizioni del presente decreto con quelle contenute in leggi o regolamenti che dispongono rinvii a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1.
3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2, laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo.



Note all'art. 304:
- L'art. 64 del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303, ha la seguente rubrica: «Ispezioni».
- Per il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123
del 2007, si veda nota all'art. 1.
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 626
del 1994, si veda nota alle premesse.



 
Art. 305.
Clausola finanziaria

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, commi 1 e 2, dall'esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto dagli articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti derivanti dal presente decreto attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.
 
Art. 306
Disposizioni finali

1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di quelle contenute nel presente decreto legislativo.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28, nonche' le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale; fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti.
3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, sentita la commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, si da' attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro dell'Unione europea per le parti in cui le stesse modificano modalita' esecutive e caratteristiche di ordine tecnico previste dagli allegati al presente decreto, nonche' da altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato Roma, addi' 9 aprile 2008

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei
Ministri
Damiano, Ministro del lavoro e della
previdenza sociale
Turco, Ministro della salute
Di Pietro, Ministro delle
infrastrutture
Bersani, Ministro dello sviluppo
economico
Bonino, Ministro per le politiche
europee
Scotti, Ministro della giustizia
De Castro, Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali
Amato, Ministro dell'interno
Parisi, Ministro della difesa
Fioroni, Ministro della pubblica
istruzione
Ferrero, Ministro della solidarieta'
sociale
Mussi, Ministro dell'universita' e
della ricerca
Lanzillotta, Ministro per gli affari
regionali e le autonomie locali
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia
e delle finanze Visto, il Guardasigilli: Scotti



Note all'art. 306:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 302 (Norme di prevenzione degli infortuni
sul lavoro integrative di quelle generali emanate con
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile
1956, n. 105, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 13, primo comma, della citata
direttiva 2004/40/CE, e' il seguente:
"Art. 13 (Recepimento). - 1. Gli Stati membri mettono
in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva entro il 30 aprile 2008. Essi ne informano
immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni,
queste contengono un riferimento alla presente direttiva o
sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della
pubblicazione ufficiale. Le modalita' di tale riferimento
sono decise dagli Stati membri.".



 
Allegato I
Gravi violazioni ai fini dell'adozione del provvedimento
di sospensione dell'attivita' imprenditoriale

Violazioni che espongono a rischi di carattere generale - Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi; - Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione; - Mancata formazione ed addestramento; - Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile; - Mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC); - Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS); - Mancata nomina del coordinatore per la progettazione; - Mancata nomina del coordinatore per l'esecuzione.

Violazioni che espongono al rischio di caduta dall'alto - Mancato utilizzo della cintura di sicurezza; - Mancanza di protezioni verso il vuoto.

Violazioni che espongono al rischio di seppellimento - Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.

Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione - Lavori in prossimita' di linee elettriche; - Presenza di conduttori nudi in tensione; - Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).
Violazioni che espongono al rischio d'amianto - Mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.

ALLEGATO II

Casi in cui e' consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art.
10)

1. Aziende artigiane e industriali (1) fino a 30 addetti 2. Aziende agricole e zootecniche fino a 10 addetti (2) 3. Aziende della pesca fino a 20 addetti 4. Altre aziende fino a 200 addetti ----------------------- (1) Escluse le aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e altre attivita' minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
Allegato 3A

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

Allegato 3B

Informazioni relative ai dati collettivi aggregati sanitari e di
rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria Contenuti minimi Dati identificativi dell'azienda Dati identificativi del Medico competente Rischi cui sono esposti i lavoratori Protocolli sanitari adottati N giorni di assenze Infortuni denunciati Malattie professionali segnalate Tipologia dei giudizi di idoneita'

ALLEGATO IV
REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO

1. AMBIENTI DI LAVORO 1.1 Stabilita' e solidita' 1.1.1. Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidita' che corrisponda al loro tipo d'impiego ed alle caratteristiche ambientali. 1.1.2. Gli stessi requisiti vanno garantiti nelle manutenzioni 1.1.3. I luoghi di lavoro destinati a deposito devono avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo ammissibile per unita' di superficie dei solai. 1.1.4. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilita' del solaio. 1.1.5. L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi. 1.1.6. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto e' possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori. 1.1.7. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il datore di lavoro non puo' tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato. 1.1.8. Le strutture metalliche degli edifici e delle opere provvisionali, i recipienti e gli apparecchi metallici, di notevoli dimensioni, situati all'aperto, devono, per se stessi o mediante conduttore e spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche. 1.2. Altezza, cubatura e superficie 1.2.1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano piu' di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni che comportano la sorveglianza sanitaria, sono i seguenti: 1.2.1.1. altezza netta non inferiore a m 3; 1.2.1.2. cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore; 1.2.1.3. ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2. 1.2.2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioe' senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi. 1.2.3. L'altezza netta dei locali e' misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte. 1.2.4. Quando necessita' tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio puo' consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro e' estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati. 1.2.5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente. 1.2.6. Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di lavoro deve essere tale da consentire il normale movimento della persona in relazione al lavoro da compiere. 1.3. Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico 1.3.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessita' della lavorazione, e' vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni: 1.3.1.1. essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico e acustico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attivita' dei lavoratori; 1.3.1.2 avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria; 1.3.1.3. essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidita'; 1.3.1.4. avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene. 1.3.2. I pavimenti dei locali devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonche' esenti da protuberanze, cavita' o piani inclinati pericolosi. 1.3.3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico. 1.3.4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili. 1.3.5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara. 1.3.6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti, ne' rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengano utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza e' elevata quando cio' e' necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi. 1.3.7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori. 1.3.8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentano la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonche' per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso. 1.3.9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti puo' essere autorizzato soltanto se siano fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza. 1.3.10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili. 1.3.11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati. 1.3.12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove e' tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremita'. 1.3.13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere. 1.3.14. Le disposizioni di cui ai punti 1.3.10., 1.3.11., 1.3 12., 1.3.13. sono altresi' applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonche' alle banchine di carico. 1.3.15.1. Le parti di pavimento contornanti i forni di qualsiasi specie devono essere costituite di materiali incombustibili. Sono, tuttavia, ammessi pavimenti di legno duro e stagionato nei casi in cui cio', in relazione al tipo di forno ed alle condizioni di impianto, non costituisca pericolo. 1.3.15.2. Le piattaforme sopraelevate dei posti di lavoro e di manovra dei forni, nonche' le relative scale e passerelle di accesso, devono essere costruite con materiali incombustibili. 1.3.16. I pavimenti e le pareti dei locali destinati alla lavorazione, alla manipolazione, all'utilizzazione ed alla conservazione di materie infiammabili, esplodenti, corrosive o infettanti, devono essere in condizioni tali da consentire una facile e completa asportazione delle materie pericolose o nocive, che possano eventualmente depositarsi. 1.3.17. I locali o luoghi nei quali si fabbricano, si manipolano o si utilizzano le materie o i prodotti indicati tossici, asfissianti, irritanti ed infettanti, nonche' i tavoli di lavoro, le macchine e le attrezzature in genere impiegati per dette operazioni, devono essere frequentemente ed accuratamente puliti. 1.4. Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi 1.4.1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio. 1.4.2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovra' basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa. 1.4.3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovra' essere prevista per i pedoni una di stanza di sicurezza sufficiente. 1.4.4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 1.4.5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato. 1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 1.4.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. 1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. 1.4.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati. 1.4.12.1. Quando argani, paranchi e apparecchi simili sono usati per il sollevamento o la discesa dei carichi tra piani diversi di un edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per il passaggio del carico ai singoli piani, nonche' il sottostante spazio di arrivo o di sganciamento del carico stesso devono essere protetti, su tutti i lati, mediante parapetti normali provvisti, ad eccezione di quello del piano terreno, di arresto al piede. 1.4.12.2. I parapetti devono essere disposti in modo da garantire i lavoratori anche contro i pericoli derivanti da urti o da eventuale caduta del carico di manovra. 1.4.12.3. Gli stessi parapetti devono essere applicati anche sui lati delle aperture dove si effettua il carico e lo scarico, a meno che per le caratteristiche dei materiali in manovra cio' non sia possibile. In quest'ultimo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera mobile, inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello o altro dispositivo. Detta barriera deve essere tenuta chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente. 1.4.13. Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale trasportato ed il tipo del trasportatore possano costituire pericoli per caduta di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano adottate altre misure contro detti pericoli. 1.4.14. Davanti alle uscite dei locali e alle vie che immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici devono essere disposte barriere atte ad evitare investimenti e, quando cio' non sia possibile, adeguate segnalazioni. 1.4.15. I segnali indicanti condizioni di pericolo nelle zone di transito e quelli regolanti il traffico dei trasporti meccanici su strada o su rotaia devono essere convenientemente illuminati durante il servizio notturno. 1.4.16.1. Le vie di transito che, per lavori di riparazione o manutenzione in corso o per guasti intervenuti, non sono percorribili senza pericolo, devono essere sbarrate. 1.4.16.2. Apposito cartello deve essere posto ad indicare il divieto di transito. 1.4.17. Durante l'esecuzione di lavoro di riparazione o manutenzione su linee di transito su rotaie percorse da mezzi meccanici, quando il traffico non e' sospeso o la linea non e' sbarrata, una o piu' persone devono essere esclusivamente incaricate di segnalare ai lavoratori l'avvicinarsi dei convogli ai posti di lavoro. 1.4.18. Quando uno o piu' veicoli sono mossi da un mezzo meccanico il cui conducente non puo', direttamente o a mezzo di altra persona sistemata su uno di essi, controllarne il percorso, i veicoli devono essere preceduti o affiancati da un incaricato che provveda alle necessarie segnalazioni per assicurare l'incolumita' delle persone. 1.4.19. All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta. Tali ripari devono essere disposti a non oltre m. 0,50 sotto il margine del piano di manovra e sporgere da questo per almeno m. 2. 1.5. Vie e uscite di emergenza. 1.5.1. Ai fini del presente punto si intende per: 1.5.1.1. via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro; 1.5.1.2. Uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro; 1.5.1.3. Luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza; 1.5.1.4. larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio). 1.5.2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il piu' rapidamente possibile un luogo sicuro. 1.5.3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori. 1.5.4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonche' al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi. 1.5.5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio. 1.5.6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non e' richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio. 1.5.7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave quando sono presenti lavoratori in azienda. 1.5.8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito e' vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale. 1.5.9. Le vie e le uscite di emergenza, nonche' le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti. 1.5.10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati. 1.5.11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensita' sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico 1.5.12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti piu' di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici gia' costruiti si dovra' provvedere in conformita', quando non ne esista l'impossibilita' accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute piu' efficienti. Le deroghe gia' concesse mantengono la loro validita' salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza. 1.5.13. Per i luoghi di lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi devono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza. 1.5.14.1. Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi, degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo. 1.5.14.2. Le aperture nelle pareti, che permettono il passaggio di una persona e che presentano pericolo di caduta per dislivelli superiori ad un metro, devono essere provviste di solida barriera o munite di parapetto normale. 1.5.14.3. Per le finestre sono consentiti parapetti di altezza non minore di cm. 90 quando, in relazione al lavoro eseguito nel locale, non vi siano condizioni di pericolo. 1.6. Porte e portoni 1.6.1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. 1.6.2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attivita' che si svolgono nel locale stesso piu' di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20. 1.6.3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte e' la seguente: 1.6.3.1. Quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80; 1.6.3.2. Quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo; 1.6.3.3. Quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo; 1.6.3.4. Quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100 1.6.4. Il numero complessivo delle porte di cui al punto 1.6.3.4. puo' anche essere minore, purche' la loro larghezza complessiva non risulti inferiore. 1.6.5. Alle porte per le quali e' prevista una larghezza minima di m 1,20 e' applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali e' prevista una larghezza minima di m 0,80 e' applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento). 1.6.6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui al punto 1.5.5, coincidono con le porte di cui al punto 1.6.1, si applicano le disposizioni di cui al punto 1.5.5. 1.6.7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale. 1.6.8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza. 1.6.9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti. 1.6.10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi. 1.6.11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'e' il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento. 1.6.12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere. 1.6.13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere. 1.6.14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica. 1.6.15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale. 1.6.16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte. 1.6.17. I luoghi di lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti punti 1.6.9. e 1.6.10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei punti 1.6.2., 1.6.3., 1.6.4., 1.6.5. e 1.6.6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilita'. 1.7 Scale 1.7.1.1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. 1.7.1.2. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano. 1.7.1.3. Le scale a pioli di altezza superiore a m. 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m. 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. 1.7.1.4. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi piu' di cm. 60. 1.7.1.5. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala e' fissata. 1.7.1.6. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficolta' costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro. 1.7.2.1. Agli effetti del presente decreto e' considerato "normale" un parapetto che soddisfi alle seguenti condizioni: 1.7.2.1.1 Sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di conservazione; 1.7.2.1.2 abbia un'altezza utile di almeno un metro; 1.7.2.1.3 Sia costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa meta' distanza fra quello superiore ed il pavimento; 1.7.2.1.4 Sia costruito e fissato in modo da poter resistere, nell'insieme ed in ogni sua parte, al massimo sforzo cui puo' essere assoggettato, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione. 1.7.2.2. E' considerato "parapetto normale con arresto al piede" il parapetto definito al comma precedente, completato con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15 centimetri. 1.7.2.3. E' considerata equivalente ai parapetti definiti ai commi precedenti, qualsiasi protezione, quale muro, balaustra, ringhiera e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi. 1.7.3. Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non e' richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m.2.00. 1.8 Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni 1.8.1. 1 posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attivita' lavorativa. 1.8.2. Ove non sia possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate. 1.8.3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attivita' devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli puo' avvenire in modo sicuro. 1.8.4. Le disposizioni di cui ai punti 1.4.1., 1.4.2., 1.4.3., 1.4.4., 1.4.5., 1.4.6., 1.4.7., 1.4.8., sono altresi' applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonche' alle banchine di carico. 1.8.5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui ai punti 1.4.1., 1.4.2., 1.4.3., 1.4.4., 1.4.5., 1.4.6., 1.4.7., 1.4.8., si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni. 1.8.6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non e' sufficiente. 1.8.7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori: 1.8 . 7. I sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti; 1.8.7.2 non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri; 1.8.7.3 possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente; 1.8.7.4 non possono scivolare o cadere. 1.8.8. I terreni scoperti costituenti una dipendenza dei locali di lavoro devono essere sistemati in modo da ottenere lo scolo delle acque di pioggia e di quelle di altra provenienza. 1.9 Microclima 1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi 1.9.1.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, e' necessario far si' che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantita' sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando cio' non sia possibile, con impianti di areazione. 1.9 1.2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando cio' e' necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori. 1.9.1.3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa. 1.9.1.4. Gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori. 1.9.1.5. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente. 1.9.2. Temperatura dei locali 1.9.2.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. 1.9.2.2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidita' ed il movimento dell'aria concomitanti. 1.9.2.3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali. 1.9.2.4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attivita' e della natura del luogo di lavoro. I .9 2.5. Quando non e' conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione. 1.9.2.6. Gli apparecchi a fuoco diretto destinati al riscaldamento dell'ambiente nei locali chiusi di lavoro di cui al precedente articolo, devono essere muniti di condotti del fumo privi di valvole regolatrici ed avere tiraggio sufficiente per evitare la corruzione dell'aria con i prodotti della combustione, ad eccezione dei casi in cui, per l'ampiezza del locale, tale impianto non sia necessario. 1.9 .3 Umidita' 1.9.3.1 Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l'aria e' soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quanto e' possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura e l'umidita' nei limiti compatibili con le esigenze tecniche. 1.10. Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro 1.10.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessita' delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori. 1.10.2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenti un rischio di infortunio per i lavoratori. 1.10.3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensita'. 1.10.4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza. 1.10.5. Gli ambienti, i posti di lavoro ed i passaggi devono essere illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare una sufficiente visibilita'. 1.10.6. Nei casi in cui, per le esigenze tecniche di particolari lavorazioni o procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente gli ambienti, i luoghi ed i posti indicati al punto 1.10.5, si devono adottare adeguate misure dirette ad eliminare i rischi derivanti dalla mancanza e dalla insufficienza della illuminazione. 1.10.7. Illuminazione sussidiaria 1.10.7.1. Negli stabilimenti e negli altri luoghi di lavoro devono esistere mezzi di illuminazione sussidiaria da impiegare in caso di necessita'. 1.10.7.2. Detti mezzi devono essere tenuti in posti noti al personale, conservati in costante efficienza ed essere adeguati alle condizioni ed alle necessita' del loro impiego. 1.10.7.3. Quando siano presenti piu' di 100 lavoratori e la loro uscita all'aperto in condizioni di oscurita' non sia sicura ed agevole; quando l'abbandono imprevedibile ed immediato del governo delle macchine o degli apparecchi sia di pregiudizio per la sicurezza delle persone o degli impianti; quando si lavorino o siano depositate materie esplodenti o infiammabili, l'illuminazione sussidiaria deve essere fornita con mezzi di sicurezza atti ad entrare immediatamente in funzione in caso di necessita' e a garantire una illuminazione sufficiente per intensita', durata, per numero e distribuzione delle sorgenti luminose, nei luoghi nei quali la mancanza di illuminazione costituirebbe pericolo. Se detti mezzi non sono costruiti in modo da entrare automaticamente in funzione, i dispositivi di accensione devono essere a facile portata di mano e le istruzioni sull'uso dei mezzi stessi devono essere rese manifeste al personale mediante appositi avvisi. 1.10.7.4. L'abbandono dei posti di lavoro e l'uscita all'aperto del personale deve, qualora sia necessario ai fini della sicurezza, essere disposto prima dell'esaurimento delle fonti della illuminazione sussidiaria. 1.10.8. Ove sia prestabilita la continuazione del lavoro anche in caso di mancanza dell'illuminazione artificiale normale, quella sussidiaria deve essere fornita da un impianto fisso atto a consentire la prosecuzione del lavoro in condizioni di sufficiente visibilita'. 1.11. Locali di riposo e refezione 1.11.1. Locali di riposo 1.11.1.1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attivita', lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile. 1.11.1.2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilita' di riposo durante la pausa. 1.11.1.3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori. 1.11.1.4. Quando il tempo di lavoro e' interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinche' questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. 1.11.1.5. L'organo di vigilanza puo' prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta cio' non pregiudica la normale esecuzione del lavoro. 1.11.2. Refettorio 1.11.2.1. Salvo quanto e' disposto al punto 1.14.1. per i lavori all'aperto, le aziende nelle quali piu' di 30 dipendenti rimangono nell'azienda durante gli intervalli di lavoro, per la refezione, devono avere uno o piu' ambienti destinati ad uso di refettorio, muniti di sedili e di tavoli. 1.11.2.2. I refettori devono essere ben illuminati, aerati e riscaldati nella stagione fredda. Il pavimento non deve essere polveroso e le pareti devono essere intonacate ed imbiancate. 1.11.2.3. L'Ispettorato del lavoro puo' in tutto o in parte esonerare il datore di lavoro dall'obbligo di cui al primo comma, quando riconosce che non sia necessario. 1.11.2.4. Nelle aziende in cui i lavoratori siano esposti a materie insudicianti, sostanze polverose o nocive e nei casi in cui l'organo di vigilanza ritiene opportuno prescriverlo, in relazione alla natura della lavorazione, e' vietato ai lavoratori di consumare i pasti nei locali di lavoro ed anche di rimanervi durante il tempo destinato alla refezione. 1.11.3. Conservazione vivande e somministrazione bevande 1.11.3.1. Ai lavoratori deve essere dato il mezzo di conservare in adatti posti fissi le loro vivande, di riscaldarle e di lavare i relativi recipienti. 1.11.3.2. E' vietata la somministrazione di vino, di birra e di altre bevande alcooliche nell'interno dell'azienda. 1.11.3.3. E' tuttavia consentita la somministrazione di modiche quantita' di vino e di birra nei locali di refettorio durante l'orario dei pasti. 1.11.4. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilita' di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate. 1.12. Spogliatoi e armadi per il vestiario 1.12.1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si puo' loro chiedere di cambiarsi in altri locali. 1.12.2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio puo' essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a cio' adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro. 1.12.3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacita' sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili. 1.12.4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. 1.12.5. Qualora i lavoratori svolgano attivita' insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonche' in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati. 1.12.6. Qualora non si applichi il punto 1.12.1., ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al punto 1.12.4. per poter riporre i propri indumenti. 1.13. Servizi igienico assistenziali 1.13.1. Acqua 1.13.1.1. Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantita' sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi. 1.13.1.2. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie. 1.13.2. Docce 1.13.2.1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attivita' o la salubrita' lo esigono. 1.13.2.2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro. 1.13.2.3. I locali delle docce devono essere riscaldati nella stagione fredda ed avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene. 1.13.2.4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi. 1.13.3. Gabinetti e lavabi 1.13.3.1. I lavoratori devono disporre, in prossimita' dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi. 1.13.3.2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando cio' sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, e' ammessa un'utilizzazione separata degli stessi. 1.13.4. Pulizia delle installazioni igienico-assistenziali: 1.13.4.1. Le installazioni e gli arredi destinati ai refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori ed in genere ai servizi di igiene e di benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti in stato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro. 1.13.4.2. 1 lavoratori devono usare con cura e proprieta' i locali, le installazioni e gli arredi indicati al comma precedente. 1.14. Dormitori 1.14.1. Nei lavori eseguiti normalmente all'aperto deve essere messo a disposizione dei lavoratori un locale in cui possano ricoverarsi durante le intemperie e nelle ore dei pasti o dei riposi. Detto locale deve essere fornito di sedili e di un tavolo, e deve essere riscaldato durante la stagione fredda. 1.14.2.1. I locali forniti dal datore di lavoro ai lavoratori per uso di dormitorio stabile devono possedere i requisiti di abitabilita' prescritti per le case di abitazione della localita' ed avere l'arredamento necessario rispondente alle esigenze dell'igiene. Essi devono essere riscaldati nella stagione fredda ed essere forniti di luce artificiale in quantita' sufficiente, di latrine, di acqua per bere e per lavarsi e di cucina, in tutto rispondenti alle stesse condizioni indicate nel presente decreto per gli impianti analoghi annessi ai locali di lavoro. 1.14.2.2. In detti locali e' vietata l'illuminazione a gas, salvo casi speciali e con l'autorizzazione e le cautele che saranno prescritte dall'organo di vigilanza. 1.14.3. Per i lavori in aperta campagna, lontano dalle abitazioni, quando i lavoratori debbano pernottare sul luogo, il datore di lavoro deve loro fornire dormitori capaci di difenderli efficacemente contro gli agenti atmosferici. Nel caso in cui la durata dei lavori non superi i 15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre stagioni, possono essere destinate ad uso di dormitorio costruzioni di fortuna costruite in tutto o in parte di legno o di altri materiali idonei ovvero tende, a condizione che siano ben difese dall'umidita' del suolo e dagli agenti atmosferici. 1.14.4. I. Quando la durata dei lavori ecceda i limiti indicati superi i 15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre stagioni, il datore di lavoro deve provvedere ai dormitori mediante mezzi piu' idonei, quali baracche in legno od altre costruzioni equivalenti. 1.14.4.2. Le costruzioni per dormitorio devono rispondere alle seguenti condizioni: 1.14.4.2.1. gli ambienti per adulti devono essere separati da quelli per fanciulli e da quelli per donne, a meno che non siano destinati esclusivamente ai membri di una stessa famiglia; 1.14.4.2.2. essere sollevate dal terreno, oppure basate sopra terreno bene asciutto e sistemato in guisa da non permettere ne' la penetrazione dell'acqua nelle costruzioni, ne' il ristagno di essa in una zona del raggio di almeno 10 metri attorno; 1.14.4.2.3. essere costruite in tutte le loro parti in modo da difendere bene l'ambiente interno contro gli agenti atmosferici ed essere riscaldate durante la stagione fredda; 1.14.4.2.4. avere aperture sufficienti per ottenere una attiva ventilazione dell'ambiente, ma munite di buona chiusura; 1.14.4.2.5. essere fornite di lampade per l'illuminazione notturna; 1.14.4.2.6. nelle zone acquitrinose infestate dalla presenza di insetti alati le aperture devono essere difese contro la penetrazione di essi. 1.14.4.3. La superficie dei dormitori non puo' essere inferiore a 3,50 metri quadrati per persona. 1.14.4.4. A ciascun lavoratore deve essere assegnato un letto, una branda o una cuccetta arredate con materasso o saccone, cuscino, lenzuola, federe e coperte sufficienti ed inoltre di sedile, un attaccapanni ed una mensolina. 1.14.4.5. Anche per i dormitori di cui al comma precedente vale la norma prevista dal quarto comma dell'art. 44. 1.14.4.6. In vicinanza dei dormitori, oppure facenti corpo con essi, vi devono essere convenienti locali per uso di cucina e di refettorio, latrine adatte e mezzi per la pulizia personale.

2. PRESENZA NEI LUOGHI DI LAVORO DI AGENTI NOCIVI 2.1. Difesa dalle sostanze nocive: 2.1.1. Ferme restando le norme di cui al regio decreto 9 gennaio 1927, n. 157 e successive modificazioni, le materie prime non in corso di lavorazione, i prodotti ed i rifiuti, che abbiano proprieta' tossiche o caustiche, specialmente se sono allo stato liquido o se sono facilmente solubili o volatili, devono essere custoditi in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura. 2.1.2. Le materie in corso di lavorazione che siano fermentescibili o possano essere nocive alla salute o svolgere emanazioni sgradevoli, non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantita' superiore a quella strettamente necessaria per la lavorazione. 2.1.3. I recipienti e gli apparecchi che servono alla lavorazione oppure al trasporto dei materiali putrescibili o suscettibili di dare emanazioni sgradevoli, devono essere lavati frequentemente e, ove occorra, disinfettati. 2.1.4. Il datore di lavoro e' tenuto ad effettuare, ogni qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in luoghi separati, allo scopo di non esporvi senza necessita' i lavoratori addetti ad altre lavorazioni. 2.1.5. L'aspirazione dei gas, vapori, odori o fumi deve farsi, per quanto e' possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono. 2.1.6.1. Nell'ingresso di ogni stabilimento o luogo dove, in relazione alla fabbricazione, manipolazione, utilizzazione o conservazione di materie o prodotti di cui all'articolo precedente, sussistano specifici pericoli, deve essere esposto un estratto delle norme di sicurezza contenute nel presente decreto e nelle leggi e regolamenti speciali riferentisi alle lavorazioni che sono eseguite. 2.1.6.2. Nei reparti e presso le macchine e gli apparecchi dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni. 2.1.7. Le operazioni che presentano pericoli di esplosioni, di incendi, di sviluppo di gas asfissianti o tossici e di irradiazioni nocive devono effettuarsi in locali o luoghi isolati, adeguatamente difesi contro la propagazione dell'elemento nocivo. 2.1.8.1. Nei locali o luoghi di lavoro o di passaggio deve essere per quanto tecnicamente possibile impedito o ridotto al minimo il formarsi di concentrazioni pericolose o nocive di gas, vapori o polveri esplodenti, infiammabili, asfissianti o tossici; in quanto necessario, deve essere provveduto ad una adeguata ventilazione al fine di evitare dette concentrazioni. 2. 1.8.2. Nei locali o luoghi di lavoro o di passaggio, quando i vapori ed i gas che possono svilupparsi costituiscono pericolo, devono essere installati apparecchi indicatori e avvisatori automatici atti a segnalare il raggiungimento delle concentrazioni o delle condizioni pericolose. Ove cio' non sia possibile, devono essere eseguiti frequenti controlli o misurazioni. 2.1.9. Gli scarti di lavorazione e i rifiuti di materie infiammabili, esplodenti, corrosive, tossiche, infettanti o comunque nocive devono essere raccolti durante la lavorazione ed asportati frequentemente con mezzi appropriati, collocandoli in posti nei quali non possano costituire pericolo. 2.1.10.1. Il trasporto e l'impiego delle materie e dei prodotti corrosivi o aventi temperature dannose devono effettuarsi con mezzi o sistemi tali da impedire che i lavoratori ne vengano a diretto contatto. 2.1.10.2. Quando esigenze tecniche o di lavorazione non consentano l'attuazione della norma di cui al punto precedente, devono essere messi a disposizione dei lavoratori mezzi individuali di protezione, in conformita' a quanto e' stabilito nel Titolo III, Capo II. 2.1.11.1. Negli stabilimenti o luoghi in cui si producono o si manipolano liquidi corrosivi devono essere predisposte, a portata di mano dei lavoratori, adeguate prese di acqua corrente o recipienti contenenti adatte soluzioni neutralizzanti. 2.1.11.2. Nei casi in cui esista rischio di investimento da liquidi corrosivi, devono essere installati, nei locali di lavorazione o nelle immediate vicinanze, bagni o docce con acqua a temperatura adeguata. 2.1.12. In caso di spandimento di liquidi corrosivi, questi non devono essere assorbiti con stracci, segatura o con altre materie organiche, ma eliminati con lavaggi di acqua o neutralizzati con materie idonee. 2.1.13. Le disposizioni e le precauzioni prescritte ai punti 3.2.1. e 3.2.2. devono essere osservate, nella parte applicabile, per l'accesso agli ambienti o luoghi, specie sotterranei, ai cunicoli, fogne, pozzi, sottotetti, nei quali esista o sia da temersi la presenza di gas o vapori tossici o asfissianti 2.2. Difesa contro le polveri 2.2.1. Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro e' tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto e' possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro. 2.2.2. Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera. 2.2.3. Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. L'aspirazione deve essere effettuata, per quanto e' possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri. 2.2.4. Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso. 2.2.5. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e l'eliminazione delle polveri, il datore di lavoro e' tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro. 2.2.6. Nei lavori all'aperto e nei lavori di breve durata e quando la natura e la concentrazione delle polveri non esigano l'attuazione dei provvedimenti tecnici indicati ai comma precedenti, e non possano essere causa di danno o di incomodo al vicinato, l'organo di vigilanza puo' esonerare il datore di lavoro dagli obblighi previsti dai comma precedenti, prescrivendo, in sostituzione, ove sia necessario, mezzi personali di protezione. 2.2.7. I mezzi personali possono altresi' essere prescritti dall'organo di vigilanza, ad integrazione dei provvedimenti previsti al comma terzo e quarto del presente articolo, in quelle operazioni in cui, per particolari difficolta' d'ordine tecnico, i predetti provvedimenti non siano atti a garantire efficacemente la protezione dei lavoratori contro le polveri.

3. VASCHE, CANALIZZAZIONI, TUBAZIONI, SERBATOI, RECIPIENTI, SILOS 3.1. Le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall'esercizio dell'impianto o dell'apparecchio, devono essere provvisti di aperture di accesso aventi dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi. 3.2.1. Prima di disporre l'entrata di lavoratori nei luoghi di cui al punto precedente, chi sovraintende ai lavori deve assicurarsi che nell'interno non esistano gas o vapori nocivi o una temperatura dannosa e deve, qualora vi sia pericolo, disporre efficienti lavaggi, ventilazione o altre misure idonee. 3.2.2. Colui che sovraintende deve, inoltre, provvedere a far chiudere e bloccare le valvole e gli altri dispositivi dei condotti in comunicazione col recipiente, e a fare intercettare i tratti di tubazione mediante flange cieche o con altri mezzi equivalenti ed a far applicare, sui dispositivi di chiusura o di isolamento, un avviso con l'indicazione del divieto di manovrarli. 3.2.3. I lavoratori che prestano la loro opera all'interno dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore, situato all'esterno presso l'apertura di accesso. 3.2.4. Quando la presenza di gas o vapori nocivi non possa escludersi in modo assoluto o quando l'accesso al fondo dei luoghi predetti e' disagevole, i lavoratori che vi entrano devono essere muniti di cintura di sicurezza con corda di adeguata lunghezza e, se necessario, di apparecchi idonei a consentire la normale respirazione. 3.3. Qualora nei luoghi di cui al punto 3.1. non possa escludersi la presenza anche di gas, vapori o polveri infiammabili od esplosivi, oltre alle misure indicate nell'articolo precedente, si devono adottare cautele atte ad evitare il pericolo di incendio o di esplosione, quali la esclusione di fiamme libere, di corpi incandescenti, di attrezzi di materiale ferroso e di calzature con chiodi. Qualora sia necessario l'impiego di lampade, queste devono essere di sicurezza. 3.4.1. Le vasche, i serbatoi ed i recipienti aperti con i bordi a livello o ad altezza inferiore a cm. 90 dal pavimento o dalla piattaforma di lavoro devono, qualunque sia il liquido o le materie contenute, essere difese, su tutti i lati mediante parapetto di altezza non minore di cm. 90, a parete piena o con almeno due correnti. Il parapetto non e' richiesto quando sui bordi delle vasche sia applicata una difesa fino a cm. 90 dal pavimento. 3.4.2. Quando per esigenze della lavorazione o per condizioni di impianto non sia possibile applicare il parapetto di cui al punto 3.4.1., le aperture superiori dei recipienti devono essere provviste di solide coperture o di altre difese atte ad evitare il pericolo di caduta dei lavoratori entro di essi. 3.4.3. Per le canalizzazioni nell'interno degli stabilimenti e dei cantieri e per quelle esterne limitatamente ai tratti che servono da piazzali di lavoro non adibiti ad operazioni di carico e scarico, la difesa di cui al punto 3.4.1. deve avere altezza non minore di un metro. 3.4.4. Il presente articolo non si applica quando le vasche, le canalizzazioni, i serbatoi ed i recipienti, hanno una profondita' non superiore a metri uno e non contengono liquidi o materie dannose e sempre che siano adottate altre cautele. 3.5. Nei serbatoi, tini, vasche e simili che abbiano una profondita' di oltre 2 metri e che non siano provvisti di aperture di accesso al fondo, qualora non sia possibile predispone la scala fissa per l'accesso al fondo dei suddetti recipienti devono essere usate scale trasportabili, purche' provviste di ganci di trattenuta. 3.6.1. Le tubazioni e le canalizzazioni e le relative apparecchiature accessorie ed ausiliarie devono essere costruite e collocate in modo che: 3.6.1.1 in caso di perdite di liquidi o fughe di gas, o di rotture di elementi dell'impianto, non ne derivi danno ai lavoratori; 3.6.1.2 in caso di necessita' sia attuabile il massimo e piu' rapido svuotamento delle loro parti. 3.6.2. Quando esistono piu' tubazioni o canalizzazioni contenenti liquidi o gas nocivi o pericolosi di diversa natura, esse e le relative apparecchiature devono essere contrassegnate, anche ad opportuni intervalli se si tratta di reti estese, con distinta colorazione, il cui significato deve essere reso noto ai lavoratori mediante tabella esplicativa. 3.7. Le tubazioni e le canalizzazioni chiuse, quando costituiscono una rete estesa o comprendono ramificazioni secondarie, devono essere provviste di dispositivi, quali valvole, rubinetti, saracinesche e paratoie, atti ad effettuare l'isolamento di determinati tratti in caso di necessita'. 3.8. I serbatoi tipo silos per materie capaci di sviluppare gas o vapori, esplosivi o nocivi, devono, per garantire la sicurezza dei lavoratori, essere provvisti di appropriati dispositivi o impianti accessori, quali chiusure, impianti di ventilazione, valvole di esplosione. 3 9. . I serbatoi e le vasche contenenti liquidi o materie tossiche, corrosive o altrimenti pericolose, compresa l'acqua a temperatura ustionante, devono essere provvisti: 3.9.1.1. di chiusure che per i liquidi e materie tossiche devono essere a tenuta ermetica e per gli altri liquidi e materie dannose essere tali da impedire che i lavoratori possano venire a contatto con il contenuto; 3.9.1.2. di tubazioni di scarico di troppo pieno per impedire il rigurgito o traboccamento. 3.9.2. Qualora per esigenze tecniche le disposizioni di cui al punto 3.9.1.1. non siano attuabili, devono adottarsi altre idonee misure di sicurezza. 3.10. I recipienti adibiti al trasporto dei liquidi o materie infiammabili, corrosive, tossiche o comunque dannose devono essere provvisti: 3.10.1. di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto; 3.10.2. di accessori o dispositivi atti a rendere sicure ed agevoli le operazioni di riempimento e svuotamento; 3.10.3. di accessori di presa, quali maniglie, anelli, impugnature, atti a rendere sicuro ed agevole il loro impiego, in relazione al loro uso particolare; 3.10.4. di involucro protettivo adeguato alla natura del contenuto. 3.11.1. I recipienti di cui al punto 3.10., compresi quelli vuoti gia' usati, devono essere conservati in posti appositi e separati, con l'indicazione di pieno o vuoto se queste condizioni non sono evidenti. 3.11.2. Quelli vuoti, non destinati ad essere reimpiegati per le stesse materie gia' contenute, devono, subito dopo l'uso, essere resi innocui mediante appropriati lavaggi a fondo, oppure distrutti adottando le necessarie cautele. 3.11.3. In ogni caso e' vietato usare recipienti che abbiano gia' contenuto liquidi infiammabili o suscettibili di produrre gas o vapori infiammabili, o materie corrosive o tossiche, per usi diversi da quelli originari, senza che si sia provveduto ad una preventiva completa bonifica del loro interno, con la eliminazione di ogni traccia del primitivo contenuto o dei suoi residui o prodotti secondari di trasformazione.

4. MISURE CONTRO L'INCENDIO E L'ESPLOSIONE 4.1. Nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli specifici di incendio: 4.1.1. e' vietato fumare; 4.1.2. e' vietato usare apparecchi a fiamma libera e manipolare materiali incandescenti, a meno che non siano adottate idonee misure di sicurezza; 4.1.3. devono essere predisposti mezzi ed impianti di estinzione idonei in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati, in essi compresi gli apparecchi estintori portatili o carrellati di primo intervento. Detti mezzi ed impianti devono essere mantenuti in efficienza e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto; 4.2.1. L'acqua non deve essere usata per lo spegnimento di incendi, quando le materie con le quali verrebbe a contatto possono reagire in modo da aumentare notevolmente di temperatura o da svolgere gas infiammabili o nocivi. 4.2.2. Parimenti l'acqua e le altre sostanze conduttrici non devono essere usate in prossimita' di conduttori, macchine e apparecchi elettrici sotto tensione. 4.2.3. I divieti di cui al presente articolo devono essere resi noti al personale mediante avvisi. 4.3.1. Le aziende e le lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti e che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumita' dei lavoratori sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio ad esclusione delle attivita' svolte dal Ministero della difesa per le quali lo stesso Ministero provvede ai controlli e all'attuazione di idonee misure a salvaguardia dell'incolumita' dei lavoratori in conformita' ai provvedimenti specifici emanati in materia di prevenzione incendi. 4.4. I progetti di nuovi impianti o costruzioni di cui al precedente punto o di modifiche di quelli esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere sottoposti al preventivo esame del Comando provinciale dei vigili del fuoco, al quale dovra' essere richiesta la visita di controllo ad impianto o costruzione ultimati, prima dell'inizio delle lavorazioni. 4.5.1. Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri, esplosivi o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi o a produzione di scintille. 4.5.2. Idonee misure contro i riscaldamenti pericolosi o la produzione di scintille devono adottarsi nella scelta ed ubicazione dei locali e dei posti di lavoro e relativo arredamento, rispetto alla distanza dalle sorgenti di calore. 4.5.3. Analoghe misure devono essere adottate nell'abbigliamento dei lavoratori. 4.6.1. Il riscaldamento dei locali nei quali si compiono le operazioni o esistono i rischi per fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri, esplosivi o infiammabili deve essere ottenuto con mezzi e sistemi tali da evitare che gli elementi generatori o trasmittenti del calore possano raggiungere temperature capaci di innescare le materie pericolose ivi esistenti. 4.6.2. Nei casi indicati al punto precedente le finestre e le altre aperture esistenti negli stessi locali devono essere protette contro la penetrazione dei raggi solari. 4.7.1. Nei locali di cui all'articolo precedente devono essere predisposte nelle pareti o nei solai adeguate superfici di minor resistenza atte a limitare gli effetti delle esplosioni. 4.7.2. Dette superfici possono essere anche costituite da normali finestre o da intelaiature a vetri cieche fissate a cerniera ed apribili verso l'esterno sotto l'azione di una limitata pressione. 4.7.3. In ogni caso dette superfici di minor resistenza devono essere disposte in modo che il loro eventuale funzionamento non possa arrecare danno alle persone. 4.8.1. Negli stabilimenti dove si producono differenti qualita' di gas non esplosivi ne' infiammabili di per se stessi, ma le cui miscele possono dar luogo a reazioni pericolose, le installazioni che servono alla preparazione di ciascuna qualita' di gas devono essere sistemate in locali isolati, sufficientemente distanziati fra loro. 4.8.2. La disposizione di cui al punto precedente non si applica quando i diversi gas sono prodotti contemporaneamente dallo stesso processo, sempreche' siano adottate idonee misure per evitare la formazione di miscele pericolose. 4.9. Le materie ed i prodotti suscettibili di reagire fra di loro dando luogo alla formazione di gas o miscele esplosive o infiammabili devono essere immagazzinati e conservati in luoghi o locali sufficientemente areati e distanziati ed adeguatamente isolati gli uni dagli altri. 4.10. I dispositivi di aspirazione per gas, vapori e polveri esplosivi o infiammabili, tanto se predisposti in applicazione del punto 2.1.8.1., quanto se costituenti elementi degli impianti di produzione o di lavorazione, devono rispondere ai seguenti requisiti: 4.10.1. essere provvisti di valvole di esplosione, collocate all'esterno dei locali in posizione tale da non arrecare danno alle persone in caso di funzionamento; 4.10.2. avere tutte le parti metalliche collegate fra loro ed il relativo complesso collegato elettricamente a terra; 4.10.3. essere provvisti, in quanto necessario, di mezzi per la separazione e la raccolta delle polveri esplosive o infiammabili; 4.10.4. avere lo scarico in luogo dove i gas, i vapori e le polveri non possono essere causa di pericolo. 4.11. Nelle installazioni in cui possono svilupparsi gas, vapori o polveri suscettibili di dar luogo a miscele esplosive, devono essere adottati impianti distinti di aspirazione per ogni qualita' di gas, vapore o polvere, oppure adottate altre misure idonee ad evitare i pericoli di esplosione.

