Gazzetta n. 248 del 2005-10-24
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
COMUNICATO
Comunicato relativo al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2005, recante: «Approvazione del Piano di bacino del fiume Arno, stralcio assetto idrogeologico» (PAI).

In calce al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2005 relativo all'approvazione del Piano di bacino del fiume Arno, stralcio assetto idrogeologico, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 230 del 3 ottobre 2005, si intende riportato il seguente allegato.
Allegato
NORME DI ATTUAZIONE DEL PAI E ALLEGATI
Titolo I
PIANO DI BACINO DEL FIUME ARNO, STRALCIO
«ASSETTO IDROGEOLOGICO»
Art. 1.
Finalita' generali del Piano
Il Piano di bacino del fiume Arno, stralcio «Assetto idrogeologico», di seguito denominato PAI, e' redatto, adottato e approvato, ai sensi dell'art. 17, comma 6-ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183, quale piano stralcio del Piano di bacino.
Esso ha valore di piano territoriale di settore ed e' lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo.
Il PAI, attraverso le proprie disposizioni persegue, nel rispetto del patrimonio ambientale, l'obiettivo generale di garantire livelli di sicurezza adeguati rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e geomorfologico in atto o potenziali.
Piu' in particolare, il PAI, nel rispetto delle finalita' generali indicate all'art. 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183, per il Piano di bacino, si pone i seguenti obiettivi:
la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione, di bonifica, di consolidamento e messa in sicurezza;
la difesa ed il consolidamento dei versanti e delle aree instabili nonche' la difesa degli abitati e delle infrastrutture da fenomeni franosi e altri fenomeni di dissesto;
la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua;
la moderazione delle piene mediante interventi anche di carattere strutturale, tra i quali serbatoi d'invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
il supporto all'attivita' di prevenzione svolta dagli enti operanti sul territorio.
Art. 2.
Definizioni
Ai fini del PAI si intende per:
aree inondabili: porzioni di territorio soggette ad essere allagate in seguito ad un evento di piena. Possono essere caratterizzate da una probabilita' di inondazione in funzione del tempo di ritorno considerato;
base cartografica a livello di sintesi: alla scala 1:25.000 su base cartografica IGM assemblata dalle regioni nel 1978;
base cartografica a livello di dettaglio: alla scala 1:10.000 su base cartografica CTR.
battente h: altezza d'acqua rispetto al piano di campagna, misurata in condizioni statiche a seguito di un evento alluvionale;
danno D: e' il prodotto dell'entita' del bene per la sua vulnerabilita';
elementi a rischio: sono rappresentati dai beni quali la vita umana, il patrimonio immobiliare, culturale e ambientale, le attivita' economiche e le infrastrutture, presenti in un'area vulnerabile;
entita' E: indica il valore economico del bene;
frana: movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante;
frana attiva: frana con evidenze morfologiche di movimento o instabilita' in atto;
frana quiescente: frana inattiva priva di evidenze morfologiche di movimento o instabilita' in atto, per la quale esistono indizi morfologici di potenziale instabilita' e conseguente riattivazione;
frana stabilizzata: frana inattiva priva di evidenze morfologiche di movimento o instabilita' in atto, per la quale non vi sono indizi morfologici di potenziale instabilita' o possibile riattivazione;
interventi di messa in sicurezza: azioni strutturali e non strutturali tese alla diminuzione del rischio a livelli socialmente accettabili, attraverso interventi sulla pericolosita' o sulla vulnerabilita' del bene esposto;
pericolosita' P t: e' la probabilita' di accadimento di un predefinito evento calamitoso nell'intervallo temporale t;
rischio R: e' il valore atteso delle perdite umane, dei feriti, dei danni alla proprieta' e delle perturbazioni alle attivita' economiche dovuti ad un particolare fenomeno naturale. Ai fini applicativi e' possibile approssimare il valore di R attraverso la formula, nota come equazione del rischio R=EVP t;
sicurezza idraulica: condizione associata alla pericolosita' idraulica per fenomeni di insufficienza del reticolo di drenaggio e generalmente legata alla non inondabilita' per eventi di assegnata frequenza. Agli effetti del PAI si intendono in sicurezza idraulica le aree non inondate per eventi con tempo di ritorno fino a duecento anni;
suscettibilita' geomorfologica: propensione al dissesto franoso di un'area, risultante dalla presenza di fattori predisponenti legati essenzialmente alle condizioni geologiche, geotecniche e di copertura del suolo;
tempo di ritorno T R: una volta assegnato un valore ad una variabile aleatoria, ad esempio la portata di piena in una sezione, viene ad essa associata la probabilita' p con cui tale valore puo' essere superato. Il tempo di ritorno T R e' il valore atteso del periodo di tempo che intercorre fra due superamenti successivi del valore della variabile aleatoria;
vulnerabilita' V: denota l'attitudine di un elemento a rischio a subire danni per effetto di un evento calamitoso. La vulnerabilita' si esprime mediante un coefficiente compreso tra 0 (assenza di danno) e 1 (perdita totale). E' funzione dell'intensita' del fenomeno e della tipologia di elemento a rischio.
Art. 3.
Ambito di applicazione
Il PAI trova applicazione nelle regioni, province e comuni individuati nell'allegato 1, il cui territorio fa parte del bacino idrografico del fiume Arno cosi' come delimitato con decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999.
Art. 4.
Contenuti ed elaborati del PAI
Il PAI e' costituito dai seguenti elaborati:
1) relazione generale;
2) norme di attuazione e loro allegati;
3) elaborati cartografici.
Gli allegati alla norme di attuazione sono costituiti da:
allegato 1 «Elenco dei comuni, delle province e delle regioni ricadenti nel bacino del fiume Arno»;
allegato 2 «indicazioni per l'adeguamento degli strumenti urbanistici al PAI e criteri per la redazione di proposte di integrazioni e modifiche».
La cartografia di riferimento e' composta da:
«Perimetrazione delle aree con pericolosita' idraulica - Livello di sintesi in scala 1:25.000»;
«Perimetrazione delle aree con pericolosita' idraulica - Livello di dettaglio in scala 1:10.000»;
«Carta degli elementi a rischio - Aree con pericolosita' idraulica a livello di dettaglio in scala 1:10.000»;
«Perimetrazione delle aree con pericolosita' da fenomeni geomorfologici di versante - Livello di sintesi in scala 1:25.000»;
«Perimetrazione delle aree con pericolosita' da frana derivate dall'inventario dei fenomeni franosi - Livello di dettaglio in scala 1:10.000»;
«Carta degli elementi a rischio - Aree con pericolosita' da frana in scala 1:10.000».
Titolo II
AREE A PERICOLOSITA' IDROGEOLOGICA
Capo I
Pericolosita' idraulica
Art. 5.
Elaborati del PAI
In relazione alle condizioni idrauliche e idrogeologiche, alla tutela dell'ambiente ed alla prevenzione di presumibili effetti dannosi prodotti da interventi antropici, cosi' come risultanti dallo stato delle conoscenze, sono soggette alle norme del presente capo le aree individuate nelle cartografie di seguito specificate:
a) «Perimetrazione delle aree con pericolosita' idraulica - Livello di sintesi in scala 1:25.000».
