Gazzetta n. 254 del 30 ottobre 2000 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267
Ripubblicazione del testo del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante: "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.", corredato delle relative note. (Decreto legislativo pubblicato nel Supplemento ordinario N. 162/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 227 del 28 settembre 2000).

Avvertenza:
Si procede alla ripubblicazione del testo del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, corredato delle relative note, ai sensi dell'art. 8, comma 3, del regolamento di esecuzione del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1986, n. 217. Restano invariati il valore e l'efficacia dell'atto legislativo qui trascritto.
Art. 1.
O g g e t t o
1. Il presente testo unico contiene i principi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali.
2. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
3. La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L'entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali principi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette.
4. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.



Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato
redatto dall'amministrazione competente per materia, ai
sensi dell'articolo 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- Si riporta il testo dell'art. 76 della Costituzione
della Repubblica italiana: "Art. 76. L'esercizio della
funzione legislativa non puo' essere delegato al Governo se
non con determinazione di principi e criteri direttivi e
soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti". -
L'art. 87 della Costituzione della Repubblica italiana
conferisce, tra l'altro, al Presidente della Repubblica il
potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi
valore di legge ed i regolamenti. - Si riporta il testo
dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri): "Art. 14
(Decreti legislativi). - 1. I decreti legislativi adottati
dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione
sono emanati dal Presidente della Repubblica con la
denominazione di "decreto legislativo" e con l'indicazione,
nel preambolo, della legge di delegazione, della
deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri
adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di
delegazione. 2. L'emanazione del decreto legislativo
deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di
delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal
Governo e' trasmesso al Presidente della Repubblica, per la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una
pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata
disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti
successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In
relazione al termine finale stabilito dalla legge di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere
sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio
della delega. 4. In ogni caso, qualora il termine
previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il
Governo e' tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli
schemi dei decreti delegati. Il parere e' espresso dalle
Commissioni permanenti delle due Camere competenti per
materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le
eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle
direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei
trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette,
con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i
testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve
essere espresso entro trenta giorni". - Si riporta il
testo dell'art. 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265
(Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli
enti locali, nonche' modifiche alla legge 8 giugno 1990, n.
142): "Art. 31 (Testo unico in materia di ordinamento
degli enti locali). - 1. Il Governo della Repubblica e'
delegato ad adottare, con decreto legislativo, un testo
unico nel quale sono riunite e coordinate le disposizioni
legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e
delle province e loro forme associative. Il decreto e'
emanato, entro il termine di un anno dalla data di entrata
in vigore della presente legge, previa deliberazione del
consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell'interno. Si applica, in quanto compatibile, il comma 4
dell'articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50. 2. Il
testo unico contiene le disposizioni sull'ordinamento in
senso proprio e sulla struttura istituzionale, sul sistema
elettorale, ivi comprese l'ineleggibilita' e
l'incompatibilita', sullo stato giuridico degli
amministratori, sul sistema finanziario e contabile, sui
controlli, nonche' norme fondamentali sull'organizzazione
degli uffici e del personale, ivi compresi i segretari
comunali. 3. Nella redazione del testo unico si avra'
riguardo in particolare, oltre alla presente legge, alle
seguenti: a) testo unico approvato con regio decreto
3 marzo 1934, n. 383; b) legge 10 febbraio 1953, n.
62; c) legge 3 dicembre 1971, n. 1102; d) legge
23 marzo 1981, n. 93; e) legge 23 aprile 198 1, n.
154; f) legge 27 dicembre 1985, n. 816;
g) legge 8 giugno 1990, n. 142; h) legge
25 marzo 1993, n. 81; i) legge 31 gennaio 1994, n.
97; l) decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77;
m) legge 15 marzo 1997, n. 59, e relativi decreti
legislativi di attuazione; n) legge 15 maggio 1997,
n. 127". - Il decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, reca: "Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse
comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la
Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali". Nota all'art.
1:
- Si riporta il testo dell'art. 128 della Costituzione
della Repubblica italiana: "Art. 128. - Le province e i
comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati
da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le
funzioni".



 
Art. 2.
Ambito di applicazione
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le citta' metropolitane, le comunita' montane, le comunita' isolane e le unioni di comuni.
2. Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresi', salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attivita' aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.
 
