Gazzetta n. 213 del 13 settembre 2001 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 2 maggio 2001, n. 345
Regolamento di attuazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 6 e 87, comma quinto, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche;
Considerato che l'articolo 17 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, prevede per la sua attuazione l'emanazione di norme regolamentari;
Acquisito il parere delle regioni interessate;
Udito il parere del Consiglio di Stato, reso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nella adunanza del 15 gennaio 2001;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell'11 aprile 2001;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della pubblica istruzione e per la funzione pubblica;

E m a n a
il seguente regolamento:
Art. 1.
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento e' emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in seguito denominata "legge".
2. Il presente regolamento disciplina altresi' l'attuazione della legge alla minoranza linguistica slovena, con riferimento alle disposizioni della legge medesima che trovano ancora applicazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante "Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena dalla regione Friuli-Venezia Giulia".
3. L'ambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica previste dalla legge coincide con il territorio in cui la minoranza e' storicamente radicata e in cui la lingua ammessa a tutela e' il modo di esprimersi dei componenti della minoranza linguistica.
4. Entro novanta giorni dal ricevimento delle richieste avanzate dai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 3 della legge, i consigli provinciali, sentiti i comuni, sono tenuti a pronunciarsi, sulla delimitazione dell'ambito territoriale, con atto motivato. Lo stesso termine decorre dalla comunicazione dei risultati della avvenuta consultazione di cui al comma 2 dell'articolo 3 della legge, con la quale la popolazione residente nel comune si e' pronunciata favorevolmente alla delimitazione dell'ambito territoriale in cui si applicano le disposizioni di tutela.
5. La presenza della minoranza si presume quando il comune o parte di esso sia incluso nella delimitazione territoriale operata da una legge statale o regionale anteriore alla data di entrata in vigore della legge e che si riferisca esclusivamente alle lingue ammesse a tutela dall'articolo 2 della legge stessa.
6. Entro quindici giorni dalla adozione dei provvedimenti di delimitazione territoriale o di variazione di essa i presidenti dei consigli provinciali ne danno comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali e al Ministero dell'interno - Ufficio centrale per i problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche, nonche' al Ministero delle comunicazioni, all'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, alla societa' concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e alla regione interessata.
7. Le minoranze linguistiche di cui all'articolo 2 della legge, nei casi previsti dall'articolo 3, comma 3, della legge medesima, entro quindici giorni dalla costituzione degli organismi di coordinamento e di proposta ne danno comunicazione, per il riconoscimento, alle amministrazioni previste al comma 4 del presente articolo. Per gli organismi di coordinamento e di proposta gia' istituiti dalle minoranze, la comunicazione avviene entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dal presente regolamento.



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il
valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note alle premesse:
- L'art. 6 della Costituzione cita: "La Repubblica
tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.".
- L'art. 87, comma quinto, della Costituzione,
conferisce al Presidente della Repubblica il potere di
promulgare leggi e di emanare i decreti aventi valore di
legge e i regolamenti.
- Il testo del comma 1, dell'art. 17 della legge
23 agosto 1988, n. 400, e' il seguente:
"1. Con decreto del Presidente dela Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il
parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro
novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati
regolamenti per disciplinare:
a) l'asecuzione delle leggi e dei decreti
legislativi, nonche' dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi
quelli relativi a materie riservate alla competenza
regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte
di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si
tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate
dalla legge;
e) (lettera soppressa)".
- La legge 15 dicembre 1999, n. 482, e' stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre
1999.
- L'art. 17 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, cita:
"Le norme regolamentari di attuazione della presente legge
sono adottate entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della medesima, sentite le regioni interessate.".