5. PRIMO SOCCORSO 5.1. Nelle aziende industriali, e in quelle commerciali che occupano piu' di 25 dipendenti, il datore di lavoro deve tenere i presidi sanitari indispensabili per prestare le prime immediate cure ai lavoratori feriti o colpiti da malore improvviso. 5.2. Detti presidi devono essere contenuti in un pacchetto di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una camera di medicazione. 5.3. La quantita' e la specie dei presidi chirurgici e farmaceutici sono definiti dal decreto del Ministro della salute 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni. 5.4. Pacchetto di medicazione: 5.4.1. Sono obbligate a tenere un pacchetto di medicazione le aziende industriali che non si trovano nelle condizioni indicate nei successivi punti 5.5. e 5.6., nonche' le aziende commerciali che occupano piu' di 25 dipendenti. 5.5. Cassetta di pronto soccorso: 5.5. I . Sono obbligate a tenere una cassetta di pronto soccorso: 5.5.1.1. le aziende industriali, che occupano fino a 5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attivita' che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento; 5.5.1.2. le aziende industriali, che occupano fino a 50 dipendenti, quando siano ubicate in localita' di difficile accesso o lontane da posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attivita' che in esse si svolgono non presentino i rischi considerati alla lettera a); 5.5.1.3. le aziende industriali, che occupano oltre 5 dipendenti, quando siano ubicate nei centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attivita' che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento; 5.5.1.4. le aziende industriali, che occupano oltre 50 dipendenti, ovunque ubicate che non presentano i rischi particolari sopra indicati. 5.6. Camera di medicazione: 5.6.1. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione le aziende industriali che occupano piu' di 5 dipendenti quando siano ubicate lontano dai posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attivita' che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento. 5.6.2. Quando, a giudizio dell'organo di vigilanza, ricorrano particolari condizioni di rischio e di ubicazione, le aziende di cui al precedente punto 5.5., in luogo della cassetta di pronto soccorso, sono obbligate ad allestire la camera di medicazione. 5.6.3. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione anche le aziende industriali che occupano piu' di 50 dipendenti soggetti all'obbligo delle visite mediche preventive e periodiche a norma dell'articolo 40 del presente decreto. 5.6.4. La camera di medicazione, oltre a contenere i presidi sanitari previsti al punto 5.1., deve essere convenientemente aerata ed illuminata, riscaldata nella stagione fredda e fornita di un lettino con cuscino e due coperte di lana; di acqua per bere e per lavarsi; di sapone e asciugamani. 5.7. 1 . Nei complessi industriali, ove la distanza dei vari reparti di lavoro dal posto di pronto soccorso della azienda e' tale da non garantire la necessaria tempestivita' delle cure, l'organo di vigilanza puo' prescrivere che l'azienda, oltre a disporre del posto centrale di pronto soccorso, provveda ad istituirne altri localizzati nei reparti piu' lontani o di piu' difficile accesso. 5.7.2. Detti posti di soccorso, quando le lavorazioni non presentino particolari rischi, devono essere dotati del pacchetto di medicazione. L'organo di vigilanza, in relazione al numero degli operai occupati nel reparto ed alla lontananza di questo dal posto di pronto soccorso, puo' prescrivere che sia tenuta, in luogo del pacchetto di medicazione, la cassetta del pronto soccorso. 5.7.3. Quando le lavorazioni eseguite nei vari reparti presentino rischi specifici, l'organo di vigilanza puo' altresi' prescrivere che vi siano sul posto i presidi e le apparecchiature di pronto soccorso ritenuti necessari in relazione alla natura e alla pericolosita' delle lavorazioni. 5.8. Personale sanitario: 5.8.1. Nelle aziende ove i lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria deve essere affisso in luogo ben visibile un cartello indicante il nome, il cognome e il domicilio od il recapito del medico a cui si puo' ricorrere ed eventualmente il numero del suo telefono, oppure il posto di soccorso pubblico piu' vicino all'azienda. 5.8.2. Nelle aziende di cui ai punti 5.5. e 5.6., un infermiere od, in difetto, una persona pratica dei servizi di infermeria, deve essere incaricato di curare la buona conservazione dei locali, degli arredi e dei materiali destinati al pronto soccorso.

6. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE AZIENDE AGRICOLE 6.1. Abitazioni e dormitori: 6.1.1. Ferme restando le disposizioni relative alle condizioni di abitabilita' delle case rurali, contenute nel testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e' vietato di adibire ad abitazioni di lavoratori stabili o a dormitorio di lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico: 6.1.1.1 grotte naturali od artificiali o costruzioni di qualunque specie le cui pareti o coperture sono costituite in tutto od in parte dalla roccia; 6.1.1.2 capanne costruite in tutto o in parte con paglia, fieno, canne, frasche o simili, oppure anche tende od altre costruzioni di ventura. 6.1.2. E fatta eccezione per i ricoveri diurni e per i soli lavori non continuativi, ne' periodici che si devono eseguire in localita' distanti piu' di cinque chilometri dal centro abitato, per il qual caso si applicano le disposizioni di cui al punto 1.14.3.. 6.1.3. E' fatta pure eccezione per i ricoveri dei pastori, quando siano destinati ad essere abitati per la sola durata del pascolo e si debbano cambiare col mutare delle zone a questo di mano in mano assegnate. 6.2. Dormitori temporanei: 6.2.1. Le costruzioni fisse o mobili, adibite ad uso di dormitorio dei lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico, devono rispondere alle condizioni prescritte per le costruzioni di cui ai punti 1.14.4.1., 1.14.4.2., 1.14.4.2.1., 1.14.4.2.2., 1.14.4.2.3., 1.14.4.2.4., 1.14.4.2.5., 1.14.4.2.6., 1.14.4.3., 1.14.4.4., 1.14.4.5., 1.14.4.6. del presente decreto. 6.2.2. L'organo di vigilanza puo' prescrivere che i dormitori dispongano dei servizi accessori previsti al punto 1.14.4.6., quando li ritenga necessari in relazione alla natura e alla durata dei lavori, nonche' alle condizioni locali. 6.3. Acqua: 6.3.1. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua potabile ai lavoratori devono essere osservate le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie. 6.4. Acquai e latrine: 6.4.1. Le abitazioni stabili assegnate dal datore di lavoro ad ogni famiglia di lavoratori devono essere provviste di acquaio e di latrina. 6.4.2. Gli scarichi degli acquai, dei lavatoi e degli abbeveratoi devono essere costruiti in modo che le acque siano versate nel terreno a distanza non inferiore a 25 metri dall'abitazione, nonche' dai depositi e dalle condutture dell'acqua potabile. 6.4.3. Gli scarichi delle latrine devono essere raccolti in bottini impermeabili e muniti di tubo sfogatore di gas. 6.4.4. I locali delle latrine non devono comunicare direttamente con le stanze di abitazione, a meno che le latrine non siano a chiusura idraulica. 6.5. Stalle e concimaie: 6.5.1. Le stalle non devono comunicare direttamente con i locali di abitazione o con i dormitori. 6.5.2. Quando le stalle siano situate sotto i locali predetti devono avere solaio costruito in modo da impedire il passaggio del gas. 6.5.3. Le stalle devono avere pavimento impermeabile ed essere munite di fossetti di scolo per le deiezioni liquide, da raccogliersi in appositi bottini collocati fuori dalle stalle stesse secondo le norme consigliate dalla igiene. 6.5.4. Nei locali di nuova costruzione le stalle non devono avere aperture nella stessa facciata ove si aprono le finestre delle abitazioni o dei dormitori a distanza minore di 3 metri in linea orizzontale. 6.5.5. Le concimaie devono essere normalmente situate a distanza non minore di 25 metri dalle abitazioni o dai dormitori nonche' dai depositi e dalle condutture dell'acqua potabile. 6.5.6. Qualora, per difficolta' provenienti dalla ubicazione, non sia possibile mantenere la distanza suddetta, l'Ispettorato del lavoro puo' consentire che la concimaia venga situata anche a distanze minori. 6.6. Mezzi di pronto soccorso e di profilassi: 6.6.1. Le aziende che occupano almeno cinque lavoratori, devono tenere il pacchetto di medicazione di cui al punto 6.4.; quando il numero dei lavoratori superi i cinquanta, le aziende devono tenere la cassetta di pronto soccorso di cui al punto predetto. 6.6.2. Le aziende devono altresi' tenere a disposizione dei lavoratori addetti alla custodia del bestiame i mezzi di disinfezione necessari per evitare il contagio delle malattie infettive. 6.6.3. Nelle attivita' concernenti il diserbamento, la distruzione dei parassiti delle piante, dei semi e degli animali, la distruzione dei topi o di altri animali nocivi, nonche' in quelle concernenti la prevenzione e la cura delle malattie infettive del bestiame e le disinfezioni da eseguire nei luoghi e sugli oggetti infetti ed, in genere, nei lavori in cui si adoperano o si producono sostanze asfissianti, tossiche, infettanti o comunque nocive alla salute dei lavoratori, devono essere osservate le disposizioni contenute ai punti 2.1.1., 2.1.2., 2.1.3. e 2.1.4..

ALLEGATO V

REQUISITI DI SICUREZZA DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO COSTRUITE IN
ASSENZA DI DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI DI RECEPIMENTO
DELLE DIRETTIVE COMUNITARIE DI PRODOTTO, O MESSE A DISPOSIZIONE
DEI LAVORATORI ANTECEDENTEMENTE ALLA DATA DELLA LORO EMANAZIONE.

PARTE I
REQUISITI GENERALI APPLICABILI A TUTTE LE ATTREZZATURE DI LAVORO

1. Osservazioni di carattere generale
1.1 I requisiti del presente allegato si applicano allorche' esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
1.2 Eventuali disposizioni concernenti l'uso di talune attrezzature di lavoro sono riportate nel presente allegato al fine di consentirne l'impiego sicuro, in relazione ai loro rischi specifici.
2. Sistemi e dispositivi di comando
2.1. I sistemi di comando devono essere sicuri ed essere scelti tenendo conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili nell'ambito dell'uso progettato dell'attrezzatura. I dispositivi di comando di un'attrezzatura di lavoro aventi un'incidenza sulla sicurezza devono essere chiaramente visibili, individuabili ed eventualmente contrassegnati in maniera appropriata.
I dispositivi di comando devono essere ubicati al di fuori delle zone pericolose, eccettuati, se necessario, taluni dispositivi di comando, quali ad es. gli arresti d emergenza, le consolle di apprendimento dei robot, ecc, e disposti in modo che la loro manovra non possa causare rischi supplementari. Essi non devono comportare rischi derivanti da una manovra accidentale.
Se necessario, dal posto di comando principale l'operatore deve essere in grado di accertarsi dell'assenza di persone nelle zone pericolose. Se cio' non dovesse essere possibile, qualsiasi messa in moto dell'attrezzatura di lavoro deve essere preceduta automaticamente da un segnale d'avvertimento sonoro e/o visivo. La persona esposta deve avere il tempo e/o i mezzi di sottrarsi rapidamente ad eventuali rischi causati dalla messa in moto e/o dall'arresto dell'attrezzatura di lavoro.
I dispositivi di comando devono essere bloccabili, se necessario in rapporto ai rischi di azionamento intempestivo o involontario.
I motori soggetti a variazioni di velocita' che possono essere fonte di pericolo devono essere provvisti di regolatore automatico di velocita', tale da impedire che questa superi i limiti prestabiliti. Il regolatore deve essere munito di un dispositivo che ne segnali il mancato funzionamento.
2.2. La messa in moto di un'attrezzatura deve poter essere effettuata soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine.
Lo stesso vale:
- per la rimessa in moto dopo un arresto, indipendentemente dalla sua origine,
- per il comando di una modifica rilevante delle condizioni di funzionamento (ad esempio, velocita', pressione, ecc.), salvo che questa rimessa in moto o modifica di velocita' non presenti nessun pericolo per il lavoratore esposto.
Questa disposizione non si applica quando la rimessa in moto o la modifica delle condizioni di funzionamento risultano dalla normale sequenza di un ciclo automatico.
2.3. Ogni attrezzatura di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di comando che ne permetta l'arresto generale in condizioni di sicurezza.
Ogni postazione di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di comando che consenta di arrestare, in funzione dei rischi esistenti, tutta l'attrezzatura di lavoro, oppure soltanto una parte di essa, in modo che l'attrezzatura si trovi in condizioni di sicurezza. L'ordine di arresto dell'attrezzatura di lavoro deve essere prioritario rispetto agli ordini di messa in moto. Ottenuto l'arresto dell'attrezzatura di lavoro, o dei suoi elementi pericolosi, l'alimentazione degli azionatori deve essere interrotta.
2.4. Se cio' e' appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.
3. Rischi di rottura, proiezione e caduta di oggetti durante il funzionamento
3.1. Un'attrezzatura di lavoro che presenti pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza, corrispondenti a tali pericoli.
3.2. Nel caso in cui esistano rischi di spaccatura o di rottura di elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro, tali da provocare seri pericoli per la sicurezza o la salute dei lavoratori, devono essere prese le misure di protezione appropriate.
4. Emissioni di gas, vapori, liquidi, polvere, ecc.
4.1. Un'attrezzatura di lavoro che comporti pericoli dovuti ad emanazioni di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polveri, fumi o altre sostanze prodotte, usate o depositate nell'attrezzatura di lavoro deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta e/o di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.
5. Stabilita'
5.1. Qualora cio' risulti necessario ai fini della sicurezza o della salute dei lavoratori, le attrezzature di lavoro ed i loro elementi debbono essere resi stabili mediante fissazione o con altri mezzi.
6. Rischi dovuti agli elementi mobili
6.1. Se gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima che sia possibile accedere alle zone in questione.
Le protezioni ed i sistemi protettivi:
- devono essere di costruzione robusta,
- non devono provocare rischi supplementari,
- non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci,
- devono essere situati ad una sufficiente distanza dalla zona pericolosa,
- non devono limitare piu' del necessario l'osservazione del ciclo di lavoro,
- devono permettere gli interventi indispensabili per l'installazione e/o la sostituzione degli attrezzi, nonche' per i lavori di manutenzione, limitando pero' l'accesso unicamente al settore dove deve essere effettuato il lavoro e, se possibile, senza che sia necessario smontare le protezioni o il sistema protettivo.
6.2. Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione non sia possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli organi lavoratori e delle zone di operazione pericolose delle attrezzature di lavoro si devono adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo, quali idonei attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l'arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo simultaneo.
6.3. Gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle attrezzature di lavoro, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della attrezzatura di lavoro tale che:
a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando l'attrezzatura di lavoro e' in moto o provochi l'arresto dell'attrezzatura di lavoro all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo;
b) non consenta l'avviamento dell'attrezzatura di lavoro se il riparo non e' nella posizione di chiusura.
6.4. Nei casi previsti nei punti 6.2 e 6.3, quando gli organi lavoratori non protetti o non completamente protetti possono afferrare, trascinare o schiacciare e sono dotati di notevole inerzia, il dispositivo di arresto dell'attrezzatura di lavoro, oltre ad avere l'organo di comando a immediata portata delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore, deve comprendere anche un efficace sistema di frenatura che consenta l'arresto nel piu' breve tempo possibile.
6.5. Quando per effettive esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere o segregare in modo completo gli organi lavoratori e le zone di operazione pericolose delle attrezzature di lavoro, la parte di organo lavoratore o di zona di operazione non protetti deve essere limitata al minimo indispensabile richiesto da tali esigenze e devono adottarsi misure per ridurre al minimo il pericolo.
7. Illuminazione
7.1. Le zone di operazione ed i punti di lavoro o di manutenzione di un'attrezzatura di lavoro devono essere opportunamente illuminati in funzione dei lavori da effettuare.
8.Temperature estreme
8.1. Le parti di un'attrezzatura di lavoro a temperatura elevata o molto bassa debbono, ove necessario, essere protette contro i rischi di contatti o di prossimita' a danno dei lavoratori.
9. Segnalazioni, indicazioni.
9.1. I dispositivi di allarme dell'attrezzatura di lavoro devono essere ben visibili e le relative segnalazioni comprensibili senza possibilita' di errore.
9.2. L'attrezzatura di lavoro deve recare gli avvertimenti e le indicazioni indispensabili a garantire la sicurezza dei lavoratori.
9.3. Gli strumenti indicatori, quali manometri, termometri, pirometri, indicatori di livello devono essere collocati e mantenuti in modo che le loro indicazioni siano chiaramente visibili al personale addetto all'impianto o all'apparecchio.
9.4. Le macchine e gli apparecchi elettrici devono portare l'indicazione della tensione, dell'intensita' e del tipo di corrente e delle altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l'uso.
9.5. Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento di trasmissioni inseribili senza arrestare il motore che comanda la trasmissione principale devono essere preceduti da un segnale acustico convenuto.
10. Vibrazioni
10.1. Le attrezzature di lavoro devono essere costruite, installate e mantenute in modo da evitare scuotimenti o vibrazioni che possano pregiudicare la loro stabilita', la resistenza dei loro elementi e la stabilita' degli edifici.
10.2. Qualora lo scuotimento o la vibrazione siano inerenti ad una specifica funzione tecnologica dell'attrezzatura di lavoro, devono adottarsi le necessarie misure o cautele affinche' cio' non sia di pregiudizio alla stabilita' degli edifici od arrechi danno alle persone.
11. Manutenzione, riparazione, regolazione ecc.
11.1. Le operazioni di manutenzione devono poter essere effettuate quando l'attrezzatura di lavoro e' ferma. Se cio' non e' possibile, misure di protezione appropriate devono poter essere prese per l'esecuzione di queste operazioni oppure esse devono poter essere effettuate al di fuori delle zone pericolose.
Per ciascuna attrezzatura di lavoro per la quale sia fornito un libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.
11.2. Ogni attrezzatura di lavoro deve essere munita di dispositivi chiaramente identificabili che consentano di isolarla da ciascuna delle sue fonti di energia.
Il ripristino dell'alimentazione deve essere possibile solo in assenza di pericolo per i lavoratori interessati.
11.3. Per effettuare le operazioni di produzione, di regolazione e di manutenzione delle attrezzature di lavoro, i lavoratori devono poter accedere in condizioni di sicurezza a tutte le zone interessate.
11.4. Le attrezzature di lavoro che per le operazioni di caricamento, registrazione, cambio di pezzi, pulizia, riparazione e manutenzione, richiedono che il lavoratore si introduca in esse o sporga qualche parte del corpo fra organi che possono entrare in movimento, devono essere provviste di dispositivi, che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo dell'attrezzatura di lavoro e dei suoi organi durante l'esecuzione di dette operazioni. Devono altresi' adottarsi le necessarie misure e cautele affinche' l'attrezzatura di lavoro o le sue parti non siano messe in moto da altri.
12. Incendio ed esplosione
12.1. Tutte le attrezzature di lavoro debbono essere adatte a proteggere i lavoratori contro i rischi d'incendio o di surriscaldamento dell'attrezzatura stessa.
12.2. Tutte le attrezzature di lavoro devono essere adatte a prevenire i rischi di esplosione dell'attrezzatura stessa e delle sostanze prodotte, usate o depositate nell'attrezzatura di lavoro.