Art. 3.
Autonomia dei comuni e delle province
1. Le comunita' locali, ordinate in comuni e province, sono autonome.
2. Il comune e' l'ente locale che rappresenta la propria comunita', ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria comunita', ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo.
4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonche' autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarieta'. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attivita' che possono essere adeguatamente. esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.
 
Art. 4.
Sistema regionale delle autonomie locali
1. Ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma della Costituzione, le regioni, ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province.
2. Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai principi stabiliti dal presente testo unico in ordine alle funzioni del comune e della provincia, identificando nelle materie e nei casi previsti dall'articolo 117 della Costituzione, gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio.
3. La generalita' dei compiti e delle funzioni amministrative e' attribuita ai comuni, alle province e alle comunita' montane, in base ai principi di cui all'articolo 4, comma 3, della legge del 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale.
4. La legge regionale indica i principi della cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile.
5. Le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'ambito delle rispettive competenze.



Note all'art. 4
- Si riporta il testo dell'art. 117 della Costituzione
della Repubblica italiana: "Art. 117. - La Regione
emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti
dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello
Stato, sempreche' le norme stesse non siano in contrasto
con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni:
ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi
dipendenti dalla regione; circoscrizioni comunali;
polizia locale urbana e rurale; fiere e
mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria
ed ospedaliera; istituzione artigiana e professionale
e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti
locali; urbanistica; turismo ed industria
alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di
interesse regionale; viabilita', acquedotti e lavori
pubblici di interesse regionale; navigazione e porti
lacuali; acque minerali e termali; cave e
torbiere; caccia; pesca nelle acque interne;
agricoltura e foreste; artigianato. altre
materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi
della Repubblica possono demandare alla regione il potere
di emanare norme per la loro attuazione". - Per il
testo dell'art. 118, primo comma, della Costituzione della
Repubblica italiana, v. nelle note all'art. 15. - Per
completezza d'informazione, si riporta il testo integrale
dell'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al
Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica
amministrazione e per la semplificazione amministrativa):
"Art. 4. - 1. Nelle materie di cui all'articolo 117
della Costituzione, le regioni, in conformita' ai singoli
ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai
comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non
richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Al
conferimento delle funzioni le regioni provvedono sentite
le rappresentanze degli enti locali. Possono altresi'
essere ascoltati anche gli organi rappresentativi delle
autonomie locali ove costituiti dalle leggi regionali.
2. Gli altri compiti e funzioni di cui all'articolo 1,
comma 2, della presente legge, vengono conferiti a regioni,
province, comuni ed altri enti locali con i decreti
legislativi di cui all'articolo 1. 3. I conferimenti di
funzioni di cui ai commi 1 e 2 avvengono nell'osservanza
dei seguenti princi'pi fondamentali: a) il principio
di sussidiarieta', con l'attribuzione della generalita' dei
compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle
province e alle comunita' montane, secondo le rispettive
dimensioni territoriali, associative e organizzative, con
l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le
dimensioni medesime, attribuendo le responsabilita'
pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di
funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle
famiglie, associazioni e comunita', alla autorita'
territorialmente e funzionalmente piu' vicina ai cittadini
interessati; b) il principio di completezza, con la
attribuzione alla regione dei compiti e delle funzioni
amministrative non assegnati ai sensi della lettera a), e
delle funzioni di programmazione; c) il principio di
efficienza e di economicita', anche con la soppressione
delle funzioni e dei compiti divenuti superflui;
d) il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed
enti locali anche al fine di garantire un'adeguata
partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito
dell'Unione europea; e) i princi'pi di
responsabilita' ed unicita' dell'amministrazione, con la
conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle
funzioni e dei compiti connessi, strumentali e
complementari, e quello di identificabilita' in capo ad un
unico soggetto anche associativo della responsabilita' di
ciascun servizio o attivita' amministrativa; f) il
principio di omogeneita', tenendo conto in particolare
delle funzioni gia' esercitate con l'attribuzione di
funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo;
g) il principio di adeguatezza, in relazione
all'idoneita' organizzativa dell'amministrazione ricevente
a garantire, anche in forma associata con altri enti,
l'esercizio delle funzioni; h) il principio di
differenziazione nell'allocazione delle funzioni in
considerazione delle diverse caratteristiche, anche
associative, demografiche, territoriali e strutturali degli
enti riceventi; i) il principio della copertura
finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle
funzioni amministrative; l) il principio di autonomia
organizzativa e regolamentare e di responsabilita' degli
enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti
amministrativi ad essi conferiti".