Note all'art. 1:
- Per l'art. 17, della legge 15 dicembre 1999, n. 482,
e' riportato nelle note alle premesse.
- Si riporta il testo del comma 2, dell'art. 1, della
legge 23 febbraio 2001, n. 38:
"2. Ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza
linguistica slovena si applicano le disposizioni della
legge 15 dicembre 1999, n. 482, salvo quanto espressamente
previsto dalla presente legge.".
- Il testo dell'intero art. 3, della legge 15 dicembre
1999, n. 48, e' riportato nella nota all'art. 5.
- Si riporta il testo dell'art. 2, della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 2. - 1. In attuazione dell'art. 6 della
Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti
dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica
tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi,
catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle
parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il
ladino, l'occitano e il sardo.".
- Si riporta il testo del comma 3, dell'art. 3, della
legge 15 dicembre 1999, n. 482:
"3. Quando le minoranze linguistiche di cui all'art.
2 si trovano distribuite su territori provinciali o
regionali diversi, esse possono costituire organismi di
coordinamento e di proposta, che gli enti locali
interessati hanno facolta' di riconoscere.".



 
Art. 2. Uso della lingua delle minoranze nelle scuole materne elementari e
secondarie di primo grado
1. Al fine di assicurare l'apprendimento della lingua ammessa a tutela nelle istituzioni scolastiche di cui all'articolo 4 della legge, il Ministro della pubblica istruzione, prima dell'inizio di ogni anno scolastico, indica i criteri generali per l'attuazione delle misure contenute nell'articolo 4 della legge.
2. Le istituzioni scolastiche di cui all'articolo 4 della legge, nell'ambito della propria autonomia, prevista dall'articolo 21, commi 5, 7, 8, 9, 10 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonche' dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e dei criteri di cui al comma 1, anche avvalendosi della collaborazione delle universita' delle regioni interessate, possono avviare una fase di sperimentazione con l'attivazione di corsi di insegnamento di cui all'articolo 4 della legge, per una durata massima di tre anni a decorrere dalla comunicazione da parte dei consigli provinciali degli adempimenti di cui al comma 1 dell'articolo 3 della legge medesima.
3. Dalla fase di sperimentazione, di cui al comma 2, sono escluse le istituzioni scolastiche che gia' usano anche in via sperimentale una delle lingue ammesse a tutela.