PARTE II
PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI AD ATTREZZATURE
DI LAVORO SPECIFICHE

1 Prescrizioni applicabili alle attrezzature in pressione
1.1 Le attrezzature, insiemi ed impianti sottoposti a pressione di liquidi, gas, vapori, e loro miscele, devono essere progettati e costruiti in conformita' ai requisiti di resistenza e idoneita' all'uso stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia, valutando in particolare i rischi dovuti alla pressione ed alla temperatura del fluido nei riguardi della resistenza del materiale della attrezzatura e dell'ambiente circostante alla attrezzatura stessa
2 Prescrizioni applicabili ad attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no.
2.1 Le attrezzature di lavoro con lavoratore/i a bordo devono essere strutturate in modo tale da ridurre i rischi per il lavoratore/i durante lo spostamento.
Deve essere previsto anche il rischio che il lavoratore venga a contatto con le ruote o i cingoli o vi finisca intrappolato.
2.2 Qualora il bloccaggio intempestivo degli elementi di trasmissione d'energia accoppiabili tra un'attrezzatura di lavoro mobile e i suoi accessori e/o traini possa provocare rischi specifici, questa attrezzatura di lavoro deve essere realizzata in modo tale da impedire il bloccaggio degli elementi di trasmissione d'energia.
Nel caso in cui tale bloccaggio non possa essere impedito, dovra' essere presa ogni precauzione possibile per evitare conseguenze pregiudizievoli per i lavoratori.
2.3 Se gli organi di trasmissione di energia accoppiabili tra attrezzature di lavoro mobili rischiano di sporcarsi e di rovinarsi strisciando al suolo, deve essere possibile il loro fissaggio.
2.4 Le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore/i a bordo devono limitare, nelle condizioni di utilizzazione reali, i rischi derivanti da un ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro:
- mediante una struttura di protezione che impedisca all'attrezzatura di ribaltarsi di piu' di un quarto di giro,
- ovvero mediante una struttura che garantisca uno spazio sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori trasportati a bordo qualora il movimento possa continuare oltre un quarto di giro,
- ovvero mediante qualsiasi altro dispositivo di portata equivalente.
Queste strutture di protezione possono essere integrate all'attrezzatura di lavoro.
Queste strutture di protezione non sono obbligatorie se l'attrezzatura di lavoro e' stabilizzata durante tutto il periodo d'uso, oppure se l'attrezzatura di lavoro e' concepita in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della stessa.
Se sussiste il pericolo che in caso di ribaltamento, il lavoratore o i lavoratori trasportati rimangano schiacciati tra parti dell'attrezzatura di lavoro e il suolo, deve essere installato un sistema di ritenzione.
2.5 I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o piu' lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio,
- istallando una cabina per il conducente,
- mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore,
- mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo,
- mediante una struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso
2.6 Le attrezzature di lavoro mobili semoventi il cui spostamento puo' comportare rischi per le persone devono soddisfare le seguenti condizioni:
a. esse devono essere dotate dei mezzi necessari per evitare la messa in moto non autorizzata;
b. esse devono essere dotate dei mezzi appropriati che consentano di ridurre al minimo le conseguenze di un'eventuale collisione in caso di movimento simultaneo di piu' attrezzature di lavoro circolanti su rotaia;
c. esse devono essere dotate di un dispositivo che consenta la frenatura e l'arresto; qualora considerazioni di sicurezza l'impongano, un dispositivo di emergenza con comandi facilmente accessibili o automatici deve consentire la frenatura e l'arresto in caso di guasto del dispositivo principale;
d. quando il campo di visione diretto del conducente e' insufficiente per garantire la sicurezza, esse devono essere dotate di dispositivi ausiliari per migliorare la visibilita';
e. le attrezzature di lavoro per le quali e' previsto un uso notturno o in luoghi bui devono incorporare un dispositivo di illuminazione adeguato al lavoro da svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;
f. le attrezzature di lavoro che comportano, di per se' o a causa dei loro traini e/o carichi, un rischio di incendio suscettibile di mettere in pericolo i lavoratori, devono essere dotate di appropriati dispositivi antincendio a meno che tali dispositivi non si trovino gia' ad una distanza sufficientemente ravvicinata sul luogo in cui esse sono usate;
g. le attrezzature di lavoro telecomandate devono arrestarsi automaticamente se escono dal campo di controllo;
h. le attrezzature di lavoro telecomandate che, usate in condizioni normali, possono comportare rischi di urto o di intrappolamento dei lavoratori, devono essere dotate di dispositivi di protezione contro tali rischi, a meno che non siano installati altri dispositivi per controllare il rischio di urto.
2.7 Al termine delle linee di trasporto su binari, sia in pendenza che orizzontali, devono essere predisposti mezzi o adottate misure per evitare danni alle persone derivanti da eventuali fughe o fuoruscite dei veicoli.
2.8 I dispositivi che collegano fra loro i mezzi di trasporto devono essere costruiti in modo da rendere possibile di effettuare con sicurezza le manovre di attacco e di distacco e da garantire la stabilita' del collegamento.
E' vietato procedere, durante il moto, all'attacco e al distacco dei mezzi di trasporto, a meno che questi non siano provvisti di dispositivi che rendano la manovra non pericolosa e che il personale addetto sia esperto.
2.9 I mezzi di trasporto azionati da motori elettrici devono avere la maniglia dell'interruttore principale asportabile o bloccabile, oppure gli apparati di comando sistemati in cabina o armadio chiudibili a chiave.
I conducenti di detti mezzi, alla cessazione del servizio, devono asportare o bloccare la maniglia dell'interruttore o chiudere a chiave la cabina.
2.10 I piani inclinati con rotaie devono essere provvisti, all'inizio del percorso in pendenza alla stazione superiore, di dispositivi automatici di sbarramento per impedire la fuga di vagonetti o di convogli liberi.
Alla stazione o al limite inferiore e lungo lo stesso percorso del piano inclinato, in relazione alle condizioni di impianto devono essere predisposte nicchie di rifugio per il personale. Deve essere vietato alle persone di percorrere i piani inclinati durante il funzionamento, a meno che il piano stesso non comprenda ai lati dei binari, passaggi aventi larghezza e sistemazioni tali da permettere il transito pedonale senza pericolo.
2.11 I piani inclinati devono essere provvisti di dispositivo di sicurezza atto a provocare il pronto arresto dei carrelli o dei convogli in caso di rottura o di allentamento degli organi di trazione, quando cio' sia necessario in relazione alla lunghezza, alla pendenza del percorso, alla velocita' di esercizio o ad altre particolari condizioni di impianto, e comunque quando siano usati, anche saltuariamente, per il trasporto delle persone.
Quando per ragioni tecniche connesse con le particolarita' dell'impianto o del suo esercizio, non sia possibile adottare il dispositivo di cui al primo comma, gli organi di trazione e di attacco dei carrelli devono presentare un coefficiente di sicurezza, almeno uguale a otto; in tal caso e' vietato l'uso dei piani inclinati per il trasporto delle persone.
In ogni caso, gli organi di trazione e di attacco, come pure i dispositivi di sicurezza devono essere sottoposti a verifica mensile.
2.12 I serbatoi del carburante liquido e le bombole dei gas compressi destinati all'azionamento dei veicoli devono essere sistemati in modo sicuro e protetti contro le sorgenti di calore e contro gli urti.
2.13 I mezzi di trasporto meccanici, se per determinati tratti di percorso sono mossi direttamente dai lavoratori, devono essere provvisti di adatti elementi di presa che rendano la manovra sicura.
2.14 I veicoli nei quali lo scarico si effettua mediante ribaltamento devono essere provvisti di dispositivi che impediscano il ribaltamento accidentale e che consentano di eseguire la manovra in modo sicuro.
2.15 All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta. Tali ripari devono essere disposti a non oltre m. 0,50 sotto il margine del piano di manovra e sporgere da questo per almeno m. 2.
2.16 Le teleferiche dai cui posti di manovra non sia possibile controllare tutto il percorso devono avere in ogni stazione o posto di carico e scarico, un dispositivo che consenta la trasmissione dei segnali per le manovre dalla stazione principale.
2.17 L'ingrassatura delle funi portanti delle teleferiche e degli impianti simili deve essere effettuata automaticamente mediante apparecchio applicato ad apposito carrello.
3 Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all'immagazzinamento di carichi.
3.1 Prescrizioni generali
3.1.1 Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere costruite in modo da assicurare la solidita' e la stabilita' durante l'uso tenendo in considerazione innanzi tutto i carichi da sollevare e le sollecitazioni che agiscono sui punti di sospensione o di ancoraggio alle strutture.
3.1.2 Per le gru a ponte ed apparecchi assimilabili la freccia massima di deformazione elastica, sotto il carico di prova, deve risultare contenuto nei limiti di seguito indicati:
- per travi ad anima piena laminate con argani per azionamento meccanico: f ≤ 1/750 luce;
- per travi ad anima piena, composite, con argani ad azionamento meccanico con velocita' di manovra ≤ 25 m/min: f≤1/750 luce;
- per travi ad anima piena, composite, con argani ad azionamento meccanico con velocita' di manovra > 25 m/min: f≤1/1000 luce;
- per travi a struttura reticolare: f≤1/1000 luce.
Nel caso di travi a mensola si considera una luce teorica pari alla lunghezza della mensola; nel caso di travi con aggetto (e simili) si assume come luce teorica la lunghezza complessiva somma dell'aggetto e della distanza tra i due punti di appoggio piu' vicini all'aggetto: la distanza maggiore tra la trave in flessa e la linea retta passante per le due estremita' della trave rappresentera' la freccia da rilevare che dovra' risultare compresa nei limiti precedentemente indicati.
Il carico di prova deve corrispondere a quello dichiarato dal costruttore, per le diverse condizioni di impiego, aumentate del:
- 25% per le autogru';
- 20% per le gru a torre ed apparecchi assimilabili;
- 10% per tutti gli altri apparecchi.
Il carico di prova deve essere staticamente applicato per un tempo di 15 min.
3.1.3 Le macchine adibite al sollevamento di carichi, escluse quelle azionate a mano, devono recare un'indicazione chiaramente visibile del loro carico nominale e, all'occorrenza, una targa di carico indicante il carico nominale di ogni singola configurazione della macchina.
Gli accessori di sollevamento devono essere marcati in modo da poterne identificare le caratteristiche essenziali ai fini di un'utilizzazione sicura.
I ganci utilizzati nei mezzi di sollevamento e di trasporto devono portare in rilievo o incisa la chiara indicazione della loro portata massima ammissibile.
Se l'attrezzatura di lavoro non e' destinata al sollevamento di persone, una segnalazione in tal senso dovra' esservi apposta in modo visibile onde non ingenerare alcuna possibilita' di confusione.
3.1.4 Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre il rischio che i carichi:
a) urtino le persone,
b) in modo involontario derivino pericolosamente o precipitino in caduta libera, ovvero
c) siano sganciati involontariamente.
3.1.5 I mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico e del mezzo e, quando e' necessario ai fini della sicurezza, a consentire la gradualita' dell'arresto. Il presente punto non si applica ai mezzi azionati a mano per i quali, in relazione alle dimensioni, struttura, portata, velocita' e condizioni di uso, la mancanza del freno non costituisca causa di pericolo.
3.1.6 Nei casi in cui l'interruzione dell'energia di azionamento puo' comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l'arresto automatico sia del mezzo che del carico.
In ogni caso l'arresto deve essere graduale onde evitare eccessive sollecitazioni nonche' il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilita' del carico.
3.1.7 I mezzi di sollevamento e di trasporto quando ricorrano specifiche condizioni di pericolo devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonche' di illuminazione del campo di manovra.
3.1.8 Gli apparecchi e gli impianti di sollevamento e di trasporto per trazione, provvisti di tamburi di avvolgimento e di pulegge di frizione, come pure di apparecchi di sollevamento a vite, devono essere muniti di dispositivi che impediscano:
a) l'avvolgimento e lo svolgimento delle funi o catene o la rotazione della vite, oltre le posizioni limite prestabilite ai fini della sicurezza in relazione al tipo o alle condizioni d'uso dell'apparecchio (dispositivo di arresto automatico di fine corsa);
b) la fuoruscita delle funi o catene dalla sede dei tamburi e delle pulegge durante il normale funzionamento.
Sono esclusi dall'applicazione della disposizione di cui alla lettera a) i piccoli apparecchi per i quali in relazione alle loro dimensioni, potenza, velocita' e condizioni di uso, la mancanza dei dispositivi di arresto automatico di fine corsa non costituisca causa di pericolo.
3.1.9 I tamburi e le pulegge degli apparecchi ed impianti indicati al punto 2.1.8 devono avere le sedi delle funi e delle catene atte, per dimensioni e profilo, a permettere il libero e normale avvolgimento delle stesse funi o catene in modo da evitare accavallamenti o sollecitazioni anormali.
Quando per particolari esigenze vengono usati tamburi o pulegge in condizioni diverse da quelle previste dal comma precedente, devono essere impiegate funi o catene aventi dimensioni e resistenza adeguate alla maggiore sollecitazione a cui possono essere sottoposte
3.1.10 I tamburi e le pulegge motrici degli apparecchi ed impianti indicati nel punto 2.7 sui quali si avvolgono funi metalliche, salvo quanto previsto da disposizioni speciali, devono avere un diametro non inferiore a 25 volte il diametro delle funi ed a 300 volte il diametro dei fili elementari di queste. Per le pulegge di rinvio il diametro non deve essere inferiore rispettivamente a 20 e a 250 volte.
3.1.11 Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile, un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le funi composte di fibre e 5 per le catene.
3.1.12 Gli attacchi delle funi e delle catene devono essere eseguiti in modo da evitare sollecitazioni pericolose, nonche' impiglianti o accavallamenti.
Le estremita' libere delle funi, sia metalliche, sia composte di fibre, devono essere provviste di piombatura o legatura o morsettatura, allo scopo di impedire lo scioglimento dei trefoli e dei fili elementari.
3.1.13 I posti di manovra dei mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto devono:
a) potersi raggiungere senza pericolo;
b) essere costruiti o difesi in modo da consentire l'esecuzione delle manovre, i movimenti e la sosta, in condizioni di sicurezza;
c) permettere la perfetta visibilita' di tutta la zona di azione del mezzo.
3.1.14 Gli organi di comando dei mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere collocati in posizione tale che il loro azionamento risulti agevole e portare la chiara indicazione delle manovre a cui servono.
Gli stessi organi devono essere conformati, protetti o disposti in modo da impedire la messa in moto accidentale.
3.1.16 Le modalita' di impiego degli apparecchi di sollevamento e di trasporto ed i segnali prestabiliti per l'esecuzione delle manovre devono essere richiamati mediante avvisi chiaramente leggibili.
3.2 Gru, argani, paranchi e simili
3.2.1 I piani di posa delle rotaie di scorrimento delle gru a ponte utilizzabili per l'accesso al carro ponte e per altre esigenze di carattere straordinario relative all'esercizio delle gru medesime devono essere agevolmente percorribili e provvisti di solido corrimano posto ad altezza di circa un metro dagli stessi piani e ad una distanza orizzontale non minore di 50 centimetri dalla sagoma di ingombro del carro ponte.
Detti piani devono avere una larghezza di almeno 60 centimetri oltre la sagoma di ingombro della gru.
3.2.2 Le gru a ponte, le gru a portale e gli altri mezzi di sollevamento-trasporto, scorrenti su rotaie devono essere provvisti alle estremita' di corsa, sia dei ponti che dei loro carrelli, di tamponi di arresto o respingenti adeguati per resistenza ed azione ammortizzante alla velocita' ed alla massa del mezzo mobile ed aventi altezza non inferiore ai 6/10 del diametro delle ruote.
3.2.3 Gli apparecchi di sollevamento-trasporto scorrenti su rotaie, oltre ai mezzi di arresto indicati nel punto 2.16, devono essere provvisti di dispositivo agente sull'apparato motore per l'arresto automatico del carro alle estremita' della sua corsa.
3.2.4 Gli elevatori azionati a motore devono essere costruiti in modo da funzionare a motore innestato anche nella discesa
3.3 Prescrizioni specifiche per attrezzature destinate ad essere usare durante l'esecuzione di lavori di costruzione, manutenzione, riparazione e demolizione di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno e in altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro.
3.3.1 Elevatori montati su impalcature di ponteggi
I montanti delle impalcature, quando gli apparecchi di sollevamento vengono fissati direttamente ad essi, devono essere rafforzati e controventati in modo da ottenere una solidita' adeguata alle maggiori sollecitazioni a cui sono sottoposti.
Nei ponti metallici i montanti, su cui sono applicati direttamente gli elevatori, devono essere di numero ampiamente sufficiente ed in ogni caso non minore di due. I bracci girevoli portanti le carrucole ed eventualmente gli argani degli elevatori devono essere assicurati ai montanti mediante staffe con bulloni a vite muniti di dado e controdado; analogamente deve essere provveduto per le carrucole di rinvio delle funi ai piedi dei montanti quando gli argani sono installati a terra.
Gli argani installati a terra, oltre ad essere saldamente ancorati, devono essere disposti in modo che la fune si svolga dalla parte inferiore del tamburo.
3.3.2 - Argani - Salita e discesa dei carichi nei cantieri
Gli argani a motore devono essere muniti di dispositivi di extra corsa superiore; e' vietata la manovra degli interruttori elettrici mediante funi o tiranti di ogni genere.
Gli argani o verricelli azionati a mano per altezze superiori a 5 metri devono essere muniti di dispositivo che impedisca la libera discesa del carico.
Le funi e le catene degli argani a motore devono essere calcolate per un carico di sicurezza non minore di 8.
3.3.3 - Trasporti con vagonetti su guide - Il binario di corsa dei vagonetti deve essere posato su terreno o altro piano resistente e mantenuto in buono stato per tutta la durata dei lavori.
Le rotaie debbono risultare saldamente assicurate alle traversine; le piattaforme girevoli devono essere provviste di dispositivo di blocco.
I binari debbono essere posati in modo da lasciare un franco libero di almeno 70 centimetri oltre la sagoma di ingombro dei veicoli.
Le passerelle o le andatoie destinate al transito dei veicoli devono lasciare un uguale franco, avere il piano di posa dei binari costituito da tavole accostate ed essere provviste di normali parapetti nonche' di tavole fermapiede.
Nelle passerelle od andatoie lunghe, qualora il franco sia limitato ad un sol lato, devono essere realizzate delle piazzole di rifugio ad opportuni intervalli lungo l'altro lato. Deve essere vietato ai lavoratori salire sui vagonetti spinti a mano.
3.3.4 - Pendenza dei binari - E' fatto divieto di disporre in pendenza il binario adducente alle scariche delle materie scavate o demolite.
Quando per esigenze tecniche o per condizioni topografiche non sia possibile evitare la posa del binario in pendenza, l'ultimo tratto deve essere in contropendenza. Alle estremita' del binario deve essere disposto un arresto di sicuro affidamento per la trattenuta del vagonetto.
3.3.5 - Transito e attraversamento sui piani inclinati - E' vietato il transito lungo i tratti di binario in pendenza quando i vagonetti sono in movimento.
Tale divieto deve essere espresso mediante avvisi posti alle due estremita' del percorso in pendenza.
Quando si renda necessario un attraversamento, davanti a ciascuno sbocco e parallelamente alle rotaie si devono applicare barriere con la parte centrale mobile di lunghezza pari almeno a tre volte la larghezza dell'attraversamento.
3.4 Elevatori e trasportatori a piani mobili, a tazze, a coclea, a nastro e simili
3.4.1 I trasportatori verticali a piani mobili e quelli a tazza e simili devono essere sistemati entro vani o condotti chiusi, muniti delle sole aperture necessarie per il carico e lo scarico.
3.4.2 Presso ogni posto di carico e scarico dei trasportatori verticali a piani mobili deve essere predisposto un dispositivo per il rapido arresto dell'apparecchio.
3.4.3 I trasportatori verticali a piani mobili, quelli a tazza e simili ed i trasportatori a nastro e simili aventi tratti del percorso in pendenza, devono essere provvisti di un dispositivo automatico per l'arresto dell'apparecchio quando per l'interruzione improvvisa della forza motrice si possa verificare la marcia in senso inverso al normale funzionamento.
3.4.4 I condotti dei trasportatori a coclea devono essere provvisti di copertura e le loro aperture di carico e scarico devono essere efficacemente protette.
3.4.5 Le aperture per il carico e lo scarico dei trasportatori in genere devono essere protette contro la caduta delle persone o contro il contatto con organi pericolosi in moto.
3.4.6. Le aperture di carico dei piani inclinati (scivoli) devono essere circondate da parapetti alti almeno un metro, ad eccezione del tratto strettamente necessario per l'introduzione del carico, purche' il ciglio superiore di inizio del piano inclinato si trovi ad una altezza di almeno cm. 50 dal piano del pavimento. Gli stessi piani devono essere provvisti di difese laterali per evitare la fuoruscita del carico in movimento e di difese frontali terminali per evitare la caduta del carico.
3.4.7 Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale trasportato ed il tipo del trasportatore possono costituire pericoli per caduta di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano adottate altre misure contro detti pericoli.
4 Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di persone e di persone e cose.
4.1 Le macchine per il sollevamento o lo spostamento di persone devono essere di natura tale:
a) da evitare i rischi di caduta dall'abitacolo, se esiste, per mezzo di dispositivi appropriati;
b) da evitare per l'utilizzatore qualsiasi rischio di caduta fuori dell'abitacolo, se esiste;
c) da escludere qualsiasi rischio di schiacciamento, di intrappolamento oppure di urto dell'utilizzatore, in particolare i rischi dovuti a collisione accidentale;
d) da garantire che i lavoratori bloccati in caso di incidente nell'abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo e possano essere liberati.
Qualora, per ragioni inerenti al cantiere e al dislivello da superare, i rischi di cui alla precedente lettera a) non possano essere evitati per mezzo di un dispositivo particolare, dovra' essere installato un cavo con coefficiente di sicurezza rinforzato e il suo buono stato dovra' essere verificato ad ogni giornata di lavoro.
4.2 - Ponti su ruote a torre e sviluppabili a forbice
4.2.1 I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere, con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento e in modo che non possano essere ribaltati.
Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con tavoloni o altro mezzo equivalente. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate con cunei dalle due parti. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno ogni due piani. La verticalita' dei ponti su ruote deve essere controllata con livello o con pendolino. I ponti sviluppabili devono essere usati esclusivamente per l'altezza per cui sono costruiti, senza aggiunte di sovrastrutture.
I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano lavoratori o sovraccarichi.
4.3 - Scale aeree su carro
4.3.1 Il carro della scala aerea deve essere sistemato su base non cedevole, orizzontale, ed in modo che il piano di simmetria della scala sia verticale e controllabile mediante pendolino applicato sul lato posteriore del carro stesso.
Le scale aeree non possono essere adoperate con pendenze minori di 60° ne' maggiori di 80° sull'orizzontale; la pendenza deve essere controllata mediante dispositivo a pendolo annesso al primo tratto della scala.
I pezzi delle scale a tronchi distaccati, che compongono la volata, devono portare un numero progressivo nell'ordine di montaggio.
Prima che la scala sia montata, alle ruote devono essere applicate robuste calzatoie doppie per ogni ruota, sagomate e collegate con catenelle o tiranti.
4.3.2 Qualunque operazione di spostamento e di messa a punto deve essere eseguita a scala scarica.
Durante la salita devono essere evitate scosse ed urti; il lavoratore ed eventuali carichi in ogni caso non superiori a 20 chilogrammi a pieno sviluppo della scala, devono gravare sulla linea mediana della stessa.
E' vietato ogni sforzo di trazione da parte di chi lavora in cima alla scala, la quale non deve poggiare con la estremita' superiore a strutture fisse.
Quando sia necessario spostare una scala aerea in prossimita' di linee elettriche, si deve evitare ogni possibilita' di contatto, abbassando opportunamente la volata della scala.
4.4 - Ponti sospesi e loro caratteristiche
4.4.1 Sui ponti sospesi leggeri, che hanno una fune di sospensione ed un argano di manovra per ciascuna estremita', non devono gravare sovraccarichi, compreso il peso dei lavoratori, superiori a 100 chilogrammi per metro lineare di sviluppo.
Essi non devono avere larghezza superiore a m. 1.
Detti ponti, sui quali non e' consentita la contemporanea presenza di piu' di due persone, devono essere usati soltanto per lavori di rifinitura, di manutenzione, o altri lavori di limitata entita'.
I ponti pesanti che hanno quattro funi di sospensione per ogni unita' (ponte singolo) e quattro argani di manovra non devono avere larghezze maggiori di metri 1,50. Detti ponti possono essere collegati e formare ponti continui purche' le unita' di ponte siano allo stesso livello.
Su ciascuna unita' di ponti pesanti non e' consentita la contemporanea presenza di persone in numero superiore a quello indicato nelle targhette prescritte dal successivo art. 42.
Gli argani di ogni unita' di ponte devono essere dello stesso tipo e della stessa portata.
4.4.2 L'unita' di ponte deve essere costituita da due telai metallici, che sono collegati da correnti sostenenti i traversi, sui quali viene fissato il tavolame.
I due telai devono essere montati con distanza di non piu' di tre metri; i correnti devono avere un franco a sbalzo, oltre ciascun telaio, di 50 centimetri e devono essere muniti di sicuro sistema di trattenuta contro il pericolo di sfilamento dai telai.
Il piano di calpestio deve essere costituito da tavole di spessore non inferiore a 4 centimetri, bene accostate fra loro ed assicurate contro eventuali spostamenti. Il legname impiegato nel ponte deve essere a fibre longitudinali dirette e parallele, privo di nodi. Gli elementi in legno possono essere sostituiti da elementi metallici di resistenza non minore.
Il collegamento di piu' unita' di ponti pesanti deve essere effettuato rendendo direttamente connesse fra di loro le unita' contigue, senza inserzione di passerelle tra l'una e l'altra.
I bulloni usati nel montaggio devono essere assicurati con rondelle elastiche e con controdadi.
4.4.3 Sui lati prospicienti il vuoto, il ponte deve essere munito di normali parapetti e tavola fermapiede. Il corrente superiore del parapetto esterno dei ponti leggeri deve essere formato con tubo di ferro di 4 centimetri di diametro; gli altri correnti possono essere di legno; le distanze libere verticali fra la tavola fermapiede ed il corrente intermedio e tra questo ed il superiore non devono essere maggiori di 30 centimetri.
Gli elementi costituenti il parapetto devono essere assicurati solidamente alla parte interna dei ritti estremi del ponte in corrispondenza degli argani.
I ponti leggeri devono avere il parapetto anche nel lato prospiciente la costruzione.
Sull'intavolato dei ponti pesanti deve essere applicata lungo il lato prospiciente la costruzione e privo di parapetto una sponda di arresto al piede di altezza non inferiore a 5 centimetri.
4.4.4 Gli argani devono essere rigidamente connessi con i telai di sospensione. Essi devono essere a discesa autofrenante e forniti di dispositivo di arresto.
Il tamburo di avvolgimento della fune deve essere di acciaio ed avere le flangie laterali di diametro tale da lasciare, a fune completamente avvolta, un franco pari a due diametri della fune.
Il diametro del tamburo deve essere non inferiore a 12 volte il diametro della fune.
Le parti dell'argano, soggette a sollecitazioni dinamiche, devono avere un grado di sicurezza non minore di otto.
Su ciascun argano deve essere fissata in posizione visibile una targhetta metallica indicante il carico massimo utile ed il numero delle persone ammissibili riferite all'argano stesso. La targhetta deve anche indicare la casa costruttrice, l'anno di costruzione ed il numero di matricola.
4.4.5 Le funi devono essere di tipo flessibile, formate con fili di acciaio al crogiuolo, con un carico di rottura non minore di 120 e non maggiore di 160 kg. per mm2 e devono essere calcolate per un coefficiente di sicurezza non minore di 10.
Le funi ed i fili elementari devono essere protetti contro gli agenti corrosivi esterni mediante ingrassatura.
L'attacco al tamburo dell'argano deve essere ottenuto con piombatura a bicchiere o in altro modo che offra eguale garanzia contro lo sfilamento.
L'attacco alla trave di sostegno deve essere ottenuto mediante chiusura del capo della fune piegato ad occhiello con impalmatura, o con non meno di tre morsetti a bulloni; nell'occhiello deve essere inserita apposita redancia per ripartire la pressione sul gancio o anello di sospensione.
4.4.6 Le travi di sostegno devono essere in profilati di acciaio e calcolate, per ogni specifica installazione, con un coefficiente di sicurezza non minore di 6.
Le travi di sostegno, che devono poggiare su strutture e materiali resistenti, devono avere un prolungamento verso l'interno dell'edificio non minore del doppio della sporgenza libera e devono essere saldamente ancorate ad elementi di resistenza accertata, provvedendosi ad una sufficiente distribuzione degli sforzi e ad impedire qualsiasi spostamento. Non e' ammesso l'ancoraggio con pesi.
Gli anelli o ganci di collegamento della fune alla trave di sostegno devono avere un coefficiente di sicurezza non inferiore a 6 ed essere assicurati contro lo scivolamento lungo la trave stessa verso l'esterno.
4.4.7 - L'accesso e l'uscita dal ponte devono avvenire, a seconda delle varie condizioni di impiego, da punti e con mezzi tali da rendere sicuri il passaggio e la manovra.
Nel caso di ponti pesanti ad unita' collegate, si puo' fare uso di scale a mano, sempre che sia stato assicurato l'ancoraggio del ponte e della scala.
4.4.8 Ad ogni livello di lavoro, i ponti sospesi devono essere ancorati a parti stabili della costruzione.
La distanza del tavolato dei ponti pesanti dalla parete della costruzione non deve superare 10 centimetri.
Ove per esigenze della costruzione tale distanza non possa essere rispettata, i vuoti risultanti devono essere protetti fino alla distanza massima prevista dal comma precedente.
I ponti sospesi non devono essere usati in nessun caso come apparecchi di sollevamento e su di essi non devono essere installati apparecchi del genere.
Nei ponti leggeri il punto di attacco delle funi di sospensione ai ponti stessi deve essere situato ad altezza non inferiore a metri 1,50 dal piano di calpestio.
4.4.9 - Manovra dei ponti - Prima di procedere al sollevamento o all'abbassamento del ponte, deve essere accertato che non esistano ostacoli al movimento e che non vi siano sovraccarichi di materiali.
Durante la manovra degli argani devono rimanere avvolte sul tamburo almeno due spire di fune.
La manovra deve essere simultanea sui due argani nei ponti leggeri; nei ponti pesanti la manovra deve essere simultanea sui due argani di una estremita' dell'unita' di ponte, procedendo per le coppie di argani successive con spostamenti che non determinano sull'impalcato pendenze superiori al 10 per cento.
4.4.10 La manutenzione e l'efficienza del ponte, la lubrificazione delle funi e degli argani devono essere costantemente curate.
Le funi non devono essere piu' usate quando su un tratto di fune lungo quattro volte il passo dell'elica del filo elementare nel trefolo il numero dei fili rotti apparenti sia superiore al 10 per cento dei fili costituenti la fune.
4.5 Ascensori e montacarichi.
4.5.0. Le disposizioni della presente sezione si applicano agli ascensori e montacarichi comunque azionati non soggetti a disposizioni speciali.
4.5.1 - Difesa del vano.
Gli spazi ed i vani nei quali si muovono le cabine o le piattaforme degli ascensori e dei montacarichi devono essere segregati mediante solide difese per tutte le parti che distano dagli organi mobili meno di 70 centimetri.
Dette difese devono avere un'altezza minima di m.1,70 a partire dal piano di calpestio dei ripiani e rispettivamente dal ciglio dei gradini ed essere costituite da pareti cieche o da traforati metallici, le cui maglie non abbiano ampiezza superiore ad un centimetro, quando le parti mobili distino meno di 4 centimetri, e non superiore a 3 centimetri quando le parti mobili distino 4 o piu' centimetri.
Se il contrappeso non e' sistemato nello stesso vano nel quale si muove la cabina, il vano o lo spazio in cui esso si muove deve essere protetto in conformita' alle disposizioni dei commi precedenti.
4.5.2 Accessi al vano.
Gli accessi al vano degli ascensori e dei montacarichi devono essere provvisti di porte apribili verso l'esterno o a scorrimento lungo le pareti, di altezza minima di m. 1,80 quando la cabina e' accessibile alle persone, e comunque eguale all'altezza dell'apertura del vano quando questa e' inferiore a m. 1,80.
Dette porte devono essere costituite da pareti cieche o da griglie o traforati metallici con maglie di larghezza non superiore ad un centimetro se la cabina e' sprovvista di porta, non superiore a 3 centimetri se la cabina e' munita di una propria porta e la distanza della soglia della cabina dalla porta al vano non e' inferiore a 5 centimetri.
Sono ammesse porte del tipo flessibile, purche' tra le aste costituenti le porte stesse non si abbiano luci di larghezza superiore a 12 millimetri.
4.5.2 Porte di accesso al vano.
Le porte di accesso al vano di cui all'articolo precedente devono essere munite di un dispositivo che ne impedisca l'apertura, quando la cabina non si trova al piano corrispondente, e che non consenta il movimento della cabina se tutte le porte non sono chiuse.
Il dispositivo di cui al precedente comma non e' richiesto per i montacarichi azionati a mano, a condizione che siano adottate altre idonee misure di sicurezza.
4.5.3 Installazioni particolari.
Le protezioni ed i dispositivi di cui ai punti 4.5.1, 4.5.2 e 4.5.3, non sono richiesti quando la corsa della cabina o della piattaforma non supera i m.2 e l'insieme dell'impianto non presenta pericoli di schiacciamento, di cesoiamento o di caduta nel vano.
4.5.4 Pareti e porte della cabina.
Le cabine degli ascensori e dei montacarichi per trasporto di cose accompagnate da persone devono avere pareti di altezza non minore di m.1,80 e porte apribili verso l'interno od a scorrimento lungo le pareti di altezza non minore a m. 1,80.
Le pareti e le porte della cabina devono essere cieche o avere aperture di larghezza non superiore a 10 millimetri.
Le porte possono essere del tipo flessibile ed in tal caso non devono presentare fra le aste costituenti le porte stesse luci di larghezza superiore a 12 millimetri.
Le porte o le chiusure di cui ai comma precedenti possono essere omesse quando il vano entro il quale si muove la cabina o la piattaforma e' limitato per tutta la corsa da difese continue, costituite da pareti cieche o da reti o da traforati metallici le cui maglie non abbiano una apertura superiore a un centimetro, purche' queste difese non presentino sporgenze pericolose e non siano distanti piu' di 4 centimetri dalla soglia della cabina o della piattaforma. In tal caso deve essere assicurata la stabilita' del carico.
Per i montacarichi per il trasporto di sole cose e' sufficiente che le cabine o piattaforme abbiano chiusure o dispositivi atti ad impedire la fuoriuscita o la sporgenza del carico.
4.5.5 Spazi liberi al fondo ed alla sommita' del vano.
Quando il vano di corsa degli ascensori e dei montacarichi supera m2 0,25 di sezione deve esistere uno spazio libero di almeno 50 centimetri di altezza tra il fondo del vano stesso e la parte piu' sporgente sottostante alla cabina. Arresti fissi devono essere predisposti al fine di garantire che, in ogni caso, la cabina non scenda al di sotto di tale limite.
Uno spazio libero minimo pure dell'altezza di cm.50, deve essere garantito, con mezzi analoghi, al disopra del tetto della cabina nel suo piu' alto livello di corsa.
4.5.6 Posizione dei comandi.
I montacarichi per trasporto di sole merci devono avere i comandi di manovra posti all'esterno del vano di corsa ed in posizione tale da non poter essere azionati da persona che si trovi in cabina.
4.5.7 Apparecchi paracadute.
Gli ascensori ed i montacarichi per trasporto cose accompagnate da persone ed i montacarichi per trasporto di sole cose con cabina accessibile per le operazioni di carico e scarico, nonche' i montacarichi con cabina non accessibile per le operazioni di carico e scarico purche' di portata non inferiore ai 100 chilogrammi, quando la cabina sia sospesa a funi od a catene e quando la corsa della stessa sia superiore a m. 4, devono essere provvisti di un apparecchio paracadute atto ad impedire la caduta della cabina in caso di rottura delle funi o delle catene di sospensione.
Per montacarichi con cabina non accessibile l'apparecchio paracadute non e' richiesto quando, in relazione alle condizioni dell'impianto, l'eventuale caduta della cabina non presenta pericoli per le persone.
4.5.8 Arresti automatici di fine corsa.
Gli ascensori e montacarichi di qualsiasi tipo, esclusi quelli azionati a mano, devono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto automatico dell'apparato motore o del movimento agli estremi inferiore e superiore della corsa.
4.5.9 Divieto di discesa libera per apparecchi azionati a motore.
Negli ascensori e montacarichi azionati a motore anche il movimento di discesa deve avvenire a motore inserito.
4.5.10 Carico e scarico dei montacarichi a gravita'.
Le cabine o piattaforme dei montacarichi a gravita' accessibili ai piani devono essere munite di dispositivi che ne assicurino il bloccaggio durante le operazioni di carico.
4.5.11 Regolazione della velocita' dei montacarichi.
I montacarichi azionati a mano e quelli a gravita' devono essere provvisti di un dispositivo di frenatura o di regolazione che impedisca che la cabina o piattaforma possa assumere velocita' pericolosa.
4.5.12 Ascensori da cantiere a pignone e cremagliera
Ferma restando la previsione di cui al comma 3 dell'art. II, si considerano conformi alle disposizioni della presente sezione gli ascensori da cantiere a pignone e cremagliera realizzati secondo le prescrizioni di cui alle pertinenti norme tecniche ovvero della linea guida 'spesi "Trasporto di persone e materiali fra piani definiti in cantieri temporanei"
5 Prescrizioni applicabili a determinate attrezzature di lavoro
5.1 Mole abrasive
5.1.1
Le macchine molatrici a velocita' variabile devono essere provviste di un dispositivo, che impedisca l'azionamento della macchina ad una velocita' superiore a quella prestabilita in rapporto al diametro della mola montata.
5.1.2
Le mole a disco normale devono essere montate sul mandrino per mezzo di flange di fissaggio, di acciaio o di altro materiale metallico uguale fra loro e non inferiore ad 1\3 del diametro della mola, salvo quanto disposto al punto 4.1.4. L'aggiustaggio tra dette flange e la mola deve avvenire secondo una zona anulare periferica di adeguata larghezza e mediante interposizione di una guarnizione di materiale comprimibile quale cuoio, cartone, feltro.
Le mole ad anello, a tazza, a scodella, a coltello ed a sagome speciali in genere, devono essere montate mediante flange, piastre, ghiere o altri idonei mezzi, in modo da conseguire la maggiore possibile sicurezza contro i pericoli di spostamento e di rottura della mola in moto.
5.1.3
Le mole abrasive artificiali devono essere protette da robuste cuffie metalliche, che circondino la massima parte periferica della mola, lasciando scoperto solo il tratto strettamente necessario per la lavorazione. La cuffia deve estendersi anche sulle due facce laterali della mola ed essere il piu' vicino possibile alle superfici di questa.
Lo spessore della cuffia, in rapporto al materiale di cui e' costituita ed i suoi attacchi alle parti fisse della macchina devono essere tali da resistere all'urto dei frammenti di mola in caso di rottura.
Le cuffie di protezione di ghisa possono essere tollerate per mole di diametro non superiore a 25 centimetri, che non abbiano velocita' periferica di lavoro superiore a 25 metri al secondo e purche' lo spessore della cuffia stessa non sia inferiore a 12 millimetri.
5.1.4
1. La cuffia di protezione delle mole abrasive artificiali, prescritta nel punto 5.1.3 precedente, puo', per particolari esigenze di carattere tecnico, essere limitata alla sola parte periferica oppure essere omessa, a condizione che la mola sia fissata con flange di diametro tale che essa non ne sporga piu' di 3 centimetri, misurati radialmente, per mole fino al diametro di 30 centimetri; di centimetri 5 per mole fino al diametro di 50 centimetri; di 8 centimetri per mole di diametro maggiore.
2. Nel caso di mole a sagoma speciale o di lavorazioni speciali gli "sporti" della mola dai dischi possono superare i limiti previsti dal comma precedente, purche' siano adottate altre idonee misure di sicurezza contro i pericoli derivanti dalla rottura della mola.
5.1.5
Le macchine molatrici devono essere munite di adatto poggiapezzi. Questo deve avere superficie di appoggio piana di dimensione appropriata al genere di lavoro da eseguire, deve essere registrabile ed il suo lato interno deve distare non piu' di 2 millimetri, dalla mola, a meno che la natura del materiale in lavorazione (materiali sfaldabili) e la particolarita' di questa non richiedano, ai fini della sicurezza, una maggiore distanza.
5.1.6
Le mole abrasive artificiali che sono usate promiscuamente da piu' lavoratori per operazioni di breve durata, devono essere munite di uno schermo trasparente paraschegge infrangibile e regolabile, a meno che tutti i lavoratori che le usano non siano provvisti di adatti occhiali di protezione in dotazione personale.
5.1.7
1. Le mole naturali azionate meccanicamente devono essere montate tra flange di fissaggio aventi un diametro non inferiore ai 5/10 di quello della mola fino ad un massimo di m. 1 e non devono funzionare ad una velocita' periferica superiore a 13 metri al minuto secondo.
2. Quando dette mole sono montate con flange di diametro inferiore ai 5/10 di quello della mola e quando la velocita' periferica supera i 10 metri al minuto secondo, esse devono essere provviste di solide protezioni metalliche, esclusa la ghisa comune, atte a trattenere i pezzi della mola in caso di rottura.
5.1.8 Sulla incastellatura o in prossimita' delle macchine molatrici deve essere esposto, a cura dell'utente della macchina, un cartello indicante il diametro massimo della mola che puo' essere montata in relazione al tipo di impasto ed al numero dei giri del relativo albero.
5.1.9
Le macchine pulitrici o levigatrici a nastro, a tamburo, a rulli, a disco, operanti con smeriglio o altre polveri abrasive, devono avere la parte abrasiva non utilizzata nell'operazione, protetta contro il contatto accidentale.
5.2 Bottali, impastatrici, gramolatrici e macchine simili
5.2.1
Le macchine rotanti costituite da botti, cilindri o recipienti di altra forma che, in relazione all'esistenza di elementi sporgenti delle parti in movimento o per altre cause, presentino pericoli per i lavoratori, devono essere segregate, durante il funzionamento, mediante barriere atte ad evitare il contatto accidentale con dette parti in movimento.
5.2.2
I bottali da concia e le altre macchine che possono ruotare accidentalmente durante le operazioni di carico e scarico, debbono essere provviste di un dispositivo che ne assicuri la posizione di fermo.
5.2.3
1. Le macchine impastatrici devono essere munite di coperchio totale o parziale atto ad evitare che il lavoratore possa comunque venire in contatto con gli organi lavoratori in moto.
2. Le protezioni di cui al comma precedente devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
3. Quando per ragioni tecnologiche non sia possibile applicare le protezioni ed i dispositivi di cui ai commi precedenti, si devono adottare altre idonee misure per eliminare o ridurre il pericolo.
5.2.4
1. Nelle gramolatrici e macchine simili devono essere protetti:
a) la zona di imbocco tra il cono scanalato e la sottostante vasca girevole, mediante una griglia disposta anteriormente al cono stesso, a meno che questo non sia preceduto da dispositivo voltapasta;
b) il tratto compreso tra la testata del cono ed il bordo superiore della vasca contro il pericolo di trascinamento e cesoiamento delle mani;
c) lo spazio compreso tra il cono e la traversa superiore posteriormente all'imbocco, quando la distanza tra la parte mobile e quella fissa e' inferiore a 6 centimetri.
5.3 Macchine di fucinatura e stampaggio per urto
5.3.1
Le macchine di fucinatura e di stampaggio per urto, quali magli, berte e simili, devono essere provviste di un dispositivo di blocco atto ad assicurare la posizione di fermo della testa portastampo, durante il cambio e la sistemazione degli stampi e dei controstampi.
5.3.2
1. Gli schermi di difesa contro le proiezioni di materiali devono, per le macchine di fucinatura e di stampaggio, essere applicati almeno posteriormente alla macchina e quando non ostino esigenze di lavoro, anche sul davanti ed ai lati.
2. Gli schermi possono omettersi quando, in relazione alla ubicazione della macchina od al particolare sistema di lavoro, sia da escludersi la possibilita' che i lavoratori siano colpiti da dette proiezioni.
5.4 Macchine utensili per metalli
5.4.1
1. Nei torni, le viti di fissaggio del pezzo al mandrino devono risultare incassate oppure protette con apposito manicotto contornante il mandrino, onde non abbiano ad impigliare gli indumenti del lavoratore durante la rotazione. Analoga protezione deve essere adottata quando il pezzo da lavorare e' montato mediante briglia che presenta gli stessi pericoli.
2. Nei torni per la lavorazione dei pezzi dalla barra, la parte sporgente di questa deve essere protetta mediante sostegno tubolare.
5.4.2
1. I grandi torni e gli alesatori a piattaforma orizzontale girevole, sulla quale i lavoratori possono salire per sorvegliare lo svolgimento della lavorazione, devono essere provvisti di un dispositivo di arresto della macchina, azionabile anche dal posto di osservazione sulla piattaforma.
5.4.3
1. I vani esistenti nella parte superiore del bancale fisso delle piallatrici debbono essere chiusi allo scopo di evitare possibili cesoiamenti di parti del corpo del lavoratore tra le traverse del bancale e le estremita' della piattaforma scorrevole portapezzi.
5.4.4
1. I pezzi da forare al trapano, che possono essere trascinati in rotazione dalla punta dell'utensile, devono essere trattenuti mediante morsetti od altri mezzi appropriati.
5.4.5
1. Le seghe a nastro per metalli devono essere protette conformemente a quanto disposto al punto 4.5.2.
5.4.6
1. Le seghe circolari a caldo devono essere munite di cuffia di protezione in lamiera dello spessore di almeno 3 centimetri per arrestare le proiezioni di parti incandescenti.
5.5 Macchine utensili per legno e materiali affini
5.5.1
Le seghe alternative a movimento orizzontale devono essere munite di una solida protezione della biella atta a trattenerne i pezzi in caso di rottura.
5.5.2
1. Le seghe a nastro devono avere i volani di rinvio del nastro completamente protetti. La protezione deve estendersi anche alle corone dei volani in modo da trattenere il nastro in caso di rottura.
2. Il nastro deve essere protetto contro il contatto accidentale in tutto il suo percorso che non risulta compreso nelle protezioni di cui al primo comma, ad eccezione del tratto strettamente necessario per la lavorazione.
5.5.3
Le seghe circolari fisse devono essere provviste:
a) di una solida cuffia registrabile atta a evitare il contatto accidentale del lavoratore con la lama e ad intercettare le schegge;
b) di coltello divisore in acciaio, quando la macchina e' usata per segare tavolame in lungo, applicato posteriormente alla lama a distanza di non piu' di 3 millimetri dalla dentatura per mantenere aperto il taglio;
c) di schermi messi ai due lati della lama nella parte sporgente sotto la tavola di lavoro in modo da impedirne il contatto.
Qualora per esigenze tecniche non sia possibile l'adozione del dispositivo di cui alla lettera a), si deve applicare uno schermo paraschegge di dimensioni appropriate.
5.5.4
Le seghe circolari a pendolo, a bilanciere e simili devono essere provviste di cuffie di protezione conformate in modo che durante la lavorazione rimanga scoperto il solo tratto attivo del disco.
Le seghe circolari a pendolo e simili devono essere inoltre provviste di un dispositivo di sicurezza atto ad impedire che la lama possa uscire fuori dal banco dalla parte del lavoratore in caso di rottura dell'organo tirante.
5.5.6
Le pialle a filo devono avere il portalame di forma cilindrica e provvisto di scanalature di larghezza non superiore a 12 millimetri per l'eliminazione dei trucioli.
La distanza fra i bordi dell'apertura del banco di lavoro e il filo tagliente delle lame deve essere limitata al minimo indispensabile rispetto alle esigenze della lavorazione.
Le pialle a filo devono inoltre essere provviste di un riparo registrabile a mano o di altro idoneo dispositivo per la copertura del portalame o almeno del tratto di questo eccedente la zona di lavorazione in relazione alle dimensioni ed alla forma del materiale da piallare.
5.5.7
Le pialle a spessore devono essere munite di un dispositivo atto ad impedire il rifiuto del pezzo o dei pezzi in lavorazione.
5.5.8
Le fresatrici da legno devono essere provviste di mezzi di protezione atti ad evitare che le mani del lavoratore possano venire accidentalmente in contatto con l'utensile. Tali mezzi debbono essere adatti alle singole lavorazioni ed applicati sia nei lavori con guida che in quelli senza guida.
5.6 Presse e cesoie
5.6.1
Le presse, le trance e le macchine simili debbono essere munite di ripari dispositivi atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori siano offese dal punzone o da altri organi mobili lavoratori.
Tali ripari o dispositivi, a seconda del tipo della macchina o delle esigenze della lavorazione, possono essere costituiti da:
a) schermi fissi che permettono il passaggio dei materiali nella zona di lavoro pericolosa, ma non quello delle mani del lavoratore;
b) schermi mobili di completa protezione della zona pericolosa, che non consentano il movimento del punzone se non quando sono nella posizione di chiusura;
c) apparecchi scansamano comandati automaticamente dagli organi mobili della macchina;
d) dispositivi che impediscano la discesa del punzone quando le mani o altre parti del corpo dei lavoratori si trovino in posizione di pericolo.
3. I dispositivi di sicurezza consistenti nel comando obbligato della macchina per mezzo di due organi da manovrarsi contemporaneamente con ambo le mani, possono essere ritenuti sufficienti soltanto nel caso che alla macchina sia addetto un solo lavoratore. I suddetti ripari e dispositivi di sicurezza possono essere omessi quando la macchina sia provvista di apparecchi automatici o semi automatici di alimentazione.
5.6.2
Nei lavori di meccanica minuta con macchine di piccole dimensioni, qualora l'applicazione di uno dei dispositivi indicati al punto 4.6.1 o di altri dispositivi di sicurezza non risulti praticamente possibile, i lavoratori, per le operazione di collocamento e ritiro dei pezzi in lavorazione, debbono essere forniti e fare uso di adatti attrezzi di lunghezza sufficiente a mantenere le mani fuori della zona di pericolo.
5.6.3
L'applicazione di ripari o dispositivi di sicurezza, in conformita' a quanto stabilisce il punto 5.6.1, puo' essere omessa per le presse o macchine simili mosse direttamente dalla persona che le usa, senza intervento diretto indiretto di motori nonche' per le presse comunque azionate a movimento lento, purche' le eventuali condizioni di pericolo siano eliminate mediante altri dispositivi o accorgimenti.
5.6.4
Le presse meccaniche alimentate a mano debbono essere munite di dispositivo antiripetitore del colpo.
5.6.5
Le presse a bilanciere azionate a mano, quando il volano in movimento rappresenti un pericolo per il lavoratore, debbono avere le masse rotanti protette mediante schermo circolare fisso o anello di guardia solidale con le masse stesse.
5.6.6
Le cesoie a ghigliottina mosse da motore debbono essere provviste di dispositivo atto ad impedire che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori addetti possano comunque essere offesi dalla lama, a meno che non siano munite di alimentatore automatico o meccanico che non richieda l'introduzione delle mani o altre parti del corpo nella zona di pericolo.
5.6.7
Le grandi cesoie a ghigliottina cui sono addetti contemporaneamente due o piu' lavoratori debbono essere provviste di dispositivi di comando che impegnino ambo le mani degli stessi per tutta la durata della discesa della lama, a meno che non siano adottati altri efficaci mezzi di sicurezza.
5.6.8
Le cesoie a coltelli circolari, quando questi ultimi sono accessibili e pericolosi, debbono essere provviste di cuffia o di schermi o di altri mezzi idonei di protezione applicati alla parte di coltello soprastante il banco di lavoro ed estendersi quanto piu' vicino possibile alla superficie del materiale in lavorazione. Anche le parti dei coltelli sottostanti il banco devono essere protette.
5.6.9
Le cesoie a tamburo portacoltelli e simili debbono essere provviste di mezzi di protezione, che impediscano ai lavoratori di raggiungere con le mani i coltelli in moto.
5.7 Frantoi, disintegratori, molazze e polverizzatori
5.7.1 Gli organi lavoratori dei frantoi, dei disintegratori, dei polverizzatori e delle macchine simili, i quali non siano completamente chiusi nell'involucro esterno fisso della macchina e che presentino pericolo, debbono essere protetti mediante idonei ripari, che possono essere costituiti anche da robusti parapetti collocati a sufficiente distanza dagli organi da proteggere.
5.7.2
I molini a palle e le macchine simili debbono essere segregati mediante barriere o parapetti posti a conveniente distanza, ogni qualvolta i loro elementi sporgenti vengano a trovarsi, durante la rotazione, a meno di metri due di altezza dal pavimento.
5.7.3
Qualora per esigenze tecniche le aperture di alimentazione dei frantoi, dei disintegratori e delle macchine simili, non possano essere provviste di protezioni fisse complete, possono essere adottate protezioni rimovibili o spostabili, le quali debbono essere rimesse al loro posto o in posizione di difesa non appena sia cessata l'esigenza che ne ha richiesto la rimozione.
In ogni caso il posto di lavoro o di manovra dei lavoratori deve essere sistemato o protetto in modo da evitare cadute entro l'apertura di alimentazione o offese da parte degli organi in moto.
5.7.4
Le molazze e le macchine simili debbono essere circondate da un riparo atto ad evitare possibili offese dagli organi lavoratori in moto.
Le aperture di scarico della vasca debbono essere costruite o protette in modo da impedire che le mani dei lavoratori possano venire in contatto con gli organi mobili della macchina.
5.8 Macchine per centrifugare e simili
5.8.1 Le macchine per centrifugare e simili debbono essere usate entro i limiti di velocita' e di carico stabiliti dal costruttore. Tali limiti debbono risultare da apposita targa ben visibile applicata sulla macchina e debbono essere riportati su cartello con le istruzioni per l'uso, affisso presso la macchina.
5.8.2
Le macchine per centrifugare in genere, quali gli idroestrattori e i separatori a forza centrifuga, debbono essere munite di solido coperchio dotato del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I e di freno adatto ed efficace.
Qualora, in relazione al particolare uso della macchina, non sia tecnicamente possibile applicare il coperchio, il bordo dell'involucro esterno deve sporgere di almeno tre centimetri verso l'interno rispetto a quello del paniere.
5.9 Laminatoi, rullatrici, calandre e cilindri
5.9.1 Nelle macchine con cilindri lavoratori e alimentatori accoppiati e sovrapposti, o a cilindro contrapposto a superficie piana fissa o mobile, quali laminatoi, rullatrici, calandre, molini a cilindri, raffinatrici, macchine tipografiche a cilindri e simili, la zona di imbocco, qualora non sia inaccessibile, deve essere efficacemente protetta per tutta la sua estensione, con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore.
Qualora per esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere la zona di imbocco, le macchine di cui al primo comma debbono essere provviste di un dispositivo che, in caso di pericolo, permetta, mediante agevole manovra, di conseguire il rapido arresto dei cilindri. Inoltre, per quanto necessario ai fini della sicurezza e tecnicamente possibile, il lavoratore deve essere fornito e fare uso di appropriati attrezzi che gli consentano di eseguire le operazioni senza avvicinare le mani alla zona pericolosa.
Le disposizioni del presente punto non si applicano nei casi in cui, in relazione alla potenza, alla velocita', alle caratteristiche ed alle dimensioni delle macchine, sia da escludersi il pericolo previsto dal primo comma.
5.9.2 I laminatoi e le calandre che, in relazione alle loro dimensioni, potenza, velocita' o altre condizioni, presentano pericoli specifici particolarmente gravi, quali i laminatoi (mescolatori) per gomma, le calandre per foglie di gomma e simili, debbono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto immediato dei cilindri avente l'organo di comando conformato e disposto in modo che l'arresto possa essere conseguito anche mediante semplice e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto.
Il dispositivo di arresto di cui al comma precedente oltre al freno deve comprendere anche un sistema per la contemporanea inversione del moto dei cilindri prima del loro arresto definitivo.
5.10 Apritoii, battitoi, carde, sfilacciatrici, pettinatrici e macchine simili
5.10.1
Gli organi lavoratori degli apritoi, dei battitoi, delle carde, delle sfilacciatrici, delle pettinatrici e delle altre macchine pericolose usate per la prima lavorazione delle fibre e delle materie tessili, quali catene a punta, aspi, rulli, tamburi a denti o con guarnizioni a punta e coppie di cilindri, devono essere protetti mediante custodie conformate e disposte in modo da rendere impossibile il contatto con essi delle mani e delle altre parti del corpo dei lavoratori.
Tali custodie, qualora non siano costituite dallo stesso involucro esterno fisso della macchina, devono, salvo quanto e' disposto nel punto 4.10.2, essere fissate mediante viti, bulloni o altro idoneo mezzo.
5.10.2 Le custodie degli organi lavoratori delle macchine indicate nel punto 4.10.1 e le loro parti, che, durante il lavoro, richiedono di essere aperte o spostate, devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
Lo stesso dispositivo deve essere applicato anche ai portelli delle aperture di visita, di pulitura e di estrazione dei rifiuti di lavorazione, qualora gli organi lavoratori interni possano essere inavvertitamente raggiunti dai lavoratori.
5.10.3 Le aperture di carico e scarico delle macchine indicate al primo comma al punto 5.10.1 devono avere una forma tale ed essere disposte in modo che i lavoratori non possano, anche accidentalmente, venire in contatto con le mani o con altre parti del corpo con gli organi lavoratori o di movimento interni della macchina.
5.10.4 La zona di imbocco dei cilindri alimentatori delle macchine indicate al primo comma al punto 5.10.1, escluse le carde e le pettinatrici, deve essere resa inaccessibile mediante griglia o custodia chiusa anche lateralmente, estendendosi fino a metri uno di distanza dall'imbocco dei cilindri, o protetta con rullo folle che eviti il pericolo di presa delle mani o di altre parti del corpo fra i cilindri, o munita di altro idoneo dispositivo di sicurezza.
Se la griglia o custodia non e' fissa, essa deve essere provvista del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
5.11 Macchine per filare e simili
5.11.1
Le custodie mobili degli ingranaggi, delle cremagliere e degli altri organi di movimento pericolosi degli stiratoi dei banchi a fusi, dei filatoi, dei binatoi, dei ritorcitoi e delle altre macchine tessili simili, nonche' gli sportelli delle aperture di accesso agli stessi organi eventualmente ricavate nell'involucro esterno della macchina, devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I, qualora debbano essere aperte o rimosse durante il lavoro e gli organi pericolosi possano essere inavvertitamente raggiunti dal lavoratore.
5.11.2
L'imbocco della coppia di tamburi longitudinali di comando di fusi dei filatoi e dei ritorcitoi continui ad anello ad aletta ed a campana, deve essere protetto, alle due estremita', mediante schermo e, longitudinalmente, con sbarre sulle due fronti della macchina o con un riparo disposto nella zona angolare formata dai due cilindri oppure con altro mezzo idoneo.
5.11.3
1. Il montaggio sui tamburi delle macchine indicate nel punto 5.11.2 delle funicelle di comando dei fusi deve essere fatto a macchina ferma.
2. E' tuttavia consentito il montaggio a macchina in moto, ferma restando l'osservanza delle disposizioni del punto 5.11.2, a condizione che all'operazione sia adibito personale esperto fornito di appositi attrezzi, quali anello o asticciola con gancio.
5.11.4
I filatoi automatici intermittenti devono essere provvisti di:
a) staffe fisse alle ruote del carro distanti non piu' di 6 millimetri dalle rotaie, allo scopo di evitare lo schiacciamento dei piedi fra la ruota e la rotaia;
b) dispositivi, quali tamponi retrattili o altri equivalenti, atti ad evitare lo schiacciamento degli arti inferiori tra il carro ed il tampone di arresto, salvo il caso in cui questi siano disposti al disotto del banco dei cilindri alimentatori ed in posizione tale per cui non risultino facilmente accessibili;
c) custodie complete delle varie pulegge a gola dei comandi che non risultino gia' inaccessibili, atte a impedire ogni contatto con i punti di avvolgimento delle funi;
d) custodia cilindrica al nasello di arresto della bacchetta, allo scopo di evitare lo schiacciamento delle mani fra lo stesso nasello e l'albero della controbacchetta.
5.12 Telai meccanici di tessitura
5.12.1
I telai meccanici di tessitura e telai meccanici per la fabbricazione di tele o tessuti metallici o di altre materie devono essere provvisti di apparecchio guidanavetta applicato alla cassa battente, atto ad impedire la fuoruscita della navetta dalla sua sede di corsa. Quando l'applicazione del guidanavetta puo' riuscire dannosa per il prodotto, come nei casi di fabbricazione dei tessuti molto leggeri e con l'ordito molto debole o quando la velocita' della navetta e' molto limitata, l'apparecchio guidanavetta puo' essere sostituito da reti intelaiate, poste sui fianchi del telaio, atte ad arrestare la navetta in caso di fuoruscita.
5.12.2
L'apparecchio guidanavetta di cui al primo comma del punto 5.12.1 deve essere applicato:
a) ai telai da cotone, lino, canapa e juta, che battono piu' di 80 colpi al minuto primo o aventi una luce pettine maggiore di m. 1,60, anche se usati per la fabbricazione di tessuti di altre fibre o misti, ad eccezione dei telai adibiti alla fabbricazione dei tessuti leggeri di fantasia, per i quali l'applicazione del guidanavetta e' facoltativa;
b) ai telai da lana che battono piu' di 100 colpi al minuto primo o aventi luce pettine maggiore di m. 2, anche se adibiti alla fabbricazione di tessuti di altre fibre o misti.
5.12.3
L'apparecchio guidanavetta di cui al primo comma del punto 5.12.1, deve essere tale che:
a) se mobile, assuma automaticamente la posizione di lavoro (posizione attiva di protezione) non appena il telaio e' messo in moto;
b) le due estremita' laterali non distino dalla scatola delle navette piu' di mezza lunghezza di navetta.
L'efficienza del suddetto apparecchio deve essere assicurata mediante una costante ed accurata manutenzione.
5.12.4
Non sono ammessi apparecchi guidanavette costituiti da una unica barra avente un diametro inferiore a:
a) 12 millimetri se i tratti liberi della barra non hanno una lunghezza superiore a 75 centimetri;
b) 14 millimetri se i tratti liberi della barra hanno una lunghezza compresa tra i 75 centimetri e un metro;
c) 20 millimetri se i tratti liberi della barra hanno una lunghezza superiore a un metro. Ove la sezione della barra sia diversa dalla circolare, le sue dimensioni devono essere tali da offrire resistenza e rigidita' corrispondenti.
5.12.5
Le reti paranavetta, di cui al secondo comma del punto 4.12.1, devono avere le seguenti dimensioni
minime:
a) cm. 50 x 50 per telai fino a m. 1,20 di luce pettine;
b) cm. 40 x 60 per telai con luce pettine da m. 1,21 a m. 1,60;
c) cm. 70 x 70 per telai con luce pettine superiore a m. 1,60.
Dette reti devono essere disposte il piu' vicino possibile alle due testate del telaio, immediatamente al di sopra della costola inferiore del pettine e davanti a questo quando si trovi nella sua posizione estrema posteriore.
Le reti paranavetta possono essere omesse alle testate dei telai prospicienti pareti cieche, purche' non vi sia possibilita' di passaggio.
5.12.5
I pesi delle leve di pressione del subbio del tessuto ed i pesi del freno del subbio dell'ordito dei telai meccanici di tessitura e telai meccanici per la fabbricazione di tele o tessuti metallici o di altre materie devono essere assicurati con mezzi idonei ad evitarne la caduta.
5.12.6
Gli impianti di tessitura devono essere attrezzati con mezzi che permettano di eseguire in modo sicuro il montaggio e lo smontaggio sia del subbio del tessuto, che del subbio dell'ordito.
5.13 Macchine diverse
5.13.1
Nelle ammorbidatrici per canapa e nelle distenditrici per juta, l'imbocco dei cilindri deve essere protetto lateralmente con ripari fissi alti m. 1,30 da terra, estesi fino a cm. 70 dall'imbocco stesso.
Lo scarico delle stesse macchine deve essere protetto con un riparo fisso atto ad impedire che, nel movimento retrogrado, le mani del lavoratore possano essere prese dai cilindri.
5.13.2
Le macchine di rottura per strappamento delle mannelle di canapa e juta, alimentate a mano devono avere la caviglia fissa e l'albero a sezione quadrata di avvolgimento disposti a sbalzo, con gli assi normali al fronte di lavoro.
5.13.3
Le bobine delle macchine automatiche per la fabbricazione di corde di fibre tessili o di corde metalliche, devono essere provviste di coperchio o cuffia di protezione che impediscano la fuoruscita delle bobine e siano muniti del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
Quando le dimensioni della parte rotante della macchina sono rilevanti, la protezione puo' essere costituita da schermi o reti metalliche di altezza, forma e resistenza atti ad impedire il contatto dei lavoratori con le parti rotanti e a trattenere le bobine in caso di sfuggita.
5.13.4
Le macchine a motore per cucire con filo devono essere provviste, compatibilmente con le esigenze tecniche della lavorazione, di una protezione dell'ago per evitare lesioni alle dita del lavoratore.
5.13.5
Le macchine a motore per cucire con graffe, quando non siano ad alimentazione automatica, devono essere provviste di un riparo che impedisca alle dita del lavoratore di trovarsi nella zona pericolosa.
5.13.6
Le bobine delle macchine per trafilare fili metallici devono essere provviste di un dispositivo, azionabile direttamente dal lavoratore, che consenta l'arresto immediato della macchina in caso di necessita'.
5.13.7
Le macchine con cilindro a lame elicoidali, quali le rasatrici, le depilatrici, le scarnitrici e le distenditrici, devono essere provviste di cuffia di protezione al di sopra del cilindro portalame, la quale lasci scoperto il tratto strettamente necessario per la lavorazione. Quando la cuffia non sia fissa, deve essere munita del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
5.13.8
Nelle trebbiatrici sprovviste di alimentatore automatico dei covoni, il vano d'imbocco del battitore deve essere munito di tavolette fermapiedi alte almeno 15 centimetri e di un coperchio cernierato che abbia nella parte posteriore un dispositivo di arresto che limiti l'ampiezza necessaria per la normale introduzione del covone.
5.13.9
Sulle trebbiatrici, la parete anteriore della fossetta ove prende posto l'imboccatore, deve essere completata da un robusto parapetto provvisto di un dispositivo di blocco, che permetta di spostare la traversa orizzontale nei limiti di altezza, a partire dal fondo, compresi fra un minimo di 70 centimetri ed un massimo di 90 centimetri.
5.13.10
Il piano superiore di servizio nella trebbiatrice deve essere munito ai bordi di sponde alte almeno 50 centimetri.
L'accesso a detto piano deve effettuarsi mediante scale a mano munite di ganci di trattenuta e aventi un montante prolungato di almeno m. 0,80 oltre il piano stesso.
5.13.11
Le trebbiatrici su ruote devono essere corredate di freni efficienti e di calzatoie di legno per assicurarne la stabilita' durante il lavoro.
5.13.12
Le macchine per riempire bottiglie di vetro con liquidi sotto pressione devono essere provvisti di schermi atti a trattenere i frammenti di vetro in caso di scoppio della bottiglia. Detti schermi devono essere adottati anche per le operazioni di chiusura delle bottiglie quando per queste operazioni esistono fondati pericoli di scoppio.
5.13.13
Le macchine tipografiche a platina e le macchine simili che non siano munite di alimentatore automatico devono essere provviste di un dispositivo atto a determinare l'arresto automatico della macchina per semplice urto della mano del lavoratore, quando questa venga a trovarsi in posizione di pericolo fra la tavola fissa e il piano mobile, ovvero devono essere munite di altro idoneo dispositivo di sicurezza di riconosciuta efficacia.
5.13.14
Le presse fustellatrici che richiedono il collocamento a mano delle fustelle fra le due piastre devono essere attrezzate con fustelle di altezza non inferiore a 50 millimetri munite di bordo sporgente, allo scopo di consentirne l'uso senza pericolo per le mani. La disposizione di cui al primo comma non e' obbligatoria quando l'applicazione delle fustelle sul materiale in lavorazione e' effettuata a piastre di pressione spostate e quindi in condizioni non pericolose.
5.13.15
I compressori devono essere provvisti di una valvola di sicurezza tarata per la pressione massima di esercizio e di dispositivo che arresti automaticamente il lavoro di compressione al raggiungimento della pressione massima d'esercizio.
5.14 Impianti ed operazioni di saldatura o taglio ossiacetilenica ossidrica, elettrica e simili
5.14.1
Fra gli impianti di combustione o gli apparecchi a fiamma ed i generatori gasometri di acetilene deve intercorrere una distanza di almeno 10 metri, riducibili a 5 metri, nei casi in cui i generatori o gasometri siano protetti contro le scintille e l'irradiamento del calore o usati per lavori all'esterno
5.14.2
Sulle derivazioni di gas acetilene o di altri gas combustibili di alimentazione nel cannello di saldatura deve essere inserita una valvola idraulica o altro dispositivo di sicurezza che corrisponda ai seguenti requisiti:
a) impedisca il ritorno di fiamma e l'afflusso dell'ossigeno o dell'aria nelle tubazioni del gas combustibile;
b) permetta un sicuro controllo, in ogni momento del suo stato di efficienza;
c) sia costruito in modo da non costituire pericolo in caso di eventuale scoppio per ritorno di fiamma.
5.14.4
Gli apparecchi per saldatura elettrica o per operazioni simili devono essere provvisti di interruttore omnipolare sul circuito primario di derivazione della corrente elettrica.
5.14.5
Quando la saldatura od altra operazione simile non e' effettuata con saldatrice azionata da macchina rotante di conversione, e' vietato effettuare operazioni di saldatura elettrica con derivazione diretta della corrente della normale linea di distribuzione senza l'impiego di un trasformatore avente l'avvolgimento secondario isolato dal primario.
5.15 Forni e stufe di essiccamento o di maturazione
5.15.1 Le bocche di carico e le altre aperture esistenti nelle pareti dei forni, quando, per le loro posizioni e dimensioni, costituiscono pericolo nell'interno, devono essere provviste di solide difese.
5.15.2 Le stufe di essiccamento o di maturazione, accessibili per le operazioni connesse con il loro esercizio, devono essere provviste di porte apribili anche dall'interno.
5.16 Impianti macchine ed apparecchi elettrici
5.16.1 Le macchine e gli apparecchi elettrici devono portare l'indicazione della tensione, dell'intensita' e del tipo di corrente e delle altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l'uso.
5.16.2 Le macchine ed apparecchi elettrici mobili o portatili devono essere alimentati solo da circuiti a bassa tensione.
Puo' derogarsi per gli apparecchi di sollevamento, per i mezzi di trazione, per le cabine mobili di trasformazione e per quelle macchine ed apparecchi che, in relazione al loro specifico impiego, debbono necessariamente essere alimentati ad alta tensione.
5.16.3 Gli utensili elettrici portatili e le macchine e gli apparecchi mobili con motore elettrico incorporato, alimentati a tensione superiore a 25 V verso terra se alternata ed a 50 V verso terra se continua, devono avere l'involucro metallico collegato a terra. L'attacco del conduttore di terra deve essere realizzato con spinotto ed alveolo supplementari facenti parte della presa di corrente o con altro idoneo sistema di collegamento.
5.16.4 Gli utensili elettrici portatili e gli apparecchi elettrici mobili devono avere un isolamento supplementare di sicurezza fra le parti interne in tensione e l'involucro metallico esterno.