 
Art. 5.
Programmazione regionale e locale
1. La regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti locali.
2. Comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione ed attuazione.
3. La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali e degli altri provvedimenti della regione.
4. La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali.
5. La legge regionale disciplina, altresi', con norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica della compatibilita' fra gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti.
 
Art. 6.
Statuti comunali e provinciali
1. I comuni e le province adottano il proprio statuto.
2. Lo statuto, nell'ambito dei principi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipatone delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresi', i criteri generali in materia di organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipatone popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico.
3. Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunita' tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonche' degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
4. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione e' ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto e' approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie.
5. Dopo l'espletamento, del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto e' pubblicato nel bollettino ufficiale della regione, affisso all'albo pretorio dell'ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente.
6. L'ufficio del Ministero dell'interno, istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicita' degli statuti stessi.



Nota all'art. 6:
- La legge 10 aprile 1991, n. 125, reca: "Azioni
punitive per la realizzazione della parita' uomo-donna nel
lavoro".



 
Art. 7.
Regolamenti
1. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni.
 
Art. 8.
Partecipazione popolare
1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalita' stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonche' procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresi', determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresi', previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.
5. Lo statuto, ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.



Note all'art. 8:
- La legge 7 agosto 1990, n. 241, reca "Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi". - La legge
8 marzo 1994, n. 203, reca: "Ratifica ed esecuzione della
convenzione nella partecipazione degli stranieri alla vita
pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio
1999, limitatamente ai capitoli A e B". - Il decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, reca: "Testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero".



 
Art. 9.
Azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale
1. Ciascun elettore puo' far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
2. Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso, salvo che l'ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore.
3. Le associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento e' liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione.



Note all'art. 9:
- Si riporta il testo dell'art. 13 della legge 8 luglio
1986, n. 349, (Istituzione del Ministero dell'Ambiente e
norme in materia di danno ambientale): "Art. 13. - 1.
Le associazioni di protezione ambientale a carattere
nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono
individuate con decreto del Ministro dell'ambiente sulla
base delle finalita' programmatiche e dell'ordinamento
interno democratico previsti dallo statuto, nonche' della
continuita' dell'azione e della sua rilevanza esterna,
previo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente da
esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. 2. Il
Ministro, al solo fine di ottenere, per la prima
composizione del Consiglio nazionale per l'ambiente, le
terne di cui al precedente art. 12, comma 1, lett. c),
effettua, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della
presente legge, una prima individuazione delle associazioni
a carattere nazionale e di quelle presenti in almeno cinque
regioni, secondo i criteri di cui al precedente comma 1, e
ne informa il Parlamento".



 
Art. 10.
Diritto di accesso e di informazione
1. Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.
2. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui e' in possesso l'amministrazione.
3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attivita' dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.
 
Art. 11.
Difensore civico
1. Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia dell'imparzialita' e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonche' i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale.
3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresi' la funzione di controllo nell'ipotesi prevista all'articolo 127.
 
Art. 12.
Sistemi informativi e statistici
1. Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale.
2. Gli enti locali, nello svolgimento delle attivita' di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. E' in ogni caso assicurata l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico nazionale.
3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.