Note all'art. 2:
- Si riporta il testo dell'art. 4, della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 4. - 1. Nelle scuole materne dei comuni di cui
all'art. 3, l'educazione linguistica prevede, accanto
all'uso della lingua italiana, anche l'uso della lingua
della minoranza per lo svolgimento delle attivita'
educative. Nelle scuole elementari e nelle scuole
secondarie di primo grado e' previsto l'uso anche della
lingua della minoranza come strumento di insegnamento.
2. Le istituzioni scolastiche elementari e secondarie
di primo grado, in conformita' a quanto previsto dall'art.
3, comma 1, della presente legge, nell'esercizio
dell'autonomia organizzativa e didattica di cui all'art.
21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei
limiti dell'orario curriculare complessivo definito a
livello nazionale e nel rispetto dei complessivi obblighi
di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi,
al fine di assicurare l'apprendimento della lingua della
minoranza, deliberano, anche sulla base delle richieste dei
genitori degli alunni, le modalita' di svolgimento delle
attivita' di insegnamento della lingua e delle tradizioni
culturali delle comunita' locali, stabilendone i tempi e le
metodologie, nonche' stabilendo i criteri di valutazione
degli alunni e le modalita' di impiego di docenti
qualificati.
3. Le medesime istituzioni scolastiche di cui al comma
2, ai sensi dell'art. 21, comma 10, della legge 15 marzo
1997, n. 59, sia' singolarmente sia in forma associata,
possono realizzare ampliamenti dell'offerta formativa in
favore degli adulti. Nell'esercizio dell'autonomia di
ricerca, sperimentazione e sviluppo, di cui al citato art.
21, comma 10, le istituzioni scolastiche adottano, anche
attraverso forme associate, iniziative nel campo dello
studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli
appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta ai
sensi degli articoli 2 e 3 della presente legge e
perseguono attivita' di formazione e aggiornamento degli
insegnanti addetti alle medesime discipline. A tale scopo
le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni ai
sensi dell'art. 21, comma 12, della citata legge n. 59 del
1997.
4. Le iniziative previste dai commi 2 e 3 sono
realizzate dalle medesime istituzioni scolastiche
avvalendosi delle risorse umane a disposizione, della
dotazione finanziaria attribuita ai sensi dell'art. 21,
comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonche' delle
risorse aggiuntive reperibili con convenzioni, prevedendo
tra le priorita' stabilite dal medesimo comma 5 quelle di
cui alla presente legge. Nella ripartizione, delle risorse
di cui al citato comma 5 dell'art. 21 della legge n. 59 del
1997, si tiene conto delle priorita' aggiuntive di cui al
presente comma.
5. Al momento della preiscrizione i genitori comunicano
alla istituzione scolastica interessata se intendono
avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua
della minoranza.".
- Si riporta il testo dei commi 5, 7, 8, 9, 10 e 12,
dell'art. 21, della legge 15 marzo 1997, n. 59:
"5. La dotazione finanziaria essenziale delle
istituzioni scolastiche gia' in possesso di personalita'
giuridica e di quelle che l'acquistano ai sensi del comma 4
e' costituita dall'assegnazione dello Stato per il
funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide
in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa. Tale
dotazione finanziaria e' attribuita senza altro vincolo di
destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per
lo svolgimento delle attivita' di istruzione, di formazione
e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di
ciascun indirizzo di scuola.
(Omissis).
7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito
personalita' giuridica e autonomia ai sensi del comma 1 e
le istituzioni scolastiche gia' dotate di personalita' e
autonomia, previa realizzazione anche per queste ultime
delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4,
hanno autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto
degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli
standard di livello nazionale.
8. L'autonomia organizzativa e' finalizzata alla
realizzazione della flessibilita', della diversificazione,
dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico,
alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e
delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative
e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si
esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli
in materia di unita' oraria della lezione, dell'unitarieta'
del gruppo classe e delle modalita' di organizzazione e
impiego dei docenti, secondo finalita' di ottimizzazione
delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e
temporali, fermi restando i giorni di attivita' didattica
annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione
dell'attivita' didattica in non meno di cinque giorni
settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali
di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi
che possono essere assolti invece che in cinque giorni
settimanali anche sulla base di un'apposita programmazione
plurisettimanale.
9. L'autonomia didattica e' finalizzata al
perseguimento degli obiettivi generali del sistema
nazionale di istruzione, nel rispetto della liberta' di
insegnamento, della liberta' di scelta educativa da parte
delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si
sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie,
strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da
adottare nel rispetto della possibile pluralita' di opzioni
metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di
liberta' progettuale, compresa l'eventuale offerta di
insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel
rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal
fine, sulla base di quanto disposto dall'art. 1, comma 71,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri
per la determinazione degli organici funzionali di
istituto, fermi restando il monte annuale orario
complessivo previsto per ciascun curriculum e quello
previsto per ciascuna delle discipline ed attivita'
indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di
studi e l'obbligo di adottare procedure e strumenti di
verifica e valutazione della produttivita' scolastica e del
raggiungimento degli obiettivi.
10. Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e
didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia
singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti
dell'offerta formativa che prevedano anche percorsi
formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione
dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative
di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche
in orari extrascolastici e ai fini di raccordo con il mondo
del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi
nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi
tra le regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi
integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni
scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo
esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Gli
istituti regionali di ricerca, sperimentazione e
aggiornamento educativi, il Centro europeo dell'educazione,
la biblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed
istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo
II, capo III, del testo unico approvato con decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come
enti finalizzati al supporto dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche autonome.
(Omissis).
12. Le universita' e le istituzioni scolastiche possono
stipulare convenzioni allo scopo di favorire attivita' di
aggiornamento, di ricerca e di orientamento scolastico e
universitario.".
- Il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo
1999, n. 275, e' stato pubblicato nel supplemento ordinario
alla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 10 agosto 1999.
- Per il testo del comma 1, dell'art. 3, della legge
15 dicembre 1999, n. 482, si veda nelle note all'art. 5.