Nella cartografia la pericolosita' e' cosi' graduata:
pericolosita' idraulica molto elevata (P.I.4), cosi' come definita nel Piano Straordinario approvato con delibera del Comitato istituzionale n. 137/1999;
pericolosita' idraulica elevata (P.I.3), corrispondente alla classe B.I. cosi' come definita nel Piano straordinario di cui sopra;
pericolosita' idraulica media (P.I.2) relativa alle aree inondate durante l'evento del 1966 come da «Carta guida delle aree inondate» di cui al Piano di bacino, stralcio relativo alla riduzione del «Rischio idraulico»;
pericolosita' idraulica moderata (P.I.l): rappresentata dall'inviluppo delle alluvioni storiche sulla base di criteri geologici e morfologici.
b) «Perimetrazione delle aree a pericolosita' idraulica - Livello di dettaglio in scala 1: 10.000». Nella cartografia la pericolosita' e' cosi' graduata:
pericolosita' idraulica molto elevata (P.I.4) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno TR minore o uguale a 30 anni e con battente h maggiore o uguale a 30 cm;
pericolosita' idraulica elevata (P.I.3) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno TR minore o uguale a 30 anni con battente h < 30 cm e aree inondabili da un evento con tempo di ritorno 30 < TR minore o uguale a 100 anni e con battente h maggiore o uguale a 30 cm;
pericolosita' idraulica media (P.I.2) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno 30 < TR minore o uguale a 100 anni e con battente h < 30 cm e aree inondabili da eventi con tempo di ritorno 100 < TR minore o uguale a 200 anni;
pericolosita' idraulica moderata (P.I.1) comprendente aree inondabili da eventi con tempo di ritorno 200 < TR minore o uguale a
500 anni.
Art. 6.
Aree a pericolosita' idraulica molto elevata (P.I.4)
Nelle aree P.I.4, per le finalita' di cui al presente PAI, sono consentiti:
a) interventi di sistemazione idraulica approvati dall'autorita' idraulica competente, previo parere favorevole dell'Autorita' di bacino sulla compatibilita' degli interventi stessi con il PAI;
b) interventi di adeguamento e ristrutturazione della viabilita' e della rete dei servizi pubblici e privati esistenti, purche' siano realizzati in condizioni di sicurezza idraulica in relazione alla natura dell'intervento e al contesto territoriale;
c) interventi necessari per la manutenzione di opere pubbliche o di interesse pubblico;
d) interventi di ampliamento e di ristrutturazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi essenziali, nonche' la realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali e non delocalizzabili, purche' siano realizzati in condizioni di sicurezza idraulica in relazione alla natura dell'intervento e al contesto territoriale, non concorrano ad incrementare il carico urbanistico, non precludano la possibilita' di attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio e risultino coerenti con gli interventi di protezione civile. Per tali interventi e' necessario acquisire il preventivo parere favorevole dell'Autorita' di bacino;
e) interventi sugli edifici esistenti, finalizzati a ridurne la vulnerabilita' e a migliorare la tutela della pubblica incolumita';
f) interventi di demolizione senza ricostruzione, interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, cosi' come definiti alle lettere a), b) e c) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia;
g) adeguamenti necessari alla messa a norma delle strutture, degli edifici e degli impianti relativamente a quanto previsto in materia igienico - sanitaria, sismica, di sicurezza ed igiene sul lavoro, di superamento delle barriere architettoniche nonche' gli interventi di riparazione di edifici danneggiati da eventi bellici e sismici;
h) ampliamenti volumetrici degli edifici esistenti esclusivamente finalizzati alla realizzazione di servizi igienici o ad adeguamenti igienico-sanitari, volumi tecnici, autorimesse pertinenziali, rialzamento del sottotetto al fine di renderlo abitabile o funzionale per gli edifici produttivi senza che si costituiscano nuove unita' immobiliari, nonche' manufatti che non siano qualificabili quali volumi edilizi, a condizione che non aumentino il livello di pericolosita' nelle aree adiacenti;
i) interventi di ristrutturazione edilizia, cosi' come definiti alla lettera d) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia, che non comportino aumento della superficie coperta. Qualora gli interventi comportino aumento di carico urbanistico, gli stessi sono ammessi, purche' realizzati in condizioni di sicurezza idraulica. La verifica dell'esistenza di tali condizioni dovra' essere accertata dall'autorita' preposta al rilascio del provvedimento autorizzativo;
j) realizzazione, a condizione che non aumentino il livello di pericolosita', di recinzioni, pertinenze, manufatti precari, interventi di sistemazione ambientale senza la creazione di volumetrie e/o superfici impermeabili, annessi agricoli purche' indispensabili alla conduzione del fondo e con destinazione agricola vincolata;
k) nuovi interventi e interventi di ristrutturazione urbanistica, a condizione che venga garantita la preventiva o contestuale realizzazione delle opere di messa in sicurezza idraulica per eventi con tempo di ritorno di 200 anni, sulla base di studi idrologici ed idraulici, previo parere favorevole dell'autorita' idraulica competente e dell'Autorita' di bacino sulla coerenza degli interventi di messa in sicurezza anche per cio' che concerne le aree adiacenti. In caso di contestualita', nei provvedimenti autorizzativi ovvero in atti unilaterali d'obbligo, ovvero in appositi accordi laddove le amministrazioni competenti lo ritengano necessario, dovranno essere indicate le prescrizioni necessarie (procedure di adempimento, tempi, modalita', ecc.) per la realizzazione degli interventi nonche' le condizioni che possano pregiudicare l'abitabilita' o l'agibilita'. Nelle more del completamento delle opere di mitigazione, dovra' essere comunque garantito il non aggravio della pericolosita' in altre aree.
Art. 7.
Aree a pericolosita' idraulica elevata (P.I.3)
Nelle aree P.I.3 sono consentiti i seguenti interventi:
a) interventi di sistemazione idraulica approvati dall'autorita' idraulica competente, previo parere favorevole dell'Autorita' di bacino sulla compatibilita' degli interventi stessi con il PAI;
b) interventi di adeguamento e ristrutturazione della viabilita' e della rete dei servizi pubblici e privati esistenti, purche' siano realizzati in condizioni di sicurezza idraulica in relazione alla natura dell'intervento e al contesto territoriale;
c) interventi necessari per la manutenzione di opere pubbliche o di interesse pubblico;
d) interventi di ampliamento e di ristrutturazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi essenziali, nonche' la realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali, purche' siano realizzati in condizioni di sicurezza idraulica in relazione alla natura dell'intervento e al contesto territoriale, non concorrano ad incrementare il carico urbanistico, non precludano la possibilita' di attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio e risultino coerenti con gli interventi di protezione civile. Per tali interventi e' necessario acquisire il preventivo parere favorevole dell'Autorita' di bacino;
e) interventi sugli edifici esistenti, finalizzati a ridurne la vulnerabilita' e a migliorare la tutela della pubblica incolumita';
f) interventi di demolizione senza ricostruzione, interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, cosi' come definiti alle lettere a), b) e c) dell'art. 3 dei decreto del Presidente della Repubblica n. 380/200l e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia;
g) adeguamenti necessari alla messa a norma delle strutture, degli edifici e degli impianti relativamente a quanto previsto in materia igienico-sanitaria, sismica, di sicurezza ed igiene sul lavoro, di superamento delle barriere architettoniche nonche' gli interventi di riparazione di edifici danneggiati da eventi bellici e sismici;
h) realizzazione di recinzioni, pertinenze, manufatti precari, interventi di sistemazione ambientale senza la creazione di volumetrie e/o superfici impermeabili, annessi agricoli purche' indispensabili alla conduzione del fondo e con destinazione agricola vincolata;
i) ampliamenti volumetrici degli edifici esistenti esclusivamente finalizzati alla realizzazione di servizi igienici o ad adeguamenti igienico-sanitari, volumi tecnici, autorimesse pertinenziali, rialzamento del sottotetto al fine di renderlo abitabile o funzionale per gli edifici produttivi senza che si costituiscano nuove unita' immobiliari, nonche' manufatti che non siano qualificabili quali volumi edilizi, a condizione che non aumentino il livello di pericolosita' nelle aree adiacenti;
j) interventi di ristrutturazione edilizia, cosi' come definiti alla lettera d) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia, a condizione che non aumentino il livello di pericolosita' nelle aree adiacenti;
k) interventi di ristrutturazione urbanistica, cosi' come definite alla lettera f) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia che non comportino aumento di superficie o di volume complessivo, fatta eccezione per i volumi ricostruiti a seguito di eventi bellici e sismici, purche' realizzati nel rispetto della sicurezza idraulica senza aumento di pericolosita' per le aree adiacenti;
l) interventi nelle zone territoriali classificate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto interministeriale n. 1444 del 1968, come zone A, B, D, limitatamente a quelli che non necessitano di piano attuativo, e F, destinate a parco, purche' realizzati nel rispetto della sicurezza idraulica, risultante da idonei studi idrologici e idraulici e a condizione che non aumentino il livello di pericolosita';
m) le ulteriori tipologie di intervento comprese quelle che necessitano di piano attuativo, a condizione che venga garantita la preventiva o contestuale realizzazione delle opere di messa in sicurezza idraulica per eventi con tempo di ritorno di 200 anni, sulla base di studi idrologici ed idraulici, previo parere favorevole dell'autorita' idraulica competente e dell'Autorita' di bacino sulla coerenza degli interventi di messa in sicurezza anche per cio' che concerne le aree adiacenti.
