Gazzetta n. 86 del 12 aprile 2006 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 marzo 2006
Scioglimento del consiglio comunale di Castellammare del Golfo e nomina della commissione straordinaria.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Considerato che nel comune di Castellammare del Golfo (Trapani), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 26 maggio 2002, sussistono forme di ingerenza della criminalita' organizzata, rilevate dai competenti organi investigativi;
Constatato che tali ingerenze espongono l'amministrazione stessa a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione degli organi ed il buon andamento della gestione del comune di Castellammare del Golfo;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della organizzazione mafiosa arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilita' degli organi istituzionali;
Ritenuto che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale, si rende necessario far luogo allo scioglimento degli organi ordinari del comune di Castellammare del Golfo, per il ripristino dei principi democratici e di liberta' collettiva;
Visto l'art. 143, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 marzo 2006, alla quale e' stato debitamente invitato il presidente della Regione Siciliana;
Decreta:
Art. 1.
Il consiglio comunale di Castellammare del Golfo (Trapani) e' sciolto per la durata di diciotto mesi.
 
Art. 2.
La gestione del comune di Castellammare del Golfo (Trapani) e' affidata alla commissione straordinaria composta da:
dott. Vito Mattera - prefetto a riposo;
dott. Santo Lapunzina - viceprefetto aggiunto;
dott. Alfio Pulvirenti - direttore amministrativo contabile.
 
Art. 3.
La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
Dato a Roma, addi' 27 marzo 2006
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 1° aprile 2006 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 3, foglio n. 299
 
Allegato
Al Presidente della Repubblica
Il comune di Castellammare del Golfo (Trapani), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 26 maggio 2002, presenta forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata che compromettono l'imparzialita' della gestione e pregiudicano il buon andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi.
A seguito delle attivita' investigative finalizzate ad un approfondito monitoraggio circa la presenza di sodalizi mafiosi nel territorio di Castellammare del Golfo, e' emersa la necessita' di svolgere mirati accertamenti volti a verificare la sussistenza di tentativi di infiltrazione o di condizionamento degli organi elettivi da parte della criminalita' organizzata e, pertanto, il prefetto di Trapani ha disposto, in data 28 giugno 2005, l'accesso presso il suddetto ente, ai sensi dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive modificazioni ed integrazioni.
Le risultanze dell'attivita' di accesso, confluite nella relazione redatta dalla commissione all'uopo incaricata, cui si rinvia integralmente, hanno evidenziato la sussistenza di obiettivi fattori di inquinamento dell'azione amministrativa dell'ente locale a causa dell'influenza della criminalita' organizzata fortemente radicata sul territorio.
L'ingerenza negli affari del comune e la strumentalizzazione delle scelte amministrative risultano favorite da una fitta rete di amicizie e frequentazioni di alcuni amministratori e dipendenti con esponenti della consorteria malavitosa, che si sono attivati nella gestione, anche indiretta, di attivita' economiche, di concessioni, autorizzazioni ed appalti dei servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti. Detta situazione e' attestata dall'esito di complesse operazioni di polizia, conclusesi in due fasi, con l'esecuzione di numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal G.I.P. di Palermo in data 13 luglio 2004 ed in data 13 gennaio 2005 nei confronti di appartenenti a cosche mafiose, imprenditori, ed alcuni amministratori e dipendenti comunali.
In particolare, gli accertamenti hanno messo in luce come la sussistenza di pregiudizievoli cointeressenze risale anche al periodo delle consultazioni elettorali del 2002, nel corso del quale un candidato al consiglio comunale avrebbe ripetutamente invocato l'appoggio di un componente della famiglia mafiosa per sensibilizzarne il sostegno al fine di indirizzare l'elettorato in favore proprio e di un altro soggetto candidato alla carica di sindaco.
Proprio per tali vicende, due soggetti, di cui uno risultato eletto in seno al consiglio, sono stati indagati per i delitti di cui all'art. 86 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, nonche' all'art. 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, in quanto, per ottenere a proprio vantaggio il voto elettorale, offrivano o comunque promettevano di offiire al congiunto di un capomafia l'assunzione presso un centro di assistenza, con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l'attivita' di «cosa nostra».