 
Art. 3. Iniziative in ambito universitario e scolastico a favore della lingua
delle minoranze
1. Il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica favoriscono le attivita' di ricerca, formazione, aggiornamento professionale ed educazione permanente a sostegno delle finalita' della legge. Essi, in sede di coordinamento ministeriale, definiscono annualmente un quadro formativo di riferimento nel rispetto dell'autonomia didattica delle istituzioni universitarie e scolastiche delle regioni interessate; nell'ambito di tale quadro di riferimento le istituzioni universitarie e scolastiche prevedono percorsi formativi specifici per insegnanti, interpreti e traduttori e le istituzioni universitarie attivano corsi universitari di lingua e cultura delle minoranze linguistiche di cui all'articolo 2 della legge.



Nota all'art. 3:
- L'art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e'
riportato nelle note all'art. 1.



 
Art. 4. Uso della lingua delle minoranze da parte dei membri dei consigli
comunali, comunita' montane, province e regioni
1. Gli statuti ed i regolamenti degli enti locali ed i regolamenti interni dei consigli regionali, nei cui territori si applicano le disposizioni di tutela, stabiliscono le forme e le modalita' degli interventi in lingua minoritaria da parte dei membri degli organi elettivi.
2. Al fine di garantire l'immediata traduzione in lingua italiana, nei casi previsti dall'articolo 7, comma 3, della legge, l'ente locale o la regione assicurano la presenza di personale interprete qualificato.
3. La presenza della condizione, di cui all'articolo 7, comma 2, della legge, deve risultare da apposite deliberazioni emanate dagli organi deliberanti.



Nota all'art. 4:
- Si riporta il testo dei commi 2 e 3, dell'art. 7,
della legge 15 dicembre 1999, n. 482:
"2. La disposizione di cui al comma 1 si applica
altresi' ai consiglieri delle comunita' montane, delle
province e delle regioni, i cui territori ricomprendano
comuni nei quali e' riconosciuta la lingua ammessa a
tutela, che complessivamente costituiscano almeno il 15 per
cento della popolazione interessata.
3. Qualora uno o piu' componenti degli organi
collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non
conoscere la lingua ammessa a tutela, deve essere garantita
una immediata traduzione in lingua italiana.".



 
Art. 5. Pubblicazione degli atti ufficiali dello Stato nella lingua ammessa a
tutela
1. I comuni nei territori individuati ai sensi dell'articolo 3 della legge, si avvalgono di traduttori qualificati per la pubblicazione nella lingua ammessa a tutela degli atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti locali, nonche' degli enti pubblici non territoriali.



Nota all' art. 5:
- Si riporta il testo dell'art. 3 della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 3. - 1. La delimitazione dell'ambito territoriale
e subcomunale in cui si applicano le disposizioni di tutela
delle minoranze linguistiche storiche previste dalla
presente legge e' adottata dal consiglio provinciale,
sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il
quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste
elettorali e residenti nei comuni stessi, ovvero di un
terzo dei consiglieri comunali dei medesimi comuni.
2. Nel caso in cui non sussista alcuna delle due
condizioni di cui al comma 1 e qualora sul territorio
comunale insista comunque una minoranza linguistica
ricompresa nell'elenco di cui all'art. 2, il procedimento
inizia qualora si pronunci favorevolmente la popolazione
residente, attraverso apposita consultazione promossa dai
soggetti aventi titolo e con le modalita' previste dai
rispettivi statuti e regolamenti comunali.
3. Quando le minoranze linguistiche di cui all'art. 2
si trovano distribuite su territori provinciali o regionali
diversi, esse possono costituire organismi di coordinamento
e di proposta, che gli enti locali interessati hanno
facolta' di riconoscere.".