Art. 8.
Aree a pericolosita' idraulica media e moderata
(P12 e P.I.1,) e aree di ristagno
Nelle aree P.I.2 e P.I.1 e nelle aree di ristagno sono consentiti gli interventi previsti dagli strumenti di governo del territorio.
Nelle aree P.I.2 e P.I.1 e nelle aree di ristagno il PAI, nel rispetto delle condizioni fissate dagli strumenti di governo del territorio, persegue l'obiettivo di integrare il livello di sicurezza alle popolazioni mediante la predisposizione prioritaria da parte degli enti competenti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 di programmi di previsione e prevenzione.
Capo II
Pericolosita' da processi geomorfologici
di versante e da frana
Art. 9.
Elaborati del PAI
In relazione alle specifiche condizioni geomorfologiche e idrogeologiche, alla tutela dell'ambiente e alla prevenzione contro possibili effetti dannosi di interventi antropici, sono soggetti alle norme del presente capo le aree individuate nelle cartografie di seguito specificate:
a) «Perimetrazione delle aree con pericolosita' da fenomeni geomorfologici di versante - Livello di sintesi in scala 1:25.000».
Nella cartografia la pericolosita' e' cosi' graduata:
pericolosita' elevata da processi geomorfologici di versante (P.F.3): aree interessate da fenomeni di dissesto attivi o quiescenti e da condizioni geomorfologiche marcatamente sfavorevoli;
pericolosita' media da processi geomorfologici di versante (P.F.2): aree apparentemente stabili, interessate da litologie con caratteri intrinsecamente sfavorevoli alla stabilita' dei versanti;
pericolosita' moderata da processi geomorfologici di versante (P.F.l): aree apparentemente stabili ed interessate da litologie con caratteri favorevoli alla stabilita' dei versanti che, talora, possono essere causa di rischio reale o potenziale moderato.
Le aree a pericolosita' molto elevata (P.F.4) sono individuate nella cartografia a livello di in scala 1:10.000;
b) «Perimetrazione delle aree con pericolosita' da frana derivante dall'inventario dei fenomeni franosi - Livello di dettaglio in scala 1:10.000».
Nella cartografia la pericolosita' e' cosi' graduata:
pericolosita' molto elevata da frana (P.F.4): pericolosita' indotta da fenomeni franosi attivi che siano anche causa di rischio molto elevato;
pericolosita' elevata da frana (P.F.3): pericolosita' indotta da fenomeni franosi attivi o da fenomeni franosi inattivi che presentano segni di potenziale instabilita' (frane quiescenti) causa potenziale di rischio elevato;
pericolosita' media da frana (P.F.2): pericolosita' indotta da fenomeni franosi inattivi stabilizzati (naturalmente o artificialmente) causa di rischio medio.
Art. 10.
Aree a pericolosita' molto elevata da processi
geomorfologici di versante e da frana
Nelle aree P.F.4, per le finalita' di cui al presente PAI, sono consentiti, purche' nel rispetto del buon regime delle acque:
a) interventi di consolidamento, sistemazione e mitigazione dei fenomeni franosi, nonche' quelli atti a indagare e monitorare i processi geomorfologici che determinano le condizioni di pericolosita' molto elevata, previo parere favorevole dell'Autorita' di bacino sulla conformita' degli interventi con gli indirizzi dalla stessa fissati;
b) interventi necessari per la manutenzione di opere pubbliche o di interesse pubblico;
c) interventi di ristrutturazione delle opere e infrastrutture pubbliche nonche' della viabilita' e della rete dei servizi privati esistenti non delocalizzabili, purche' siano realizzati senza aggravare le condizioni di instabilita' e non compromettano la possibilita' di realizzare il consolidamento dell'area e la manutenzione delle opere di consolidamento;
d) interventi di demolizione senza ricostruzione, di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro, di risanamento conservativo, cosi' come definiti alle lettere a), b) e c) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia;
e) adeguamenti necessari alla messa a norma delle strutture, degli edifici e degli impianti relativamente a quanto previsto dalle norme in materia igienico-sanitaria, sismica, di sicurezza ed igiene sul lavoro, di superamento delle barriere architettoniche;
f) interventi di ristrutturazione edilizia, cosi' come definiti alla lettera d) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni e nelle leggi regionali vigenti in materia, che non comportino aumento di superficie o di volume ne' aumento del carico urbanistico, purche' siano realizzati senza aggravare le condizioni di instabilita' e non compromettano la possibilita' di realizzare il consolidamento del movimento franoso e la manutenzione delle opere di consolidamento;
g) interventi sugli edifici esistenti, finalizzati a ridurre la vulnerabilita', a migliorare la tutela della pubblica incolumita', che non comportino aumenti di superficie, di volume e di carico urbanistico.
h) nuovi interventi relativi a opere pubbliche o di interesse pubblico, non diversamente localizzabili, a condizione che siano preventivamente realizzate le opere funzionali al consolidamento e alla bonifica del movimento franoso previo parere favorevole dell'Autorita' di bacino sulla conformita' ditali interventi con gli indirizzi dalla stessa fissati.
Art. 11.
Aree a pericolosita' elevata da processi
geomorfologici di versante e da frana
Nelle aree P.F.3 sono consentiti, oltre agli interventi di cui all'articolo precedente e con le modalita' ivi previste, gli ampliamenti volumetrici degli edifici esistenti esclusivamente finalizzati alla realizzazione di servizi igienici, volumi tecnici, autorimesse pertinenziali, rialzamento del sottotetto al fine di renderlo abitabile senza che si costituiscano nuove unita' immobiliari, nonche' manufatti che non siano qualificabili quali volumi edilizi, purche' corredati da un adeguato studio geotecnico da cui risulti la compatibilita' con le condizioni di pericolosita' che gravano sull'area.