Note all'art. 12:
- Il Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322,
reca: "Norme sul sistema statistico nazionale e sulla
riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai
sensi dell'art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400".
- Si riporta il testo degli articoli 6 e 9 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Per l'argomento v.
nelle note alle premesse): "Art. 6. (Scambio di dati e
informazioni). - 1. La Conferenza Stato-regioni favorisce
l'interscambio di dati ed informazioni sull'attivita' posta
in essere dalle amministrazioni centrali, regionali e delle
province autonome di Trento e di Bolzano. 2. La
Conferenza Stato-regioni approva protocolli di intesa tra
Governo, regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano, anche ai fini della costituzione di banche dati
sulle rispettive attivita', accessibili sia dallo Stato che
dalle regioni e dalle province autonome. Le norme tecniche
ed i criteri di sicurezza per l'accesso ai dati ed alle
informazioni sono stabiliti di intesa con l'autorita' per
l'informatica nella pubblica amministrazione. 3. I
protocolli di intesa di cui al comma 2 prevedono, altresi',
le modalita' con le quali le regioni e le province autonome
si avvalgono della rete unitaria delle pubbliche
amministrazioni e dei servizi di trasporto e di
interoperabilita' messi a disposizione dai gestori, alle
condizioni contrattuali previste ai sensi dell'articolo 15,
comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59". "Art. 9
(Funzioni). - 1. La Conferenza unificata assume
deliberazioni, promuove e sancisce intese ed accordi,
esprime pareri, designa rappresentanti in relazione alle
materie ed ai compiti di interesse comune alle regioni,
alle province, ai comuni e alle comunita' montane. 2.
La Conferenza unificata e' comunque competente in tutti i
casi in cui regioni, province, comuni e comunita' montane
ovvero la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali debbano esprimersi su un
medesimo oggetto. In particolare la Conferenza unificata:
a) esprime parere: 1) sul disegno di legge
finanziaria e sui disegni di legge collegati; 2)
sul documento di programmazione economica e finanziaria;
3) sugli schemi di decreto legislativo adottati in
base all'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59;
b) promuove e sancisce intese tra Governo, regioni,
province, comuni e comunita' montane. Nel caso di mancata
intesa o di urgenza si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 3, commi 3 e 4; c) promuove e sancisce
accordi tra Governo, regioni, province, comuni e comunita'
montane, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive
competenze e svolgere in collaborazione attivita' di
interesse comune; d) acquisisce le designazioni dei
rappresentanti delle autonomie locali indicati,
rispettivamente, dai presidenti delle regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano, dall'ANCI, dall'UPI e
dall'UNCEM nei casi previsti dalla legge; e) assicura
lo scambio di dati e informazioni tra Governo, regioni,
province, comuni e comunita' montane nei casi di sua
competenza, anche attraverso l'approvazione di protocolli
di intesa tra le amministrazioni centrali e locali secondo
le modalita' di cui all'articolo 6; f) e' consultata
sulle linee generali delle politiche del personale pubblico
e sui processi di riorganizzazione e mobilita' del
personale connessi al conferimento di funzioni e compiti
alle regioni ed agli enti locali; g) esprime gli
indirizzi per l'attivita' dell'agenzia per i servizi
sanitari regionali. 3. Il Presidente del Consiglio dei
Ministri puo' sottoporre alla Conferenza unificata, anche
su richiesta delle autonomie regionali e locali, ogni altro
oggetto di preminente interesse comune delle regioni, delle
province, dei comuni e delle comunita' montane. 4.
Ferma restando la necessita' dell'assenso del Governo per
l'adozione delle deliberazioni di competenza della
Conferenza unificata, l'assenso delle regioni, delle
province, dei comuni e delle comunita' montane e' assunto
con il consenso distinto dei membri dei due gruppi delle
autonomie che compongono, rispettivamente, la Conferenza
Stato-regioni e la Conferenza Stato-citta' ed autonomie
locali. L'assenso e' espresso di regola all'unanimita' dei
membri dei due predetti gruppi. Ove questa non sia
raggiunta l'assenso e' espresso dalla maggioranza dei
rappresentanti di ciascuno dei due gruppi. 5. La
Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali ha compiti di:
a) coordinamento nei rapporti tra lo Stato e le
autonomie locali; b) studio, informazione e confronto
nelle problematiche connesse agli indirizzi di politica
generale che possono incidere sulle funzioni proprie o
delegate di province e comuni e comunita' montane. 6.
La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, in
particolare, e' sede di discussione ed esame: a) dei
problemi relativi all'ordinamento ed al funzionamento degli
enti locali, compresi gli aspetti relativi alle politiche
finanziarie e di bilancio, alle risorse umane e
strumentali, nonche' delle iniziative legislative e degli
atti generali di governo a cio' attinenti; b) dei
problemi relativi alle attivita' di gestione ed erogazione
dei servizi pubblici; c) di ogni altro problema
connesso con gli scopi di cui al presente comma che venga
sottoposto, anche su richiesta del Presidente dell'ANCI,
dell'UPI e dell'UNCEM, al parere della Conferenza dal
Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Presidente
delegato. 7. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie
locali ha inoltre il compito di favorire:
a) l'informazione e le iniziative per il
miglioramento dell'efficienza dei servizi pubblici locali;
b) la promozione di accordi o contratti di programma
ai sensi dell'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n.
498; c) le attivita' relative alla organizzazione di
manifestazioni che coinvolgono piu' comuni o province da
celebrare in ambito nazionale".