 
Art. 6. Uso orale e scritto delle lingue ammesse a tutela negli uffici delle
pubbliche amministrazioni
1. In attuazione dell'articolo 9 della legge, gli uffici delle pubbliche amministrazioni, nei comuni di cui all'articolo 3 della legge medesima, istituiscono almeno uno sportello per i cittadini che utilizzano la lingua ammessa a tutela e possono prevedere indicazioni scritte rivolte al pubblico, redatte, oltre che in lingua italiana, anche nella lingua ammessa a tutela, con pari dignita' grafica.
2. Le amministrazioni pubbliche interessate, anche di concerto e nel quadro di un programma di misure tra loro coerenti, sentite le istituzioni di cui all'articolo 16 della legge, e nell'ambito dei criteri definiti ai sensi del comma 1, dell'articolo 8, valutano l'opportunita' di modulare gli interventi finanziari ed organizzativi secondo esigenze omogenee connesse alla tutela della lingua.
3. Gli uffici delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, per la finalita' di cui all'articolo 9, comma 2, della legge, possono anche stipulare convenzioni con istituti pubblici di ricerca e professionali, istituzioni scolastiche, universita', ed altri soggetti istituzionali o con associazioni senza scopo di lucro, operanti nell'ambito territoriale da almeno tre anni, al fine di reperire e formare personale in grado di rispondere alle esigenze previste dalla legge, ovvero consorziarsi tra loro per le suddette medesime finalita'.
4. Per gli atti aventi effetti giuridici ha efficacia solo il testo in lingua italiana. In attuazione dell'articolo 9 della legge, gli enti locali, nei cui territori si applicano le disposizioni di tutela, disciplinano l'uso scritto ed orale della lingua ammessa a tutela nelle rispettive amministrazioni. Tutte le forme di pubblicita' degli atti previsti da leggi sono effettuate in lingua italiana, ferma la possibilita' di effettuarle anche nella lingua ammessa a tutela.



Note all'art. 6:
- Il testo dell'art. 9 della legge 15 dicembre 1999, n.
482, e' il seguente:
"Art. 9. - 1. Fatto salvo quanto previsto dall'art. 7,
nei comuni di cui all'art. 3 e' consentito, negli uffici
delle amministrazioni pubbliche, l'uso orale e scritto
della lingua ammessa a tutela. Dall'applicazione del
presente comma sono escluse le Forze armate e le Forze di
polizia dello Stato.
2. Per rendere effettivo l'esercizio delle facolta' di
cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni provvedono,
anche attraverso convenzioni con altri enti, a garantire la
presenza di personale che sia in grado di rispondere alle
richieste del pubblico usando la lingua ammessa a tutela. A
tal fine e' istituito, presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, un
Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche
con una dotazione finanziaria annua di L. 9.800.000.000 a
decorrere dal 1999. Tali risorse, da considerare quale
limite massimo di spesa, sono ripartite annualmente con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentite
le amministrazioni interessate.
3. Nei procedimenti davanti al giudice di pace e'
consentito l'uso della lingua ammessa a tutela. Restano
ferme le disposizioni di cui all'art. 109 del codice di
procedura penale.".
- L'art. 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e'
riportato nella nota all'art. 5.
- Si riporta il testo dell'art. 16, della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 16. - 1. Le regioni e le province possono
provvedere, a carico delle proprie disponibilita' di
bilancio, alla creazione di appositi istituti per la tutela
delle tradizioni linguistiche e culturali delle popolazioni
considerate dalla presente legge, ovvero favoriscono la
costituzione di sezioni autonome delle istituzioni
culturali locali gia' esistenti.".



 
Art. 7. Riconoscimento del diritto al ripristino dei nomi originari
1. La domanda, il provvedimento, le copie relative, gli scritti e i documenti prodotti ai fini dell'articolo 11 della legge sono esenti da ogni tassa. Copia del decreto di ripristino del nome o del cognome e' trasmessa dal prefetto al sindaco del comune di residenza, che ne da' comunicazione agli uffici e alle amministrazioni interessati, nonche' all'ufficiale dello stato civile, perche' si provveda alle annotazioni di cui all'articolo 94, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, limitatamente, per quanto concerne i discendenti maggiorenni, a coloro che abbiano prestato il proprio consenso. Il consenso e' prestato mediante esplicita dichiarazione, accompagnata da copia fotostatica di un documento di identita' che viene allegata alla domanda.