I nuovi interventi, gli interventi di ristrutturazione urbanistica nonche' gli interventi di ristrutturazione edilizia diversi da quelli di cui all'art. 10 sono consentiti a condizione che siano preventivamente realizzate le opere di consolidamento e di messa in sicurezza, con superamento delle condizioni di instabilita', relative al sito interessato dal nuovo intervento, previo parere favorevole dell'Autorita' di bacino sulla compatibilita' di tali opere rispetto alle previsioni generali di sistemazione dell'area. Nel caso di frane quiescenti, qualora le opere di consolidamento e messa in sicurezza siano elemento strutturale sostanziale della nuova edificazione, e' ammessa la contestualita'.
Art. 12.
Aree a pericolosita' media e moderata da processi
geomorfologici di versante e da frana
Nelle aree P.F. 2 e' consentita ogni tipologia di intervento prevista dagli strumenti di governo del territorio purche' l'intervento garantisca la sicurezza, non determini condizioni di instabilita' e non modifichi negativamente le condizioni ed i processi geomorfologici nell'area e nella zona potenzialmente interessata dall'opera e dalle sue pertinenze.
Nelle aree P.F.2 e P.F.l si persegue l'obiettivo di integrare il livello di sicurezza alle popolazioni, mediante la predisposizione prioritaria da parte degli enti competenti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 di programmi di previsione e prevenzione.
Art. 13.
Riordino del vincolo idrogeologico
Le regioni e le province, ai sensi della lettera p) dell'art. 3 della legge n. 183/1989, in sede di riordino del vincolo idrogeologico, recepiscono, anche attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, per le finalita' di assetto geomorfologico e di assetto idraulico del presente Piano, gli elaborati tecnici di seguito elencati:
1) perimetrazione delle aree con pericolosita' da fenomeni geomorfologici di versante in scala 1:25.000;
2) perimetrazione delle aree con pericolosita' da frana derivate dall'inventario dei fenomeni franosi in scala 1:10.000.
Art. 14.
Boschi in situazioni speciali
I boschi ricadenti nelle aree del territorio toscano individuate dal presente PAI a pericolosita' molto elevata da processi geomorfologici (P.F.4) sono da considerarsi ricompresi nella tipologia di cui all'art. 52, comma 1, lettera a) della legge regionale Toscana n. 39/2000 e sono, pertanto, soggetti alle particolari norme di tutela di cui al comma 2 dello stesso art. 52.
I boschi ricadenti nelle aree del territorio umbro individuate dal presente PAI a pericolosita' elevata da processi geomorfologici (P.F.4) sono da considerarsi ricompresi nella tipologia di cui all'art. 7, comma 1 del Regolamento regione Umbria 8 giugno 1981, n. 1 e sono, pertanto, soggetti alle norme di cui ai successivi commi dello stesso articolo.
Capo III
Disposizioni generali
Art. 15.
Piani di protezione civile
Nei programmi di previsione e prevenzione e nei piani di emergenza per la difesa delle popolazioni e del loro territorio ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, si dovra' tener conto delle aree considerate nel presente Titolo.
Art. 16.
Misure di tutela per le aree vulnerabili alla desertificazione
Ai sensi dei commi 2 e 3 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 152/1999 l'Autorita' di bacino, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del PAI, definisce le aree vulnerabili alla desertificazione del proprio territorio e il loro livello di vulnerabilita', proponendo specifiche misure di tutela da approvare in sede di prima verifica ed aggiornamento di cui al successivo art. 32.
Art. 17.
Aree di interesse archeologico, storico,
artistico e paesaggistico
Per le aree di interesse archeologico, storico, artistico e paesaggistico ricadenti nel territorio del bacino del fiume Arno, le norme dettate dal PAI devono essere coordinate con la disciplina contenuta nel decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42 recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio» e con gli strumenti di governo del territorio.
Le autorita' competenti provvedono a censire i beni culturali ed ambientali presenti nelle aree a pericolosita' e rischio idrogeologico, individuandone l'esatta localizzazione spaziale ed evidenziando i sistemi di relazione dei singoli beni culturali con il contesto territoriale. Provvedono, altresi', a promuovere un'efficace azione di salvaguardia, potendo prevedere l'acquisizione di aree e/o immobili contermini al bene necessari alla sua messa in sicurezza.
Art. 18. Compatibilita' delle attivita' estrattive nelle aree a pericolosita'
idraulica molto elevata ed elevata e nelle aree a pericolosita' da
processi geomorfologici a versante.
Nelle aree a pericolosita' idraulica e geomorfologica l'attivita' estrattiva e' consentita, nel rispetto di quanto previsto dai Piani regionali per le attivita' estrattive vigenti e dal Piano di bacino, stralcio relativo alle «Attivita' estrattive (Fabbisogno materiali litoidi e cave,)», a condizione che non aumenti la pericolosita' delle aree interessate.
Fermo quanto stabilito dal Piano di bacino, stralcio relativo alle «Attivita' estrattive (Fabbisogno materiali litoidi e cave)», nelle aree P.I.4, P.I.3, P.F.4, P.F.3 e P.F.2 l'Autorita' di bacino esprime un parere sulla compatibilita' dell'attivita' estrattiva con gli interventi di messa in sicurezza previsti dai PAI.
Art. 19.
Concorso di livelli di pericolosita'
I manufatti lambiti e/o attraversati dai limite di aree a differente livello di pericolosita' sono ricompresi nell'area interessata dalle prescrizioni piu' restrittive.
Titolo III
PROGRAMMAZIONE E ATTUAZIONE
DELLE AZIONI DEL PAI
Art. 20.
Finalita' delle azioni
Le azioni del PAI hanno l'obiettivo di promuovere la manutenzione del territorio e le opere di difesa, quali elementi essenziali per assicurare il progressivo miglioramento delle condizioni di sicurezza e della qualita' ambientale. Cio' avviene attraverso:
interventi strutturali volti a garantire la riduzione di pericolosita' del territorio;
interventi non strutturali, volti a garantire adeguati sistemi di gestione degli eventi anche nelle more della realizzazione delle opere strutturali;
interventi di manutenzione, vigilanza e controllo, ai fine di garantire l'efficienza e l'efficacia del sistema fisico esistente;
gli strumenti di governo del territorio, al fine di garantire l'attuazione delle strategie di risanamento e prevenzione.
In particolare costituiscono finalita' primarie quelle inerenti a:
mantenere il reticolo idrografico in buono stato idraulico ed ambientale, ivi compreso il trattenimento idrico ai fini della ottimizzazione del deflusso superficiale e dell'andamento dei tempi di corrivazione;
garantire buone condizioni di assetto idrogeologico del territorio, ivi compresa la protezione del suolo da fenomeni di erosione accelerata e instabilita';
garantire la piena funzionalita' delle opere di difesa finalizzate alla sicurezza idraulica e geomorfologica;
privilegiare condizioni di uso del suolo, che favoriscano il miglioramento della stabilita' dei versanti e delle condizioni di assetto idrogeologico;
favorire il perseguimento della sicurezza idrogeologica anche attraverso l'incentivazione delle rilocalizzazioni ai sensi dell'art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 180/1998;
favorire l'informazione e la comunicazione alla popolazione in modo da renderla consapevole sui contenuti del PAI con particolare riguardo alle condizioni d'uso delle aree a pericolosita' molto elevata e alla gestione del rischio residuo.