 
Art. 13.
F u n z i o n i
1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunita', dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia.
 
Art. 14.
Compiti del comune per servizi di competenza statale
1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica.
2. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54.
3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.
 
Art. 15.
Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni
1. A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale. Salvo i casi di fusione tra piu' comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite.
2. La legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o piu' comuni contigui, prevede che alle comunita' di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi.
3. Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi alla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.
4. La denominazione delle borgate e frazioni e' attribuita ai comuni ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.



Note all'art. 15:
- Per il testo dell'art. 117 della Costituzione della
Repubblica italiana, v. nelle note all'art. 4. - Si
riporta il testo degli articoli 118 e 133 della
Costituzione della Repubblica italiana: "Art. 118. -
Spettano alla regione le funzioni amministrative per le
materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di
interesse esclusivamente locale, che possono essere
attribuite dalle leggi della Repubblica alle province, ai
comuni o ad altri enti locali.
Lo Stato puo' con legge delegare alla regione
l'esercizio di altre funzioni amministrative. La
regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative
delegandole alle province, ai comuni o ad altri enti
locali, o valendosi dei loro uffici." "Art. 133. - Il
mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione
di nuove province nell'ambito d'una regione sono stabiliti
con leggi della Repubblica, su iniziativa dei comuni,
sentita la stessa regione.
La regione, sentite le popolazioni interessate, puo'
con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni
e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni".



 
Art. 16.
M u n i c i p i
1. Nei comuni istituiti mediante fusione di due o piu' comuni contigui lo statuto comunale puo' prevedere l'istituzione di municipi nei territori delle comunita' di origine o di alcune di esse.
2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione.
 
Art. 17.
Circoscrizioni di decentramento comunale
1. I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonche' di esercizio delle funzioni delegate dal comune.
2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.
3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2.
4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unita' del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.
5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto puo' prevedere particolari e piu' accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresi', anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalita' di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale puo' deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.
 
Art. 18.
Titolo di citta'
1. Il titolo di citta' puo' essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza.
 
Art. 19.
F u n z i o n i
1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamita';
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni culturali;
d) viabilita' e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque interne;
g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attivita', nonche' realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo.
3. La gestione di tali attivita' ed opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici locali.
 
Art. 20.
Compiti di programmazione
1. La provincia:
a) raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della regione;
b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;
c) formula e adotta con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attivita' programmatoria dei comuni.
2. La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica:
a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
3. I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne la conformita' agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale.
4. La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonche' norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento.
5. Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilita' di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento.
6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali.
 
Art. 21.
Circondari e revisione delle circoscrizioni provinciali
1. La provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarita' del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalita' dei servizi, puo' disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini.
2. Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto della provincia puo' demandare ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario.
3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi:
a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente;
b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entita' demografica, nonche' per le attivita' produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale;
c) l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;
d) l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
f) l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici;
g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.
4. Ai sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma 3.



Note all'art. 21:
- Per il testo dell'art. 133 della Costituzione della
Repubblica italiana, v. nelle note all'art. 15. - Per
il testo dell'art. 117 della Costituzione della Repubblica
italiana, v. nelle note all'art. 4.



 
Art. 22.
Aree metropolitane
1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attivita' economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la regione procede entro centottanta giorni dalla proposta stessa alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana.
3. Restano ferme le citta' metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale.