Note all'art. 7:
- Si riporta il testo dell'art. 11, della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 11. - 1. I cittadini che fanno parte di una
minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli
2 e 3 e residenti nei comuni di cui al medesimo art. 3, i
cognomi o i nomi dei quali siano stati modificati prima
della data di entrata in vigore della presente legge o ai
quali sia stato impedito in passato di apporre il nome di
battesimo nella lingua della minoranza, hanno diritto di
ottenere, sulla base di adeguata documentazione, il
ripristino degli stessi in forma originaria. Il ripristino
del cognome ha effetto anche per i discendenti degli
interessati che non siano maggiorenni o che,
se maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso.
2. Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve indicare
il nome o il cognome che si intende assumere ed e'
presentata al sindaco del comune di residenza del
richiedente, il quale provvede d'ufficio a trasmetterla al
prefetto, corredandola di un estratto dell'atto di nascita.
Il prefetto, qualora ricorrano i presupposti previsti dal
comma 1, emana il decreto di ripristino del nome o del
cognome. Per i membri della stessa famiglia il prefetto
puo' provvedere con un unico decreto. Nel caso di reiezione
della domanda, il relativo provvedimento puo' essere
impugnato, entro trenta giorni dalla comunicazione, con
ricorso al Ministro di grazia e giustizia, che decide
previo parere del Consiglio di Stato. Il procedimento e'
esente da spese e deve essere concluso entro novanta giorni
dalla richiesta.
3. Gli uffici dello stato civile dei comuni interessati
provvedono alle annotazioni conseguenti all'attuazione
delle disposizioni di cui al presente articolo. Tutti gli
altri registri, tutti gli elenchi e ruoli nominativi sono
rettificati d'ufficio dal comune e dalle altre
amministrazioni competenti.".
- Si riporta il testo del comma 1, dell'art. 94, del
decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n.
396:
"1. I decreti che autorizzano il cambiamento o la
modificazione del nome o del cognome devono essere
annotati, su richiesta degli interessati, nell'atto di
nascita del richiedente, nell'atto di matrimonio del
medesimo e negli atti di nascita di coloro che ne hanno
derivato il cognome. L'ufficiale dello stato civile del
luogo di residenza, se la nascita o il matrimonio e'
avvenuto in altro comune, deve dare prontamente avviso del
cambiamento o della modifica all'ufficiale dello stato
civile del luogo della nascita o del matrimonio, che deve
provvedere ad analoga annotazione.".



 
Art. 8
Procedure di finanziamento

1. Entro il 15 febbraio di ogni anno il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Comitato consultivo di cui all'articolo 12 del presente regolamento, definisce con decreto i criteri per la ripartizione dei fondi previsti dagli articoli 9 e 15 della legge, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
2. Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, trasmettono, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, un programma dettagliato degli interventi relativi agli adempimenti previsti dall'articolo 9 della legge, quantificando contestualmente il fabbisogno.
3. Gli enti locali, le camere di commercio e le aziende sanitarie locali trasmettono, alle regioni di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, un programma dettagliato degli interventi relativi agli adempimenti previsti dalla legge, quantificando contestualmente il fabbisogno.
4. Ai fini della istruttoria relativa alle richieste di finanziamento, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, stipula con le regioni interessate per territorio specifici protocolli d'intesa in ordine ai progetti redatti dai soggetti di cui al comma 3. Detti protocolli possono prevedere che l'erogazione dei finanziamenti avvenga per il tramite delle regioni stesse.
5. Ciascuna regione di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30 settembre di ogni anno, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, i progetti di cui al comma 3, con le modalita' previste dai protocolli d'intesa, corredati delle proprie osservazioni, con particolare riguardo alla compatibilita', nonche' alla coerenza dei progetti stessi con la legislazione regionale eventualmente piu' favorevole in materia. Congiuntamente a detti progetti la regione unisce quello relativo agli interventi regionali.
6. Entro il 31 ottobre di ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono ripartite le somme previste dagli articoli 9 e 15 della legge.
7. Entro il 31 dicembre di ogni anno, la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede alla liquidazione delle somme spettanti ed al loro trasferimento ai soggetti di cui ai commi precedenti, nel rispetto delle modalita' previste dal presente articolo.
8. Le regioni provvedono entro quarantacinque giorni al trasferimento dei fondi spettanti ai soggetti che hanno trasmesso i progetti degli interventi ai sensi del comma 3.
9. Qualora una o piu' regioni non aderiscano ai protocolli d'intesa di cui al comma 4, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, provvede direttamente all'espletamento dei compiti relativi all'istruttoria dei progetti ed alla relativa erogazione dei finanziamenti ai soggetti di cui al comma 3.
10. La rendicontazione prevista dall'articolo 15, comma 3, della legge deve essere accompagnata da una relazione esplicativa dei motivi degli interventi che si intendono realizzare e di quelli attuati nell'anno precedente, e dei risultati conseguiti.