La complessita' degli intrecci tra settori strategici dell'ente e la locale consorteria malavitosa si riscontra nella vicenda in cui e' stato coinvolto un dirigente della polizia municipale, che si e' adoperato per far conseguire a due soggetti espressamente indicati da un componente della locale cosca mafiosa, di cui peraltro e' affine, l'autorizzazione amministrativa per esercitare la somministrazione di alimenti e bevande, al fine di eludere la normativa in materia di prevenzione. Il dipendente, tratto in arresto in esecuzione di una ordinanza emessa dal GIP di Palermo nel luglio 2004, ha ammesso le proprie responsabilita' patteggiando la pena.
Il pericoloso coinvolgimento di settori chiave dell'amministrazione con ambienti della criminalita' organizzata risulta ricostruito nelle ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse nel gennaio del 2005, per gravi imputazioni, quali falso per soppressione di documenti pubblici e di abuso di ufficio aggravato finalizzato ad aggirare le norme sull'abusivismo ediizio, reato aggravato dall'art. 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, giacche' commessi allo scopo di favorire una famiglia mafiosa locale.
I provvedimenti cautelari hanno riguardato, tra gli altri, il responsabile del settore abusivismo e condono del comune, un funzionario del settore amministrativo, un dirigente dell'ufficio tecnico, mentre altri amministratori e dipendenti risultano coinvolti in procedimenti penali per gravi reati anche contro la pubblica amministrazione, che rivelano atteggiamenti in palese contraddizione con il ruolo istituzionale ricoperto.
La strumentalizzazione del ruolo istituzionale in funzione degli interessi della criminalita' emerge con chiara evidenza laddove e' stato accertato che un imprenditore, appartenente ad associazione mafiosa, precostituiva condizioni di favore per l'aggiudicazione degli appalti pubblici, in virtu' dei contatti tenuti con un dipendente dell'ufficio tecnico, che in una particolare vicenda si adoperava nell'alterazione di pratiche relative ad un appalto progettando la soppressione di una offerta irregolare e la sostituzione della stessa con una nuova offerta idoneamente corretta.
Il grado di pregiudizio arrecato al regolare funzionamento dell'ente emerge anche nella vicenda che vede coinvolto l'ufficio tecnico ed in particolare il settore abusivismo e condono, relativamente alle tecniche adottate per aggirare le norme antiabusivismo e favorire la procedura di rilascio di una concessione edilizia in sanatoria su un immobile, insistente in una localita' di pregio, nella disponibilita' di un noto esponente mafioso.
La commissione rileva come, a fronte dei numerosi pregiudizi che hanno interessato diversi dipendenti del comune, alcuni, come riferito, anche destinatari di misure cautelari personali, l'amministrazione, lungi dal conformare la propria azione ai canoni fondamentali della legalita', abbia posto in essere adempimenti non adeguati alla gravita' dei reati ed al conseguente pregiudizio per l'immagine e la credibilita' dell'ente locale nei confronti della comunita'. Sintomatici di tale atteggiamento sono, da un lato, l'esigua incisivita' del provvedimento sanzionatorio - sospensione dal servizio per sette giorni - emesso nei confronti del citato dipendente che ha patteggiato la pena, nonostante la tipologia dei fatti costituenti reati, peraltro commessi con abuso delle funzioni istituzionali, dall'altro, la mancata attivazione delle azioni disciplinari nei confronti degli altri dipendenti sottoposti ai procedimenti penali instaurati.
Depongono nel senso di una gestione non assolutamente insensibile agli interessi esterni gli accertamenti svolti dalla commissione di accesso nel settore delle opere pubbliche, sul quale notoriamente convergono le attenzioni della criminalita' organizzata. Il ricorso a procedure ristrette, quali la trattativa privata ed il cottimo fiduciario, per la scelta del contraente in piu' occasioni non e' apparso sorretto da criteri di urgenza, indifferibilita' o particolare natura delle prestazioni richieste, fissati dal legislatore in ottemperanza, peraltro, alle direttive comunitarie. Detta condizione e' stata riscontrata dalla commissione in ripetute gare effettuate a trattativa privata, ove e' risultato anche carente il requisito fondamentale dell'invito, posto a garanzia del principio della concorrenza, da effettuarsi da parte della stazione appaltante ad almeno dieci ditte nel caso di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti. Per contro, l'amministrazione circoscriveva la partecipazione alle sole imprese di fiducia, esclusivamente locali, alcune delle quali presentano al proprio interno soggetti vicini agli ambienti malavitosi. Le citate anomalie attengono alle trattative per l'affidamento del servizio di manutenzione e gestione degli impianti di pubblica illuminazione e degli impianti semaforici, del servizio di manutenzione delle vie urbane, strade ed immobili di proprieta' comunale che la commissione ha esaminato, riscontrandone piuttosto la condizione di manutenzione ordinaria, la quale avrebbe richiesto l'asta pubblica, modalita' di gara piu' trasparente ed economica per la pubblica amministrazione.