Nota all'art. 22:
- Si riporta il testo dell'art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (per l'argomento v.
nelle note alle premesse): "Art. 8 (Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali e Conferenza unificata). -
1. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
unificata per le materie ed i compiti di interesse comune
delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita'
montane, con la Conferenza Stato-regioni. 2. La
Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' presieduta
dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua
delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli
affari regionali; ne fanno parte altresi' il Ministro del
tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il
Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il
Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione
nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente
dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente
dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed enti montani -
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque
rappresentano le citta' individuate dall'articolo 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche' rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita' o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e'
convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e' conferito, dal
Ministro dell'interno".



 
Art. 23.
Citta' metropolitane
1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguita' territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attivita' economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in citta' metropolitane ad ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della citta' metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni.
3. La proposta di istituzione della citta' metropolitana e' sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa nella meta' piu' uno dei comuni partecipanti, essa e' presentata dalla regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge.
4. All'elezione degli organi della citta' metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di elezioni degli enti locali.
5. La citta' metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identita' delle originarie collettivita' locali.
6. Quando la citta' metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitatone delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 21, considerando l'area della citta' come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai principi contenuti nel presente comma.
7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
 
Art. 24.
Esercizio coordinato di funzioni
1. La regione, previa intesa con gli enti locali interessati, puo' definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:
a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attivita' culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 50, comma 7.
2. Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all'istituzione della citta' metropolitana.
 
Art. 25.
Revisione delle circoscrizioni comunali
1. Istituita la citta' metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, puo' procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana.
 
Art. 26.
Norma transitoria
1. Sono fatte salvo le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane.
2. La legge istitutiva della citta' metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai principi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalita' per l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.



Note all'art. 26:
- Per il testo dell'art. 4, comma 3, della legge
15 marzo 1997, n. 59, v. nelle note all'art. 4. - Per
completezza d'informazione, si riporta il testo dell'art.
3, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione
del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59): "Art. 3.
- 1. Ciascuna regione, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e
5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro sei mesi
dall'emanazione del presente decreto legislativo,
determina, in conformita' al proprio ordinamento, le
funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio
a livello regionale, provvedendo contestualmente a
conferire tutte le altre agli enti locali, in conformita'
ai princi'pi stabiliti dall'articolo 4, comma 3, della
stessa legge n. 59 del 1997, nonche' a quanto previsto
dall'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2.-3. (Omissis). 4. Qualora la regione non provveda
entro il termine indicato, il Governo adotta con apposito
decreto legislativo le misure di cui all'articolo 4, comma
5, della legge 15 marzo 1997, n. 59".



 
Art. 27.
Natura e ruolo
1. Le comunita' montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali.
2. La comunita' montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente puo' cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunita'. I rappresentanti dei comuni della comunita' montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze.
3. La regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunita' montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunita' montana avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale.
4. La legge regionale disciplina le comunita' montane stabilendo in particolare:
a) le modalita' di approvazione dello statuto;
b) le procedure di concertazione;
c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d) i criteri di ripartizione tra le comunita' montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea;
e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5. La legge regionale puo' escludere dalla comunita' montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale puo' prevedere, altresi', per un piu' efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunita'.
6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunita' montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunita' montana.
7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunita' montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunita' montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficolta' nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilita' ecologica, dei rischi ambientali e della realta' socio-economica.
8. Ove in luogo di una preesistente comunita' montana vengano costituite piu' comunita' montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni.