Note all'art. 8:
- Il testo dell'art. 9 della legge 15 dicembre 1999, n.
482, e' riportato nelle note all'art. 6.
- Si riporta il testo dell'art. 15, della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 15. - 1. Oltre a quanto previsto dagli articoli
5, comma 1, e 9, comma 2, le spese sostenute dagli enti
locali per l'assolvimento degli obblighi derivanti dalla
presente legge sono poste a carico del bilancio statale
entro il limite massimo complessivo annuo di lire
8.700.000.000 a decorrere dal 1999.
2. L'iscrizione nei bilanci degli enti locali delle
previsioni di spesa per le esigenze di cui al comma 1 e'
subordinata alla previa ripartizione delle risorse di cui
al medesimo comma 1 tra gli enti locali interessati, da
effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri.
3. L'erogazione delle somme ripartite ai sensi del
comma 2 avviene sulla base di una appropriata
rendicontazione, presentata dall'ente locale competente,
con indicazione dei motivi dell'intervento e delle
giustificazioni circa la congruita' della spesa.".
- Il testo dell'art. 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, cita:
"Art. 8 (Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e
Conferenza unificata). - 1. La Conferenza Stato-citta' ed
autonomie locali e' unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o per
sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per
gli affari regionali, ne fanno parte altresi' il Ministro
del tesoro e del bilancio e della programmazione economica,
il Ministro dalle finanze, il Ministro dei lavori pubblici,
il Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione
nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente
dell'Unione province d'Italia. UPI ed il presidente
dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed enti montani -
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque
rappresentano le citta' individuate dall'art. 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche' rapresentanti di
amministrazioni statali, locali o enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita' e qualora ne faccia
richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e'
convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e' conferito, dal
Ministro dell'interno.".
- L'art. 9, della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e'
riportato nelle note all'art. 6.



 
Art. 9.
Toponomastica
1. L'applicazione dell'articolo 10 della legge, e' disciplinata dagli statuti e dai regolamenti degli enti locali interessati.
2. Nel caso siano previsti segnali indicatori di localita' anche nella lingua ammessa a tutela, si applicano le normative del codice della strada, con pari dignita' grafica delle due lingue.



Nota all'art. 9:
- Il testo dell'art. 10, della legge 15 dicembre 1999,
n. 482, e' il seguente:
"Art. 10. - 1. Nei comuni di cui all'art. 3, in
aggiunta ai toponimi ufficiali, i consigli comunali possono
deliberare l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni
e agli usi locali.".



 
Art. 10.
Interpreti e traduttori
1. In materia di incarichi agli interpreti e ai traduttori, si applicano le disposizioni vigenti legislative e contrattuali, anche sotto il profilo del trattamento economico.
 