ALLEGATO VI
DISPOSIZIONI CONCERNENTI L'USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO

Osservazione preliminare
Le disposizioni del presente allegato si applicano allorche' esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
1 Disposizioni generali applicabili a tutte le attrezzature di lavoro
 
1.1 Le attrezzature di lavoro devono essere installate, disposte e usate in maniera tale da ridurre i rischi per i loro utilizzatori e per le altre persone, ad esempio facendo in modo che vi sia sufficiente spazio disponibile tra i loro elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze

utilizzate o prodotte possano essere addotte e/o estratte in modo sicuro.
1.2 Le operazioni di montaggio e smontaggio delle attrezzature di lavoro devono essere realizzate in modo sicuro, in particolare rispettando le eventuali istruzioni d'uso del fabbricante.
1.3 Illuminazione
1.3.1 Le zone di azione delle macchine operatrici e quelle dei lavori manuali, i campi di lettura o di osservazione degli organi e degli strumenti di controllo, di misure o indicatori in genere e ogni luogo od elemento che presenti un particolare pericolo di infortunio o che necessiti di una speciale sorveglianza, devono essere illuminati in modo diretto con mezzi particolari.
1.3.2. Nei casi in cui, per le esigenze tecniche di particolari lavorazioni o procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente i posti indicati al punto precedente, si devono adottare adeguate misure dirette ad eliminare i rischi derivanti dalla mancanza o dalla insufficienza della illuminazione.
1.4 Avviamento
Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento dei motori che azionano macchine complesse o piu' macchine contemporaneamente devono essere preceduti da un segnale acustico convenuto, distintamente percettibile nei luoghi dove vi sono trasmissioni e macchine dipendenti, associato, se necessario, ad un segnale ottico. Un cartello indicatore richiamante l'obbligo stabilito dal presente punto e le relative modalita', deve essere esposto presso gli organi di comando della messa in moto del motore.
1.5 Rischio di proiezione di oggetti
Nelle operazioni di scalpellatura, sbavatura, taglio di chiodi e in genere nei lavori eseguiti mediante utensili a mano o a motore, che possono dar luogo alla proiezione pericolosa di schegge o di materiali, si devono predisporre schermi o adottare altre misure atte ad evitare che le materie proiettate abbiano a recare danno alle persone.
1.6 Rischi dovuti agli elementi mobili
1.6.1 E' vietato pulire, oliare o ingrassare a mano gli organi e gli elementi in moto di attrezzature di lavoro, a meno che cio' non sia richiesto da particolari esigenze tecniche, nel quale caso deve essere fatto uso di mezzi idonei ad evitare ogni pericolo. Del divieto stabilito dal presente punto devono essere resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.
1.6.2 E' vietato compiere su organi in moto qualsiasi operazione di riparazione o registrazione.
Qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante il moto, si devono adottare adeguate cautele a difesa dell'incolumita' del lavoratore.
Del divieto indicato nel primo comma devono essere resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.
1.6.3 Quando un motore, per le sue caratteristiche di costruzione, costituisce un pericolo per chi lo avvicina, deve essere installato in apposito locale o recintato o comunque protetto.
L'accesso ai locali o ai recinti dei motori deve essere vietato a coloro che non vi sono addetti ed il divieto deve essere richiamato mediante apposito avviso.
1.7 Rischio di caduta di oggetti
Durante il lavoro su scale o in luoghi sopraelevati, gli utensili, nel tempo in cui non sono adoperati, devono essere tenuti entro apposite guaine o assicurati in modo da impedirne la caduta.
1.8 Materie e prodotti pericolosi e nocivi
1.8.1 Presso le macchine e gli apparecchi dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, per prodotti o materie: infiammabili, esplodenti, corrosivi, a temperature dannose, asfissianti, irritanti, tossici o infettanti, taglienti o pungenti, devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni.
1.8.2 Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri esplosivi o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi o a produzione di scintille.
1.8.3 Per la lubrificazione delle macchine o parti di macchine o apparecchi in contatto con materie esplodenti o infiammabili, devono essere usati lubrificanti di natura tale che non diano luogo a reazioni pericolose in rapporto alla costituzione ed alle caratteristiche delle materie stesse.
1.8.4 L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione a parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi.
1.9 Rischio da spruzzi e investimento da materiali incandescenti
1.9.1 I lavoratori addetti alle operazioni di colata e quelli che possono essere investiti da spruzzi di metallo fuso o di materiali incandescenti devono essere protetti mediante adatti schermi o con altri mezzi.
1.9.2 Nelle installazioni in cui la colata avviene entro canali o fosse o spazi comunque delimitati del pavimento devono essere predisposte idonee difese o altre misure per evitare che i lavoratori vengano a contatto con il materiale fuso, nonche' per permettere loro il rapido allontanamento dalla zona di pericolo nel caso di spandimento dello stesso materiale sul pavimento.
2 Disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no.
2.1 La conduzione di attrezzature di lavoro semoventi e' riservata ai lavoratori che abbiano ricevuto un'adeguata formazione per la guida di tali attrezzature di lavoro.
2.2 Se un'attrezzatura di lavoro manovra in una zona di lavoro, devono essere stabilite e rispettate apposite regole di circolazione.
2.3 Si devono prendere misure organizzative atte e evitare che lavoratori a piedi si trovino nella zona di attivita' di attrezzature di lavoro semoventi. Qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, si devono prendere misure appropriate per evitare che essi siano feriti dalle attrezzature.
2.4 L'accompagnamento di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente e' autorizzato esclusivamente su posti sicuri predisposti a tal fine. Se si devono effettuare dei lavori durante lo spostamento, la velocita' dell'attrezzatura deve, all'occorrenza, essere adeguata.
2.5 Le attrezzature di lavoro mobili dotate di un motore a combustione possono essere utilizzate nella zona di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantita' sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
2.6 Davanti alle uscite dei locali e alle vie che immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici devono essere disposte barriere atte ad evitare investimenti e, quando cio' non sia possibile, adeguate segnalazioni.
2.7 I segnali indicanti condizioni di pericolo nelle zone di transito e quelli regolanti il traffico dei trasporti meccanici su strada o su rotaia devono essere convenientemente illuminati durante il servizio notturno.
2.8 Le vie di transito che, per lavori di riparazione o manutenzione in corso o per guasti intervenuti, non sono percorribili senza pericolo, devono essere sbarrate.
Apposito cartello deve essere posto ad indicare il divieto di transito.
2.9 Durante l'esecuzione di lavoro di riparazione o manutenzione su linee di transito su rotaie percorse da mezzi meccanici, quando il traffico non e' sospeso o la linea non e' sbarrata, una o piu' persone devono essere esclusivamente incaricate di segnalare ai lavoratori l'avvicinarsi dei convogli ai posti di lavoro.
2.10 Quando uno o piu' veicoli sono mossi da un mezzo meccanico il cui conducente non puo', direttamente o a mezzo di altra persona sistemata su uno di essi, controllarne il percorso, i veicoli devono essere preceduti o affiancati da un incaricato che provveda alle necessarie segnalazioni per assicurare l'incolumita' delle persone.
2.11 E' vietato il trasporto delle persone su carrelli di teleferiche o di altri sistemi di funicolari aeree costruiti per il trasporto di sole cose, salvo che per le operazioni di ispezione, manutenzione e riparazione e sempre che siano adottate idonee misure precauzionali, quali l'uso di cintura di sicurezza, l'adozione di attacchi supplementari del carrello alla fune traente, la predisposizione di adeguati mezzi di segnalazione.
3 Disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare carichi
3.1 Disposizioni di carattere generale
3.1.1 I mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere scelti in modo da risultare appropriati, per quanto riguarda la sicurezza, alla natura, alla forma e al volume dei carichi al cui sollevamento e trasporto sono destinati, nonche' alle condizioni d'impiego con particolare riguardo alle fasi di avviamento e di arresto.
3.1.2 Le funi e le catene debbono essere sottoposte a controlli trimestrali in mancanza di specifica indicazione da parte del fabbricante.
3.1.3 Le attrezzature di lavoro smontabili o mobili che servono a sollevare carichi devono essere utilizzate in modo tale da garantire la stabilita' dell'attrezzatura di lavoro durante il suo impiego, in tutte le condizioni prevedibili e tenendo conto della natura del suolo.
3.1.4 Il sollevamento di persone e' permesso soltanto con attrezzature di lavoro e accessori previsti a tal fine.
A titolo eccezionale, possono essere utilizzate per il sollevamento di persone attrezzature non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo.
Qualora siano presenti lavoratori a bordo dell'attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro. Deve essere assicurata la loro evacuazione in caso di pericolo.
3.1.5 Devono essere prese misure per impedire che i lavoratori sostino sotto i carichi sospesi, salvo che cio' sia richiesto per il buon funzionamento dei lavori.
Non e' consentito far passare i carichi al di sopra di luoghi di lavoro non protetti abitualmente occupati dai lavoratori.
In tale ipotesi, qualora non sia possibile in altro modo il corretto svolgimento del lavoro, si devono definire ed applicare procedure appropriate.
3.1.6 Gli accessori di sollevamento devono essere scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche nonche' tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura. Le combinazioni di piu' accessori di sollevamento devono essere contrassegnate in modo chiaro onde consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso.
3.1.7 Gli accessori di sollevamento devono essere depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati.
3.2 Attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati
3.2.1 Quando due o piu' attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro di modo che i loro raggi d'azione si intersecano, e' necessario prendere misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e/o elementi delle attrezzature di lavoro stesse.
3.2.2 Nel caso di utilizzazione di attrezzature di lavoro mobili che servono al sollevamento di carichi non guidati, si devono prendere misure onde evitare l'inclinarsi, il ribaltamento e, se del caso, lo spostamento e lo scivolamento dell'attrezzatura di lavoro. Si deve verificare la buona esecuzione di queste misure.
3.2.3 Se l'operatore di un'attrezzatura di lavoro che serve al sollevamento di carichi non guidati non puo' osservare l'intera traiettoria del carico ne' direttamente ne' per mezzo di dispositivi ausiliari in grado di fornire le informazioni utili, deve essere designato un capomanovra in comunicazione con lui per guidarlo e devono essere prese misure organizzative per evitare collisioni del carico suscettibili di mettere in pericolo i lavoratori.
3.2.4 I lavori devono essere organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto.
3.2.5 Tutte le operazioni di sollevamento devono essere correttamente progettate nonche' adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori.
In particolare, quando un carico deve essere sollevato simultaneamente da due o piu' attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, si deve stabilire e applicare una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori.
3.2.6 Qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possono trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, si devono prendere misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi.
I carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza.
3.2.7. L'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati deve essere sospesa allorche' le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento esponendo cosi' i lavoratori a rischi. Si devono adottare adeguate misure di protezione per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi e in particolare misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
3.2.8 Quando argani, paranchi e apparecchi simili sono usati per il sollevamento o la discesa dei carichi tra piani diversi di un edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per il passaggio del carico ai singoli piani, nonche' il sottostante spazio di arrivo o di sganciamento del carico stesso devono essere protetti, su tutti i lati, mediante parapetti normali provvisti, ad eccezione di quello del piano terreno, di arresto al piede.
I parapetti devono essere disposti in modo da garantire i lavoratori anche contro i pericoli derivanti da urti o da eventuale caduta del carico di manovra.
Gli stessi parapetti devono essere applicati anche sui lati delle aperture dove si effettua il carico e lo scarico, a meno che per le caratteristiche dei materiali in manovra cio' non sia possibile. In quest'ultimo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera mobile, inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello o altro dispositivo. Detta barriera deve essere tenuta chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente.
3.2.9 II sollevamento dei laterizi, pietrame, ghiaia e di altri materiali minuti deve essere effettuato esclusivamente a mezzo di benne o cassoni metallici; non sono ammesse le piattaforme semplici e le imbracature.
4 Disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare persone 4.1 Sui ponti sviluppabili e simili gli operai addetti devono fare uso di idonea cintura di sicurezza.
4.2 I ponti sviluppabili devono essere usati esclusivamente per l'altezza per cui sono costruiti, senza aggiunte di sovrastrutture.
I ponti non devono essere spostati quando su di essi si trovano lavoratori o sovraccarichi. E' ammessa deroga quando si tratti di lavori per le linee elettriche di contatto o dei ponti recanti la marcatura CE o costruiti secondo le disposizioni dei decreti di cui all'art. II comma 3 del presente titolo, sempreche' tale funzionalita' risulti esplicitamente prevista dal fabbricante.
5 Disposizioni concernenti l'uso di determinate attrezzature di lavoro
5.1. Berte a caduta libera
5.1.1. Le berte a caduta libera per la frantumazione della ghisa, dei rottami metallici o di altri materiali debbono essere completamente circondate da robuste pareti atte ad impedire la proiezione all'esterno di frammenti di materiale.
5.1.2. Anche l'accesso a tale recinto deve essere sistemato in modo da rispondere allo stesso scopo.
5.1.3. La manovra di sganciamento della mazza deve eseguirsi dall'esterno del recinto o comunque da posto idoneamente protetto.
5.2 Laminatoi siderurgici e simili
5.2.1. Negli impianti di laminazione in cui si ha uscita violenta del materiale in lavorazione, quali i laminatoi siderurgici e simili, devono essere predisposte difese per evitare che il materiale investa i lavoratori.
5.2.2. Quando per esigenze tecnologiche o per particolari condizioni di impianto non sia possibile predisporre una efficiente difesa diretta, dovranno essere adottate altre idonee misure per la sicurezza del lavoro.
5.3 Trebbiatrici
Il datore di lavoro deve fornire occhiali di protezione all'operaio imboccatore e ai suoi aiutanti e adatto copricapo a tutto il personale addetto alla trebbiatrice.
6 Rischi per Energia elettrica
6.1 Tutte le attrezzature di lavoro debbono essere installate in modo da proteggere i lavoratori esposti contro i rischi di un contatto diretto o indiretto con la corrente elettrica.
6.2 Apparecchi elettrici mobili e portatili
6.2.1. Per i lavori all'aperto, ferma restando l'osservanza di tutte le altre disposizioni del presente decreto relativo agli utensili elettrici portatili, e' vietato l'uso di utensili a tensione superiore a 220 V verso terra.
6.2.2. Nei lavori in luoghi bagnati o molto umidi, e nei lavori a contatto od entro grandi masse metalliche, e' vietato l'uso di utensili elettrici portatili a tensione superiore a 50 V verso terra.
6.2.3. Se l'alimentazione degli utensili nelle condizioni previste dal presente punto e' fornita da una rete a bassa tensione attraverso un trasformatore, questo deve avere avvolgimenti, primario e secondario, separati ed isolati tra loro e deve funzionare col punto mediano dell'avvolgimento secondario collegato a terra.
7 Materie e prodotti infiammabili o esplodenti
7.1. Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri esplosivi o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi o a produzione di scintille.
7.2. Per la lubrificazione delle macchine o parti di macchine o apparecchi in contatto con materie esplodenti o infiammabili, devono essere usati lubrificanti di natura tale che non diano luogo a reazioni pericolose in rapporto alla costituzione ed alle caratteristiche delle materie stesse.
8. Impianti ed operazioni di saldatura ossiacetilenica, ossidrica e simili
8.1. Non devono eseguirsi lavorazioni ed operazioni con fiamme libere o con corpi incandescenti a meno di 5 metri di distanza dai generatori o gasometri di acetilene.
8.2. Il trasporto nell'interno delle aziende e dei locali di lavoro degli apparecchi mobili di saldatura al cannello deve essere effettuato mediante mezzi atti ad assicurare la stabilita' dei gasogeni e dei recipienti dei gas compressi o disciolti e ad evitare urti pericolosi.
8.3. I recipienti dei gas compressi o sciolti, ad uso di impianti fissi di saldatura, devono essere efficacemente ancorati, al fine di evitarne la caduta accidentale.
9 Macchine utensili per legno e materiali affini
La lavorazione di pezzi di piccole dimensioni alle macchine da legno, ancorche' queste siano provviste dei prescritti mezzi di protezione, deve essere effettuata facendo uso di idonee attrezzature quali portapezzi, spingitoi e simili.
10 Macchine per filare e simili
Il lavoratore che ha la responsabilita' del funzionamento del filatoio automatico intermittente, prima di mettere in moto la macchina, deve assicurarsi che nessuna persona si trovi tra il carro mobile e il banco fisso dei cilindri alimentatori.
E' vietato a chiunque di introdursi nello spazio fra il carro mobile e il banco fisso dei cilindri alimentatori durante il funzionamento del filatoio automatico intermittente. E' altresi' vietato introdursi nello stesso spazio a macchina ferma senza l'autorizzazione del lavoratore addetto o di altro capo responsabile.
Le disposizioni del presente punto integrate con il richiamo all'obbligo di assicurare la posizione di fermo della macchina prima di introdursi tra il carro mobile e il banco fisso, devono essere rese note al personale mediante avviso esposto presso la macchina.
11 Impianti ed operazioni di saldatura o taglio ossiacetilenica ossidrica, elettrica e simili
Il trasporto nell'interno delle aziende e dei locali di lavoro degli apparecchi mobili di saldatura al cannello deve essere effettuato mediante mezzi atti ad assicurare la stabilita' dei gasogeni e dei recipienti dei gas compressi o disciolti e ad evitare urti pericolosi. I recipienti dei gas compressi o sciolti, ad uso di impianti fissi di saldatura, devono essere efficacemente ancorati, al fine di evitarne la caduta accidentale.

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
2. Elenco indicativo e non esauriente delle attrezzature di protezione individuale

Dispositivi di protezione della testa
Caschi di protezione per l'industria (caschi per miniere, cantieri di lavori pubblici, industrie varie). Copricapo leggero per proteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza visiera). Copricapo di protezione (cuffie, berretti, cappelli di tela cerata ecc., in tessuto, in tessuto rivestito, ecc.).

Dispositivi di protezione dell'udito
Palline e tappi per le orecchie.
Caschi (comprendenti l'apparato auricolare).
Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione per l'industria.
Cuffie con attacco per ricezione a bassa frequenza.

Dispositivi di protezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione.

Dispositivi di protezione degli occhi e del viso
Occhiali a stanghette.
Occhiali a maschera.
Occhiali di protezione, contro i raggi X, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse, visibili. Schermi facciali.
Maschera e caschi per la saldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi).

Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
Apparecchi antipolvere, antigas e contro le polveri radioattive. Apparecchi isolanti a presa d'aria.
Apparecchi respiratori con maschera per saldatura amovibile. Apparecchi e attrezzature per sommozzatori.
Scafandri per sommozzatori.

Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia
- Guanti contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.); contro le aggressioni chimiche, per elettricisti e antitermici.
- Guanti a sacco.
- Ditali.
- Manicotti.
- Fasce di protezione dei polsi.
- Guanti a mezze dita.
- Manopole.

Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe
Scarpe basse, scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza.
Scarpe a slacciamento o sganciamento rapido.
Scarpe con protezione supplementare della punta del piede;
Scarpe e soprascarpe con suola anticalore;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il calore;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il freddo;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro le vibrazioni;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione antistatici;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione isolanti;
Stivali di protezione contro le catene delle trance meccaniche;
Zoccoli;
Ginocchiere;

Dispositivi di protezione amovibili del collo del piede
Ghette;
Suole amovibili (anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
Ramponi amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.

Dispositivi di protezione della pelle
Creme protettive/pomate.

Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, spruzzi di metallo fuso, ecc.);
Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni chimiche;
Giubbotti termici;
Giubbotti di salvataggio;
Grembiuli di protezione contro i raggi x;
Cintura di sicurezza del tronco.

Dispositivi dell'intero corpo
Attrezzature di protezione contro le cadute;
Attrezzature cosiddette anticaduta (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento);
Attrezzature con freno "ad assorbimento di energia cinetica" (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento);

Dispositivo di sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza)
Indumenti di protezione
Indumenti di lavoro cosiddetti "di sicurezza" (due pezzi e tute);
Indumenti di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);
Indumenti di protezione contro le aggressioni chimiche;
Indumenti di protezione contro gli spruzzi di metallo fuso e di raggi infrarossi;
Indumenti di protezione contro il calore;
Indumenti di protezione contro il freddo;
Indumenti di protezione contro la contaminazione radioattiva;
Indumenti antipolvere;
Indumenti antigas;
Indumenti ed accessori (bracciali e guanti, ecc.) fluorescenza di segnalazione, catarifrangenti; Coperture di protezione.
3. Elenco indicativo e non esauriente delle attivita' e dei settori di attivita' per i quali puo' rendersi necessario mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale
1. Protezione del capo (protezione del cranio)
Elmetti di proiezione
- Lavori edili, soprattutto lavori sopra, sotto o in prossimita' di impalcature e di posti di lavoro sopraelevati, montaggio e smontaggio di armature, lavori di installazione e di posa di ponteggi e operazioni di demolizione.
- Lavori su ponti d'acciaio, su opere edili in strutture d'acciaio di grande altezza, piloni, torri, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie e laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali elettriche.
- Lavori in fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera.
- Lavori in terra e in roccia.
- Lavori in miniere sotterranee, miniere a cielo aperto e lavori di spostamento di ammassi di sterile.
- Uso di estrattori di bulloni.
- Brillatura mine.
- Lavori in ascensori e montacarichi, apparecchi di sollevamento, gru e nastri trasportatori.
- Lavori nei pressi di altiforni, in impianti di riduzione diretta, in acciaierie, in laminatoi, in stabilimenti metallurgici, in impianti di fucinatura a maglio e a stampo, nonche' in fonderie.
- Lavori in forni industriali, contenitori, apparecchi, silos, tramogge e condotte.
- Costruzioni navali.
- Smistamento ferroviario.
- Macelli.
2. Protezione del piede
Scarpe di sicurezza con suola imperforabile
- Lavori di rustico, di genio civile e lavori stradali.
- Lavori su impalcatura.
- Demolizioni di rustici.
- Lavori in calcestruzzo e in elementi prefabbricati con montaggio e smontaggio di armature
- Lavori in cantieri edili e in aree di deposito.
- Lavori su tetti.
Scarpe di sicurezza senza suola imperforabile
- Lavori su ponti d'acciaio, opere edili in strutture di grande altezza, piloni, torri, ascensori e montacarichi, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru, caldaie e impianti elettrici.
- Costruzioni di forni, installazioni di impianti di riscaldamento e di aerazione, nonche' montaggio di costruzioni metalliche.
- Lavori di trasformazione e di manutenzione.
- Lavori in altiforni, impianti di riduzione diretta, acciaierie e laminatoi, stabilimenti metallurgici, impianti di fucinatura a maglio e a stampo, impianti di pressatura a caldo e di trafilatura.
- Lavori in cave di pietra, miniere, a cielo aperto e rimozione di discarica.
- Lavorazione e finitura di pietre.
- Produzione di vetri piani e di vetri cavi, nonche' lavorazione e finitura.
- Manipolazione di stampi nell'industria della ceramica.
- Lavori di rivestimenti in prossimita' del forno nell'industria della ceramica.
- Lavori nell'industria della ceramica pesante e nell'industria dei materiali da costruzione.
- Movimentazione e stoccaggio.
- Manipolazione di blocchi di carni surgelate e di contenitori metallici di conserve.
- Costruzioni navali.
- Smistamento ferroviario.
Scarpe di sicurezza con tacco o con suola continua e con intersuola imperforabile
- Lavori sui tetti.
- Scarpe di sicurezza con intersuola termoisolante.
- Attivita' su e con masse molte fredde o ardenti.
Scarpe di sicurezza a slacciamento rapido
- In caso di rischio di penetrazione di masse incandescenti fuse.
3. Protezione degli occhi o del volto
Occhiali di protezione, visiere o maschere di protezione - Lavori di saldatura, molatura e tranciatura
- Lavori di mortasatura e di scalpellatura
- Lavorazione e finitura di pietre
- Uso di estrattori di bulloni.
- Impiego di macchine asportatrucioli durante la lavorazione di materiale che producono trucioli corti.
- Fucinatura a stampo.
- Rimozione e frantumazione di schegge.
- Operazioni di sabbiatura.
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi.
- Impiego di pompe a getto liquido.
- Manipolazione di masse incandescenti fuse o lavori in prossimita' delle stesse.
- Lavori che comportano esposizione al calore radiante.
- Impiego di laser.
4. Protezione delle vie respiratorie
Autorespiratori
- Lavori in contenitori, in vani ristretti e in forni industriali riscaldati a gas, qualora sussista il rischio di intossicazione da gas o di carenza di ossigeno.
- lavoro nella zona di caricamento dell'altoforno.
- Lavori in prossimita' dei convertitori e delle condutture di gas di altoforno.
- Lavori in prossimita' della colata in siviera qualora sia prevedibile che se ne sprigionino fumo di metalli pesanti.
- Lavori di rivestimento di forni e di siviere qualora sia prevedibile la formazione di polveri. - Verniciatura a spruzzo senza sufficiente aspirazione.
- Lavori in pozzetti, canali e altri vani sotterranei nell'ambito della rete fognaria.
- Attivita' in impianti frigoriferi che presentino un rischio di fuoriuscita del refrigerante.
5. Protezione dell'udito
Otoprotettori
- Lavori nelle vicinanze di presse per metalli.
- Lavori che implicano l'uso di utensili pneumatici.
- Attivita' del personale a terra negli aeroporti.
- Battitura di pali e costipazione del terreno.
- Lavori nel legname e nei tessili.
6. Protezione del tronco, delle braccia e delle mani
Indumenti protettivi
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi.
- Lavori che comportano la manipolazione di masse calde o la loro vicinanza o comunque un'esposizione al calore.
- Lavorazione di vetri piani.
- Lavori di sabbiatura.
- Lavori in impianti frigoriferi.
Indumenti protettivi difficilmente infiammabili
- Lavori di saldatura in ambienti ristretti
Grembiuli imperforabili
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli.
- Lavori che comportano l'uso di coltelli, nel caso in cui questi siano mossi in direzione del corpo. Grembiuli di cuoio
- Saldatura
- Fucinatura
- Fonditura
Bracciali
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli. Guanti
- Saldatura.
- Manipolazione di oggetti con spigoli vivi, esclusi i casi in cui sussista il rischio che il guanto rimanga impigliato nelle macchine.
- Manipolazione a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini. Guanti a maglia metallica
- Operazione di disossamento e di squartamento nei macelli.
- Attivita' protratta di taglio con il coltello nei reparti di produzione e macellazione.
- Sostituzione di coltelli nelle taglierine.
7. Indumenti di protezione contro le intemperie
- Lavori edili all'aperto con clima piovoso e freddo.
8. Indumenti fosforescenti
- Lavori in cui e' necessario percepire in tempo la presenza dei lavoratori.
9. Attrezzatura di protezione anticaduta (imbracature di sicurezza)
- Lavori su impalcature.
- Montaggio di elementi prefabbricati.
- Lavori su piloni
10. Attacco di sicurezza con corda
- Posti di lavoro in cabine sopraelevate di gru.
- Posti di lavoro in cabine di manovra sopraelevate di transelevatori.
- Posti di lavoro sopraelevati su torri di trivellazione.
- Lavori in pozzi e in fogne.
11. Protezione dell'epidermide
- Manipolazione di emulsioni.
- Concia di pellami.
4) Indicazioni non esaurienti per la valutazione dei dispositivi di protezione individuale
1. Elmetti di protezione per l'industria
2. Occhiali protettivi e schermi per la protezione del viso
3. Otoprotettori
4. Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
5. Guanti di protezione
6. Calzature per uso professionale
7. Indumenti di protezione
8. Giubbotti di salvataggio per l'industria
9. Dispositivi di protezione contro le cadute dall'alto

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
ALLEGATO IX

Ai fini del presente Capo, si considerano norme di buona tecnica le specifiche tecniche emanate dai seguenti organismi nazionali e
internazionali:

- UNI (Ente Nazionale di Unificazione);
- CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano);
- CEN (Comitato Europeo di normalizzazione);
- CENELEC (Comitato Europeo per la standardizzazione Elettrotecnica);
- IEC (Commissione Internazionale Elettrotecnica);
- ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione).
L'applicazione delle suddette norme e' finalizzata all'individuazione delle misure di cui all'articolo 1 e dovra' tenere conto dei seguenti principi:
1. La scelta di una o piu' norme di buona tecnica deve essere indirizzata alle norme che trattano i rischi individuati.
2. L'adozione di norme tecniche emesse da organismi diversi, deve garantire la congruita' delle misure adottate nel rispetto dei rischi individuati.

Tab. 1 allegato IX - Distanze di sicurezza da parti attive di linee elettriche e di impianti elettrici non protette o non sufficientemente protette. =====================================================================
Un (kV) | Distanza minima consentita (M) =====================================================================
</=1 | 3
10 | 3,5
15 | 3,5
132 | 5
220 | 7
380 | 7

ALLEGATO X
Elenco dei lavori edili o di ingegneria civile
di cui all'articolo 89 comma 1, lettera a)

1. I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.
2. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.

ALLEGATO XI
Elenco dei lavori comportanti rischi particolari per la sicurezza
e la salute dei lavoratori di cui all'articolo 100, comma 1

1. Lavori che espongono i lavoratori a rischi di seppellimento o di sprofondamento a profondita' superiore a m 1,5 o di caduta dall'alto da altezza superiore a m 2, se particolarmente aggravati dalla natura dell'attivita' o dei procedimenti attuati oppure dalle condizioni ambientali del posto di lavoro o dell'opera.
2. Lavori che espongono i lavoratori a sostanze chimiche o biologiche che presentano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori oppure comportano un'esigenza legale di sorveglianza sanitaria.
3. Lavori con radiazioni ionizzanti che esigono la designazione di zone controllate o sorvegliate, quali definite dalla vigente normativa in materia di protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti.
4. Lavori in prossimita' di linee elettriche aree a conduttori nudi in tensione.
5. Lavori che espongono ad un rischio di annegamento.
6. Lavori in pozzi, sterri sotterranei e gallerie.
7. Lavori subacquei con respiratori.
8. Lavori in cassoni ad aria compressa.
9. Lavori comportanti l'impiego di esplosivi.
10. Lavori di montaggio o smontaggio di elementi prefabbricati pesanti.