Fermo restando quanto previsto alle norme 13 e 14 del Piano di bacino, stralcio relativo alla riduzione del rischio idraulico, le azioni di cui al presente articolo, oltre a perseguire la mitigazione della pericolosita' idrogeologica del territorio, devono essere informate ai seguenti criteri:
protezione e recupero dei biotopi locali e delle specie rare ed endemiche, attraverso le opportune valutazioni in sede progettuale e ponendo in opera adeguate precauzioni durante la fase di cantiere;
diversita' morfologica atta a preservare una biocenosi il piu' possibile ricca e diversificata, nella valutazione complessiva che l'eterogeneita' morfologica dell'habitat costituisce il valore essenziale ai fini della biodiversita';
conservazione e, ovunque possibile, miglioramento delle condizioni di naturalita' dei corsi d'acqua, previa analisi dei rapporti funzionali tra l'ecosistema ripario e quello terrestre, interventi di riqualificazione ambientale e di conservazione e messa a dimora di specie compatibili con la buona officiosita', la sicurezza e la manutenzione dell'alveo;
conservazione e, ovunque possibile, miglioramento delle condizioni di naturalita' dei versanti;
conservazione e creazione di corridoi biologici atti a garantire il libero movimento degli organismi ed evitare l'isolamento e la conseguente estinzione di popolazioni animali;
naturalita' e compatibilita' ambientale delle strutture e delle opere, atta a mitigare l'impiego di elementi strutturali, anche non visibili, che perturbino sensibilmente la naturalita' e il valore storico-architettonico dei siti;
conservazione e sviluppo dei processi autodepurativi. attraverso la realizzazione di interventi di differenziazione degli alvei tali da incrementare la diversita' idrobiologica, di «ecosistemi filtro» e sistemi di fitodepurazione nelle aree di golena e di fondovalle, conservazione e messa a dimora, ove opportuno e possibile, di adeguate piante con capacita' fitodepurativa, specie lungo le fasce riparie.
Art. 21.
Obiettivi di sicurezza idraulica
Gli obiettivi di sicurezza idraulica delle azioni del PAI sono definiti in termini di tempi di ritorno cosi' come riportati all'art. 2.
Costituisce obiettivo primario la riduzione della pericolosita' nelle aree P.I.4, cosi' come individuate nel precedente art. 5, con particolare riferimento al tessuto insediativo esistente.
Le azioni del PAI perseguono altresi' l'obiettivo della riduzione della pericolosita' nelle aree P.I.3, cosi' come individuate nel precedente art. 5, sempreche' cio' concorra al raggiungimento dell'obiettivo primario.
Nelle aree P.I.2 e P.I.1, cosi' come individuate nel precedente art. 5, e nelle aree di ristagno le azioni del PAI concorrono al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza contenuti negli strumenti di governo del territorio definiti a livello regionale, provinciale e comunale, sempreche' cio' concorra al raggiungimento dell'obiettivo primario.
Art. 22
Obiettivi di sicurezza geomorfologica
Gli obiettivi di sicurezza geomorfologica delle azioni del PAI sono definiti in termini di pericolosita' dei fenomeni franosi rispetto al tessuto insediativo esistente.
Costituisce obiettivo primario il raggiungimento, nelle aree P.F.4 e P.F.3, cosi' come individuate nel precedente art. 9, di condizioni di stabilita' tese a preservare le porzioni dell'area in frana interessate dal tessuto insediativo esistente, a condizione che non vengano aggravate le condizioni di stabilita' delle aree contermini e non venga compromessa la possibilita' di realizzare il consolidamento dell'intera porzione in frana.
Le azioni del PAI perseguono altresi' l'obiettivo del raggiungimento delle condizioni di stabilita' delle aree P.F.4 e P.F.3, qualora cio' concorra al raggiungimento di maggiori condizioni di sicurezza idrogeologica del territorio contermine interessato da tessuto insediativo.
Nelle aree P.F.2 e P.F.1, cosi' come individuate nel precedente art. 9, le azioni del PAI sono dirette a non aggravare le condizioni esistenti.
Art. 23.
Programma degli interventi di messa in sicurezza idraulica
Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di cui al precedente art. 21 sono definiti nel Piano di bacino, stralcio relativo alla riduzione del rischio idraulico e s.m.i. e vengono riportati in allegato alla Relazione generale del PAI.
Ai sensi dell'art. 21 sopra richiamato, la programmazione triennale degli interventi di cui all'art. 21 della legge n. 183/1989, e' predisposta sulla base della riduzione della pericolosita' idraulica del tessuto insediativo ricompreso nei seguenti ambiti territoriali:
Casentino, Pianura aretina e Val di Chiana umbro-toscana;
Mugello e Val di Sieve;
Valdarno superiore, Area fiorentina e Chianti;
comprensorio dell'Ombrone pistoiese, del Bisenzio e dell'area metropolitana;
area empolese Valdelsa e Valdarno Inferiore;
Pianura lucchese e Padule di Bientina;
basso Valdarno e area pisana.
La definizione delle priorita' ai fini della predisposizione dei programmi di intervento puo' prescindere, a seguito di adeguata valutazione di efficacia degli interventi, dalla scala di pericolosita' delle aree interessate dalle azioni.
Il programma triennale degli interventi e' adottato, ai sensi dell'art. 21 della legge n. 183/1989, dal Comitato istituzionale su proposta del Segretario generale.
Nell'ambito di eventuali procedure, che implichino decisioni istituzionali e risorse fmanziarie, l'Autorita' di bacino puo' assumere il compito di promuovere accordi di programma e altre forme di programmazione negoziata, che prevedano il coinvolgimento di piu' soggetti pubblici e privati, per l'attuazione degli interventi negli ambiti territoriali sopra individuati.
Art. 24.
Programma degli interventi di messa in sicurezza geomorfologica
Gli interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 22 sono riportati in allegato alla Relazione generale del PAI.
Ai sensi dell'art. 22 sopra richiamato, la programmazione triennale di cui all'art. 21 della legge n. 183/1989, contiene l'elenco degli interventi prioritari per garantire un adeguato livello di sicurezza.
La programmazione triennale puo' comprendere, sulla base delle risultanze dell'aggiornamento del quadro conoscitivo, interventi non riportati nell'allegato di cui ai primo comma.
La definizione delle priorita' ai fini della predisposizione dei programmi di intervento puo' prescindere, a seguito di adeguata valutazione di efficacia degli interventi, dalla scala di pericolosita' delle aree interessate dalle azioni.
Il programma triennale degli interventi e' adottato, ai sensi dell'art. 21 della legge n. 183/1989, dal Comitato istituzionale su proposta del segretario generale.
Nell'ambito di eventuali procedure, che implichino decisioni istituzionali e risorse finanziarie e che coinvolgano piu' soggetti pubblici e privati, l'Autorita' di bacino puo' assumere il compito di promuovere accordi di programma e altre forme di programmazione negoziata.
Art. 25.
Indirizzi per la salvaguardia e la gestione delle aree
soggette a pericolosita' geomorfologica
L'Autorita' di bacino, entro i dodici mesi successivi all'entrata in vigore del PAI predispone apposite linee guida per la definizione di criteri per la limitazione dei fenomeni di instabilita' dei versanti e dell'erosione superficiale dei suoli.
Art. 26.