Art. 11. Contratto di servizio con la societa' concessionaria del servizio
pubblico radiotelevisivo
1. Nell'ambito delle finalita' di cui all'articolo 12 della legge, la convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la societa' concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e il conseguente contratto di servizio individuano, di preferenza nel territorio di appartenenza di ciascuna minoranza, la sede della societa' stessa cui sono attribuite le attivita' di tutela della minoranza, nonche' il contenuto minimo della tutela, attraverso la prevista attuazione per ciascuna lingua minoritaria di una delle misure oggetto delle previsioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a) della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie.
2. La convenzione ed il contratto di servizio in corso vengono adeguati, in sede di prima attuazione a quanto previsto dal comma 1.



Note all'art. 11:
- Si riporta il testo dell'art. 12, della legge
15 dicembre 1999, n. 482:
"Art. 12. - 1. Nella convenzione tra il Ministero delle
comunicazioni e la societa' concessionaria del servizio
pubblico radiotelevisivo e nel conseguente contratto di
servizio sono assicurate condizioni per la tutela delle
minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza.
2. Le regioni interessate possono altresi' stipulare
apposite convenzioni con la societa' concessionaria del
servizio pubblico radiotelevisivo per trasmissioni
giornalistiche o programmi nelle lingue ammesse a tutela,
nell'ambito delle programmazioni radiofoniche e televisive
regionali della medesima societa' concessionaria; per le
stesse finalita' le regioni possono stipulare appositi
accordi con emittenti locali.
3. La tutela delle minoranze linguistiche nell'ambito
del sistema delle comunicazioni di massa e' di competenza
dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni di cui
alla legge 31 luglio 1997, n. 249, fatte salve le funzioni
di indirizzo della commissione parlamentare per l'indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.".
- Si riporta il testo della lettera a), del comma 1,
dell'art. 11, della Carta europea delle lingue regionali e
minoritarie (firmata dall'Italia in data 27 giugno 2000 ed
in attesa di ratifica):
"1. Le parti si impegnano, nei confronti dei locutori
delle lingue regionali o minoritarie nei territori dove
queste lingue sono usate, secondo la situazione di
ciascuna, nella misura in cui l'amministrazione pubblica
abbia, in maniera diretta o indiretta, competenza,potere o
un ruolo in questo campo e rispettando i principi di
indipendenza e di autonomia dei mass-media:
a) nella misura in cui la radio e la televisione
abbiano una funzione di servizio pubblico:
i) ad assicurare la creazione di almeno una
emittente radiofonica e di un canale televisivo nelle
lingue regionali o minoritarie, oppure
ii) a incoraggiare e/o facilitare la creazione di
almeno una emittente radiofonica e di un canale televisivo
nelle lingue regionali o minoritarie, oppure
iii) a prendere adeguati provvedimenti affinche'
gli enti radiotelevisivi programmino delle trasmissioni
nelle lingue regionali o minoritarie.".



 
Art. 12.
Comitato tecnico consultivo
1. Il Ministro per gli affari regionali almeno due volte l'anno consulta, ai fini della applicazione della legge, l'apposito Comitato tecnico consultivo, istituito con proprio decreto il 17 marzo 2000.
 
Art. 13
Disposizioni transitorie

1. Nella prima fase di applicazione del presente regolamento, i termini di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 8, sono fissati in tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento; i termini di cui ai commi 5, 6, 7, del medesimo articolo 8 sono fissati, rispettivamente, in quattro, cinque e sette mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
2. Il presente regolamento si applica alla minoranza linguistica slovena fino alla completa operativita' della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante "Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena nella regione Friuli-Venezia Giulia".
3. Entro un anno dalla sua entrata in vigore il presente regolamento e' sottoposto a revisione.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 2 maggio 2001
CIAMPI Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri Loiero, Ministro per gli affari regionali
Bianco, Ministro dell'interno
Visco, Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione
economica De Mauro, Ministro della pubblica istruzione Bassanini, Ministro per la funzione pubblica

Visto, il Guardasigilli: Castelli

Registrato alla Corte dei conti il 5 settembre 2001

Ministeri istituzionali, registro n. 11, foglio n. 358



Nota all'art. 13:
- La legge 23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela
della minoranza linguistica slovena della regione
Friuli-Venezia Giulia), e' stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 56 dell'8 marzo 2001.



 
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