ALLEGATO XII
Contenuto della notifica preliminare di cui all'articolo 99

1. Data della comunicazione.
2. Indirizzo del cantiere.
3. Committente (i) (nome (i), cognome (i), codice fiscale e indirizzo (i)).
4. Natura dell'opera.
5. Responsabile (i) dei lavori (nome (i), cognome (i), codice fiscale e indirizzo (i)).
6. Coordinatore (i) per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la progettazione dell'opera (nome (i), cognome (i), codice fiscale e indirizzo (i)).
7. Coordinatore (i) per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la realizzazione dell'opera (nome (i), cognome (i), codice fiscale e indirizzo (i)).
8. Data presunta d'inizio dei lavori in cantiere.
9. Durata presunta dei lavori in cantiere.
10. Numero massimo presunto dei lavoratori sul cantiere.
11. Numero previsto di imprese e di lavoratori autonomi sul cantiere.
12. Identificazione, codice fiscale o partita IVA, delle imprese gia' selezionate. 13. Ammontare complessivo presunto dei lavori (€).

ALLEGATO XIII
Prescrizioni di sicurezza e di salute per la logistica di cantiere

1. I luoghi di lavoro al servizio dei cantieri edili devono rispondere, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere e della valutazione dei rischi, alle norme specifiche nel presente decreto legislativo.

Prescrizioni per i servizi igienico-assistenziali a disposizione dei
lavoratori nei cantieri
1. Spogliatoi e armadi per il vestiario
1.1. I locali spogliatoi devono disporre di adeguata aerazione, essere illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda, muniti di sedili ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia.
1.2. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
1.3 La superficie dei locali deve essere tale da consentire, una dislocazione delle attrezzature, degli arredi, dei passaggi e delle vie di uscita rispondenti a criteri di funzionalita' e di ergonomia per la tutela e l'igiene dei lavoratori, e di chiunque acceda legittimamente ai locali stessi.
2. Docce
2.1 I locali docce devono essere riscaldati nella stagione fredda, dotati di acqua calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia. Il numero minimo di docce e' di uno ogni dieci lavoratori impegnati nel cantiere.
3. Gabinetti e lavabi
3.1. I locali che ospitano i lavabi devono essere dotati di acqua corrente, se necessario calda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
3.2. I servizi igienici devono essere costruiti in modo da salvaguardare la decenza e mantenuti puliti.
3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere.
3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare il rischio sanitario per gli utenti.
3.5. In condizioni lavorative con mancanza di spazi sufficienti per l'allestimento dei servizi di cantiere, e in prossimita' di strutture idonee aperte al pubblico, e' consentito attivare delle convenzioni con tali strutture al fine di supplire all'eventuale carenza di servizi in cantiere: copia di tali convenzioni deve essere tenuta in cantiere ed essere portata a conoscenza dei lavoratori.
4. Locali di riposo e di refezione
4.1. I locali di riposo e di refezione devono essere forniti di sedili e di tavoli, ben illuminati, aerati e riscaldati nella stagione fredda. Il pavimento e le pareti devono essere mantenute in buone condizioni di pulizia.
4.2. Nel caso i pasti vengano consumati in cantiere, i lavoratori devono disporre di attrezzature per scaldare e conservare le vivande ed eventualmente di attrezzature per preparare i loro pasti in condizioni di soddisfacente igienicita'.
4.3. I lavoratori devono disporre sul cantiere di acqua potabile in quantita' sufficiente nei locali occupati, nonche' nelle vicinanze dei posti di lavoro.
4.4. Nei locali di riposo e di refezione cosi' come nei locali chiusi di lavoro e' vietato fumare.
5. Utilizzo di monoblocchi prefabbricati per i locali ad uso spogliatoi, locali di riposo e refezione
5.1. Non devono avere altezza netta interna inferiore a m 2.40, l'aerazione e l'illuminazione devono essere sempre assicurate da serramenti apribili; l'illuminazione naturale, quando necessario, sara' integrata dall'impianto di illuminazione artificiale.
6. Utilizzo di caravan ai fini igienico assistenziali
6.1. L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali, e' consentito esclusivamente ad inizio cantiere per un periodo massimo di 5 giorni, prima dell'installazione dei servizi di cantiere veri e propri.
6.2. L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali, e' consentito nei cantieri stradali di rilevante lunghezza e brevi tempi di lavorazione su singole posizioni fra loro molto lontane in aggiunta agli ordinari servizi igienico assistenziali posizionati presso le aree di cantiere o i campi base.

Prescrizioni per i posti di lavoro nei cantieri
1. I posti di lavoro all'interno dei locali in cui si esercita l'attivita' di costruzione, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere e della valutazione dei rischi, devono soddisfare alle disposizioni di seguito riportate.
1. Porte di emergenza
1.1. Le porte di emergenza devono aprirsi verso l'esterno.
1.2. Le porte di emergenza non devono essere chiuse in modo tale da non poter essere aperte facilmente e immediatamente da ogni persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza.
1.3. Le porte scorrevoli e le porte a bussola sono vietate come porte di emergenza.
2. Areazione
2.1. Ai lavoratori deve essere garantita una sufficiente e salubre quantita' di aria. Qualora vengano impiegati impianti di condizionamento d'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo tale che i lavoratori non vengano esposti a correnti d'aria moleste.
2.2. Ogni deposito e accumulo di sporcizia che possono comportare immediatamente un rischio per la salute dei lavoratori a causa dell'inquinamento dell'aria respirata devono essere eliminati rapidamente.
3. Illuminazione naturale e artificiale
3.1. I posti di lavoro devono disporre, nella misura del possibile, di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentano un'adeguata illuminazione artificiale per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
4. Pavimenti, pareti e soffitti dei locali
4.1. I pavimenti dei locali non devono presentare protuberanze, cavita' o piani inclinati pericolosi; essi devono essere fissi, stabili e antisdrucciolevoli.
4.2. Le superfici dei pavimenti, delle pareti e dei soffitti nei locali devono essere tali da poter essere pulite e intonacate per ottenere condizioni appropriate di igiene.
4.3. Le pareti trasparenti o translucide, in particolare le pareti interamente vetrate nei locali o nei pressi dei posti di lavoro e delle vie di circolazione devono essere chiaramente segnalate ed essere costituite da materiali di sicurezza ovvero essere separate da detti posti di lavoro e vie di circolazione, in modo tale che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti stesse, ne' essere feriti qualora vadano in frantumi.
5. Finestre e lucernari dei locali
5.1. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in maniera sicura. Quando sono aperti essi non devono essere posizionati in modo da costituire un pericolo per i lavoratori.
5.2. Le finestre e i lucernari devono essere progettati in maniera congiunta con le attrezzature ovvero essere dotati di dispositivi che ne consentano la pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano questo lavoro nonche' per i lavoratori presenti.
6. Porle e portoni
6.1. La posizione, il numero, i materiali impiegati e le dimensioni delle porte e dei portoni sono determinati dalla natura e dall'uso dei locali.
6.2. Un segnale deve essere apposto ad altezza d'uomo sulle porte trasparenti.
6.4. Quando le superfici trasparenti o translucide delle porte e dei portoni sono costituite da materiale di sicurezza e quando c'e' da temere che i lavoratori possano essere feriti se una porta o un portone va in frantumi, queste superfici devono essere protette contro lo sfondamento.
7. Vie di circolazione
7.1. Quando l'uso e l'attrezzatura dei locali lo richiedano per assicurare la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere messo in evidenza.
8. Misure specifiche per le scale e i marciapiedi mobili
8.1. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in modo sicuro.
8.2. Essi devono essere dotati dei necessari dispositivi di sicurezza.
8.3. Essi devono essere dotati di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili e accessibili.

Allegato XIV Contenuti minimi del corso di formazione per i coordinatori per la
progettazione e per l'esecuzione dei lavori.

PARTE TEORICA

Modulo giuridico per complessive 28 ore
- La legislazione di base in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro; la normativa contrattuale inerente gli aspetti di sicurezza e salute sul lavoro; la normativa sull'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
- Le normative europee e la loro valenza; le norme di buona tecnica; le direttive di prodotto;
- Il presente decreto in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al Titolo I. I soggetti del Sistema di Prevenzione Aziendale: i compiti, gli obblighi, le responsabilita' civili e penali. Metodologie per l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi;
- La legislazione specifica in materia di salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili e nei lavori in quota. Il titolo IV del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
- Le figure interessate alla realizzazione dell'opera: i compiti, gli obblighi, le responsabilita' civili e penali;
- La legge quadro in materia di lavori pubblici ed i principali decreti attuativi;
- La disciplina sanzionatoria e le procedure ispettive.
Modulo tecnico per complessive 52 ore
- Rischi di caduta dall'alto. Ponteggi e opere provvisionali
- L'organizzazione in sicurezza del Cantiere. Il cronoprogramma dei lavori
- Gli obblighi documentali da parte dei committenti, imprese, coordinatori per la sicurezza
- Le malattie professionali ed il primo soccorso
- Il rischio elettrico e la protezione contro le scariche atmosferiche
- Il rischio negli scavi, nelle demolizioni, nelle opere in sotterraneo ed in galleria
- I rischi connessi all'uso di macchine e attrezzature di lavoro con particolare riferimento agli apparecchi di sollevamento e trasporto
- I rischi chimici in cantiere
- I rischi fisici: rumore, vibrazioni, microclima, illuminazione
- I rischi connessi alle bonifiche da amianto
- I rischi biologici
- I rischi da movimentazione manuale dei carichi
- I rischi di incendio e di esplosione
- I rischi nei lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati
- I dispositivi di protezione individuali e la segnaletica di sicurezza
Modulo metodologico/organizzativo per complessive 16 ore
- I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento, del piano sostitutivo di sicurezza e del piano operativo di sicurezza.
- I criteri metodologici per : a) l'elaborazione del piano di sicurezza e di coordinamento e l'integrazione con i piani operativi di sicurezza ed il fascicolo; b) l'elaborazione del piano
operativo di sicurezza; c) l'elaborazione del fascicolo; d) l'elaborazione del P.I.M.U.S. (Piano di Montaggio, Uso, Smontaggio dei ponteggi; e) la stima dei costi della sicurezza
- Teorie e tecniche di comunicazione, orientate alla risoluzione di problemi e alla cooperazione; teorie di gestione dei gruppi e leadership
- I rapporti con la committenza, i progettisti, la direzione dei lavori, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
PARTE PRATICA per complessive 24 ore
- Esempi di Piano di Sicurezza e Coordinamento: presentazione dei progetti, discussione sull'analisi dei rischi legati all'area, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze
- Stesura di Piani di Sicurezza e Coordinamento, con particolare riferimento a rischi legati all'area, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze. Lavori di gruppo
- Esempi di Piani Operativi di Sicurezza e di Piani Sostitutivi di Sicurezza
- Esempi e stesura di fascicolo basati sugli stessi casi dei Piano di Sicurezza e Coordinamento
- Simulazione sul ruolo del Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione
VERIFICA FINALE DI APPRENDIMENTO
La verifica finale di apprendimento dovra' essere effettuata da una commissione costituita da almeno 3 docenti del corso, tramite:
- Simulazione al fine di valutare le competenze tecnico - professionali
- Test finalizzati a verificare le competenze cognitive
MODALITA' DI SVOLGIMENTO DEI CORSI
La presenza ai corsi di formazione deve essere garantita almeno nella misura del 90%. Il numero massimo di partecipanti per ogni corso e' fissato a 30.
E' inoltre previsto l'obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della durata complessiva di 40 ore.

ALLEGATO XV Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o
mobili

1. DISPOSIZIONI GENERALI
1.1. - Definizioni e termini di efficacia
1.1.1. Ai fini del presente allegato si intendono per:
a) scelte progettuali ed organizzative: insieme di scelte effettuate in fase di progettazione dal progettista dell'opera in collaborazione con il coordinatore per la progettazione, al fine di garantire l'eliminazione o la riduzione al minimo dei rischi di lavoro. Le scelte progettuali sono effettuate nel campo delle tecniche costruttive, dei materiali da impiegare e delle tecnologie da adottare; le scelte organizzative sono effettuate nel campo della pianificazione temporale e spaziale dei lavori;
b) procedure: le modalita' e le sequenze stabilite per eseguire un determinato lavoro od operazione;
c) apprestamenti: le opere provvisionali necessarie ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in cantiere;
d) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
e) misure preventive e protettive: gli apprestamenti, le attrezzature, le infrastrutture, i mezzi e servizi di protezione collettiva, atti a prevenire il manifestarsi di situazioni di pericolo, a proteggere i lavoratori da rischio di infortunio ed a tutelare la loro salute;
f) prescrizioni operative: le indicazioni particolari di carattere temporale, comportamentale, organizzativo, tecnico e procedurale, da rispettare durante le fasi critiche del processo di costruzione, in relazione alla complessita' dell'opera da realizzare;
g) cronoprogramma dei lavori: programma dei lavori in cui sono indicate, in base alla complessita' dell'opera, le lavorazioni, le fasi e le sottofasi di lavoro, la loro sequenza temporale e la loro durata;
h) PSC: il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100;
i) PSS: il piano di sicurezza sostitutivo del piano di sicurezza e di coordinamento, di cui all'articolo 131, comma 2, lettera b) del D.Lgs. 163/2006 e successive modifiche;
l) POS: il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, lettera h, e all'articolo 131, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 163/2006 e successive modifiche;
m) costi della sicurezza: i costi indicati all'articolo 100, nonche' gli oneri indicati all'articolo 131 del D.Lgs. 163/2006 e successive modifiche.
2. - PIANO DI SICUREZZA E DT COORDINAMENTO
2.1. - Contenuti minimi
2.1.1. Il PSC e' specifico per ogni singolo cantiere temporaneo o mobile e di concreta fattibilita'; i suoi contenuti sono il risultato di scelte progettuali ed organizzative conformi alle prescrizioni dell'articolo 15 del presente decreto.
2.1.2 il PSC contiene almeno i seguenti elementi:
a) l'identificazione e la descrizione dell'opera, esplicitata con: I) l'indirizzo del cantiere;
2) la descrizione del contesto in cui e' collocata l'area di cantiere;
3) una descrizione sintetica dell'opera, con particolare riferimento alle scelte progettuali, architettoniche, strutturali e tecnologiche;
b) l'individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza, esplicitata con l'indicazione dei nominativi del responsabile dei lavori, del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e, qualora gia' nominato, del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione ed a cura dello stesso coordinatore per l'esecuzione con l'indicazione, prima dell'inizio dei singoli lavori, dei nominativi dei datori di lavoro delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi;
c) una relazione concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi in riferimento all'area ed all'organizzazione dello specifico cantiere, alle lavorazioni interferenti ed ai rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri dell'attivita' delle singole imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi;
d) le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive, in riferimento:
1) all'area di cantiere, ai sensi dei punti 2.2.1. e 2.2.4.;
2) all'organizzazione del cantiere, ai sensi dei punti 2.2.2. e 2.2.4.;
3) alle lavorazioni, ai sensi dei punti 2.2.3. e 2.2.4.;
e) le prescrizioni operative, le misure preventive e protettive ed i dispositivi di protezione individuale, in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni, ai sensi dei punti 2.3. 1 , 2.3.2. e 2.3.3.,
f) le misure di coordinamento relative all'uso comune da parte di piu' imprese e lavoratori autonomi, come scelta di pianificazione lavori finalizzata alla sicurezza, di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva di cui ai punti 2.3.4. e 2.3.5.;
g) le modalita' organizzative della cooperazione e del coordinamento, nonche' della reciproca informazione, fra i datori di lavoro e tra questi ed i lavoratori autonomi;
h) l'organizzazione prevista per il servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, nel caso in cui il servizio di gestione delle emergenze e' di tipo comune, nonche' nel caso di cui all'articolo 104, comma 4; il PSC contiene anche i riferimenti telefonici delle strutture previste sul territorio al servizio del pronto soccorso e della prevenzione incendi;
i) la durata prevista delle lavorazioni, delle fasi di lavoro e, quando la complessita' dell'opera lo richieda, delle sottofasi di lavoro, che costituiscono il cronoprogramma dei lavori, nonche' l'entita' presunta del cantiere espressa in uomini-giorno;
l) la stima dei costi della sicurezza, ai sensi del punto 4.1.
2.1.3. 11 coordinatore per la progettazione indica nel PSC, ove la particolarita' delle lavorazioni lo richieda, il tipo di procedure complementari e di dettaglio al PSC stesso e connesse alle scelte autonome dell'impresa esecutrice, da esplicitare nel POS.
2.1.4. 11 PSC e' corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria e, ove la particolarita' dell'opera lo richieda, un profilo altimetrico e una breve descrizione delle caratteristiche idrogeologiche del terreno o il rinvio a specifica relazione se gia' redatta.
2.1.5. L'elenco indicativo e non esauriente degli elementi essenziali utili alla definizione dei contenuti del PSC di cui al punto 2.1.2., e' riportato nell'allegato XV.1.
2.2. - Contenuti minimi del PSC in riferimento all'area di cantiere, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni.
2.2.1. In riferimento all'area di cantiere, il PSC contiene l'analisi degli elementi essenziali di cui all'allegato XV.2, in relazione:
a) alle caratteristiche dell'area di cantiere, con particolare attenzione alla presenza nell'area del cantiere di linee aeree e condutture sotterranee;
b) all'eventuale presenza di fattori esterni che comportano rischi per il cantiere, con particolare attenzione:
b1) a lavori stradali ed autostradali al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal traffico circostante,
b 2) al rischio di annegamento;
c) agli eventuali rischi che le lavorazioni di cantiere possono comportare per l'area circostante.
2.2.2. In riferimento all'organizzazione del cantiere il PSC contiene, in relazione alla tipologia del cantiere, l'analisi dei seguenti elementi:
a) le modalita' da seguire per la recinzione del cantiere, gli accessi e le segnalazioni;
b) i servizi igienico-assistenziali;
c) la viabilita' principale di cantiere;
d) gli impianti di alimentazione e reti principali di elettricita', acqua, gas ed energia di qualsiasi tipo;
e) gli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche;
f) le disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 102;
g) le disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 92, comma 1, lettera c);
h) le eventuali modalita' di accesso dei mezzi di fornitura dei materiali;
i) la dislocazione degli impianti di cantiere;
l) la dislocazione delle zone di carico e scarico;
m) le zone di deposito attrezzature e di stoccaggio materiali e dei rifiuti;
n) le eventuali zone di deposito dei materiali con pericolo d'incendio o di esplosione.
2.2.3. In riferimento alle lavorazioni, il coordinatore per la progettazione suddivide le singole lavorazioni in fasi di lavoro e, quando la complessita' dell'opera lo richiede, in sottofasi di lavoro, ed effettua l'analisi dei rischi aggiuntivi, rispetto a quelli specifici propri dell'attivita' delle imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi, connessi in particolare ai seguenti elementi:
a) al rischio di investimento da veicoli circolanti nell'area di cantiere;
b) al rischio di seppellimento da adottare negli scavi;
c) al rischio di caduta dall'alto;
d) al rischio di insalubrita' dell'aria nei lavori in galleria;
e) al rischio di instabilita' delle pareti e della volta nei lavori in galleria;
f) ai rischi derivanti da estese demolizioni o manutenzioni, ove le modalita' tecniche di attuazione siano definite in fase di progetto;
g) ai rischi di incendio o esplosione connessi con lavorazioni e materiali pericolosi utilizzati in cantiere;
h) ai rischi derivanti da sbalzi eccessivi di temperatura.
i) al rischio di elettrocuzione;
l) al rischio rumore;
m) al rischio dall'uso di sostanze chimiche.
2.2.4. Per ogni elemento dell'analisi di cui ai punti 2.2.1., 2.2.2 2.2.3., il PSC contiene:
a) le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive richieste per eliminare o ridurre al minimo i rischi di lavoro; ove necessario, vanno prodotte tavole e disegni tecnici esplicativi;
b) le misure di coordinamento atte a realizzare quanto previsto alla lettera a).
2.3. - Contenuti minimi del PSC in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni ed al loro coordinamento
2.3.1. Il coordinatore per la progettazione effettua l'analisi delle interferenze tra le lavorazioni, anche quando sono dovute alle lavorazioni di una stessa impresa esecutrice o alla presenza di lavoratori autonomi, e predispone il cronoprogramma dei lavori. Per le opere rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 e successive modifiche, il cronoprogramma dei lavori ai sensi del presente regolamento, prende esclusivamente in considerazione le problematiche inerenti gli aspetti della sicurezza ed e' redatto ad integrazione del cronoprogramma delle lavorazioni previsto dall'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554.
2.3.2. In riferimento alle interferenze tra le lavorazioni, il PSC contiene le prescrizioni operative per lo sfasamento spaziale o temporale delle lavorazioni interferenti e le modalita' di verifica del rispetto di tali prescrizioni; nel caso in cui permangono rischi di interferenza, indica le misure preventive e protettive ed i dispositivi di protezione individuale, atti a ridurre al minimo tali rischi.
2.3.3. Durante i periodi di maggior rischio dovuto ad interferenze di lavoro, il coordinatore per l'esecuzione verifica periodicamente, previa consultazione della direzione dei lavori, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi interessati, la compatibilita' della relativa parte di PSC con l'andamento dei lavori, aggiornando il piano ed in particolare il cronoprogramma dei lavori, se necessario.
2.3.4. Le misure di coordinamento relative all'uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva, sono definite analizzando il loro uso comune da parte di piu' imprese e lavoratori autonomi.
2.3.5. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori integra il PSC con i nominativi delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi tenuti ad attivare quanto previsto al punto 2.2.4 ed al punto 2.3.4 e, previa consultazione delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi interessati, indica la relativa cronologia di attuazione e le modalita' di verifica.
3. - PIANO DI SICUREZZA SOSTITUTIVO E PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA
3.1. - Contenuti minimi del piano di sicurezza sostitutivo
3.1.1. Il PSS, redatto a cura dell'appaltatore o del concessionario, contiene gli stessi elementi del PSC di cui al punto 2.1.2, con esclusione della stima dei costi della sicurezza.
3.2. - Contenuti minimi del piano operativo di sicurezza
3.2.1. Il POS e' redatto a cura di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici, ai sensi dell'articolo 17 del presente decreto, e successive modificazioni, in riferimento al singolo cantiere interessato; esso contiene almeno i seguenti elementi:
a) i dati identificativi dell'impresa esecutrice, che comprendono:
1) il nominativo del datore di lavoro, gli indirizzi ed i riferimenti telefonici della sede legale e degli uffici di cantiere;
2) la specifica attivita' e le singole lavorazioni svolte in cantiere dall'impresa esecutrice e dai lavoratori autonomi subaffidatari;
3) i nominativi degli addetti al pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori e, comunque, alla gestione delle emergenze in cantiere, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, aziendale o territoriale, ove eletto o designato;
4) il nominativo del medico competente ove previsto;
5) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
6) i nominativi del direttore tecnico di cantiere e del capocantiere;
7) il numero e le relative qualifiche dei lavoratori dipendenti dell'impresa esecutrice e dei lavoratori autonomi operanti in cantiere per conto della stessa impresa;
b) le specifiche mansioni, inerenti la sicurezza, svolte in cantiere da ogni figura nominata allo scopo dall'impresa esecutrice;
c) la descrizione dell'attivita' di cantiere, delle modalita' organizzative e dei turni di lavoro;
d) l'elenco dei ponteggi, dei ponti su ruote a torre e di altre opere provvisionali di notevole importanza, delle macchine e degli impianti utilizzati nel cantiere;
e) l'elenco delle sostanze e preparati pericolosi utilizzati nel cantiere con le relative schede di sicurezza;
f) l'esito del rapporto di valutazione del rumore;
g) l'individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle proprie lavorazioni in cantiere;
h) le procedure complementari e di dettaglio, richieste dal PSC quando previsto;
i) l'elenco dei dispositivi di protezione individuale forniti ai lavoratori occupati in cantiere;
l) la documentazione in merito all'informazione ed alla formazione fornite ai lavoratori occupati in cantiere.
3.2.2. Ove non sia prevista la redazione del PSC, il PSS, quando previsto, e' integrato con gli elementi del POS.
4. - STIMA DEI COSTI DELLA SICUREZZA
4.1. - Stima dei costi della sicurezza
4.1.1. Ove e' prevista la redazione del PSC ai sensi del Titolo IV, Capo I, del presente decreto, nei costi della sicurezza vanno stimati, per tutta la durata delle lavorazioni previste nel cantiere, i costi:
a) degli apprestamenti previsti nel PSC;
b) delle misure preventive e protettive e dei dispositivi di protezione individuale eventualmente previsti nel PSC per lavorazioni interferenti;
c) degli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche, degli impianti antincendio, degli impianti di evacuazione fumi;
d) dei mezzi e servizi di protezione collettiva;
e) delle procedure contenute nel PSC e previste per specifici motivi di sicurezza;
f) degli eventuali interventi finalizzati alla sicurezza e richiesti per lo sfasamento spaziale o temporale delle lavorazioni interferenti;
g) delle misure di coordinamento relative all'uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva.
4.1.2. Per le opere rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 e successive modifiche e per le quali non e' prevista la redazione del PSC ai sensi del Titolo IV Capo I,del presente decreto, le amministrazioni appaltanti, nei costi della sicurezza stimano, per tutta la durata delle lavorazioni previste nel cantiere, i costi delle misure preventive e protettive finalizzate alla sicurezza e salute dei lavoratori.
4.1.3. La stima dovra' essere congrua, analitica per voci singole, a corpo o a misura, riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali vigenti nell'area interessata, o sull'elenco prezzi delle misure di sicurezza del committente; nel caso in cui un elenco prezzi non sia applicabile o non disponibile, si fara' riferimento ad analisi costi
complete e desunte da indagini di mercato. Le singole voci dei costi della sicurezza vanno calcolate considerando il loro costo di utilizzo per il cantiere interessato che comprende, quando applicabile, la posa in opera ed il successivo smontaggio, l'eventuale manutenzione e l'ammortamento.
4.1.4. I costi della sicurezza cosi' individuati, sono compresi nell'importo totale dei lavori, ed individuano la parte del costo dell'opera da non assoggettare a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici.
4.1.5. Per la stima dei costi della sicurezza relativi a lavori che si rendono necessari a causa di varianti in corso d'opera previste dall'articolo 132 del D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 e successive modifiche, o dovuti alle variazioni previste dagli articoli 1659, 1660, 1661 e 1664, secondo comma, del codice civile, si applicano le disposizioni contenute nei punti 4.1.1, 4.1.2 e 4.1.3. I costi della sicurezza cosi' individuati, sono compresi nell'importo totale della variante, ed individuano la parte del costo dell'opera da non assoggettare a ribasso.
4.1.6. Il direttore dei lavori liquida l'importo relativo ai costi della sicurezza previsti in base allo stato di avanzamento lavori, previa approvazione da parte del coordinatore per l'esecuzione dei lavori quando previsto.

Allegato XV.1
Elenco indicativo e non esauriente degli elementi essenziali utili
alla definizione dei contenuti del PSC di cui al punto 2.1.2.

1. Gli apprestamenti comprendono: ponteggi; trabattelli; ponti su cavalletti; impalcati; parapetti; andatoie; passerelle; armature delle pareti degli scavi; gabinetti; locali per lavarsi; spogliatoi; refettori; locali di ricovero e di riposo; dormitori; camere di medicazione; infermerie; recinzioni di cantiere.
2. Le attrezzature comprendono: centrali e impianti di betonaggio; betoniere; gru'; autogru'; argani; elevatori; macchine movimento terra; macchine movimento terra speciali e derivate; seghe circolari; piegaferri; impianti elettrici di cantiere; impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche; impianti antincendio; impianti di evacuazione fumi; impianti di adduzione di acqua, gas, ed energia di qualsiasi tipo; impianti fognari.
3. Le infrastrutture comprendono: viabilita' principale di cantiere per mezzi meccanici; percorsi pedonali; aree di deposito materiali, attrezzature e rifiuti di cantiere.
4. I mezzi e servizi di protezione collettiva comprendono: segnaletica di sicurezza; avvisatori acustici; attrezzature per primo soccorso; illuminazione di emergenza; mezzi estinguenti; servizi di gestione delle emergenze.

Allegato XV.2. Elenco indicativo e non esauriente degli elementi essenziali ai fini dell'analisi dei rischi connessi all'area di cantiere, di cui al
punto 2.2.1.

1. Falde; fossati; alvei fluviali; banchine portuali; alberi; manufatti interferenti o sui quali intervenire;infrastrutture quali strade, ferrovie, idrovie, aeroporti; edifici con particolare esigenze di tutela quali scuole, ospedali, case di riposo, abitazioni; linee aeree e condutture sotterranee di servizi; altri cantieri o insediamenti produttivi; viabilita'; rumore; polveri; fibre; fumi; vapori; gas; odori o altri inquinanti aerodispersi; caduta di materiali dall'alto.

ALLEGATO XVI
FASCICOLO CON LE CARATTERISTICHE DELL'OPERA

1. Introduzione.
Il fascicolo predisposto la prima volta a cura del coordinatore per la progettazione, e' eventualmente modificato nella fase esecutiva in funzione dell'evoluzione dei lavori ed e' aggiornato a cura del committente a seguito delle modifiche intervenute in un'opera nel corso della sua esistenza. Per interventi su opere esistenti gia' dotate di fascicolo e che richiedono la designazione dei coordinatori, l'aggiornamento del fascicolo e' predisposto a cura del coordinatore per la progettazione.
Per le opere di cui al D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 e successive modifiche, il fascicolo tiene conto del piano di manutenzione dell'opera e delle sue parti, di cui all'articolo 40 del Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554.
Il fascicolo accompagna l'opera per tutta la sua durata di vita.
II. Contenuti .
Il fascicolo comprende tre capitoli:
CAPITOLO I - la descrizione sintetica dell'opera e l'indicazione dei soggetti coinvolti (scheda I)
CAPITOLO II - l'individuazione dei rischi, delle misure preventive e protettive in dotazione dell'opera e di quelle ausiliarie, per gli interventi successivi prevedibili sull'opera, quali le manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonche' per gli altri interventi successivi gia' previsti o programmati (schede II- 1 , II-2 e II-3).
Le misure preventive e protettive in dotazione dell'opera sono le misure preventive e protettive incorporate nell'opera o a servizio della stessa, per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori incaricati di eseguire i lavori successivi sull'opera.
Le misure preventive e protettive ausiliarie sono, invece, le altre misure preventive e protettive la cui adozione e' richiesta ai datori di lavoro delle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi incaricati di eseguire i lavori successivi sull'opera.
Al fine di definire le misure preventive e protettive in dotazione dell'opera e quelle ausiliarie, devono essere presi in considerazione almeno i seguenti elementi:
a) accessi ai luoghi di lavoro;
b) sicurezza dei luoghi di lavoro;
c) impianti di alimentazione e di scarico;
d) approvvigionamento e movimentazione materiali;
e) approvvigionamento e movimentazione attrezzature;
f) igiene sul lavoro;
g) interferenze e protezione dei terzi.
Il fascicolo fornisce, inoltre, le informazioni sulle misure preventive e protettive in dotazione dell'opera, necessarie per pianificarne la realizzazione in condizioni di sicurezza, nonche' le informazioni riguardanti le modalita' operative da adottare per:
a) utilizzare le stesse in completa sicurezza;
b) mantenerle in piena funzionalita' nel tempo, individuandone in particolare le verifiche, gli interventi manutentivi necessari e la loro periodicita'.
CAPITOLO III - i riferimenti alla documentazione di supporto esistente (schede III-1, III-2 e III-3).

CAPITOLO I
Modalita' per la descrizione dell'opera e l'individuazione dei soggetti interessati.
1. Per la realizzazione di questa parte di fascicolo e' utilizzata come riferimento la successiva scheda I, che e' sottoscritta dal soggetto responsabile della sua compilazione.

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
CAPITOLO II
Individuazione dei rischi, delle misure preventive e protettive in dotazione dell'opera e di quelle ausiliarie.
1. Per la realizzazione di questa parte di fascicolo sono utilizzate come riferimento le successive schede, che sono sottoscritte dal soggetto responsabile della sua compilazione.
2.1 La scheda II-1 e' redatta per ciascuna tipologia di lavori prevedibile, prevista o programmata sull'opera, descrive i rischi individuati e, sulla base dell'analisi di ciascun punto critico (accessi ai luoghi di lavoro, sicurezza dei luoghi di lavoro, ecc.), indica le misure preventive e protettive in dotazione dell'opera e quelle ausiliarie. Tale scheda e' corredata, quando necessario, con tavole allegate, contenenti le informazioni utili per la miglior comprensione delle misure preventive e protettive in dotazione dell'opera ed indicanti le scelte progettuali effettuate allo scopo, come la portanza e la resistenza di solai e strutture, nonche' il percorso e l'ubicazione di impianti e sottoservizi; qualora la complessita' dell'opera lo richieda, le suddette tavole sono corredate da immagini, foto o altri documenti utili ad illustrare le soluzioni individuate.
2.2 La scheda II-2 e' identica alla scheda II-1 ed e' utilizzata per eventualmente adeguare il fascicolo in fase di esecuzione dei lavori ed ogniqualvolta sia necessario a seguito delle modifiche intervenute in un'opera nel corso della sua esistenza. Tale scheda sostituisce la scheda II-1, la quale e' comunque conservata fino all'ultimazione dei lavori.
2.3 La scheda II-3 indica, per ciascuna misura preventiva e protettiva in dotazione dell'opera, le informazioni necessarie per pianificarne la realizzazione in condizioni di sicurezza, nonche' consentire il loro utilizzo in completa sicurezza e permettere al committente il controllo della loro efficienza.

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

CAPITOLO III
Indicazioni per la definizione dei riferimenti della documentazione di supporto esistente.
1. All'interno del fascicolo sono indicate le informazioni utili al reperimento dei documenti tecnici dell'opera che risultano di particolare utilita' ai fini della sicurezza, per ogni intervento successivo sull'opera, siano essi elaborati progettuali, indagini specifiche o semplici informazioni; tali documenti riguardano:
a) il contesto in cui e' collocata;
b) la struttura architettonica e statica;
c) gli impianti installati.
2. Qualora l'opera sia in possesso di uno specifico libretto di manutenzione contenente i documenti sopra citati ad esso si rimanda per i riferimenti di cui sopra.
3. Per la realizzazione di questa parte di fascicolo sono utilizzate come riferimento le successive schede, che sono sottoscritte dal soggetto responsabile della sua compilazione.