Impianti specializzati di vivaio e serre ad uso ortoflorovivaistico
e contenimento degli effetti di impermeabilizzazione dei suoli
Per gli impianti di cui al presente articolo, l'Autorita' di bacino, entro i dodici mesi successivi all'entrata in vigore del PAI, predispone apposite linee guida ai fine di garantire il mantenimento dell'assetto idrogeologico del territorio.
Art. 27.
Adeguamento degli strumenti di governo del territorio
Le amministrazioni e gli enti pubblici territorialmente interessati sono tenuti, ai sensi della normativa vigente, ad adeguare i propri strumenti di governo del territorio alle disposizioni contenute nel PAI.
A seguito dell'approvazione del PAI le amministrazioni competenti procedono ad una verifica di coerenza tra il PAI e i propri strumenti di pianificazione urbanistica. Le risultanze di tale verifica sono comunicate all'Autorita' di bacino entro novanta giorni decorrenti dall'entrata in vigore del PAI.
Nei casi in cui, a seguito della verifica di cui al comma che precede, le amministrazioni competenti procedano all'adeguamento, questo consiste nell'introdurre nei propri strumenti di governo del territorio le condizioni d'uso contenute nel PAI.
Nei casi in cui le amministrazioni competenti procedano, ai fini dell'adeguamento, ad approfondire il quadro conoscitivo del PAI trova applicazione 1'art. 32.
Art. 28.
Protezione civile
Oltre a quanto gia' stabilito negli articoli 8, 12 e 15 del presente Piano, in relazione all'art. 13 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, le province, sulla base delle competenze ad esse attribuite dagli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, assicurano lo svolgimento dei compiti relativi alla rilevazione, alla raccolta e alla elaborazione dei dati interessanti la protezione civile nonche' alla realizzazione dei programmi di previsione e prevenzione sopra menzionati. L'Autorita' di bacino del fiume Arno e le regioni si pongono come struttura di servizio, nell'ambito delle proprie competenze, a favore delle province interessate per le finalita' ora menzionate.
Art. 29.
Polizia idraulica e servizio di piena
L'Autorita' di bacino promuove il coordinamento tra gli enti preposti ai servizi di polizia idraulica e di piena, al fine di garantire un indirizzo uniforme a scala di bacino e di migliorare l'efficacia e l'efficienza del servizio stesso.
Titolo IV
MODALITA' DI FORMAZIONE, REVISIONE, VERIFICA
ED ATTUALIZZAZIONE DEL PIANO
Art. 30.
Aggiornamento del Sistema informativo territoriale
L'Autorita' di bacino mette a disposizione il Sistema informativo territoriale del bacino del fiume Arno. Al fine di garantire un aggiornamento efficiente ed efficace di tale Sistema, tutte le attivita' che interessano l'assetto idrogeologico, realizzate per iniziativa pubblica o privata, devono essere comunicate all'Autorita' di bacino, in un'ottica di collaborazione fra enti. Tale comunicazione deve essere corredata da apposita documentazione, secondo le metodologie utilizzate per la predisposizione del PAI.
Con analoga procedura devono essere comunicati all'Autorita' di bacino i dissesti idrogeologici e gli allagamenti che si verificano sul territorio.
Il Sistema informativo territoriale del bacino del fiume Arno partecipa al Sistema informativo geografico regionale, garantendo uno scambio di informazioni fra enti.
Art. 31.
Acquisizione dello strato informativo «pedologia»
per il bacino del fiume Arno
L'Autorita' di bacino, in accordo e collaborazione con le regioni, le province e gli enti di ricerca preposti, nel rispetto delle proprie competenze, promuove le necessarie iniziative per acquisire, integrare e omogeneizzare le informazioni relative alla pedologia del bacino idrografico dell'Arno al fine di acquisire lo strato informativo «pedologia», funzionale all'attivita' conoscitiva per l'aggiornamento del PAI.
Per l'applicazione della presente norma, laddove si riterra' necessario, verra' aggiornata la programmazione delle attivita' conoscitive di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1992, ai sensi dell'art. 3 dello stesso decreto.
Art. 32.
Procedura di integrazione e modifica del PAI
Il PAI ha valore a tempo indeterminato. L'Autorita' di bacino provvede alla revisione del PAI ogni tre anni, e comunque qualora si verifichino:
modifiche significative del quadro conoscitivo;
ulteriori studi conoscitivi ed approfondimenti;
la realizzazione delle opere previste dal PAI.
L'Autorita' di bacino, anche su proposta delle amministrazioni locali interessate, provvede ad estendere a tutto il bacino le cartografie di cui all'art. 5, lettera b), e all'art. 9, lettera b).
Non costituiscono variante essenziale al PAI le modifiche e integrazioni della perimetrazione delle aree pericolose indicate nelle cartografie di cui agli articoli 5 e 9 e la modifica del livello di pericolosita' conseguenti:
alle ridefinizioni cartografiche previste dal secondo comma del presente articolo.
alla realizzazione delle opere di messa in sicurezza;
alle rettifiche di minima entita';
agli approfondimenti del quadro conoscitivo di cui al successivo comma 8.
Le modifiche di cui al comma che precede sono deliberate con atto del segretario generale, previo parere favorevole del Comitato tecnico, entro il termine di novanta giorni dalla ricezione della proposta di variante completa in tutti gli elementi richiesti.
Le modifiche conseguenti alla realizzazione delle opere sono promosse dal soggetto attuatore delle opere stesse immediatamente dopo l'emissione dei certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione.
Le proposte di varianti cartografiche devono essere redatte e presentate all'Autorita' di bacino secondo le indicazioni contenute nell'allegato 2.
Agli enti locali che intendono proporre le ridefinizioni cartografiche previste dal presente articolo l'Autorita' di bacino fornisce i necessari criteri ed eventuali modelli di simulazione.
Gli approfondimenti del quadro conoscitivo compiuti, secondo le indicazioni contenute nell'allegato 2, dalle amministrazioni competenti ai fini dell'adeguamento di cui all'art. 27, devono essere trasmessi all'Autorita' di bacino che si esprime con parere vincolante.
Il parere favorevole dell'Autorita' di bacino costituisce presupposto necessario per l'adozione dell'atto di adeguamento dello strumento di governo del territorio. Nelle more dell'approvazione di tale strumento, l'Autorita' di bacino provvedera', ai sensi del precedente comma 4, alle modifiche cartografiche che si rendessero eventualmente necessarie.
Art. 33.
Modalita' di rilascio dei pareri
dell'Autorita' di Bacino del fiume Arno
I pareri dell'Autorita' di bacino sono espressi, in riferimento ai contenuti del PAI, in un termine di novanta giorni per gli adeguamenti degli strumenti di governo del territorio, ivi compresi piani attuativi ed approfondimenti dei quadri conoscitivi, ed in un termine di sessanta giorni per gli altri pareri. Questi ultimi sono espressi anche ai fini della norma n. 7 del Piano di bacino stralcio relativo alla riduzione del rischio idraulico.
Titolo V
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 34.
Rapporti con la pianificazione a scala
di bacino nel suo complesso
Sono fatti salvi, nella parte in cui devono ancora ricevere attuazione e in cui non sono stati modificati e/o integrati dal presente Piano, i Piani stralcio gia' approvati, in particolare:
1) Piano stralcio «Qualita' delle acque», approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 marzo 1999 (Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 1999);
2) Piano stralcio «Attivita' estrattive (fabbisogno materiali litoidi e cave)», approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 marzo 1999 (Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 1999);
3) Piano stralcio relativo alla riduzione del «Rischio idraulico», approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 5 novembre 1999 (Gazzetta Ufficiale n. 299 del 22 dicembre 1999), ivi compresa la «Carta degli interventi strutturali per la riduzione del rischio idraulico nel bacino dell'Arno».