Ulteriore fattore comune alle gare esaminate dalla commissione e' la carenza nei verbali di gara di ogni riferimento circa le cautele che devono essere adottate a tutela dell'integrita' delle buste contenenti le offerte, con palese pregiudizio dei principi di segretezza delle offerte e delle pari condizioni tra tutti i concorrenti.
Per quel che riguarda il ricorso ai cottimi fiduciari, gli accertamenti ispettivi mettono in luce numerose irregolarita' relative sia all'iscrizione negli elenchi delle ditte di fiducia del comune, limitata alle sole imprese aventi sede nell'ambito territoriale dell'ente, in palese difformita' delle direttive comunitarie, sia alla carenza del certificato camerale relativo al nulla osta antimafia. Condizioni che assumono valore sintomatico dei canali attraverso i quali si attua la penetrazione della criminalita' organizzata e che in quella concreta realta' contingente hanno trovato conferma nei procedimenti giudiziari soprarichiamati, che hanno coinvolto dipendenti comunali per comportamenti posti in essere al fine di influenzare l'esito dell'assegnazione dei lavori.
Relativamente al settore urbanistico e' emersa una conduzione generale, sia di governo che di gestione, non efficacemente rivolta alla cura degli interessi pubblici, ma piuttosto indirizzata allo sfruttamento del territorio, caratterizzato da centri naturalistici, storici e culturali di particolare pregio, al quale non sono estranei gli interessi delle associazioni criminali. Rileva, a tal proposito, l'approvazione del piano di lottizzazione convenzionato connesso alla realizzazione di due alberghi in localita' Scopello, con cui di fatto sono state autorizzate alla costruzione delle strutture due societa' collegate ad un esponente della famiglia mafiosa locale ed in rapporti di affari con un consigliere comunale. Sottesa a precostituire situazioni di indebito vantaggio appare anche la concessione edilizia rilasciata per la costruzione di un immobile ad uso residenziale, realizzato da una impresa collegata al citato esponente mafioso, che in effetti e' stato adibito a struttura turistica in contrasto con lo strumento urbanistico ed in atto gestita da un congiunto di un noto esponente mafioso, deceduto.
In sede ispettiva viene delineato, inoltre, un quadro di disattenzione dell'amministrazione nei confronti del diffuso fenomeno dell'abusivismo edilizio, sotto il duplice aspetto dell'attivita' repressiva e dell'attivita' di sanatoria, con effetti che a volte si sono risolti direttamente o indirettamente in favore di soggetti inseriti organicamente nella locale cosca mafiosa o alla stessa collegati.
Gli elementi emersi dalla procedura di accesso nonche' la ricostruzione operata dagli organi investigativi appaiono determinanti in ordine all'accertamento della vicinanza tra l'amministrazione e la criminalita' organizzata che ha alterato il ruolo che la legge assegna al comune di ente esponenziale della comunita' dei cittadini e configura un concreto pericolo di sviamento dell'attivita' dal perseguimento degli interessi dell'intera collettivita'.
Il delineato clima di grave condizionamento e degrado in cui versa il comune di Castellammare del Golfo, l'inosservanza del principio di legalita' nella gestione dell'ente e l'uso distorto delle pubbliche funzioni hanno compromesso le legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione dei diritti fondamentali, minando la fiducia nella legge e nelle istituzioni dei cittadini.
Pertanto, il prefetto di Trapani, con relazione del 14 febbraio 2006, che si intende integralmente richiamata, ha proposto l'applicazione della misura di rigore prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere, con urgenza, ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di inquinamento della vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunita' locale.
La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, legittimanti lo scioglimento del consiglio comunale di Castellammare del Golfo (Trapani), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
Roma, 22 marzo 2006
Il Ministro dell'interno: Pisanu
 
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