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

Allegato XVII
Idoneita' tecnico professionale

1 Ai fini della verifica dell'idoneita' tecnico professionale le imprese dovranno esibire al committente o al responsabile dei lavori almeno:
a) iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell'appalto
b) documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) o autocertificazione di cui all'articolo 29, comma 5, del presente decreto legislativo
c) specifica documentazione attestante la conformita' alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo, di macchine, attrezzature e opere provvisionali
d) elenco dei dispositivi di protezione individuali forniti ai lavoratori
e) nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, degli incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione, di primo soccorso e gestione dell'emergenza, del medico competente quando necessario
f) nominativo (i) del (i) rappresentante (i) dei lavoratori per la sicurezza
g) attestati inerenti la formazione delle suddette figure e dei lavoratori prevista dal presente decreto legislativo
h) elenco dei lavoratori risultanti dal libro matricola e relativa idoneita' sanitaria prevista dal presente decreto legislativo
i) documento unico di regolarita' contributiva di cui al Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007
l) dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti di sospensione o interdittivi di cui all'art. 14 del presente decreto legislativo
2. I lavoratori autonomi dovranno esibire almeno:
a) iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell'appalto
b) specifica documentazione attestante la conformita' alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo di macchine, attrezzature e opere provvisionali
c) elenco dei dispositivi di protezione individuali in dotazione
d) attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneita' sanitaria previsti dal presente decreto legislativo
e) documento unico di regolarita' contributiva di cui al Decreto Ministeriale del 24 ottobre 2007
3. In caso di sub-appalto il datore di lavoro committente verifica l'idoneita' tecnico-professionale dei subappaltatori con gli stessi criteri di cui al precedente punto 1
Allegato XVIII
Viabilita' nei cantieri, ponteggi e trasporto dei materiali

1 Viabilita' nei cantieri
1.1. Le rampe di accesso al fondo degli scavi di splateamento o di sbancamento devono avere una carreggiata solida, atta a resistere al transito dei mezzi di trasporto di cui e' previsto l'impiego, ed una pendenza adeguata alla possibilita' dei mezzi stessi. L'accesso pedonale al fondo dello scavo deve essere reso indipendente dall'accesso carrabile; solo nel caso in cui non fosse possibile realizzare tale accesso, la larghezza delle rampe deve essere tale da consentire un franco di almeno 70 centimetri, oltre la sagoma di ingombro del veicolo. Qualora nei tratti lunghi il franco venga limitato ad un solo lato, devono essere realizzate piazzuole o nicchie di rifugio ad intervalli non superiori a 20 metri lungo l'altro lato.
1.2. I viottoli e le scale con gradini ricavati nel terreno o nella roccia devono essere provvisti di parapetto nei tratti prospicienti il vuoto quando il dislivello superi i 2 metri
1.3. Le alzate dei gradini ricavati in terreno friabile devono essere sostenute, ove occorra, con tavole e paletti robusti o altri sistemi che garantiscano idonea stabilita'.
1.4. Alle vie di accesso ed ai punti pericolosi non proteggibili devono essere apposte segnalazioni opportune e devono essere adottate le disposizioni necessarie per evitare la caduta di gravi dal terreno a monte dei posti di lavoro.
2. Ponteggi
2.1. Ponteggi in legname
2.1.1. Collegamenti delle impalcature
2.1.1.1. L'accoppiamento degli elementi che costituiscono i montanti dei ponteggi deve essere eseguito mediante fasciatura con piattina di acciaio dolce fissata con chiodi oppure a mezzo di traversini di legno (ganasce); sono consentite legature fatte con funi di fibra tessile o altri idonei sistemi di connessione.
2.1.2. Correnti
2.1.2.1. I correnti devono essere disposti a distanze verticali consecutive non superiori a m 2.
2.1.2.2. Essi devono poggiare su gattelli in legno inchiodati ai montanti ed essere solidamente assicurati ai montanti stessi con fasciatura di piattina di acciaio dolce (reggetta) o chiodi forgiati. Il collegamento puo' essere ottenuto anche con gattelli in ferro e con almeno doppio giro di catena metallica (agganciaponti); sono consentite legature con funi di fibra tessile o altri idonei sistemi di connessione.
2.1.2.3. Le estremita' dei correnti consecutivi di uno stesso impalcato devono essere sovrapposte e le sovrapposizioni devono avvenire in corrispondenza dei montanti. 2.1.3. Traversi
2.1.3.1. I traversi di sostegno dell'intavolato devono essere montati perpendicolarmente al fronte della costruzione.
2.1.3.2. Quando l'impalcatura e' fatta con una sola fila di montanti, un estremo dei traversi deve poggiare sulla muratura per non meno di 15 centimetri e l'altro deve essere assicurato al corrente.
2.1.3.3. La distanza fra due traversi consecutivi non deve essere superiore a m 1,20. E' ammessa deroga alla predetta disposizione sulla distanza reciproca dei traversi, a condizione che:
a) la distanza fra due traversi consecutivi non sia superiore a m 1,80;
b) il modulo di resistenza degli elementi dell'impalcato relativo sia superiore a 1,5 volte quello risultante dall'impiego di tavole poggianti su traversi disposti ad una distanza reciproca di m 1,20 e aventi spessore e larghezza rispettivamente di cm 4 e di cm 20. Tale maggiore modulo di resistenza puo' essere ottenuto mediante impiego, sia di elementi d'impalcato di dimensioni idonee, quali tavole di spessore e di larghezza rispettivamente non minore di 4 x 30 cm ovvero di 5 x 20 cm, sia di elementi d'impalcato compositi aventi caratteristiche di resistenza adeguata.
2.1.4. Intavolati
2.1.4.1. Le tavole costituenti il piano di calpestio di ponti, passerelle, andatoie ed impalcati di servizio devono avere le fibre con andamento parallelo all'asse, spessore adeguato al carico da sopportare ed in ogni caso non minore di 4 centimetri, e larghezza non minore di 20 centimetri. Le tavole stesse non devono avere nodi passanti che riducano piu' del dieci per cento la sezione di resistenza.
2.1.4.2 Le tavole non devono presentare parti a sbalzo e devono poggiare almeno su tre traversi, le loro estremita' devono essere sovrapposte, in corrispondenza sempre di un traverso, per non meno di 40 centimetri.
2.1.4.3 Le tavole devono essere assicurate contro gli spostamenti e ben accostate tra loro e all'opera in costruzione; e' tuttavia consentito un distacco dalla muratura non superiore a 20 centimetri soltanto per la esecuzione di lavori in finitura.
2.1.4.4. Le tavole esterne devono essere a contatto dei montanti. 2.1.5. Parapetti
2.1.5.1 Il parapetto di cui all'articolo 126 del Capo IV e' costituito da uno o piu' correnti paralleli all'intavolato, il cui margine superiore sia posto a non meno di 1 metro dal piano di calpestio, e di tavola fermapiede alta non meno di 20 centimetri, messa di costa e poggiante sul piano di calpestio.
2.1.5.2 Correnti e tavola fermapiede non devono lasciare una luce, in senso verticale, maggiore di 60 centimetri.
2.1.5.3. Sia i correnti che la tavola fermapiede devono essere applicati dalla parte interna dei montanti
2.1.5.4. E' considerata equivalente al parapetto definito ai commi precedenti, qualsiasi protezione, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti non inferiori a quelle presentate dal parapetto stesso.
2.1.6. Ponti a sbalzo
2.1.6.1. Per il ponte a sbalzo in legno di cui all'articolo 127 del Capo IV devono essere osservate le seguenti norme:
a) l'intavolato deve essere composto con tavole a stretto contatto, senza interstizi che lascino passare materiali minuti, e il parapetto del ponte deve essere pieno; quest'ultimo puo' essere limitato al solo ponte inferiore nel caso di piu' ponti sovrapposti,
b) l'intavolato non deve avere larghezza utile maggiore di metri 1,20;
c) i traversi di sostegno dell'impalcato devono essere solidamente ancorati all'interno a parte stabile dell'edificio ricorrendo eventualmente all'impiego di saettoni; non e' consentito l'uso di contrappesi come ancoraggio dei traversi, salvo che non sia possibile provvedere altrimenti;
d) i traversi devono poggiare su strutture e materiali resistenti;
e) le parti interne dei traversi devono essere collegate rigidamente fra di loro con due robusti correnti, di cui uno applicato contro il lato interno del muro o dei pilastri e l'altro alle estremita' dei traversi in modo da impedire qualsiasi spostamento.
2.1.7. Mensole metalliche
2.1.7.1. Nei ponteggi a sbalzo possono essere usati sistemi di mensole metalliche, purche' gli elementi fissi portanti siano applicati alla costruzione con bulloni passanti trattenuti dalla parte interna da dadi e controdadi su piastra o da chiavella oppure con altri dispositivi che offrano equivalente resistenza.
2.2. Ponteggi in altro materiale
2.2.1. Caratteristiche di resistenza
2.2.1.1. Gli elementi costituenti il ponteggio devono avere carico di sicurezza non minore di quello indicato nell'autorizzazione ministeriale prevista all'articolo 131.
2.2.1.2. L'estremita' inferiore del montante deve essere sostenuta dalla piastra di base, di adeguate dimensioni, corredata da elementi di ripartizione del carico trasmesso dai montanti aventi dimensioni e caratteristiche adeguate ai carichi da trasmettere ed alla consistenza dei piani di posa. La piastra deve avere un dispositivo di collegamento col montante atto a regolare il centraggio del carico su di essa.
2.2.1.3. I ponteggi devono essere controventati opportunamente sia in senso longitudinale che trasversale; e' ammessa deroga alla controventatura trasversale a condizione che i collegamenti realizzino una adeguata rigidezza angolare. Ogni controvento deve resistere a trazione e a compressione.
2.2.1.4. A giunto serrato, le due ganasce non devono essere a contatto dalla parte del bullone.
2.2.1.5. Le parti costituenti il giunto di collegamento, in esercizio devono essere riunite fra di loro permanentemente e solidamente in modo da evitare l'accidentale distacco di qualcuna di esse.
2.2.2. Ponti su cavalletti
2.2.2.1. I piedi dei cavalletti, oltre ad essere irrigiditi mediante tiranti normali e diagonali, devono poggiare sempre su piano stabile e ben livellato.
2.2.2.2. La distanza massima tra due cavalletti consecutivi puo' essere di m 3,60, quando si usino tavole con sezione trasversale di cm 30 x 5 e lunghe m 4. Quando si usino tavole di dimensioni trasversali minori, esse devono poggiare su tre cavalletti.
2.2.2.3. La larghezza dell'impalcato non deve essere inferiore a 90 centimetri e le tavole che lo costituiscono, oltre a risultare bene accostate fra loro ed a non presentare parti in sbalzo superiori a 20 centimetri, devono essere fissate ai cavalletti di appoggio.
2.2.2.4. E' fatto divieto di usare ponti su cavalletti sovrapposti e ponti con i montanti costituiti da scale a pioli.
3. Trasporto dei materiali
3.1. Castelli per elevatori
3.1.1. I castelli collegati ai ponteggi e costruiti per le operazioni di sollevamento e discesa dei materiali mediante elevatori, devono avere i montanti controventati per ogni due piani di ponteggio.
3.1.2. I montanti che portano l'apparecchio di sollevamento devono essere costituiti, a seconda dell'altezza e del carico massimo da sollevare, da piu' elementi collegati fra loro e con giunzioni sfalsate, poggianti sui corrispondenti elementi sottostanti.
3.1.3. I castelli devono essere progettati ai sensi dell'articolo 133 ed ancorati alla costruzione ad ogni piano di ponteggio.
3.2. Impalcati e parapetti dei castelli
3.2.1. Gli impalcati dei castelli devono risultare sufficientemente ampi e muniti, sui lati verso il vuoto, di parapetto e tavola fermapiede normali.
3.2.2. Per il passaggio della benna o del secchione puo' essere lasciato un varco purche' in corrispondenza di esso sia applicato un fermapiede alto non meno di 30 centimetri. Il varco deve essere ridotto allo stretto necessario e delimitato da robusti e rigidi sostegni laterali, dei quali quello opposto alla posizione del tiro deve essere assicurato superiormente ad elementi fissi dell'impalcatura.
3.2.3. Dal lato interno dei sostegni di cui sopra, all'altezza di m 1,20 e nel senso normale all'apertura, devono essere applicati due staffoni in ferro sporgenti almeno cm 20, da servire per appoggio e riparo del lavoratore.
3.2.4. Gli intavolati dei singoli ripiani devono essere formati con tavoloni di spessore non inferiore a cm 5 che devono poggiare su traversi aventi sezione ed interasse dimensionati in relazione al carico massimo previsto per ciascuno dei ripiani medesimi.
3.3. Montaggio degli elevatori
3.3.1. I montanti delle impalcature, quando gli apparecchi di sollevamento vengono fissati direttamente ad essi, devono essere rafforzati e controventati in modo da ottenere una solidita' adeguata alle maggiori sollecitazioni a cui sono sottoposti.
3.3.2. Nei ponti metallici i montanti, su cui sono applicati direttamente gli elevatori, devono essere di numero ampiamente sufficiente ed in ogni caso non minore di due.
3.3.3. I bracci girevoli portanti le carrucole ed eventualmente gli argani degli elevatori devono essere assicurati ai montanti mediante staffe con bulloni a vite muniti di dado e controdado; analogamente deve essere provveduto per le carrucole di rinvio delle funi ai piedi dei montanti quando gli argani sono installati a terra.
3.3.4. Gli argani installati a terra, oltre ad essere saldamente ancorati, devono essere disposti in modo che la fune si svolga dalla parte inferiore del tamburo.
3.3.5. Il manovratore degli argani "a bandiera" fissati a montanti di impalcature, quando non possano essere applicati parapetti sui lati e sulla fronte del posto di manovra, deve indossare la cintura di sicurezza.
3.3.6. La protezione di cui al precedente punto 3.2.3. deve essere applicata anche per il lavoratore addetto al ricevimento dei carichi sulle normali impalcature.
3.4. Sollevamento di materiali dagli scavi
3.4.1. Le incastellature per sostenere argani a mano od a motore per gli scavi in genere, devono poggiare su solida ed ampia piattaforma munita di normali parapetti e tavole fermapiede sui lati prospicienti il vuoto.
3.4.2. Le armature provvisorie per sostenere apparecchi leggeri per lo scavo di pozzi o di scavi a sezione ristretta (arganetti o conocchie) azionati solamente a braccia, devono avere per base un solido telaio, con piattaforme per i lavoratori e fiancate di sostegno dell'asse dell'apparecchio opportunamente irrigidite e controventate.
3.4.3. In ogni caso, quando i suddetti apparecchi sono installati in prossimita' di cigli di pozzi o scavi, devono essere adottate le misure necessarie per impedire franamenti o caduta di materiali.

ALLEGATO XIX
Verifiche di sicurezza dei ponteggi metallici fissi

Si ritiene opportuno sottolineare che nel ponteggio metallico fisso la sicurezza strutturale, che ha un rilievo essenziale, dipende da numerosi parametri, quali: la frequenza di utilizzo, il numero dei montaggi e smontaggi, il corretto stoccaggio dei componenti, l'ambiente di lavoro, l'utilizzo conforme all'autorizzazione ministeriale e lo stato di conservazione degli elementi costituenti lo stesso.
In relazione a quanto sopra, non essendo possibile stabilire una durata limite di vita del ponteggio, sono state elaborate le seguenti istruzioni, che ribadiscono i controlli minimali, ritenuti necessari, che l'utilizzatore deve eseguire prima del montaggio e durante l'uso del ponteggio, focalizzando, per le diverse tipologie costruttive, gli elementi principali in cui eventuali anomalie riscontrate potrebbero influire sulla stabilita' complessiva del sistema ridurre la sicurezza dei lavoratori.
In particolare, le schede che seguono elencano le verifiche che l'utilizzatore deve comunque eseguire prima di ogni montaggio, rispettivamente per i ponteggi metallici a telai prefabbricati, a montanti e traversi prefabbricati e a tubi giunti. L'ultima parte, infine, elenca le verifiche da effettuarsi durante l'uso delle attrezzature in argomento.

1- VERIFICHE DEGLI ELEMENTI DI PONTEGGIO PRIMA DI OGNI MONTAGGIO

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
2-Verifiche durante l'uso dei ponteggi metallici fissi
- Controllare che il disegno esecutivo:
- Sia conforme allo schema tipo fornito dal fabbricante del ponteggio;
- Sia firmato dal responsabile del cantiere per conformita' agli schemi tipo forniti dal fabbricante del ponteggio;
- Sia tenuto in cantiere, a disposizione degli organi di vigilanza, unitamente alla copia del libretto di cui all'autorizzazione ministeriale.
- Controllare che per i ponteggi di altezza superiore a 20 metri e per i ponteggi non conformi agli schemi tipo:
- Sia stato redatto un progetto, firmato da un ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione;
Che tale progetto sia tenuto in cantiere a disposizione dell'autorita' di vigilanza, unitamente alla copia del libretto di cui all'autorizzazione ministeriale.
- Controllare che vi sia la documentazione dell'esecuzione, da parte del responsabile di cantiere, dell'ultima verifica del ponteggio di cui trattasi, al fine di assicurarne l'installazione corretta ed il buon funzionamento.
- Controllare che qualora siano montati sul ponteggio tabelloni pubblicitari, graticci, teli o altre schermature sia stato redatto apposito calcolo, eseguito da Ingegnere o da Architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, in relazione all'azione del vento presumibile per la zona ove il ponteggio e' montato. In tale calcolo deve essere tenuto conto del grado di permeabilita' delle strutture servite.
- Controllare che sia mantenuto un distacco congruente con il punto 2.1.4.3 dell'allegato XVIII o l'articolo 138, comma 2, della Sezione V tra il bordo interno dell'impalcato del ponteggio e l'opera servita.
- Controllare che sia mantenuta l'efficienza dell'elemento parasassi, capace di intercettare la caduta del materiale dall'alto.
- Controllare il mantenimento dell'efficienza del serraggio dei giunti, secondo le modalita' previste dal fabbricante del ponteggio, riportate nel libretto di cui all'autorizzazione ministeriale.
- Controllare il mantenimento dell'efficienza del serraggio dei collegamenti fra gli elementi del ponteggio, secondo le modalita' previste dal fabbricante del ponteggio, riportate nel libretto di cui all'autorizzazione ministeriale.
- Controllare il mantenimento dell'efficienza degli ancoraggi, secondo le modalita' previste dal fabbricante del ponteggio riportate nel libretto di cui all'autorizzazione ministeriale
- Controllare il mantenimento della verticalita' dei montanti, ad esempio con l'utilizzo del filo a piombo.
- Controllare il mantenimento dell'efficienza delle controventature di pianta e di facciata mediante:
- Controllo visivo della linearita' delle aste delle diagonali di facciata e delle diagonali in pianta;
- Controllo visivo dello stato di conservazione dei collegamenti ai montanti delle diagonali di facciata e delle diagonali in pianta;
- Controllo visivo dello stato di conservazione degli elementi di impalcato aventi funzione di controventatura in pianta.
- Controllare il mantenimento in opera dei dispositivi di blocco degli elementi di impalcato.
- Controllare il mantenimento in opera dei dispositivi di blocco o dei sistemi antisfilamento dei fermapiedi.

ALLEGATO XX
A. Costruzione e impiego di scale portatili

1. E' riconosciuta la conformita' alle vigenti disposizioni, delle scale portatili, alle seguenti condizioni:
a) le scale portatili siano costruite conformemente alla norma tecnica UNI EN 131 parte Ia e parte 2a;
b) il costruttore fornisca le certificazioni, previste dalla norma tecnica di cui al punto a), emesse da un laboratorio ufficiale. Per laboratori ufficiali si intendono:
- laboratorio dell'ISPESL;
- laboratorio delle universita' e dei politecnici dello Stato;
- laboratori degli istituti tecnici dello Stato riconosciuti ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086;
- laboratori autorizzati in conformita' a quanto previsto dalla sezione B del presente allegato, con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dello sviluppo economico e della salute;
- laboratori dei Paesi membri dell'Unione europea o dei paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti dai rispettivi Stati;
c) le scale portatili siano accompagnate da un foglio o libretto recante:
- una breve descrizione con l'indicazione degli elementi costituenti;
- le indicazioni utili per un corretto impiego;
- le istruzioni per la manutenzione e conservazione;
- gli estremi del laboratorio che ha effettuato le prove, numeri di identificazione dei certificati, date dei rilascio) dei certificati delle prove previste dalla norma tecnica UNI EN 131 parte la e parte 2a;
- una dichiarazione del costruttore di conformita' alla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a.
2. L'attrezzatura di cui al punto 1 legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Paese dell'Unione europea o in un altro Paese aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo, puo' essere commercializzata in Italia purche' il livello di sicurezza sia equivalente a quello garantito dalle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti dalla normativa italiana in materia.
B. Autorizzazione ai laboratori di certificazione (concernenti ad esempio: scale, puntelli, ponti su ruote a torre e ponteggi)
I Requisiti
1.1. I laboratori per essere autorizzati alla certificazione:
a) non devono esercitare attivita' di consulenza, progettazione, costruzione, commercializzazione, installazione o manutenzione nella materia oggetto della certificazione. Il rapporto contrattuale a qualsiasi titolo intercorrente tra i laboratori autorizzati ed il personale degli stessi deve essere vincolato da una condizione di esclusiva per tutta la durata del rapporto stesso;
b) devono disporre di personale qualificato in numero sufficiente e dei mezzi tecnici necessari per assolvere adeguatamente alle mansioni tecniche ed amministrative connesse con le procedure riguardanti l'attivita' di certificazione;
c) devono dotarsi di manuale di qualita' redatto in conformita' alla norma UNI CEI EN 45011;
d) devono utilizzare locali ed impianti che garantiscano le norme di igiene ambientale e la sicurezza del lavoro.
2 Presentazione della domanda
2.1. L'istanza relativa alla richiesta di autorizzazione alla certificazione deve essere indirizzata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro - Div. VI.
2.2. L'istanza relativa alla richiesta di autorizzazione di cui al punto 2.1, sottoscritta dal legale rappresentante del laboratorio e contenente il numero di iscrizione al registro delle imprese presso la Camera di commercio competente, deve essere prodotta in originale bollato unitamente a due copie, e contenere l'esplicita indicazione dell'autorizzazione richiesta, nonche' l'elenco delle certificazioni per le quali viene richiesta.
3. Documentazione richiesta per l'autorizzazione alla certificazione
3.1. All'istanza di autorizzazione alla certificazione da inviarsi con le modalita' di cui al punto 2, devono essere allegati i seguenti documenti in triplice copia:
a) copia dell'atto costitutivo o statuto, per i soggetti di diritto privato, ovvero estremi dell'atto normativo per i soggetti di diritto pubblico, da cui risulti l'esercizio dell'attivita' di certificazione richiesta;
b) elenco dei macchinari e attrezzature, corredato delle caratteristiche tecniche ed operative, posseduti in proprio;
c) elenco dettagliato del personale con relative qualifiche, titoli di studio, mansioni e organigramma complessivo del laboratorio da cui si evinca il ruolo svolto dai preposti alla direzione delle diverse attivita';
d) polizza di assicurazione di responsabilita' civile con massimale non inferiore a 1.549.370,70 euro per i rischi derivanti dall'esercizio di attivita' di certificazione;
e) manuale di qualita' del laboratorio, redatto in base alle norme della serie UNI CEI EN 45000 contenente, tra l'altro, la specifica sezione in cui vengono dettagliate le attrezzature e gli strumenti necessari alle certificazioni richieste, nonche' le procedure che vengono seguite. In detta sezione devono essere indicati anche i seguenti elementi: normativa seguita, ente che ha effettuato la taratura e scadenza della taratura degli strumenti di misura;
f) planimetria, in scala adeguata, degli uffici e del laboratorio in cui risultino evidenziate la funzione degli ambienti e la disposizione delle attrezzature;
g) dichiarazione impegnativa in ordine al soddisfacimento dei requisiti minimi di cui al punto 1.1, lettere a) e d).
3.2. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si riserva di richiedere ogni altra documentazione ritenuta necessaria per la verifica del possesso dei requisiti di cui al punto 1.
4. Procedura autorizzativa
4.1. Con provvedimento del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita presso lo stesso Ministero, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una Commissione per l'esame della documentazione di cui al punto 3.
4.2. La Commissione di cui al punto 4.1 e' presieduta da un funzionario del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ed e' composta da:
a) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente del Ministero dello sviluppo economico;
c) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente del Ministero della salute;
d) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;
e) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente del Consiglio nazionale delle ricerche.
4.3. Sulla base dei risultati positivi dell'esame della documentazione di cui al punto 3, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero della salute, adotta il provvedimento di autorizzazione.
5. Condizioni e validita' dell'autorizzazione
5.1. L'autorizzazione alla certificazione ha validita' quinquennale e puo' essere rinnovata a seguito di apposita istanza, previo esito positivo dell'esame della documentazione di rinnovo da effettuarsi secondo le stesse modalita' previste nel punto 4.
5.2. I laboratori devono riportare in apposito registro gli estremi delle certificazioni rilasciate e conservare, per un periodo non inferiore a dieci anni, tutti gli atti relativi all'attivita' di certificazione.
6. Verifiche
6.1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale per il tramite dei propri organi periferici, entro il periodo di validita' dell'autorizzazione, procede al controllo della sussistenza dei presupposti di base dell'idoneita' medesima.
6.2. Nel caso di verifica della non sussistenza dei presupposti di base dell'idoneita' medesima, l'autorizzazione viene sospesa con effetto immediato, dando luogo al controllo di tutta l'attivita' certificativa fino a quel momento effettuata. Nei casi di particolare gravita' si procede alla revoca dell'autorizzazione.

ALLEGATO XXI Accordo Stato, regioni e province autonome sui corsi di formazione
per lavoratori addetti a lavori in quota

Soggetti formatori, durata, indirizzi e requisiti minimi di validita'
dei corsi per lavoratori e preposti
addetti all'uso di attrezzature di lavoro in quota

INTRODUZIONE

La partecipazione ai suddetti corsi, secondo quanto disposto dall'articolo 37 del presente decreto legislativo, deve avvenire in orario di lavoro e non puo' comportare oneri economici per i lavoratori.
Si rende, inoltre, noto che la formazione di seguito prevista essendo formazione specifica non e' sostitutiva della formazione obbligatoria spettante comunque a tutti i lavoratori e realizzata ai sensi dell'articolo 37 del presente decreto legislativo.
Si ribadisce come durata e contenuti dei seguenti corsi siano da considerarsi come minimi e che quindi i Soggetti formatori, qualora lo ritengano opportuno, potranno decidere di organizzare corsi "specifici" per lavoratori addetti e per preposti con rilascio di specifico attestato.
Si riporta di seguito una proposta riguardante i corsi di formazione per lavoratori/preposti addetti a lavori in quota.
SOGGETTI FORMATORI, DURATA, INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
DI FORMAZIONE TEORICO-PRATICO PER LAVORATORI E PREPOSTI
ADDETTI AL MONTAGGIO / SMONTAGGIO / TRASFORMAZIONE DI PONTEGGI
(articolo 136 comma 8)
1. INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA DI ACCREDITAMENTO
Sono soggetti formatori del corso di formazione e del corso di aggiornamento:
Regioni e Province Autonome, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione, e/o mediante strutture della formazione professionale accreditate in conformita' al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01;
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mediante il personale tecnico impegnato in attivita' del settore della sicurezza sul lavoro;
ISPESL;
Associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, nel settore dei lavori edili e di ingegneria civile;
Organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia;
Scuole edili.
Qualora i soggetti indicati nell'accordo intendano avvalersi di soggetti formatori esterni alla propria struttura, questi ultimi dovranno essere in possesso dei requisiti previsti nei modelli di accreditamento definiti in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01.
2. INDIVIDUAZIONE E REQUISITI DEI DOCENTI
Le docenze verranno effettuate, con riferimento ai diversi argomenti, da personale con esperienza documentata, almeno biennale, sia nel settore della formazione sia nel settore della prevenzione, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e da personale con esperienza professionale pratica, documentata, almeno biennale, nelle tecniche per il montaggio/smontaggio ponteggi.
3. INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI 3.1 ORGANIZZAZIONE
In ordine all'organizzazione dei corsi di formazione, si conviene sui seguenti requisiti:
a) individuazione di un responsabile del progetto formativo;
b) tenuta del registro di presenza dei "formandi" da parte del soggetto che realizza il corso;
c) numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 30 unita';
d) per le attivita' pratiche il rapporto istruttore /allievi non deve essere superiore al rapporto di I a 5 (almeno 1 docente ogni 5 allievi); nel caso di solo 5 allievi (o meno di 5) sono richiesti comunque 2 docenti (un docente che si occupa delle attivita' teoriche e un codocente che si occupa delle pratiche);
e) assenze ammesse: massimo 10% del monte orario complessivo.
3.2. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO
Il percorso formativo e' finalizzato all'apprendimento di tecniche operative adeguate ad eseguire in condizioni di sicurezza le attivita' di montaggio, smontaggio e trasformazione di ponteggi. Il percorso formativo e' strutturato in tre moduli della durata complessiva di 28 ore piu' una prova di verifica finale:
a) Modulo giuridico - normativo della durata di quattro ore.
b) Modulo tecnico della durata di dieci ore
c) Prova di verifica intermedia (questionario a risposta multipla)
d) Modulo pratico della durata di quattordici ore
e) Prova di verifica finale (prova pratica).
3.3 METODOLOGIA DIDATTICA
Per quanto concerne la metodologia di insegnamento/apprendimento si concorda nel privilegiare le metodologie "attive", che comportano la centralita' dell'allievo nel percorso di apprendimento. A tali fini e' necessario:
a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, valorizzazione e confronto delle esperienze in aula, nonche' lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo e di ciascun modulo, laddove possibile con il supporto di materiali anche multimediali;
b) favorire metodologie di apprendimento basate sul problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione;
c) prevedere dimostrazioni e prove pratiche, nonche' simulazione di gestione autonoma da parte dell'allievo della pratica in cantiere.
4. PROGRAMMA DEI CORSI

PONTEGGI - 28 ore

Modulo giuridico - normativo (4 ore) Legislazione generale di sicurezza in materia di prevenzione infortuni - Analisi dei rischi - Norme di buona tecnica e di buone prassi - Statistiche degli infortuni e delle violazioni delle norme nei cantieri 2 ore
Titolo IV, capo II limitatamente ai "Lavori in quota" e Titolo IV, capo I "Cantieri" 2 ore

Modulo tecnico (10 ore) Piano di montaggio, uso e smontaggio in sicurezza (Pi M.U.S.), autorizzazione ministeriale, disegno esecutivo, progetto 4 ore
DPI anticaduta: uso, caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione 2 ore Ancoraggi: tipologie e tecniche 2 ore
Verifiche di sicurezza: primo impianto, periodiche e straordinarie 2 ore

Modulo pratico (14 ore) Montaggio-smontaggio-trasformazione di ponteggio a tubi e giunti (PTG) 4 ore Montaggio-smontaggio-trasformazione di ponteggio a telai prefabbricati (PTP) 4 ore
Montaggio-smontaggio-trasformazione di ponteggio a montanti e traversi prefabbricati (PMTP) 4 ore
Elementi di gestione prima emergenza - salvataggio 2 ore

5. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE
Al termine dei due moduli teorici si svolgera' una prima prova di verifica: un questionario a risposta multipla. Il superamento della prova, che si intende superata con almeno il 70% delle risposte esatte, consentira' il passaggio alla seconda parte del corso, quella pratica. Il mancato superamento della prova, di converso, comporta la ripetizione dei due moduli.
Al termine del modulo pratico avra' luogo una prova pratica di verifica finale, consistente in:
- montaggio-smontaggio-trasformazione di parti di ponteggi (PTG, PTP e PMTP),
- realizzazione di ancoraggi.
Il mancato superamento delle prova di verifica finale comporta l'obbligo di ripetere il modulo pratico.
L'esito positivo delle prove di verifica intermedia e finale, unitamente a una presenza pari almeno al 90% del monte ore, consente il rilascio, al termine del percorso formativo, dell'attestato di frequenza con verifica dell'apprendimento.
L'accertamento dell'apprendimento, tramite le varie tipologie di verifiche intermedie e finali, viene effettuato da una Commissione composta da docenti interni che formula il proprio giudizio in termini di valutazione globale e redige il relativo verbale, da trasmettere alle Regioni e Province Autonome competenti per territorio.
Gli attestati di frequenza, con verifica degli apprendimenti, vengono rilasciati sulla base di tali verbali dalle Regioni e Province Autonome competenti per territorio, ad esclusione di quelli rilasciati dai soggetti individuati al punto 1 lettere a) limitatamente alle strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione, e quelli di cui alle lettere b), c), d), e), f) del presente accordo.
Le Regioni e Province Autonome in attesa della definizione del sistema nazionale di certificazione delle competenze e riconoscimento dei crediti, si impegnano a riconoscere reciprocamente gli attestati rilasciati.
6. MODULO DI AGGIORNAMENTO
I datori di lavoro provvederanno a far effettuare ai lavoratori formati con il corso di formazione teorico-pratico un corso di aggiornamento ogni quattro anni.
L'aggiornamento ha durata minima di 4 ore di cui 3 ore di contenuti tecnico pratici.
7. REGISTRAZIONE SUL LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO
L'attestato di frequenza con verifica dell'apprendimento e la frequenza ai corsi di aggiornamento potranno essere inseriti nella III sezione "Elenco delle certificazioni e attestazioni" del libretto formativo del cittadino, cosi' come definito all'art. 2, comma 1 - lettera i), del d.lgs 10 settembre 2003, n 276, approvato con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10 ottobre 2005.
SOGGETTI FORMATORI, DURATA, INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
DI FORMAZIONE TEORICO-PRATICO PER LAVORATORI
ADDETTI AI SISTEMI DI ACCESSO E POSIZIONAMENTO MEDIANTE FUNI
(art. 116, comma 4)
1. INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA DI ACCREDITAMENTO
Soggetti formatori del corso di formazione e del corso di aggiornamento:
a) Regioni e Province Autonome, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione, e/o mediante strutture della formazione professionale accreditate in conformita' al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01;
b) Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mediante il personale tecnico impegnato in attivita' del settore della sicurezza sul lavoro;
c) ISPESL;
d) Associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, nel settore dei lavori edili e di ingegneria civile;
e) Organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia;
f) Scuole edili;
g) Ministero dell'interno "Corpo dei VV.F.";
h) Collegio nazionale delle guide alpine di cui alla legge 02/01/1989 n. 6 "Ordinamento della professione di guida alpina".
Qualora i soggetti indicati nell'accordo intendano avvalersi di soggetti formatori esterni alla propria struttura, questi ultimi dovranno essere in possesso dei requisiti previsti nei modelli di accreditamento definiti in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01.
2. INDIVIDUAZIONE E REQUISITI DEI DOCENTI
Le docenze verranno effettuate, con riferimento ai diversi argomenti, da personale con esperienza formativa, documentata, almeno biennale, nel settore della prevenzione, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e da personale con esperienza formativa, documentata, almeno biennale nelle tecniche che comportano l'impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi e il loro utilizzo in ambito lavorativo.
3. DESTINATARI DEI CORSI
Sono destinatari dei corsi:
a) lavoratori adibiti a lavori temporanei in quota con impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi;
b) operatori con funzione di sorveglianza dei lavori di cui al punto a) come richiesto dal comma 1 lettera e) dell'art. 116;
c) eventuali altre figure interessate (datori di lavoro, lavoratori autonomi, personale di vigilanza ed ispezione ecc.).
4. INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
4.1 ORGANIZZAZIONE
In ordine all'organizzazione dei corsi di formazione, si conviene sui seguenti requisiti:
a) individuazione di un responsabile del progetto formativo;
b) tenuta del registro di presenza dei "formandi" da parte del soggetto che realizza il corso;
c) numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 20 unita'. Per le attivita' pratiche il rapporto istruttore /allievi non deve essere superiore al rapporto di 1 a 4 (almeno 1 docente ogni 4 allievi);
d) assenze ammesse: massimo 10% del monte orario complessivo.
4.2. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO
Il percorso formativo e' finalizzato all'apprendimento di tecniche operative adeguate ad eseguire in condizioni di sicurezza le attivita' che richiedono l'impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi.
Il percorso formativo e' strutturato in moduli:
- Modulo base (comune ai due differenti percorsi formativi) propedeutico alla frequenza ai successivi moduli specifici, che da solo non abilita all'esecuzione dell'attivita' lavorativa. I partecipanti devono conseguire l'idoneita' alla prosecuzione del corso, mediante test di accertamento delle conoscenze acquisite. Nel caso di mancata idoneita' si possono attivare azioni individuali di recupero.
- Moduli specifici (A - B) differenziati per contenuti, che forniscono le conoscenze tecniche per operare negli specifici settori lavorativi.
4.3. METODOLOGIA DIDATTICA
Per quanto concerne la metodologia di insegnamento/apprendimento si concorda nel privilegiare le metodologie "attive", che comportano la centralita' dell'allievo nel percorso di apprendimento. A tali fini e' necessario:
a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, valorizzazione e confronto delle esperienze in aula, nonche' lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo e di ciascun modulo, laddove possibile con il supporto di materiali anche multimediali;
b) favorire metodologie di apprendimento basate sul problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione;
c) prevedere dimostrazioni e prove pratiche, nonche' simulazione di gestione autonoma da parte del discente della pratica in cantiere.
Inoltre, data la specificita' della formazione, le prove pratiche e e gli addestramenti dovranno essere effettuati in siti ove possano essere ricreate condizioni operative simili a quelle che si ritrovano sui luoghi di lavoro e che tengano conto della specifica tipologia di corso.
5. PROGRAMMA DEI CORSI (PER LAVORATORI)
MODULO BASE - TEORICO - PRATICO (comune ai due indirizzi)
Sede di svolgimento: aula (lezioni frontali - presentazione di attrezzature e DPI)
Durata complessiva: 12 ore

Argomenti
Presentazione del corso. Normativa generale in materia di igiene e sicurezza del lavoro con particolare riferimento ai cantieri edili ed ai lavori in quota.
Analisi e valutazione dei rischi piu' ricorrenti nei lavori in quota (rischi ambientali, di caduta dall'alto e sospensione, da uso di attrezzature e sostanze particolari, ecc.).
DPI specifici per lavori su funi (a) imbracature e caschi - b) funi, cordini, fettucce, assorbitori di energia - c) connettori, freni, bloccanti, carrucole riferiti ad accesso, posizionamento e sospensione. Loro idoneita' e compatibilita' con attrezzature e sostanze; manutenzione (verifica giornaliera e periodica, pulizia e stoccaggio, responsabilita').
Classificazione normativa e tecniche di realizzazione degli ancoraggi e dei frazionamenti.
Illustrazione delle piu' frequenti tipologie di lavoro con funi, suddivisione in funzione delle modalita' di accesso e di uscita dalla zona di lavoro.
Tecniche e procedure operative con accesso dall'alto, di calata o discesa su funi e tecniche di accesso dal basso (fattore di caduta).
Rischi e modalita' di protezione delle funi (spigoli, nodi, usura).
Organizzazione del lavoro in squadra, compiti degli operatori e modalita' di comunicazione.
Elementi di primo soccorso e procedure operative di salvataggio: illustrazione del contenuto del kit di recupero e della sua utilizzazione.

MODULO A - SPECIFICO PRATICO Per l'accesso e il lavoro in sospensione in siti naturali o artificiali
Sede di svolgimento: sito operativo/addestrativi
Durata complessiva: 20 ore
Destinatari: operatori che impiegano sistemi di accesso e posizionamento mediante funi alle quali sono direttamente sostenuti

Argomenti
Movimento su linee di accesso fisse (superamento dei frazionamenti, salita in sicurezza di scale fisse, tralicci e lungo funi).
Applicazione di tecniche di posizionamento dell'operatore.
Accesso in sicurezza ai luoghi di realizzazione degli ancoraggi
Realizzazione di ancoraggi e frazionamenti su strutture artificiali o su elementi naturali (statici, dinamici, ecc.).
Esecuzione di calate (operatore sospeso al termine della fune) e discese (operatore in movimento sulla fune gia' distesa o portata al seguito), anche con frazionamenti.
Esecuzione di tecniche operative con accesso e uscita situati in alto rispetto alla postazione di lavoro (tecniche di risalita e recupero con paranchi o altre attrezzature specifiche).
Esecuzione di tecniche operative con accesso e uscita situati in basso rispetto alla postazione di lavoro (posizionamento delle funi, frazionamenti, ecc.).
Applicazione di tecniche di sollevamento, posizionamento e calata dei materiali.
Applicazione di tecniche di evacuazione e salvataggio.

MODULO B - SPECIFICO PRATICO
Per l'accesso e l'attivita' lavorativa su alberi
Sede di svolgimento: sito operativo/addestrativi
Durata complessiva: 20 ore
Destinatari: operatori che impiegano sistemi di accesso e posizionamento mediante funi alle quali sono direttamente sostenuti

Argomenti
Utilizzo delle funi e degli altri sistemi di accesso. Salita e discesa in sicurezza.
Realizzazione degli ancoraggi e di eventuali frazionamenti.
Movimento all'interno della chioma.
Posizionamento in chioma.
Simulazione di svolgimento di attivita' lavorativa con sollevamento dell'attrezzatura di lavoro e applicazione di tecniche di calata del materiale di risulta.
Applicazione di tecniche di evacuazione e salvataggio.

6. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE
Al termine del modulo base comune si svolgera' una prima prova di verifica: un questionario a risposta multipla. Il successo nella prova, che si intende superata con almeno il 70% delle risposte esatte, consentira' il passaggio alla seconda parte del corso, quella specifico - pratica. Il mancato superamento della prova, di converso, comporta la ripetizione del modulo. Eventuali errori, nella prova, attinenti argomenti riferiti al rischio di caduta incontrollata o altre situazioni di pericolo grave dovranno essere rilevati e fatti oggetto di valutazione mirata aggiuntiva nella successiva prova pratica;
Al termine del modulo specifico avra' luogo una prova pratica di verifica finale, consistente nell'esecuzione di tecniche operative sui temi del modulo specifico frequentato. La prova si intende superata se le operazioni vengono eseguite correttamente.
Il mancato superamento della prova di verifica finale comporta l'obbligo di ripetere il modulo specifico pratico.
L'esito positivo delle prove di verifica intermedia e finale, unitamente a una presenza pari almeno al 90% del monte ore, consente il rilascio, al termine del percorso formativo, dell'attestato di frequenza con verifica dell'apprendimento. L'attestato dovra' riportare anche l'indicazione del modulo specifico pratico frequentato.
L'accertamento dell'apprendimento, tramite le varie tipologie di verifiche intermedie e finali, viene effettuato da una Commissione composta da docenti interni che formula il proprio giudizio in termini di valutazione globale e redige il relativo verbale, da trasmettere alle Regione e Provincia Autonome competenti per territorio.
Gli attestati di frequenza, con verifica degli apprendimenti, vengono rilasciati sulla base di tali verbali dalle Regioni e Province Autonome competenti per territorio, ad esclusione di quelli rilasciati dai soggetti individuati nel punto 1 lettere a) limitatamente alle strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione, e quelli di cui alle lettere b), c), d), e), f), g), h) del presente accordo.
Le Regioni e Province Autonome in attesa della definizione del sistema nazionale di certificazione delle competenze e riconoscimento dei crediti, si impegnano a riconoscere reciprocamente gli attestati rilasciati.
7. MODULO DI AGGIORNAMENTO
I datori di lavoro provvederanno a far effettuare ai lavoratori formati con il corso di formazione teorico-pratico un corso di aggiornamento ogni cinque anni. L'aggiornamento ha durata minima di 8 ore di cui almeno 4 ore di contenuti tecnico pratici.
8. REGISTRAZIONE SUL LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO
L'attestato di frequenza con verifica dell'apprendimento e la frequenza ai corsi di aggiornamento potranno essere inseriti nella III sezione "Elenco delle certificazioni e attestazioni" del libretto formativo del cittadino, cosi' come definito all'art. 2, comma 1 - lettera i), del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, approvato con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10 ottobre 2005.

MODULO DI FORMAZIONE SPECIFICO TEORICO-PRATICO PER PREPOSTI
CON FUNZIONE DI SORVEGLIANZA DEI LAVORI ADDETTI AI SISTEMI DI
ACCESSO E POSIZIONAMENTO MEDIANTE FUNI
(art. 116 comma 4)

I lavoratori che abbiano frequentato i corsi per operatori all'effettuazione di lavori su funi potranno avere accesso ad un MODULO SPECIFICO di formazione per "PREPOSTI" con funzione di sorveglianza dei lavori", tendente ad offrire gli strumenti utili ad effettuare le operazioni di programmazione, controllo e coordinamento dei lavori della squadra loro affidata.
Alla conclusione di esso e' previsto un colloquio finalizzato alla verifica delle capacita' di valutazione, controllo, gestione delle condizioni lavorative e delle possibili situazioni di emergenza, al termine del quale viene rilasciato un giudizio finale di idoneita' con specifico Attestato e annotata la partecipazione al corso sulla Scheda Personale di Formazione.

Sede di svolgimento: aula -> lezioni frontali / sito operativo/addestrativo -> tecniche e valutazioni ancoraggi
Durata complessiva: 8 ore

Argomenti
Cenni sui criteri di valutazione delle condizioni operative e dei rischi presenti sui luoghi di lavoro.
Cenni su criteri di scelta delle procedure e delle tecniche operative in relazione alle misure di prevenzione e protezione adottabili.
Organizzazione dell'attivita' di squadra anche in relazione a macchine e attrezzature utilizzate ordinariamente e cenni di sicurezza nell'interazione con mezzi d'opera o attivita' di elitrasporto.
Modalita' di scelta e di controllo degli ancoraggi, uso dei DPI e corrette tecniche operative.
Modalita' di verifica dell'idoneita' e buona conservazione (giornaliera e periodica) dei DPI e delle attrezzature e responsabilita'.
Ruolo dell'operatore con funzione di sorveglianza dei lavori nella gestione delle emergenze
MODULO DI AGGIORNAMENTO
I datori di lavoro provvederanno a far effettuare agli operatori con funzione di sorveglianza dei lavori un corso di aggiornamento ogni cinque anni. L'aggiornamento, per la funzione specifica, registrato sulla Scheda Personale di Formazione, ha durata minima di 4 ore La formazione e' inerente le tecniche gia' apprese, l'eventuale analisi e applicazione di nuove attrezzature o tecniche operative e prevede il rilascio di un giudizio di affidabilita' da parte dei docenti.

ALLEGATO XXII
Contenuti minimi del Pi.M.U.S.