L'ambito territoriale di applicazione dei Piani di cui al primo comma e' quello di cui all'art. 3 che precede.
Art. 35.
Attivita' di supporto tecnico ad enti pubblici e a privati
Compatibilmente con le risorse disponibili, l'Autorita' di bacino fornisce ai comuni e agli altri enti interessati il necessario supporto tecnico per la predisposizione di:
atti di pianificazione territoriale per le parti attinenti il dissesto idrogeologico;
individuazione di tipologie di intervento di prevenzione e ripristino;
interventi sulle attivita' produttive ad elevato contenuto di attenuazione del dissesto.
Ai privati che intraprendano iniziative che abbiano, in modo diretto o indiretto, effetto di contenimento e prevenzione dei fenomeni di dissesto, sono forniti supporto tecnico e indicazioni operative per la progettazione e realizzazione degli interventi.
Art. 36. Norma transitoria per l'attuazione degli strumenti urbanistici
vigenti alla data di entrata in vigore del PAI negli ambiti a
pericolosita' idraulica molto elevata (P.I.4) e elevata (P.I.3).
Negli ambiti a pericolosita' idraulica molto elevata (P.I.4) e elevata (P.I.3) del tessuto insediativo, ferma restando la necessita' della sua messa in sicurezza, sono consentiti gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del PAI, purche' sia dimostrato che tali interventi non determinano un aumento della pericolosita' del contesto territoriale circostante e sia dimostrata, inoltre, l'assenza e/o l'eliminazione di pericoli per le persone ed i beni, anche tramite la messa a punto di interventi di carattere non strutturale.
Il titolo abilitativo all'attivita' edilizia o la convenzione accessiva ai piani attuati vi di cui al comma precedente devono indicare i tempi e le modalita' per la realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza e le condizioni che possano pregiudicare l'abitabilita' e/o l'agibilita'.
Fermo restando quanto previsto dalla norma n. 7 del Piano di bacino, stralcio relativo alla riduzione del rischio idraulico per gli interventi non compresi nel Piano ma tesi alla riduzione del rischio idraulico, il comune competente deve dar comunicazione all'Autorita' di bacino degli interventi di messa in sicurezza previsti e, successivamente, dell'avvenuta messa in sicurezza.
Art. 37. Norma transitoria per l'attuazione degli strumenti urbanistici
vigenti alla data di entrata in vigore del PAI negli ambiti a
pericolosita' geomorfologica elevata (P.F.3).
Negli ambiti a pericolosita' geomorfologica elevata (P.F.3) del tessuto insediativo, ferma restando la necessita' della sua messa in sicurezza, sono consentiti gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del PAI, a condizione che siano preventivamente, o anche contestualmente nel caso di frane quiescenti, realizzate le opere di consolidamento e di messa in sicurezza.
Il titolo abilitativo all'attivita' edilizia o la convenzione accessiva ai piani attuativi di cui al comma precedente devono indicare i tempi e le modalita' per la realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza e le condizioni che possano pregiudicare 1'abitabilita' e/o l'agibilita'.
Il comune competente deve dar comunicazione all'Autorita' di bacino degli interventi di messa in sicurezza previsti e, successivamente, dell'avvenuta messa in sicurezza.
Art. 38.
Disposizioni immediatamente vincolanti
Ai sensi dell'art. 17, comma 5, della legge n. 183/1989, dalla data di approvazione del PAI, le disposizioni di cui agli articoli 6, 7, 10, 11, 21, 22, 23, 24, 27, 32, 33, 34, 36, 37 hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonche' per i soggetti privati.
Allegato 1

----> Vedere allegato da pag. 52 a pag. 54 <----
Allegato 2 INDICAZIONI PER L'ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI URBANISTICI AL PAI E
CRITERI PER LA REDAZIONE DI PROPOSTE DI INTEGRAZIONI E MODIFICHE
Ai fini di quanto previsto agli articoli 27 e 32 delle norme di attuazione del PAI, il presente allegato fornisce le indicazioni a cui le amministrazioni devono attenersi per la redazione degli elaborati tecnici di supporto. A) Indicazioni per l'adeguamento degli strumenti di governo del territorio.
Ai sensi dell'art. 27 delle norme di attuazione del PAI, le amministrazioni devono procedere all'adeguamento dei propri strumenti di governo del territorio. Laddove siano prodotte dalle amministrazioni documentazioni tecniche di maggior dettaglio, suscettibili di produrre articolazioni locali differenziate rispetto alle pericolosita' indicate dal PAI, l'Autorita' di bacino, dato atto della confrontabilita' dei dati prodotti con il proprio quadro conoscitivo, si esprime ai sensi dell'art. 32, commi 8 e 9.
Per documentazione tecnica di maggior dettaglio si intende:
indagini geologico-tecniche a supporto della pianificazione;
approfondimenti specifici di carattere geologico-tecnico ed analitico in genere, che hanno condotto all'aggiornamento degli strumenti di governo del territorio;
modellazioni idrologiche ed idrauliche;
rilievi topografici;
rilievi geomorfologici, sedimentologici e morfometrici;
indagini geognostiche;
verifiche di stabilita';
collaudi di opere di difesa idrogeologica. B) Criteri per la redazione di proposte di integrazioni e modifiche.
Per integrazioni e modifiche si intendono le variazioni agli elaborati del PAI da apportare ai sensi dell'art. 32, commi 1-7, delle norme di attuazione.
Le amministrazioni che intendono proporre varianti agli elaborati del PAI, sono tenute a produrre la necessaria documentazione tecnica secondo i criteri di seguito elencati, suddivisi per pericolosita' idraulica e geomorfologica. 1. Pericolosita' idraulica.
Le proposte di modifica ed integrazione alla perimetrazione possono riguardare sia il livello di sintesi che di dettaglio, sono generalmente conseguenti alle mutate condizioni idrauliche delle aree considerate o di quelle del piu' ampio contesto territoriale che ne determina significativamente la pericolosita'. Particolare rilievo, a tale proposito, svolge la avvenuta realizzazione delle opere per la mitigazione del rischio idraulico previste dal Piano di bacino, attestata dal relativo certificato di collaudo o da quello di regolare esecuzione.
Per quanto attiene la cartografia a livello di sintesi, le variazioni avvengono preferibilmente attraverso la transizione alla scala di dettaglio. Tale transizione prevede la modellazione idrologica e idraulica dei fenomeni connessi, secondo modalita' coerenti con le metodologie proprie del PAI, con particolare riferimento a quanto riportato nel presente allegato.