1. Dati identificativi del luogo di lavoro;
2. Identificazione del datore di lavoro che procedera' alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;
3. Identificazione della squadra di lavoratori, compreso il preposto, addetti alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;
4. Identificazione del ponteggio;
5. Disegno esecutivo del ponteggio;
6. Progetto del ponteggio, quando previsto;
7. Indicazioni generali per le operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio ("piano di applicazione generalizzata"):
7.1. planimetria delle zone destinate allo stoccaggio e al montaggio del ponteggio, evidenziando, inoltre: delimitazione, viabilita', segnaletica, ecc.,
7.2. modalita' di verifica e controllo del piano di appoggio del ponteggio (portata della superficie, omogeneita', ripartizione del carico, elementi di appoggio, ecc.),
7.3. modalita' di tracciamento del ponteggio, impostazione della prima campata, controllo della verticalita', livello/bolla del primo impalcato, distanza tra ponteggio (filo impalcato di servizio) e opera servita, ecc.,
7.4. descrizione dei DPI utilizzati nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalita' di uso, con esplicito riferimento all'eventuale sistema di arresto caduta utilizzato ed ai relativi punti di ancoraggio,
7.5. descrizione delle attrezzature adoperate nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalita' di installazione ed uso,
7.6. misure di sicurezza da adottare in presenza, nelle vicinanze del ponteggio, di linee elettriche aeree nude in tensione, di cui all'articolo 117.
7.7. tipo e modalita' di realizzazione degli ancoraggi,
7.8. misure di sicurezza da adottare in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche (neve, vento, ghiaccio, pioggia) pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio e dei lavoratori,
7.9. misure di sicurezza da adottare contro la caduta di materiali e oggetti;
8. Illustrazione delle modalita' di montaggio, trasformazione e smontaggio, riportando le necessarie sequenze "passo dopo passo", nonche' descrizione delle regole puntuali/specifiche da applicare durante le suddette operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio e progetti particolareggiati"), con l'ausilio di elaborati esplicativi contenenti le corrette istruzioni, privilegiando gli elaborati grafici costituiti da schemi, disegni e foto;
9. Descrizione delle regole da applicare durante l'uso del ponteggio;
10. Indicazioni delle verifiche da effettuare sul ponteggio prima del montaggio e durante l'uso (vedasi ad es. allegato XIX)

ALLEGATO XXIII
Deroga ammessa per i ponti su ruote a torre

E' ammessa deroga per i ponti su ruote a torre alle seguenti condizioni:
a. il ponte su ruote a torre sia costruito conformemente alla norma tecnica UNI EN 1004;
b. il costruttore fornisca la certificazione del superamento delle prove di rigidezza, di cui all'appendice A della norma tecnica citata, emessa da un laboratorio ufficiale.
Per laboratori ufficiali si intendono:
- laboratorio dell'ISPESL;
- laboratori delle universita' e dei politecnici dello Stato;
- laboratori degli istituti tecnici di Stato, riconosciuti ai sensi della legge 5-11-1971, n. 1086;
- laboratori autorizzati in conformita' all'allegato XX sezione B, con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dello sviluppo economico e della salute;
- laboratori dei paesi membri dell'Unione europea o dei Paesi aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti dai rispettivi Stati.
c. l'altezza del ponte su ruote non superi 12 m se utilizzato all'interno (assenza di vento) e 8 m se utilizzato all'esterno (presenza di vento);
d. per i ponti su ruote utilizzati all'esterno degli edifici sia realizzato, ove possibile, un fissaggio all'edificio o altra struttura;
e. per il montaggio, uso e smontaggio del ponte su ruote siano seguite le istruzioni indicate dal costruttore in un apposito manuale redatto in accordo alla norma tecnica UNI EN 1004.
2. L'attrezzatura di cui al punto 1 e' riconosciuta ed ammessa se legalmente fabbricata o commercializzata in altro Paese membro dell'Unione europea o nei Paesi aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo, in modo da garantire un livello di sicurezza equivalente a quello garantito sulla base delle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti dalla normativa italiana in materia.

ALLEGATO XXIV
PRESCRIZIONI GENERALI PER LA SEGNALETICA Dl SICUREZZA

1. Considerazioni preliminari
1.1. La segnaletica di sicurezza deve essere conforme ai requisiti specifici che figurano negli allegati da XXV a XXXII.
1.2. Il presente allegato stabilisce tali requisiti, descrive le diverse utilizzazioni delle segnaletiche di sicurezza ed enuncia norme generali sull'intercambiabilita' o complementarita' di tali segnaletiche.
1.3. Le segnaletiche di sicurezza devono essere utilizzate solo per trasmettere il messaggio o l'informazione precisati all'articolo 148, comma 1.
2. Modi di segnalazione
2.1. Segnalazione permanente
2.1.1. . La segnaletica che si riferisce a un divieto, un avvertimento o un obbligo ed altresi' quella che serve ad indicare l'ubicazione e ad identificare i mezzi di salvataggio o di pronto soccorso deve essere di tipo permanente e costituita da cartelli.
La segnaletica destinata ad indicare l'ubicazione e ad identificare i materiali e le attrezzature antincendio deve essere di tipo permanente e costituita da cartelli o da un colore di sicurezza. 2.1.2. La segnaletica su contenitori e tubazioni deve essere del tipo previsto nell'allegato XXVI.
2.1.3. La segnaletica per i rischi di urto contro ostacoli e di caduta delle persone deve essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza o da cartelli.
2.1.4. La segnaletica delle vie di circolazione deve essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza.
2.2. Segnalazione occasionale
2.2.1. La segnaletica di pericoli, la chiamata di persone per un'azione specifica e lo sgombero urgente delle persone devono essere fatti in modo occasionale e, tenuto conto del principio dell'intercambiabilita' e complementarita' previsto al paragrafo 3, per mezzo di segnali luminosi, acustici o di comunicazioni verbali.
2.2.2. La guida delle persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo deve essere fatta in modo occasionale per mezzo di segnali gestuali o comunicazioni verbali.
3. Intercambiabilita' e complementarita' della segnaletica 3.1. A parita' di efficacia e a condizione che si provveda ad una azione specifica di informazione e formazione al riguardo, e' ammessa liberta' di scelta fra: - un colore di sicurezza o un cartello, per segnalare un rischio di inciampo o caduta con dislivello; - segnali luminosi, segnali acustici o comunicazione verbale; - segnali gestuali o comunicazione verbale.
3.2. Determinate modalita' di segnalazione possono essere utilizzate assieme, nelle combinazioni specificate di seguito: - segnali luminosi e segnali acustici; - segnali luminosi e comunicazione verbale; - segnali gestuali e comunicazione verbale.
4. Colori di sicurezza
4.1. Le indicazioni della tabella che segue si applicano a tutte le segnalazioni per le quali e' previsto l'uso di un colore di sicurezza.
Colore
Significato o scopo
Indicazioni e precisazioni
Rosso Segnali di divieto Atteggiamenti pericolosi
Pericolo - allarme Alt, arresto, dispositivi di interruzione d'emergenza Sgombero
Materiali e attrezzature antincendio Identificazione e ubicazione
Giallo o Giallo-arancio Segnali di avvertimento Attenzione, cautela Verifica
Azzurro Segnali di prescrizione Comportamento o azione specifica - obbligo di portare un mezzo di sicurezza personale
Verde Segnali di salvataggio o di soccorso Porte, uscite, percorsi, materiali, postazioni, locali Situazione di sicurezza Ritorno alla normalita'
5. L'efficacia della segnaletica non deve essere compromessa da:
5.1. presenza di altra segnaletica o di altra fonte emittente dello stesso tipo che turbino la visibilita' o l'udibilita'; cio' comporta, in particolare, la necessita' di:
5.1.1. evitare di disporre un numero eccessivo di cartelli troppo vicini gli uni agli altri;
5.1.2. non utilizzare contemporaneamente due segnali luminosi che possano confondersi;
5.1.3. non utilizzare un segnale luminoso nelle vicinanze di un'altra emissione luminosa poco distinta;
5.1.4. non utilizzare contemporaneamente due segnali sonori;
5.1.5. non utilizzare un segnale sonoro se il rumore di fondo e' troppo intenso;
5.2. cattiva progettazione, numero insufficiente, ubicazione irrazionale, cattivo stato o cattivo funzionamento dei mezzi o dei dispositivi di segnalazione.
6. I mezzi e i dispositivi segnaletici devono, a seconda dei casi, essere regolarmente puliti, sottoposti a manutenzione, controllati e riparati e, se necessario, sostituiti, affinche' conservino le loro proprieta' intrinseche o di funzionamento.
7. Il numero e l'ubicazione dei mezzi o dei dispositivi segnaletici da sistemare e' in funzione dell'entita' dei rischi, dei pericoli o delle dimensioni dell'area da coprire. Per i segnali il cui funzionamento richiede una fonte di energia, deve essere garantita un'alimentazione di emergenza nell'eventualita' di un'interruzione di tale energia, tranne nel caso in cui il rischio venga meno con l'interruzione stessa.
9. Un segnale luminoso o sonoro indica, col suo avviamento, l'inizio di un'azione che si richiede di effettuare; esso deve avere una durata pari a quella richiesta dall'azione.
I segnali luminosi o acustici devono essere reinseriti immediatamente dopo ogni utilizzazione.
10. Le segnalazioni luminose ed acustiche devono essere sottoposte ad una verifica del buon funzionamento e dell'efficacia reale prima di essere messe in servizio e, in seguito, con periodicita' sufficiente.
11. Qualora i lavoratori interessati presentino limitazioni delle capacita' uditive o visive, eventualmente a causa dell'uso di mezzi di protezione personale, devono essere adottate adeguate misure supplementari o sostitutive.
12. Le zone, i locali o gli spazi utilizzati per il deposito di quantitativi notevoli di sostanze o preparati pericolosi devono essere segnalati con un cartello di avvertimento appropriato, conformemente all'allegato II, punto 3.2, o indicati conformemente all'allegato III, punto 1, tranne nel caso in cui l'etichettatura dei diversi imballaggi o recipienti stessi sia sufficiente a tale scopo.

Allegato XXV
PRESCRIZIONI GENERALI PER I CARTELLI SEGNALETICI

1. Caratteristiche intrinseche 1.1. Forma e colori dei cartelli da impiegare sono definiti al punto 3, in funzione del loro oggetto specifico (cartelli di divieto, di avvertimento, di prescrizione, di salvataggio e per le attrezzature antincendio). 1.2. I pittogrammi devono essere il piu' possibile semplici, con omissione dei particolari di difficile comprensione. 1.3. I pittogrammi utilizzati potranno differire leggermente dalle figure riportate al punto 3 o presentare rispetto ad esse un maggior numero di particolari, purche' il significato sia equivalente e non sia reso equivoco da alcuno degli adattamenti o delle modifiche apportati. 1.4. I cartelli devono essere costituiti di materiale il piu' possibile resistente agli urti, alle intemperie ed alle aggressioni dei fattori ambientali. 1.5. Le dimensioni e le proprieta' colorimetriche e fotometriche dei cartelli devono essere tali da garantirne una buona visibilita' e comprensione. 1.5.1. Per le dimensioni si raccomanda di osservare la seguente formula: A > L2/2000 Ove A rappresenta la superficie del cartello espressa in m2 ed L e' la distanza, misurata in metri, alla quale il cartello deve essere ancora riconoscibile. La formula e' applicabile fino ad una distanza di circa 50 metri. 1.5.2. Per le caratteristiche cromatiche e fotometriche dei materiali si rinvia alla normativa di buona tecnica dell'UNI. 2. Condizioni d'impiego 2.1. I cartelli vanno sistemati tenendo conto di eventuali ostacoli, ad un'altezza e in una posizione appropriata rispetto all'angolo di visuale, all'ingresso alla zona interessata in caso di rischio generico ovvero nelle immediate adiacenze di un rischio specifico o dell'oggetto che s'intende segnalare e in un posto bene illuminato e facilmente accessibile e visibile. Ferme restando le disposizioni del decreto legislativo 626/1994, in caso di cattiva illuminazione naturale sara' opportuno utilizzare colori fosforescenti, materiali riflettenti o illuminazione artificiale. 2.2. Il cartello va rimosso quando non sussiste piu' la situazione che ne giustificava la presenza. 3. Cartelli da utilizzare 3.1 Cartelli di divieto- Caratteristiche intrinseche: - forma rotonda; - pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un inclinazione di 45°) rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello). 3. Cartelli da utilizzare 3.1. Cartelli di divieto Caratteristiche intrinseche: - forma rotonda, - pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un'inclinazione di 45°) rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello).

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
Allegato XXVI
PRESCRIZIONI PER LA SEGNALETICA DEI CONTENITORI E DELLE TUBAZIONI

1. I recipienti utilizzati sui luoghi di lavoro e contenenti sostanze o preparati pericolosi di cui ai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche i recipienti utilizzati per il magazzinaggio di tali sostanze o preparati pericolosi nonche' le tubazioni visibili che servono a contenere o a trasportare dette sostanze o preparati pericolosi, vanno muniti dell'etichettatura (pittogramma o simbolo sul colore di fondo) prevista dalle disposizioni citate. Il primo comma non si applica ai recipienti utilizzati sui luoghi di lavoro per una breve durata ne' a quelli il cui contenuto cambia frequentemente, a condizione che si prendano provvedimenti alternativi idonei, in particolare azioni di informazione o di formazione, che garantiscano un livello identico di protezione. L'etichettatura di cui al primo comma puo' essere: - sostituita da cartelli di avvertimento previsti all'allegato II che riportino lo stesso pittogramma o simbolo; - completata da ulteriori informazioni, quali il nome o la formula della sostanza o del preparato pericoloso, e da dettagli sui rischi connessi; - completata o sostituita, per quanto riguarda il trasporto di recipienti sul luogo di lavoro, da cartelli utilizzati a livello comunitario per il trasporto di sostanze o preparati pericolosi. 2. La segnaletica di cui sopra deve essere applicata come segue: - sul lato visibile o sui lati visibili; - in forma rigida, autoadesiva o verniciata. 3. All'etichettatura di cui al punto 1 che precede si applicano, se del caso, i criteri in materia di caratteristiche intrinseche previsti all'allegato II, punto 1.4 e le condizioni di impiego all'allegato II, punto 2, riguardanti i cartelli di segnalazione. 4. L'etichettatura utilizzata sulle tubazioni deve essere applicata, fatte salvi i punti 1, 2 e 3, in modo visibile vicino ai punti che presentano maggiore pericolo, quali valvole e punti di raccordo, e deve comparire ripetute volte. 5. Le aree, i locali o i settori utilizzati per il deposito di sostanze o preparati pericolosi in quantita' ingenti devono essere segnalati con un cartello di avvertimento appropriato scelto tra quelli elencati nell'allegato 11, punto 3.2 o essere identificati conformemente all'allegato 111, punto 1, a meno che l'etichettattuta dei vari imballaggi o recipienti sia sufficiente a tale scopo, in funzione dell'allegato II, punto 1.5 relativo alle dimensioni. Il deposito di un certo quantitativo di sostanze o preparati pericolosi puo' essere indicato con il cartello di avvertimento "pericolo generico". I cartelli o l'etichettatura di cui sopra vanno applicati, secondo il caso, nei pressi dell'area di magazzinaggio o sulla porta di accesso al locale di magazzinaggio.

Allegato XXVII PRESCRIZIONI PER LA SEGNALETICA DESTINATA AD IDENTIFICARE E AD
INDICARE
L'UBICAZIONE DELLE ATTREZZATURE ANTINCENDIO

il; 1. Premessa Il presente allegato si applica alle attrezzature destinate in via esclusiva alla lotta antincendio. 2. Le attrezzature antincendio devono essere identificate mediante apposita colorazione ed un cartello indicante la loro ubicazione o mediante colorazione delle posizioni in cui sono sistemate o degli accessi a tali posizioni. 3. Il colore d'identificazione di queste attrezzature e' il rosso. La superficie in rosso dovra' avere ampiezza sufficiente per consentire un'agevole identificazione. 4. I cartelli descritti all'allegato II, punto 3.5 devono essere utilizzati per indicare l'ubicazione delle attrezzature in questione.

Allegato XXVIII PRESCRIZIONI PER LA SEGNALAZIONE Dl OSTACOLI E Dl PUNTI DI PERICOLO E
PER LA SEGNALAZIONE DELLE VIE DI CIRCOLAZIONE

il; 1. Segnalazione di ostacoli e di punti di pericolo 1.1. Per segnalare i rischi di urto contro ostacoli, di cadute di oggetti e di caduta da parte delle persone entro il perimetro delle aree edificate dell'impresa cui i lavoratori hanno accesso nel corso del lavoro, si usa il giallo alternato al nero ovvero il rosso alternato al bianco. 1.2. Le dimensioni della segnalazione andranno commisurate alle dimensioni dell'ostacolo o del punto pericoloso che s'intende segnalare. 1.3. Le sbarre gialle e nere ovvero rosse e bianche dovranno avere un'inclinazione di circa 45 e dimensioni piu' o meno uguali fra loro. 1.4. Esempio:

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

2. Segnalazione delle vie di circolazione 2.1. Qualora l'uso e l'attrezzatura dei locali lo rendano necessario per la tutela dei lavoratori, le vie di circolazione dei veicoli devono essere chiaramente segnalate con strisce continue di colore ben visibile, preferibilmente bianco o giallo, in rapporto al colore del pavimento. 2.2. L'ubicazione delle strisce dovra' tenere conto delle distanze di sicurezza necessarie tra i veicoli che possono circolare e tutto cio' che puo' trovarsi nelle loro vicinanze nonche' tra i pedoni e i veicoli. 2.3. Le vie permanenti situate all'esterno nelle zone edificate vanno parimenti segnalate, nella misura in cui cio' si renda necessario, a meno che non siano provviste di barriere o di una pavimentazione appropriate.

Allegato XXIX
PRESCRIZIONI PER I SEGNALI LUMINOSI

1. Proprieta' intrinseche 1.1. La luce emessa da un segnale deve produrre un contrasto luminoso adeguato al suo ambiente, in rapporto alle condizioni d'impiego previste, senza provocare abbagliamento per intensita' eccessiva o cattiva visibilita' per intensita' insufficiente. 1.2. La superficie luminosa emettitrice del segnale puo' essere di colore uniforme o recare un simbolo su un fondo determinato. 1.3. Il colore uniforme deve corrispondere alla tabella dei significati dei colori riportata all'allegato I, punto 4. 1.4. Quando il segnale reca un simbolo, quest'ultimo dovra' rispettare, per analogia, le regole ad esso applicabili, riportate all'allegato II. 2. Regole particolari d'impiego 2.1. Se un dispositivo puo' emettere un segnale continuo ed uno intermittente, il segnale intermittente sara' impiegato per indicare, rispetto a quello continuo, un livello piu' elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell'intervento o dell'azione richiesta od imposta. La durata di ciascun lampo e la frequenza dei lampeggiamenti di un segnale luminoso andranno calcolate in modo- da garantire una buona percezione del messaggio, e da evitare confusioni sia con differenti segnali luminosi che con un segnale luminoso continuo. 2.2. Se al posto o ad integrazione di un segnale acustico si utilizza un segnale luminoso intermittente, il codice del segnale dovra' essere identico. 2.3. Un dispositivo destinato ad emettere un segnale luminoso utilizzabile in caso di pericolo grave andra' munito di comandi speciali o di lampada ausiliaria.

Allegato XXX
PRESCRIZIONI PER I SEGNALI ACUSTICI

1. Proprieta' intrinseche 1.1. Un segnale acustico deve:
a) avere un livello sonoro nettamente superiore al rumore di fondo, in modo da essere udibile, senza tuttavia essere eccessivo o doloroso;
b) essere facilmente riconoscibile in rapporto particolarmente alla durata degli impulsi ed alla separazione fra impulsi e serie di impulsi, e distinguersi nettamente, da una parte, da un altro segnale acustico e, dall'altra, dai rumori di fondo. 1.2. Nei casi in cui un dispositivo puo' emettere un segnale acustico con frequenza costante e variabile, la frequenza variabile andra' impiegata per segnalare, in rapporto alla frequenza costante, un livello piu' elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell'intervento o dell'azione sollecitata o prescritta. 2. Codice da usarsi Il suono di un segnale di sgombero deve essere continuo.

Allegato XXXI
PRESCRIZIONI PER LA COMUNICAZIONE VERBALE

1. Proprieta intrinseche 1.1. La comunicazione verbale s'instaura fra un parlante o un emittitore e uno o piu' ascoltatori, in forma di testi brevi, di frasi, di gruppi di parole o di parole isolate, eventualmente in codice. 1.2. I messaggi verbali devono essere il piu' possibile brevi, semplici e chiari; la capacita' verbale del parlante e le facolta' uditive di chi ascolta devono essere sufficienti per garantire una comunicazione verbale sicura. 1.3. La comunicazione verbale puo' essere diretta (impiego della voce umana) o indiretta (voce umana o sintesi vocale diffusa da un mezzo appropriato). 2. Regole particolari d'impiego 2.1. Le persone interessate devono conoscere bene il linguaggio utilizzato per essere in grado di pronuciare e comprendere correttamente il messaggio verbale e adottare, in funzione di esso, un comportamento adeguato nel campo della sicurezza e della salute. 2.2. Se la comunicazione verbale e' impiegata in sostituzione o ad integrazione dei segnali gestuali, si dovra' far uso di parole chiave, come: - via: per indicare che si e' assunta la direzione dell'operazione; - alt: per interrompere o terminare un movimento; - ferma: per arrestare le operazioni; - solleva: per far salire un carico; - abbassa: per far scendere un carico; - avanti - indietro (se necessario, questi ordini andranno coordinati con codici gestuali corrispondenti); - a destra - a sinistra: - attenzione: per ordinare un alt o un arresto d'urgenza; - presto: per accelerare un movimento per motivi di sicurezza.

Allegato XXXII
PRESCRIZIONI PER I SEGNALI GESTUALI

1. Proprieta' Un segnale gestuale deve essere preciso, semplice, ampio, facile da eseguire e da comprendere e nettamente distinto da un altro segnale gestuale. L'impiego contemporaneo delle due braccia deve farsi in modo simmetrico e per un singolo segnale gestuale. I gesti impiegati, nel rispetto delle caratteristiche sopra indicate, potranno variare leggermente o essere piu' particolareggiati rispetto alle figurazioni riportate al punto 3, purche' il significato e la comprensione siano per lo meno equivalenti. 2. Regole particolari d'impiego 2.1. La persona che emette i segnali, detta "segnalatore", impartisce, per mezzo di segnali gestuali, le istruzioni di manovra al destinatario dei segnali, detto "operatore". 2.2. Il segnalatore deve essere in condizioni di seguire con gli occhi la totalita' delle manovre, senza essere esposto a rischi a causa di esse. 2.3. Il segnalatore deve rivolgere la propria attenzione esclusivamente al comando delle manovre e alla sicurezza dei lavoratori che si trovano nelle vicinanze. 2.4 Se non sono soddisfatte le condizioni di cui al punto 2.2, occorrere' prevedere uno o piu' segnalatori ausiliari. 2.5. Quando l'operatore non puo' eseguire con le dovute garanzie di sicurezza gli ordini ricevuti, deve sospendere la manovra in corso e chiedere nuove istruzioni. 2.6. Accessori della segnalazione gestuale. Il segnalatore deve essere individuato agevolmente dall'operatore. Il segnalatore deve indossare o impugnare uno o piu' elementi di riconoscimento adatti, come giubbotto, casco, manicotti, bracciali, palette. Gli elementi di riconoscimento sono di colore vivo, preferibilmente unico, e riservato esclusivamente al segnalatore. 3. Gesti convenzionali da utilizzare Premessa: La serie dei gesti convenzionali che si riporta di seguito non pregiudica la possibilita' di impiego di altri sistemi di codici applicabili a livello comunitario, in particolare in certi settori nei quali si usino le stesse manovre.

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
Allegato XXXIII

La prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attivita' lavorative di movimentazione manuale dei carichi dovra' considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio riportati nel presente allegato. ELEMENTI DI RIFERIMENTO

1. Caratteristiche del carico La movimentazione manuale di un carico puo' costituire un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi: - il carico e' troppo pesante; - e' ingombrante o difficile da afferrare; - e' in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; - e' collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; - puo', a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. 2. Sforzo fisico richiesto. Lo sforzo fisico puo' presentare rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi: - e' eccessivo; - puo' essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; - puo' comportare un movimento brusco del carico; - e' compiuto col corpo in posizione instabile. 3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro. Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilita' di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi: - lo spazio libero, in particolare verticale, e' insufficiente per lo svolgimento dell'attivita' richiesta; - il pavimento e' ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o e' scivoloso - il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione; - il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; - il pavimento o il punto di appoggio sono instabili; - la temperatura, l'umidita' o la ventilazione sono inadeguate. 4. Esigenze connesse all'attivita'. L'attivita' puo' comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o piu' delle seguenti esigenze: - sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; - pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti; - distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; - un ritmo imposto da un processo che non puo' essere modulato dal lavoratore. FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela e sostegno della maternita' e di protezione dei giovani sul lavoro, il lavoratore puo' correre un rischio nei seguenti casi: - inidoneita' fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresi' conto delle differenze di genere e di eta'; - indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;
 
- insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell'addestramento RIFERIMENTI A NORME TECNICHE Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attivita' di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all'articolo 152, comma 3.

Allegato XXXIV

Requisiti minimi Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi del titolo VII. I requisiti minimi previsti dal presente allegato si applicano anche

alle attivita' di cui all'articolo 3, comma 7.

1. Attrezzature
a) Osservazione generale. L'utilizzazione in se' dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.
b) Schermo. La risoluzione dello schermo deve essere tale da garantire una buona definizione, una forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi. L'immagine sullo schermo deve essere stabile; esente da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilita'. La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente per adeguarsi facilmente alle esigenze dell'utilizzatore. E' possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e riverberi che possano causare disturbi all'utilizzatore durante lo svolgimento della propria attivita'. Lo schermo deve essere posizionato di fronte all'operatore in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo superiore dello schermo sia posto un po' piu' in basso dell'orizzontale che passa per gli occhi dell'operatore e ad una distanza degli occhi pari a circa 50-70 cm, per i posti di lavoro in cui va assunta preferenzialmente la posizione seduta
c) Tastiera e dispositivi di puntamento. La tastiera deve essere separata dallo schermo e facilmente regolabile e dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia e delle mani. Lo spazio sul piano di lavoro deve consentire un appoggio degli avambracci davanti alla tastiera nel corso della digitazione, tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dell'operatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono agevolarne l'uso. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. Il mouse o qualsiasi dispositivo di puntamento in dotazione alla postazione di lavoro deve essere posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di uno spazio adeguato per il suo uso.
d) Piano di lavoro. Il piano di lavoro deve avere una superficie a basso indice di riflessione, essere stabile, di dimensioni sufficienti a permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. L'altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve essere indicativamente compresa fra 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve permettere l'alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonche' l'ingresso del sedile e dei braccioli se presenti. La profondita' del piano di lavoro deve essere tale da assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi.
e) Sedile di lavoro. Il sedile di lavoro deve essere stabile e permettere all'utilizzatore liberta' nei movimenti, nonche' una posizione comoda. Il sedile deve avere altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore. Lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell'utente. Pertanto deve essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell'ambito di tali regolazioni l'utilizzatore dovra' poter fissare lo schienale nella posizione selezionata. Lo schienale e la seduta devono avere bordi smussati. I materiali devono presentare un livello di permeabilita' tali da non compromettere il comfort dell'utente e pulibili. Il sedile deve essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere spostato agevolmente secondo le necessita' dell'utilizzatore. Un poggiapiedi sara' messo a disposizione di coloro che lo desiderino per far assumere una postura adeguata agli arti inferiori. Il poggiapiedi non deve spostarsi involontariamente durante il suo uso.
f) Computer portatili L'impiego prolungato dei computer portatili necessita della fornitura di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni nonche' di un idoneo supporto che consenta il corretto posizionamento dello schermo. 2. Ambiente
a) Spazio Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e movimenti operativi.
b) Illuminazione L'illuminazione generale e specifica (lampade da tavolo) deve garantire un illuminamento sufficiente e un contrasto appropriato tra lo schermo e l'ambiente circostante, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore. Riflessi sullo schermo, eccessivi contrasti di luminanza e abbagliamenti dell'operatore devono essere evitati disponendo la postazione di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce naturale e artificiale. Si dovra' tener conto dell'esistenza di finestre, pareti trasparenti o traslucide, pareti e attrezzature di colore chiaro che possono determinare fenomeni di abbagliamento diretto e/o indiretto e/o riflessi sullo schermo. Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro.
d) Rumore Il rumore emesso dalle attrezzature presenti nel posto di lavoro non deve perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale.
f) Radiazioni Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori
e) Parametri microclimatici Le condizioni microclimatiche non devono essere causa di discomfort per i lavoratori. Le attrezzature in dotazione al posto di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di discomfort per i lavoratori. 3. Interfaccia elaboratore/uomo All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorche' questo venga modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unita' videoterminali, il datore di lavoro terra' conto dei seguenti fattori:
a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
b) il software deve essere di facile uso adeguato al livello di conoscenza e di esperienza dell'utilizzatore. Inoltre nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo puo' essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;
c) il software deve essere strutturato in modo tale da fornire ai lavoratori indicazioni comprensibili sul corretto svolgimento dell'attivita';
d) i sistemi devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori;
e) i principi dell' ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.

ALLEGATO XXXV

A. Vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio. 1. Valutazione dell'esposizione. La valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio si basa principalmente sul calcolo del valore dell'esposizione giornaliera normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, A (8), calcolato come radice quadrata della somma dei quadrati (valore totale) dei valori quadratici medi delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (ahwx, ahwy,, ahwz) conformemente alla norma UNI EN ISO 5349-1 (2004) che viene qui adottata in toto. La valutazione del livello di esposizione puo' essere effettuata sulla base di una stima fondata sulle informazioni relative al livello di emissione delle attrezzature di lavoro utilizzate, fornite dai fabbricanti, e sull'osservazione delle specifiche pratiche di lavoro, oppure attraverso una misurazione. Come elementi di riferimento possono essere utilizzate anche le banche dati dell'ISPESL e delle regioni contenenti i livelli di esposizione professionale alle vibrazioni. Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni dell'ISPESL e delle regioni hanno valore di norma i buona tecnica. 2. Misurazione. Qualora si proceda alla misurazione:
a) i metodi utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate; i metodi e le apparecchiature utilizzati devono essere adattati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione, conformemente alla norma ISO 5349-2 (2001);
b) nel caso di attrezzature che devono essere tenute con entrambe le mani, la misurazione e' eseguita su ogni mano. L'esposizione e' determinata facendo riferimento al piu' alto dei due valori; deve essere inoltre fornita l'informazione relativa all'altra mano. 3. Interferenze. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori. 4. Rischi indiretti. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono sulla stabilita' delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni. 5. Attrezzature di protezione individuale. Attrezzature di protezione individuale contro le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio possono contribuire al programma di misure di cui all'articolo 203, comma 1. B. Vibrazioni trasmesse al corpo intero 1. Valutazione dell'esposizione. La valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni si basa sul calcolo dell'esposizione giornaliera A (8) espressa come l'accelerazione continua equivalente su 8 ore, calcolata come il piu' alto dei valori quadratici medi delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (1,4•awx," 1,4•awy, 1•awz,, per un lavoratore seduto o in piedi), conformemente alla norma ISO 2631-1 (1997) che viene qui adottata in toto. La valutazione del livello di esposizione puo' essere effettuata sulla base di una stima fondata sulle informazioni relative al livello di emissione delle attrezzature di lavoro utilizzate, fornite dai fabbricanti, e sull'osservazione delle specifiche pratiche di lavoro, oppure attraverso una misurazione. Come elementi di riferimento possono essere utilizzate anche le banche dati dell'ISPESL e delle regioni contenenti i livelli di esposizione professionale alle vibrazioni. Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni dell'ISPESL e delle regioni hanno valore di norma di buona tecnica Per quanto riguarda la navigazione marittima, si prendono in considerazione, ai fini della valutazione degli effetti cronici sulla salute, solo le vibrazioni di frequenza superiore a 1 Hz. 2. Misurazione. Qualora si proceda alla misurazione, i metodi utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate. I metodi utilizzati devono essere adeguati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione. 1 metodi rispondenti a norme di buona tecnica si considerano adeguati a quanto richiesto dal presente punto. 3. Interferenze. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori. 4. Rischi indiretti. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono sulla stabilita' delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni. 5. Prolungamento dell'esposizione. Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera g), si applicano in particolare nei casi in cui, data la natura dell'attivita'' svolta, un lavoratore utilizza locali di riposo e ricreazione messi a disposizione dal datore di lavoro; tranne nei casi di forza maggiore, l'esposizione del corpo intero alle vibrazioni in tali locali deve essere ridotto a un livello compatibile con le funzioni e condizioni di utilizzazione di tali locali.

ALLEGATO XXXVI
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE E VALORI DI AZIONE
PER I CAMPI ELETTROMAGNETICI

Le seguenti grandezze fisiche sono utilizzate per descrivere l'esposizione ai campi elettromagnetici: Corrente di contatto (Ic). La corrente che fluisce al contatto tra un individuo ed un oggetto conduttore caricato dal campo elettromagnetico. La corrente di contatto e' espressa in Ampere (A). Corrente indotta attraverso gli arti (IL). La corrente indotta attraverso qualsiasi arto, a frequenze comprese tra 10 e 110 MHz, espressa in Ampere (A). Densita' di corrente (J). E' definita come la corrente che passa attraverso una sezione unitaria perpendicolare alla sua direzione in un volume conduttore quale il corpo umano o una sua parte. E' espressa in Ampere per metro quadro (A/m2). Intensita' di campo elettrico. E' una grandezza vettoriale (E) che corrisponde alla forza esercitata su una particella carica indipendentemente dal suo movimento nello spazio. E' espressa in Volt per metro (V/m). Intensita' di campo magnetico. E' una grandezza vettoriale (H) che, assieme all'induzione magnetica, specifica un campo magnetico in qualunque punto dello spazio. E' espressa in Ampere per metro (A/m). Induzione magnetica. E' una grandezza vettoriale (B) che determina una forza agente sulle cariche in movimento. E' espressa in Tesla (T) Nello spazio libero e nei materiali biologici l'induzione magnetica e l'intensita' del campo magnetico sono legate dall'equazione 1 Am-1 = Π 10-7 T. Densita' di potenza (S). Questa grandezza si impiega nel caso delle frequenze molto alte per le quali la profondita' di penetrazione nel corpo e' modesta. Si tratta della potenza radiante incidente perpendicolarmente a una superficie, divisa per l'area della superficie in questione ed e' espressa in Watt per metro quadro (W/m2). Assorbimento specifico di energia (SA) Si definisce come l'energia assorbita per unita' di massa di tessuto biologico e si esprime in Joule per chilogrammo (J/kg). Nella presente direttiva esso si impiega per limitare gli effetti non termici derivanti da esposizioni a microonde pulsate. Tasso di assorbimento specifico di energia (SAR). Si tratta del valore mediato su tutto il corpo o su alcune parti di esso, del tasso di assorbimento di energia per unita' di massa di tessuto corporeo ed e' espresso in Watt per chilogrammo (W/kg). Il SAR a corpo intero e' una misura ampiamente accettata per porre in rapporto gli effetti termici nocivi dell'esposizione a radiofrequenze (RF). Oltre al valore del SAR mediato su tutto il corpo, sono necessari anche valori locali del SAR per valutare e limitare la deposizione eccessiva di energia in parti piccole del corpo conseguenti a particolari condizioni di esposizione, quali ad esempio il caso di un individuo in contatto con la terra, esposto a RF dell'ordine di pochi MHz e di individui esposti nel campo vicino di un'antenna. Tra le grandezze sopra citate, possono essere misurate direttamente l'induzione magnetica, la corrente indotta attraverso gli arti e la corrente di contatto, le intensita' di campo elettrico e magnetico, e la densita' di potenza. A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE Per specificare i valori limite di esposizione relativi ai campi elettromagnetici, a seconda della frequenza, sono utilizzate le seguenti grandezze fisiche: - sono definiti valori limite di esposizione per la densita' di corrente relativamente ai campi variabili nel tempo fino a 1 Hz, al fine di prevenire effetti sul sistema cardiovascolare e sul sistema nervoso centrale; - fra 1 Hz e 10 MHz sono definiti valori limite di esposizione per la densita' di corrente, in modo da prevenire effetti sulle funzioni del sistema nervoso; - fra 100 kHz e 10 GHz sono definiti valori limite di esposizione per il SAR, in modo da prevenire stress termico sul corpo intero ed eccessivo riscaldamento localizzato dei tessuti. Nell'intervallo di frequenza compreso fra 100 kHz e 10 MHz, i valori limite di esposizione previsti si riferiscono sia alla densita' di corrente che al SAR; - fra 10 GHz e 300 GHz sono definiti valori limite di esposizione per la densita' di potenza al fine di prevenire l'eccessivo riscaldamento dei tessuti della superficie del corpo o in prossimita' della stessa.

TABELLA 1
Valori limite di esposizione (articolo 188, comma 1).
Tutte le condizioni devono essere rispettate.

=====================================================================
| Densita' | | | |
| di | | | |
| corrente | | SAR | |
|per corpo |SAR mediato|localizzato| SAR | Intervallo|e tronco J| sul corpo | (capo e |localizzato|Densita' di
di | (mA/m2) | intero | tronco) | (arti) | potenza frequenza | (rms) | (W/kg) | (W/kg) | (W/kg) | (W/m2) =====================================================================
Fino a 1 | | | | |
Hz | 40 | / | / | / | / ---------------------------------------------------------------------
1 - 4 Hz | 40/f | / | / | / | / ---------------------------------------------------------------------
4 - 1000 | | | | |
Hz | 10 | / | / | / | / --------------------------------------------------------------------- 1000 Hz - | | | | |
100 kHz | f/100 | / | / | / | / --------------------------------------------------------------------- 100 kHz - | | | | |
10 Mhz | f/100 | 0,4 | 10 | 20 | / ---------------------------------------------------------------------
10 MHz - | | | | |
10 GHz | / | 0,4 | 10 | 20 | / ---------------------------------------------------------------------
10 - 300 | | | | |
GHz | / | / | / | / | 50

Note: 1.f e' la frequenza in Hertz. 2. I valori limite di esposizione per la densita' di corrente si prefiggono di proteggere dagli effetti acuti, risultanti dall'esposizione, sui tessuti del sistema nervoso centrale nella testa e nel torace. I valori limite di esposizione nell'intervallo di frequenza compreso fra 1 Hz e 10 MHz sono basati sugli effetti nocivi accertati sul sistema nervoso centrale. Tali effetti acuti sono essenzialmente istantanei e non v'e' alcuna giustificazione scientifica per modificare i valori limite di esposizione nel caso di esposizioni di breve durata.Tuttavia, poiche' i valori limite di esposizione si riferiscono agli effetti nocivi sul sistema nervoso centrale, essi possono permettere densita' di corrente piu' elevate in tessuti corporei diversi dal sistema nervoso centrale a parita' di condizioni di esposizione. 3. Data la non omogeneita' elettrica del corpo, le densita' di corrente dovrebbero essere calcolate come medie su una sezione di 1 cm2 perpendicolare alla direzione della corrente. 4. Per le frequenze fino a 100 kHz, i valori di picco della densita' di corrente possono essere ottenuti moltiplicando il valore efficace rms per (2)1/2. 5. Per le frequenze fino a 100 kHz e per i campi magnetici pulsati, la massima densita' di corrente associata agli impulsi puo' essere calcolata in base ai tempi di salita/discesa e al tasso massimo di variazione dell'induzione magnetica. La densita' di corrente indotta puo' essere confrontata con il corrispondente valore limite di esposizione. Per gli impulsi di durata tp la frequenza equivalente per l'applicazione dei limiti di esposizione va calcolata come f ≤ 1/(2tp). 6. Tutti i valori di SAR devono essere ottenuti come media su un qualsiasi periodo di 6 minuti. 7. La massa adottata per mediare il SAR localizzato e' pari a ogni 10 g di tessuto contiguo. Il SAR massimo ottenuto in tal modo costituisce il valore impiegato per la stima dell'esposizione. Si intende che i suddetti 10 g di tessuto devono essere una massa di tessuto contiguo con proprieta' elettriche quasi omogenee. Nello specificare una massa contigua di tessuto, si riconosce che tale concetto puo' essere utilizzato nella dosimetria numerica ma che puo' presentare difficolta' per le misurazioni fisiche dirette. Puo' essere utilizzata una geometria semplice quale una massa cubica di tessuto, purche' le grandezze dosimetriche calcolate assumano valori conservativi rispetto alle linee guida in materia di esposizione. 8. Per esposizioni pulsate nella gamma di frequenza compresa fra 0,3 e 10 GHz e per esposizioni localizzate del capo, allo scopo di limitare ed evitare effetti uditivi causati da espansione tennoelastica, si raccomanda un ulteriore valore limite di esposizione. Tale limite e' rappresentato dall'assorbimento specifico (SA) che non dovrebbe superare 10 mJ/kg calcolato come media su 10 g di tessuto. 9. Le densita' di potenza sono ottenute come media su una qualsiasi superficie esposta di 20 cm2 e su un qualsiasi periodo di 68/f105 minuti (f in GHz) per compensare la graduale diminuzione della profondita' di penetrazione con l'aumento della frequenza. Le massime densita' di potenza nello spazio, mediate su una superficie di 1 cm2, non dovrebbero superare 20 volte il valore di 50 W/m2. 10. Per quanto riguarda i campi elettromagnetici pulsati o transitori o in generale per quanto riguarda l'esposizione simultanea a campi di frequenza diversa, e' necessario adottare metodi appropriati di valutazione, misurazione e/o calcolo in grado di analizzare le caratteristiche delle forme d'onda e la natura delle interazioni biologiche, tenendo conto delle norme armonizzate europee elaborate dal CENELEC. B. VALORI DI AZIONE I valori di azione di cui alla tabella 2 sono ottenuti a partire dai valori limite di esposizione secondo le basi razionali utilizzate dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) nelle sue linee guida sulla limitazione dell'esposizione alle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP 7/99).

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

4. Per le frequenze fino a 100 kHz, i valori di azione di picco /per le intensita' di campo possono essere ottenuti moltiplicando il valore efficace rms per (2)12. Per gli impulsi di durata tp la frequenza equivalente da applicare per i valori di azione va calcolata come f ≤ 1/(2tp). Per le frequenze comprese tra 100 kHz e 10 MHz, i valori di azione di picco per le intensita' di campo sono calcolati moltiplicando i pertinenti valori efficaci (rms) per 10a, dove a ≤ (0,665 log (f/10) + 0,176), f in Hz. Per le frequenze comprese tra 10 MHz e 300 GHz, i valori di azione di picco sono calcolati moltiplicando i valori efficaci (rms) corrispondenti per 32 nel caso delle intensita' di campo e per 1000 nel caso della densita' di potenza di onda piana equivalente. 5. Per quanto riguarda i campi elettromagnetici pulsati o transitori o in generale l'esposizione simultanea a campi di frequenza diversa, e' necessario adottare metodi appropriati di valutazione, misurazione e/o calcolo in grado di analizzare le caratteristiche delle forme d'onda e la natura delle interazioni biologiche, tenendo conto delle norme armonizzate europee elaborate dal CENELEC. 6. Per i valori di picco di campi elettromagnetici pulsati modulati si propone inoltre che, per le frequenze portanti che superano 10 MHz, Seq valutato come media sulla durata dell'impulso non superi di 1000 volte i valori di azione per Seq, o che l'intensita' di campo non superi di 32 volte i valori di azione dell'intensita' di campo alla frequenza portante.
Allegato XXXVII
RADIAZIONI OTTICHE
Parte I

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

Allegato XXXVII - Parte II
Radiazioni laser

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

Allegato XXXVIII
Valori limite di esposizione professionale

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

ALLEGATO XXXIX Valori limite biologici obbligatori e procedure di sorveglianza
sanitaria

Piombo e suoi composti ionici.

1. Il monitoraggio biologico comprende la misurazione del livello di piombo nel sangue (PbB) con l'ausilio della spettroscopia ad assorbimento atomico o di un metodo che dia risultati equivalenti. Il valore limite biologico e' il seguente: 60 mg Pb/100 ml di sangue. Per le lavoratrici in eta' fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue comporta, comunque, allontanamento dall'esposizione. 2. La sorveglianza sanitaria si effettua quando: l'esposizione a una concentrazione di piombo nell'aria, espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla settimana, e' superiore a 0,075; mg/m3 nei singoli lavoratori e' riscontrato un contenuto di piombo nel sangue superiore a 40mg Pb/100 ml di sangue.

Allegato XL
Divieti

a) Agenti chimici
| | | Limite di
| | | concentrazione per N. EINECS (1)|N. CAS (2)| Nome dell'agente | l'esenzione ---------------------------------------------------------------------
| |2-naftilammina e suoi|
202-080-4 | 91-59-8 | sali | 0.1% in peso ---------------------------------------------------------------------
| | 4-amminodifenile e |
202-177-1 | 92-67-1 | suoi sali | 0,1% in peso ---------------------------------------------------------------------
202-199-1 | 92-87-5 |Benzidina e suoi sali| 0,1% in peso ---------------------------------------------------------------------
202-204-7 | 92-93-3 | 4-nitrodifenile | 0,1% in peso

b) Attivita' lavorative: Nessuna (1) EINECS European Inventory of Existing Commercial Chemical Substance (2) CAS Chemical Abstracts Service

Allegato XLI
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione
|delle frazioni granulometriche per la misurazione
UNI EN 481:1994 |delle particelle aerodisperse. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Requisiti
|generali per le prestazioni dei procedimenti di
UNI EN 482:1998 |misurazione degli agenti chimici. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Guida alla
|valutazione dell'esposizione per inalazione a
|composti chimici ai fini del confronto con i valori
UNI EN 689 1997 |limite e strategia di misurazione. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Campionatori
|diffusivi per la determinazione di gas e vapori.
UNI EN 838 1998 |Requisiti e metodi di prova. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Tubi di
|assorbimento mediante pompaggio per la
|determinazione di gas e vapori. Requisiti e metodi UNI EN 1076:1999 |di prova. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Sistemi di
|misurazione di breve durata con tubo di UNI EN 1231 1999 |rivelazione. Requisiti e metodi di prova. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Pompe per il
|campionamento personale di agenti chimici. UNI EN 1232: 1999|Requisiti e metodi di prova. --------------------------------------------------------------------- UNI EN 1540:2001 |Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Terminologia. ---------------------------------------------------------------------
|Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Pompe per il
|campionamento di agenti chimici con portate UNI EN 12919:2001|maggiori di 5 1/min. Requisiti e metodi di prova.

ALLEGATO XLII
Elenco di sostanze, preparati e processi

ELENCO DI SOSTANZE, PREPARATI E PROCESSI

1. Produzione di auramina con il metodo Michler. 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro.
ALLEGATO XLIII
Valori limite di esposizione professionale
----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

ALLEGATO XLIV Elenco esemplificativo di attivita' lavorative che possono comportare
la presenza di agenti biologici

1. Attivita' in industrie alimentari. 2. Attivita' nell'agricoltura. 3. Attivita' nelle quali vi e' contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale. 4. Attivita' nei servizi sanitari, comprese le unita' di isolamento e post mortem. 5. Attivita' nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica. 6. Attivita' impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti. 7. Attivita' negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
ALLEGATO XLV
Segnale di rischio biologico
----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

ALLEGATO XLVI
Elenco degli agenti biologici classificati

1. Sono inclusi nella classificazione unicamente gli agenti di cui e' noto che possono provocare malattie infettive in soggetti umani. I rischi tossico ovvero allergenico eventualmente presenti sono indicati a fianco di ciascun agente in apposita colonna. Non sono stati presi in considerazione gli agenti patogeni di animali e piante di cui e' noto che non hanno effetto sull'uomo. In sede di compilazione di questo primo elenco di agenti biologici classificati non si e' tenuto conto dei microrganismi geneticamente modificati. 2. La classificazione degli agenti biologici si basa sull'effetto esercitato dagli stessi su lavoratori sani. Essa non tiene conto dei particolari effetti sui lavoratori la cui sensibilita' potrebbe essere modificata, da altre cause quali malattia preesistente, uso di medicinali, immunita' compromessa, stato di gravidanza o allattamento, fattori dei quali e' tenuto conto nella sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 40. 3. Gli agenti biologici che non sono stati inclusi nel gruppi 2, 3, 4 dell'elenco non sono implicitamente inseriti nel gruppo 1. Per gli agenti di cui e' nota per numerose specie la patogenicita' per l'uomo, l'elenco comprende le specie piu' frequentemente implicate nelle malattie, mentre un riferimento di carattere piu' generale indica che altre specie appartenenti allo stesso genere possono avere effetti sulla salute dell'uomo. Quando un intero genere e' menzionato nell'elenco degli agenti biologici, e' implicito che i ceppi e le specie definiti non patogeni sono esclusi dalla classificazione. 4. Quando un ceppo e' attenuato o ha perso geni notoriamente virulenti, il contenimento richiesto dalla classificazione del ceppo parentale non e' necessariamente applicato a meno che la valutazione del rischio da esso rappresentato sul luogo di lavoro non lo richieda. 5. Tutti i virus che sono gia' stati isolati nell'uomo e che ancora non figurano nel presente allegato devono essere considerati come appartenenti almeno al gruppo due, a meno che sia provato che non possono provocare malattie nell'uomo. 6 Taluni agenti classificati nel gruppo tre ed indicati con doppio asterisco (**) nell'elenco allegato possono comportare un rischio di infezione limitato perche' normalmente non sono veicolati dall'aria. Nel caso di particolari attivita' comportanti l'utilizzazione dei suddetti agenti, in relazione al tipo di operazione effettuata e dei quantitativi impiegati puo' risultare sufficiente, per attuare le misure di cui ai punti 2 e 13 dell'allegato XII ed ai punti 2, 3, 5 dell'allegato XIII, assicurare i livelli di contenimento ivi previsti per gli agenti del gruppo 2. 7 Le misure di contenimento che derivano dalla classificazione dei parassiti si applicano unicamente agli stadi del ciclo del parassita che possono essere infettivi per l'uomo. 8. L'elenco contiene indicazioni che individuano gli agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o tossiche, quelli per i quali e' disponibile un vaccino efficace e quelli per i quali e' opportuno conservare per almeno dieci anni l'elenco dei lavoratori i quali hanno operato in attivita' con rischio di esposizione a tali agenti. Tali indicazioni sono: A: possibili effetti allergici; D: l'elenco dei lavoratori che hanno operato con detti agenti dove essere conservato per almeno dieci anni dalla cessazione dell'ultima attivita' comportante rischio di esposizione; T produzione di tossine; V: vaccino efficace disponibile.

BATTERI e organismi simili NB: Per gli agenti che figurano nel presente elenco la menzione " spp " si riferisce alle altre specie riconosciute patogene per l'uomo. =====================================================================
Agente biologico |Classificazione|Rilievi ===================================================================== Actinobacillus actinomycetemcomitans | 2 | --------------------------------------------------------------------- Actinomadura madurae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Actinomadura pelletieri | 2 | --------------------------------------------------------------------- Actinomyces gereneseriae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Actinomyces israelli | 2 | --------------------------------------------------------------------- Actinomyces pyogenes | 2 | --------------------------------------------------------------------- Actinomyces spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Arcanobacterium haemolyticum | 2 | --------------------------------------------------------------------- (Corynebacterium haemolyticum) | | --------------------------------------------------------------------- Bacillus anthracis | 3 | --------------------------------------------------------------------- Bacteroides fragilis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bartonella bacilliformis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bartonella (Rochalimea) spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bartonella quintana (Rochalimea quintana) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bordetella bronchiseptica | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bordetella parapertussis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bordetella pertussis | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Borrella burgdorferi | 2 | --------------------------------------------------------------------- Borrella duttonii | 2 | --------------------------------------------------------------------- Borrella recurrentis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Borrella spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Brucella abortus | 3 | --------------------------------------------------------------------- Brucella canis | 3 | --------------------------------------------------------------------- Brucella melitensis | 3 | --------------------------------------------------------------------- Brucella suis | 3 | --------------------------------------------------------------------- Burkholderia mallei (pseudomonas mallei) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Burkholderia pseudomallei (pseudomonas | | pseudomallei) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Campylobacter fetus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Campylobacter jejuni | 2 | --------------------------------------------------------------------- Campylobacter spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- C ardi ob acterium hominis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Chlamydia pneumoniae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Chlamydia trachomatis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Chlamydia psittaci (ceppi aviari) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Chlamydia psittaci (ceppi non aviari) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Clostridium botulinum | 2 | T --------------------------------------------------------------------- Clostridium perfringens | 2 | --------------------------------------------------------------------- Clostridium tetani | 2 | T,V --------------------------------------------------------------------- Clostridium spp. | 2 | --------------------------------------------------------------------- Corynebacterium diphtheriae | 2 | T,V --------------------------------------------------------------------- Corynebacterium minutissimum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Corynebacterium pseudotuberculosis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Corynebacterium spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Coxiella burnetii | 3 | --------------------------------------------------------------------- Edwardsiella tarda | 2 | --------------------------------------------------------------------- Ehrlichia sennetsu (Rickettsia sennetsu) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Ehrlichia spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Eikenella corrodens | 2 | --------------------------------------------------------------------- Enterobacter aerogenes/cloacae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Enterobacter spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Enterococcus spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Erysipelothrix rhusiopathiae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Escherichia coli (ad eccezione dei ceppi non | | patogeni) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Escherichiacoli, ceppi verocitotossigenici | | (es. 0157:H7 oppure 0103) | 3(**) | T --------------------------------------------------------------------- Flavobacterium meningosepticum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Fluoribacter bozemanii (Legionella) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Francisella tularensia (Tipo A) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Francisella tularensis (Tipo B) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Fusobacterium necrophorum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Gardnerella vaginalis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Haemophilus ducreyl | 2 | --------------------------------------------------------------------- Haemophilus influenzae | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Haemophilus spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Helicobacter pylori | 2 | --------------------------------------------------------------------- Klebsiella oxytoca | 2 | --------------------------------------------------------------------- Klebsiella pneumoniae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Klebsiella spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Legionella pneumophila | 2 | --------------------------------------------------------------------- Legionella spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Leptospira interrogans (tutti i serotipi) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Listeria monocytogenes | 2 | --------------------------------------------------------------------- Listeria ivanovil | 2 | --------------------------------------------------------------------- Morganella morganii | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium africanum | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium avium/intracellulare | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium bovis (ad eccezione del ceppo | | BCG) | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium chelonae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium fortuitum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium kansasii | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium leprae | 3 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium malmoense | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium marinum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium microti | 3 (**) | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium paratuberculosis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium scrofulaceum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium simiae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium szulgai | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium tuberculosis | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium ulcerans | 3 (**) | --------------------------------------------------------------------- Mycobacterium xenopi | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycoplasma caviae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycoplasma hominis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Mycoplasma pneumoniae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Neisseria gonorrhoeae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Neisseria meningitidis | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Nocardia asteroides | 2 | --------------------------------------------------------------------- Nocardia brasiliensis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Nocardia farcinica | 2 | --------------------------------------------------------------------- Nocardia nova | 2 | --------------------------------------------------------------------- Nocardia otitidiscaviarum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Pasteurella multocida | 2 | --------------------------------------------------------------------- Pasteurella spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Peptostreptococcu sanaerobius | 2 | --------------------------------------------------------------------- Plesiomonas shigelloides | 2 | --------------------------------------------------------------------- Porphyromonas spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Prevotella spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Proteus mirabilis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Proteus penneri | 2 | --------------------------------------------------------------------- Proteus vulgaris | 2 | --------------------------------------------------------------------- Providencia alcalifaciens | 2 | --------------------------------------------------------------------- Providencia rettgeri | 2 | --------------------------------------------------------------------- Providencia spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Pseudomonas aeruginosa | 2 | --------------------------------------------------------------------- Rhodococcus equi | 2 | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia akari | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia canada | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia conorii | 3 | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia montana | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia typhi (Rickettsia mooseri) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia prowazekii | 3 | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia rickettsii | 3 | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia tsutsugamushi | 3 | --------------------------------------------------------------------- Rickettsia spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Salmonella arizonae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Salmonella enteritidis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Salmonella typhimurium | 2 | --------------------------------------------------------------------- Salmonella paratyphi A, B, C | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Salmonella typhi | 3(**) | V --------------------------------------------------------------------- Salmonella (altre varieta' serologiche) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Serpulina spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Shigella boydii | 2 | --------------------------------------------------------------------- Shigella dysenteriae (Tipo 1) | 3(**) | T --------------------------------------------------------------------- Shigella dysenteriae, diverso dal Tipo 1 | 2 | --------------------------------------------------------------------- Shigella flexneri | 2 | --------------------------------------------------------------------- Shigella sonnei | 2 | --------------------------------------------------------------------- Staphylococcus aureus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Streptobacillus moniliformis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Streptococcus pneumoniae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Streptocoocus pyogenes | 2 | --------------------------------------------------------------------- Streptococcus spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Streptococcus suis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Treponema carateum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Treponema pallidum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Treponema pertenue | 2 | --------------------------------------------------------------------- Treponema spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Vibrio cholerae (incluso El Tor) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Vibrio parahaemolyticus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Vibrio spp | 2 | --------------------------------------------------------------------- Yersinia enterocolitica | 2 | --------------------------------------------------------------------- Yersinia pestis | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Yersinia psoudotuberculosis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Yersinia spp | 2 |

VIRUS =====================================================================
Agente biologico |Classificazione|Rilievi ===================================================================== Adenoviridae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Arenaviridae: | | --------------------------------------------------------------------- LCM-Lassa Virus complex (Arenavirus del | | Vecchio Mondo): | | --------------------------------------------------------------------- Virus Lassa | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus della coriomeningite linfocitaria | | (ceppi neurotropi) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus della coriomeningite linfocitaria | | (altri ceppi) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Mopeia | 2 | --------------------------------------------------------------------- Altri LCM-Lassa Virus complex | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus complex Tacaribe (Arenavirus del Nuovo| | Mondo): Virus Guanarito | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus Junin | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus Sabia | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus Machupo | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus Flexal | 3 | --------------------------------------------------------------------- Altri Virus del Complesso Tacaribe | 2 | --------------------------------------------------------------------- Astroviridae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Bunyaviridae: Bhanj a | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Bunyamwera | 2 | --------------------------------------------------------------------- Germiston | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Oropouche | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'encefalite Californiana | 2 | --------------------------------------------------------------------- Hantavirus: Hantaan (febbre emorragica | | coreana) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Belgrado (noto anche come Dobrava) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Seoul-Virus | 3 | --------------------------------------------------------------------- Sin Nombre (ex Muerto Canyon) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Puumala-Virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Prospect Hill-Virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Altri Hantavirus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Nairovirus : | | --------------------------------------------------------------------- Virus della febbre emorragica di | | Crimea/Congo | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus Hazara | 2 | --------------------------------------------------------------------- Phlebovirus: | | --------------------------------------------------------------------- Febbre della Valle del Rift | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Febbre da Flebotomi | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Toscana | 2 | --------------------------------------------------------------------- Altri bunyavirus noti come patogeni | 2 | --------------------------------------------------------------------- Caliciviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite E | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Norwalk-Virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Altri Caliciviridae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Coronaviridae | 2 | --------------------------------------------------------------------- Filoviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus Ebola | 4 | --------------------------------------------------------------------- Virus di Marburg | 4 | --------------------------------------------------------------------- Flaviviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Encefalite d'Australia (Encefalite della | | Valle Murray) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'encefalite da zecca dell'Europa | | Centrale | 3(**) | V --------------------------------------------------------------------- Absettarov | 3 | --------------------------------------------------------------------- Hanzalova | 3 | --------------------------------------------------------------------- Hypr | 3 | --------------------------------------------------------------------- Kumlinge | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus della dengue tipi 1-4 | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite C | 3(**) | D --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite G | 3(**) | D --------------------------------------------------------------------- Encefalite B giapponese | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Foresta di Kyasanur | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Louping ill | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Omsk (a) | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Powassan | 3 | --------------------------------------------------------------------- Rocio | 3 | --------------------------------------------------------------------- Encefalite verno-estiva russa (a) | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Encefalite di St. Louis | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus Wesselsbron | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Virus della Valle del Nilo | 3 | --------------------------------------------------------------------- Febbre gialla | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Altri flavivirus noti per essere patogeni | 2 | --------------------------------------------------------------------- Hepadnaviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite B | 3(**) | V,D --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite D (Delta) (b) | 3(**) | V,D --------------------------------------------------------------------- Herpesviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Cytomegalovirus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus d'Epstein-Barr | 2 | --------------------------------------------------------------------- Herpesvirus simiae (B virus) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Herpes simplex virus tipi 1 e 2 | 2 | --------------------------------------------------------------------- Herpesvirus varicella-zoster | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Herpes dell'uomo tipo 7 | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Herpes dell'uomo tipo 8 | 2 | D --------------------------------------------------------------------- Virus linfotropo B dell'uomo (HBLV-HHV6) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Orthomyxoviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus Influenzale tipi A, B e C | 2 | V(c) --------------------------------------------------------------------- Orthomyxoviridae trasmesse delle zecche: | | Virus Dhori e Thogoto | 2 | --------------------------------------------------------------------- Papovaviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus BK e JC | 2 | D(d) --------------------------------------------------------------------- Papillomavirus dell'uomo | 2 | D(d) --------------------------------------------------------------------- Paramyxoviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus del morbillo | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Virus della parotite | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Virus della malattia di Newcastle | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus parainfluenzali tipi 1-4 | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus respiratorio sinciziale | 2 | --------------------------------------------------------------------- Parvoviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Parvovirus dell'uomo (B 19) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Picornaviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus della congiuntivite emorragica (AHC) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Coxackie | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Echo | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite A (enterovirus dell'uomo | | 72) | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Virus della poliomelite | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Rhinovirus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Poxviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Buffalopox virus (e) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Cowpox virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Elephantpox virus (f) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus del nodulo dei mungitori | 2 | --------------------------------------------------------------------- Molluscum contagiosum virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Monkeypox virus | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Orf virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Rabbitpox virus (g) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Vaccinia virus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Variola (mayor & minor) virus | 4 | V --------------------------------------------------------------------- Whitepox virus (variola virus) | 4 | V --------------------------------------------------------------------- Yatapox virus (Tana & Yaba) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Reoviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Coltivirus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Rotavirus umano | 2 | --------------------------------------------------------------------- Orbivirus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Reovirus | 2 | --------------------------------------------------------------------- Retroviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus della sindrome di immunodeficienza | | umana | 3(**) | D --------------------------------------------------------------------- (AIDS) | | --------------------------------------------------------------------- Virus di leucemie umane a cellule T (HTLV) | | tipi 1 e 2 | 3(**) | D --------------------------------------------------------------------- SIV (h) | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Rhabdoviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Virus della rabbia | 3(**) | V --------------------------------------------------------------------- Virus della stomatite vescicolosa | 2 | --------------------------------------------------------------------- Togaviridae: | | --------------------------------------------------------------------- Alfavirus: | | --------------------------------------------------------------------- Encefalomielite equina dell'America dell'est| 3 | V --------------------------------------------------------------------- Virus Bederau | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Chikungunya | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Virus Everglades | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Virus Mayaro | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus Mucambo | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Virus Ndumu | 3 | --------------------------------------------------------------------- Virus Onyong-nyong | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus del fiume Ross | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus della foresta di Semliki | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Sindbis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus Tonate | 3(**) | --------------------------------------------------------------------- Encefalomielite equina del Venezuela | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Encefalomielite equina dell'America | | dell'Ovest | 3 | V --------------------------------------------------------------------- Altri alfavirus noti | 2 | --------------------------------------------------------------------- Rubivirus (rubella) | 2 | V --------------------------------------------------------------------- Toroviridae: | 2 | --------------------------------------------------------------------- Virus non classificati: | | --------------------------------------------------------------------- Virus dell'epatite non ancora identificati | 3(**) | D --------------------------------------------------------------------- Morbillivirus equino | 4 | --------------------------------------------------------------------- Agenti non classici associati con le | | encefaliti spongiformi trasmissibili (TSE) | | (i): | | --------------------------------------------------------------------- Morbo di Creutzfeldt-Jakob | 3(**) | D(d) --------------------------------------------------------------------- Variante del morbo di Creutzfeldt-Jacob | 3(**) | D(d) --------------------------------------------------------------------- Encefalite spongiforme bovina (B SE) ed | | altre | 3(**) |D(d) TSE --------------------------------------------------------------------- degli animali a queste associato | | --------------------------------------------------------------------- Sindrome di Gerstmann-Strk1ssler-Scheinker | 3(**) | D(d) --------------------------------------------------------------------- Kuru | 3(**) | D(d)

Note
a) Tick-borne encefalitis.
b) Il virus dell'epatite D esercita il suo potere patogeno nel lavoratore soltanto in caso di infezione simultanea o secondaria rispetto a quella provocata dal virus dell'epatite B. La vaccinazione contro il virus dell'epatite B protegge pertanto i lavor
c) Soltanto per i tipi A e B.
d) Raccomandato per i lavori che comportano un contatto diretto con questi agenti.
e) Alla rubrica possono essere identificati due virus, un genere "buffalopox" e una variante dei virus "vaccina",
f) Variante dei "Cowpox"
g) Variante di "Vaccina".
h) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell'uomo provocata da altri retrovirus, di origine scimmiesca. A titolo di precauzione si raccomanda un contenimento di livello 3 per i lavori che comportano un'esposizione di tale retrovirus.
i) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell'uomo provocata dagli agenti responsabili di altre TSE negli animali. Tuttavia a titolo precauzionale, si consiglia di applicare nel laboratori il livello di contenimento 3(**) ad eccezione dei lavori relativi ad un agente identificato di "scrapie" per cui un livello di contenimento 2 e' sufficiente

PARASSITI =====================================================================
Agente biologico | Classificazione | Rilievi ===================================================================== Acanthamoeba castellani i | 2 | Ancylostoma duodenale | 2 | Angiostrongylus cantonensis | 2 | Angiostrongylus costaricensis | 2 | Ascaris lumbricoides | 2 | A Ascaris suum | 2 | A Badesia divergens | 2 | Babesia microti | 2 | Balantidium coli | 2 | Brugia malayi | 2 | Brugia pahangi | 2 | Capillaria philippinensis | 2 | Capillaria spp | 2 | Clonorchis sinensis | 2 | Clonorchis viverrini | 2 | Cryptosporidium parvum | 2 | Cryptosporidium spp | 2 | Cyclospora cayetanensis | 2 | Dipetalonema streptocerca | 2 | Diphyllob othrium latum | 2 | Dracunculus medinensis | 2 | Echinococcus granulosus | 3(**) | Echinococcus multil oculari s | 3(**) | Echinococcus vogel i | 3(**) | Entamoeba histolytica | 2 | Fascicola gigantica | 2 | Fascicola hepatica | 2 | Fascicolopsis buski | 2 | Giardia lamblia (Giardia intestinalis) | 2 | Hymenolepis diminuta | 2 | Hymenolepis nana | 2 | Leishmania brazili ensis | 3(**) | Leishmania donovani | 3(**) | Leishmania aethiopica | 2 | Leishmania mexicana | 2 | Leishmania peruviana | 2 | Leishmania tropica | 2 | Leishmania major | 2 | Leishmania spp | 2 | Loa Loa | 2 | Mansonella ozzardi | 2 | Mansonella perstans | 2 | Naegleria fowleri | 3 | Necator americanus | 2 | Onchocerca volvulus | 2 | Opisthorchis felineus | 2 | Opisthorchis spp | 2 | Paragonimus westermani | 2 | Plasmodium falciparum | 3(**) | Plasmodium spp (uomo & scimmia) | 2 | Sarcocystis suihominis | 2 | Schistosoma haematobium | 2 | Schistosoma intercalatum | 2 | Schistosoma japonicum | 2 | Schistosoma mansoni | 2 | Shistosoma mekongi | 2 | Strongyloides stercoralis | 2 | Strongyloides spp | 2 | Taenia saginata | 2 | Taenia solium | 3(**) | Toxocara canis | 2 | Toxoplasma gondii | 2 | Trichinella spiralis | 2 | Trichuris trichiura | 2i' | Trypanosoma brucei brucei | 2 | Trypanosoma brucei gambiense | 2 | Trypanosoma brucei rhodesiense | 3 (**) | Trypanosoma cruzi | 3 | Wuchereria bancrofti | 2 |

FUNGHI =====================================================================
Agente biologico |Classificazione|Rilievi ===================================================================== Aspergillus fumigatus | 2 | A --------------------------------------------------------------------- Blastomyces dermatitidis (Ajellomyces | | dermatitidis) | 3 | --------------------------------------------------------------------- Candida albicans | 2 | A --------------------------------------------------------------------- Candida tropicalis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Cladophialophora bantiana (es. Xylohypha | | bantiana, | 3 | --------------------------------------------------------------------- Cladosporium bantianum o trichoides) | | --------------------------------------------------------------------- Coccidioides immitis | 3 | A --------------------------------------------------------------------- Cryptococcus neoformans var. neoformans | 2 | A --------------------------------------------------------------------- (Filobasidiella neoformans var, neoformans) | | --------------------------------------------------------------------- Cryptococcus neoformans var. gattili | 2 | A --------------------------------------------------------------------- (Filobasidiella bacillispora) | | --------------------------------------------------------------------- Emmonsia parva var. parva | 2 | --------------------------------------------------------------------- Emmonsia parva ver. crescens | 2 | --------------------------------------------------------------------- Epidermophyton floccosum | 2 | A --------------------------------------------------------------------- Fonsecaea compacta | 2 | --------------------------------------------------------------------- Fonsecaea pedrosoi | 2 | --------------------------------------------------------------------- Histoplasma capsulatum var. capsulatum | 3 | --------------------------------------------------------------------- (Ajellomy ce s capsulatum) | | --------------------------------------------------------------------- Histoplasma capsulatum duboisii | 3 | --------------------------------------------------------------------- Madurella grisea | 2 | --------------------------------------------------------------------- Madurella mycetomatis | 2 | --------------------------------------------------------------------- Microsporum spp | 2 | A --------------------------------------------------------------------- Neotestudina rosatil | 2 | --------------------------------------------------------------------- Paracoccidioides brasiliensis | 3 | --------------------------------------------------------------------- Penicillium marneffei | 2 | A --------------------------------------------------------------------- Scedosporium apiospermum, Pseudallescheria | | boydii | 2 | --------------------------------------------------------------------- Scedosporium prolificans (inflantum) | 2 | --------------------------------------------------------------------- Sporothrix schenckii | 2 | --------------------------------------------------------------------- Trichophyton rubrum | 2 | --------------------------------------------------------------------- Trichophyton spp | 2 |

ALLEGATO XLVII Specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento

Nota preliminare: Le misure contenute in questo Allegato debbono essere applicate in base alla natura delle attivita', la valutazione del rischio per i lavoratori e la natura dell'agente biologico di cui trattasi.

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ALLEGATO XLVIII
Specifiche per processi industriali

Agenti biologici del gruppo 1 Per le attivita' con agenti biologici del gruppo 1, compresi i vaccini spenti, si osserveranno i principi di una buona sicurezza ed igiene professionali. Agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4. Puo' risultare opportuno selezionare ed abbinare specifiche di contenimento da diverse categorie tra quelle sottoindicate, in base ad una valutazione di rischio connessa con un particolare processo o parte di esso.

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----

Allegato XLIX
Ripartizione delle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive

OSSERVAZIONE PRELIMINARE. Il sistema di classificazione che segue si applica alle aree in cui vengono adottati provvedimenti di protezione in applicazione degli articoli 289, 290, 293, 294. 1. Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive. Un'area in cui puo' formarsi un'atmosfera esplosiva in quantita' tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori interessati e' considerata area esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo. Un'area in cui non e' da prevedere il formarsi di un'atmosfera esplosiva in quantita' tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione e' da considerare area non esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo. Le sostanze infiammabili e combustibili sono da considerare come sostanze che possono formare un'atmosfera esplosiva a meno che l'esame delle loro caratteristiche non abbia evidenziato che esse, in miscela con l'aria, non sono in grado di propagare autonomamente un'esplosione. 2. Classificazione delle aree a rischio di esplosione. Le aree a rischio di esplosione sono ripartite in zone in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive. Il livello dei provvedimenti da adottare in conformita' dell'allegato L, parte A, e' determinato da tale classificazione. Zona 0. Area in cui e' presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia. Zona 1. Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, e' probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attivita'. Zona 2. Area in cui durante le normali attivita' non e' probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata. Zona 20. Area in cui e' presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria. Zona 21 Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria, e' probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attivita'. Zona 22. Area in cui durante le normali attivita' non e' probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata. Note. 1. Strati, depositi o cumuli di polvere combustibile sono considerati come qualsiasi altra fonte che possa formare un'atmosfera esplosiva. 2. Per "normali attivita'" si intende la situazione in cui gli impianti sono utilizzati entro i parametri progettuali. 3. Per la classificazione delle aree si puo' fare riferimento alle norme tecniche armonizzate relative ai settori specifici, tra le quali: EN 60079-10 (CEI 31-30) per atmosfere esplosive in presenza di gas; EN 50281-3 per atmosfere esplosive in presenza di polveri combustibili.

Allegato L (articolo 293, articolo 294, comma 2, lettera d), articolo 295, commi
1 e 2)

A. PRESCRIZIONI MINIME PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PROTEZIONE DELLA
SICUREZZA E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI CHE POSSONO ESSERE ESPOSTI
AL RISCHIO DI ATMOSFERE ESPLOSIVE.

Osservazione preliminare. Le prescrizioni di cui al presente allegato si applicano:
a) alle aree classificate come pericolose in conformita' dell'allegato XLIX, in tutti i casi in cui lo richiedano le caratteristiche dei luoghi di lavoro, dei posti di lavoro, delle attrezzature o delle sostanze impiegate ovvero i pericoli derivanti dalle attivita' correlate al rischio di atmosfere esplosive;
b) ad attrezzature in aree non esposte a rischio di esplosione che sono necessarie o contribuiscono al funzionamento delle attrezzature che si trovano nelle aree a rischio di esplosione.

1. Provvedimenti organizzativi. 1.1. Formazione professionale dei lavoratori. Il datore di lavoro provvede ad una sufficiente ed adeguata formazione in materia di protezione dalle esplosioni dei lavoratori impegnati in luoghi dove possono formarsi atmosfere esplosive. 1.2. Istruzioni scritte e autorizzazione al lavoro. Ove stabilito dal documento sulla protezione contro le esplosioni:
a) il lavoro nelle aree a rischio si effettua secondo le istruzioni scritte impartite dal datore di lavoro;
b) e' applicato un sistema di autorizzazioni al lavoro per le attivita' pericolose e per le attivita' che possono diventare pericolose quando interferiscono con altre operazioni di lavoro. Le autorizzazioni al lavoro sono rilasciate prima dell'inizio dei lavori da una persona abilitata a farlo. 2. Misure di protezione contro le esplosioni. 2.1. Fughe e emissioni, intenzionali o no, di gas, vapori, nebbie o polveri combustibili che possano dar luogo a rischi di esplosioni sono opportunamente deviate o rimosse verso un luogo sicuro o, se cio' non e' realizzabile, contenuti in modo sicuro, o resi adeguatamente sicuri con altri metodi appropriati. 2.2. Qualora l'atmosfera esplosiva contenga piu' tipi di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili o combustibili, le misure di protezione devono essere programmate per il massimo pericolo possibile. 2.3. Per la prevenzione dei rischi di accensione, conformemente all'articolo 289, si tiene conto anche delle scariche elettrostatiche che provengono dai lavoratori o dall'ambiente di lavoro che agiscono come elementi portatori di carica o generatori di carica. I lavoratori sono dotati di adeguati indumenti di lavoro fabbricati con materiali che non producono scariche elettrostatiche che possano causare l'accensione di atmosfere esplosive. 2.4. Impianti, attrezzature, sistemi di protezione e tutti i loro dispositivi di collegamento sono posti in servizio soltanto se dal documento sulla protezione contro le esplosioni risulta che possono essere utilizzati senza rischio in un'atmosfera esplosiva. Cio' vale anche per attrezzature di lavoro e relativi dispositivi di collegamento che non sono apparecchi o sistemi di protezione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, qualora possano rappresentare un pericolo di accensione unicamente per il fatto di essere incorporati in un impianto. Vanno adottate le misure necessarie per evitare il rischio di confusione tra i dispositivi di collegamento. 2.5. Si devono prendere tutte le misure necessarie per garantire che le attrezzature di lavoro con i loro dispositivi di collegamento a disposizione dei lavoratori, nonche' la struttura del luogo di lavoro siano state progettate, costruite, montate, installate, tenute in efficienza e utilizzate in modo tale da ridurre al minimo i rischi di esplosione e, se questa dovesse verificarsi, si possa controllarne o ridurne al minimo la propagazione all'interno del luogo di lavoro e dell'attrezzatura. Per detti luoghi di lavoro si adottano le misure necessarie per ridurre al minimo gli effetti sanitari di una esplosione sui lavoratori. 2.6. Se del caso, i lavoratori sono avvertiti con dispositivi ottici e acustici e allontanati prima che le condizioni per un'esplosione siano raggiunte. 2.7. Ove stabilito dal documento sulla protezione contro le esplosioni, sono forniti e mantenuti in servizio sistemi di evacuazione per garantire che in caso di pericolo i lavoratori possano allontanarsi rapidamente e in modo sicuro dai luoghi pericolosi. 2.8. Anteriormente all'utilizzazione per la prima volta di luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possano formarsi atmosfere esplosive, e' verificata la sicurezza dell'intero impianto per quanto riguarda le esplosioni. Tutte le condizioni necessarie a garantire protezione contro le esplosioni sono mantenute. La verifica del mantenimento di dette condizioni e' effettuata da persone che, per la loro esperienza e formazione professionale, sono competenti nel campo della protezione contro le esplosioni. 2.9. Qualora risulti necessario dalla valutazione del rischio:
a) deve essere possibile, quando una interruzione di energia elettrica puo' dar luogo a rischi supplementari, assicurare la continuita' del funzionamento in sicurezza degli apparecchi e dei sistemi di protezione, indipendentemente dal resto dell'impianto in caso della predetta interruzione;
b) gli apparecchi e sistemi di protezione a funzionamento automatico che si discostano dalle condizioni di funzionamento previste devono poter essere disinseriti manualmente, purche' cio' non comprometta la sicurezza. Questo tipo di interventi deve essere eseguito solo da personale competente;
c) in caso di arresto di emergenza, l'energia accumulata deve essere dissipata nel modo piu' rapido e sicuro possibile o isolata in modo da non costituire piu' una fonte di pericolo. 2.10. Nel caso di impiego di esplosivi e' consentito, nella zona O o zona 20 solo l'uso di esplosivi di sicurezza antigrisutosi, dichiarati tali dal fabbricante e classificati nell'elenco di cui agli articoli 42 e 43 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320. L'accensione delle mine deve essere fatta elettricamente dall'esterno. Tutto il personale deve essere fatto uscire dal sotterraneo durante la fase di accensione delle mine. 2.11. Qualora venga rilevata in qualsiasi luogo sotterraneo una concentrazione di gas infiammabile o esplodente superiore all'I per cento in volume rispetto all'aria, con tendenza all'aumento, e non sia possibile, mediante la ventilazione o con altri mezzi idonei, evitare l'aumento della percentuale dei gas oltre il limite sopraindicato, tutto il personale deve essere fatto sollecitamente uscire dal sotterraneo. Analogo provvedimento deve essere adottato in caso di irruzione massiva di gas. 2.12. Qualora non sia possibile assicurare le condizioni di sicurezza previste dal punto precedente possono essere eseguiti in sotterraneo solo i lavori strettamente necessari per bonificare l'ambiente dal gas e quelli indispensabili e indifferibili per ripristinare la stabilita' delle armature degli scavi. Detti lavori devono essere affidati a personale esperto numericamente limitato, provvisto dei necessari mezzi di protezione, comprendenti in ogni caso l'autoprotettore, i quali non devono essere prelevati dalla dotazione prevista dall'articolo 101 del decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1956 per le squadre di salvataggio. B. CRITERI PER LA SCELTA DEGLI APPARECCHI E DEI SISTEMI DI PROTEZIONE. Qualora il documento sulla protezione contro le esplosioni basato sulla valutazione del rischio non preveda altrimenti, in tutte le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive sono impiegati apparecchi e sistemi di protezione conformi alle categorie di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126. In particolare, in tali aree sono impiegate le seguenti categorie di apparecchi, purche' adatti, a seconda dei casi, a gas, vapori o nebbie e/o polveri: - nella zona 0 o nella zona 20, apparecchi di categoria 1; - nella zona 1 o nella zona 21, apparecchi di categoria 1 o di categoria 2; - nella zona 2 o nella zona 22, apparecchi di categoria 1, 2 o 3.
Allegato LI
(articolo 293, comma 3)

----> Parte di provvedimento in formato grafico <----
 
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