Le proposte devono contenere la documentazione relativa alle seguenti fasi:
1) inquadramento generale dell'area, con particolare riferimento al contesto morfologico, idraulico e di pericolosita';
2) rilievo delle sezioni d'alveo e dei piani quotati delle aree inondabili, secondo criteri riconducibili alle specifiche indicate nel capitolato predisposto dall'Autorita' di bacino. Tali dati, qualora necessario, saranno integrati con ulteriori rilievi di manufatti o singolarita' morfologiche in grado di condizionare in maniera significativa la modellazione numerica dei fenomeni in atto. I livelli di precisione per queste ultime eventuali operazioni, saranno coerenti con il contesto operativo generale;
3) calcolo degli idrogrammi di piena, attraverso l'utilizzo del modello ALTO. Qualora il tronco fluviale in esame non sia disponibile nella base dei dati tra quelli marcati come elaborabili, oppure si ritenga necessario una diversa impostazione dell'indagine, ad esempio sotto il profilo del metodo, dei dati pluviometrici, geomorfologici o dell'uso dei suoli, e' possibile svolgere i calcoli utilizzando modelli idrologici di letteratura con livello di approfondimento pari o superiore;
4) simulazione della propagazione in alveo dell'onda di piena e degli eventuali conseguenti processi di tracimazione arginale e allagamento del territorio. Per tale analisi e' possibile ricorrere a modelli di letteratura, validati nelle adeguate sedi scientifiche e tecniche. Il livello di approfondimento, in termini di concettualizzazione dei fenomeni, informazioni utilizzate e approssimazione dei calcoli, deve essere confrontabile o superiore a quello dello schema utilizzato per la redazione del PAI;
5) verifica e discussione dei risultati, alla luce dell'assetto complessivo del territorio con particolare riferimento, tra le altre, alle modalita' di tracimazione, agli effetti di significative singolarita' presenti sul territorio e dell'interconnessione idraulica tra le diverse aree inondate. Tale verifica andra' estesa a tutta l'area interessata dagli effetti dello studio;
6) informatizzazione dei perimetri delle aree a pericolosita' presentata su adeguato supporto negli usuali formati di scambio. I dati devono essere coerenti con la base cartografica adottata nel PAI per il livello di dettaglio. Tali dati saranno accompagnati dalla relativa documentazione secondo i modelli di metadato adottati dall'Autorita' di bacino;
7) redazione della relazione tecnica illustrativa nella quale si illustrano, tra l'altro, le motivazioni che conducono ai livelli di pericolosita' accertati. 2. Pericolosita' da processi geomorfologici di versante e da frana.
Le proposte di modifica e integrazioni degli elaborati inerenti la pericolosita' geomorfologica possono riguardare sia il livello di sintesi (scala 1:25.000), sia il livello di dettaglio (scala 1:10.000). In tutti e due i casi suddetti la proposta di perimetrazione delle aree a pericolosita' dovra' essere prodotta al livello di dettaglio (scala 1:10.000). Cio' in quanto, coerentemente con quanto definito al secondo comma dell'art. 32 delle norme di attuazione del PAI, l'obiettivo e' quello di estendere a tutto il bacino la cartografia alla scala di dettaglio. In tale ottica le proposte di integrazione e modifica, una volta recepite, vanno ad integrare il quadro conoscitivo del PAI alla scala 1:10.000. Nella cartografia di sintesi, alla scala 1:25.000, permangono pertanto solo le informazioni riferibili al generico insieme dei dissesti geomorfologici di versante.
La pericolosita' geomorfologica nel livello di dettaglio e' definita secondo tre classi distinte: P.F.2 pericolosita' media, P.F.3 pericolosita' elevata e P.F.4 pericolosita' molto elevata. Ai fini di quanto indicato nell'introduzione, la proposta di carta di pericolosita' deve essere elaborata sulla base dell'identificazione sul territorio di tali classi.
Per la definizione dei perimetri, le cui modalita' operative sono indicate in dettaglio al seguente punto 4), si deve fare riferimento ai fenomeni franosi rilevati, all'intorno fisico interessato dal dissesto e ai processi e alle condizioni geomorfologiche correlate al dissesto. Dalla pericolosita' geomorfologica sono esclusi, quindi, i fenomeni carsici e quelli di subsidenza se non connessi direttamente a forme franose (ad esempio crolli). Ai fini della definizione della pericolosita' si devono considerare i fenomeni di erosione lineare (alvei in erosione, etc.) quando siano in relazione a fenomeni di frana.
Fermo restando quanto sopra le procedure operative si articolano nei seguenti punti:
1) il riconoscimento delle forme geomorfologiche che concorrono alla definizione dei perimetri della pericolosita' deve essere effettuata secondo criteri riconducibili a quanto espresso nella «Legenda geomorfologica a supporto della pianificazione territoriale» redatta congiuntamente da Autorita' di bacino del fiume Arno e dall'ordine dei geologi della Toscana e disponibile sul sito www.arno.autorita dibacino.it. Ai fini del riconoscimento e' opportuno procedere a:
a) rilievo geomorfologico e geolitologico di un'area adeguata alla caratterizzazione dei dissesti e al suo inquadramento nel contesto territoriale aggiornato al momento della presentazione della domanda;
b) esplicitazione della tipologia del dissesto e dei suoi parametri morfometrici e cinematici;
2) lo stato di attivita' per le varie tipologie di frana evidenziate mediante le procedure di cui al punto 1) deve essere distinto, in conformita' alle definizioni indicate all'art. 2 delle norme di attuazione del PAI, in:
a) attivo;
b) quiescente;
c) stabilizzato.
Qualora le evidenze rilevabili secondo i criteri riconducibili a quanto espresso al punto 1) non diano indicazioni ragionevolmente univoche, occorre definire lo stato di attivita' attraverso l'applicazione di analisi di stabilita' (verifica del fattore di sicurezza) secondo i metodi comunemente accettati nella letteratura scientifica;
3) nella delimitazione delle aree in frana secondo quanto indicato al punto 1), oltre all'area interessata dalla frana in senso stretto, per le frane attive e quiescenti deve essere presa in considerazione anche l'area eventualmente interessata, direttamente o indirettamente, dall'evoluzione del dissesto. Pertanto, la definizione spaziale deve considerare anche la distanza di propagazione, i limiti di retrogressione e la possibile espansione areale del fenomeno franoso. Particolare attenzione deve essere posta nell'identificare i processi geomorfologici che, anche se non direttamente correlati a movimenti gravitativi, possono configurarsi come agenti scatenanti o aggravanti del dissesto (alvei in erosione o approfondimento, fenomeni erosivi, etc.);
4) una volta definito il perimetro delle aree in frana secondo le procedure sopra indicate, la classe di pericolosita' da processi geomorfologici di versante va individuata secondo la seguente legenda:
P.F.4 (pericolosita' molto elevata): comprende le aree in frana attiva e il loro intorno, definiti secondo i criteri di cui ai punti 1), 2) e 3);
P.F.3 (pericolosita' elevata): comprende le aree in frana quiescente e il loro intorno, definiti secondo i criteri di cui ai punti 1), 2) e 3);
P.F.2 (pericolosita' media): comprende le aree in frana stabilizzata;
5) redazione della carta di pericolosita' in scala 1:10.000, su base cartografica adottata dall'Autorita' di bacino per i livelli di dettaglio;
6) informatizzazione dei tematismi della pericolosita' secondo la struttura dati definita dall'Autorita' di bacino e presentata nei formati di scambio adottati dall'Autorita'. I dati devono essere coerenti con le basi cartografiche in formato digitale adottate dall'Autorita' per i livelli di sintesi e di dettaglio;
7) produzione della documentazione relativa ai tematismi secondo i modelli di metadato adottati dall'Autorita' di bacino;
8) redazione della relazione tecnica illustrativa nella quale si illustrano, tra l'altro, le motivazioni che conducono ai livelli di pericolosita' accertati. C) Sportello di consulenza.
Presso l'Autorita' di bacino e' istituito un apposito ufficio che fornira' agli enti interessati la consulenza necessaria per la redazione delle proposte di modifica e integrazione alla perimetrazione delle aree a pericolosita'.