Nota all'art. 27:
- Si riporta il testo dell'art. 36 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della
finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4
della legge 23 ottobre 1992, n. 421): "Art. 36
(Definizione dei contributi ordinari spettanti ai singoli
enti locali). - 1. A ciascuna amministrazione provinciale,
a ciascun comune ed a ciascuna comunita' montana spettano
contributi ordinari annuali, destinati al finanziamento dei
servizi indispensabili ai sensi dell'articolo 54 della
legge n. 142 del 1990, calcolati come segue:
a) amministrazioni provinciali. Il contributo
ordinario e' dato dalla somma dei contributi ordinari,
perequativi e del contributo finanziato con i proventi
dell'addizionale energetica di cui al comma 1 dell'articolo
35, attribuiti per l'anno 1993, dalla quale viene detratta
annualmente e per sedici anni consecutivi, una quota del
cinque per cento del complesso dei contributi ordinario e
perequativo attribuito nel 1993, ed alla quale viene
aggiunto il contributo ripartito con parametri obiettivi di
cui all'articolo 37, utilizzando le quote detratte
annualmente. La detrazione non deve comunque ledere la
parte di contributi ordinari destinata al finanziamento dei
servizi indispensabili per le materie di competenza
statale, delegate o attribuite all'amministrazione
provinciale, il cui importo massimo e' fissato nella misura
del 5 per cento del complesso dei contributi ordinario e
perequativo attribuito nel 1993. L'importo relativo e'
comunicato, attraverso il sistema informativo telematico
del Ministero dell'interno, entro il mese di settembre per
il triennio successivo; b) comuni. Il contributo
ordinario e' dato dalla somma dei contributi ordinari,
perequativi e del contributo finanziato con i proventi
dell'addizionale energetica di cui al comma 2 dell'articolo
35 attribuiti per l'anno 1993 al netto del gettito dell'ICI
per il 1993 con l'aliquota del 4 per mille, diminuito della
perdita del gettito dell'INVIM. Dalla somma cosi' calcolata
viene detratta annualmente e per sedici anni consecutivi
una quota del cinque per cento del complesso dei contributi
ordinario e perequativo attribuito nel 1993, ed alla stessa
somma viene aggiunto il contributo ripartito con parametri
obiettivi di cui all'articolo 37 utilizzando le quote
detratte annualmente. La detrazione non deve comunque
ledere la parte dei contributi ordinari destinati al
finanziamento dei servizi indispensabili per le materie di
competenza statale, delegate o attribuite al comune, il cui
importo massimo e' fissato nella misura del 5 per cento del
complesso dei contributi ordinario e perequativo attribuito
per il 1993. L'importo relativo e' comunicato, attraverso
il sistema informativo telematico del Ministero
dell'interno, entro il mese di settembre per il triennio
successivo; c) comunita' montane. Il contributo
ordinario e' dato dalla somma dei contributi ordinari e di
quello finanziato con il provento dell'addizionale
energetica di cui al comma 1 dell'articolo 35 attribuiti
nell'anno 1993. Ad essa si aggiunge l'incremento annuale
delle risorse di cui al comma 4 dell'art. 35 da assegnare
prioritariamente, con i criteri previsti dall'art. 29,
comma 3, lettera a), alle nuove comunita' montane istituite
dalle regioni. La somma residua e' ripartita fra tutte le
comunita' montane sulla base della popolazione montana.
L'importo relativo e' comunicato, attraverso il sistema
informativo telematico del Ministero dell'interno, entro il
mese di settembre, per il triennio successivo".



 
Art. 28.
F u n z i o n i
1. L'esercizio associato di funzioni proprie dei co-muni o a questi conferite dalla regione spetta alle comunita' montane. Spetta, altresi', alle comunita' montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla regione.
2. Spettano alle comunita' montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi statali e regionali.
3. Le comunita' montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.
4. Le comunita' montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento.
5. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunita' montane ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale.
6. Gli interventi finanziari disposti dalle comunita' montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati esclusivamente ai territori classificati montani.
7. Alle comunita' montane si applicano le disposizioni dell'articolo 32, comma 5.
 
Art. 29.
Comunita' isolane o di arcipelago
1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono piu' comuni puo' essere istituita, dai comuni interessati, la comunita' isolana o dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunita' montane.
 
Art. 30.
Convenzioni
1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
 
Art. 31.
Consorzi
1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o piu' servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a cio' autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.
2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio.
3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformita' alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.
4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio e' composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilita' pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.
5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi enti locali non puo' essere costituito piu' di un consorzio.
7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato puo' prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.
8. Ai consorzi che gestiscono attivita' aventi rilevanza economica e imprenditoriale e ai consorzi creati per la gestione dei servizi sociali se previsto nello statuto, si applicano le norme previste per le aziende speciali.
 
Art. 32.
Unioni di comuni
1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o piu' comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralita' di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalita' per la loro costituzione e individua altresi' le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4. L'unione ha potesta' regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni.
5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non puo' comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati.
 
Art. 33.
Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni
1. Le regioni, nell'emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalita' dei comuni.
2. Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4. Nell'ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra la regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa.
3. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che puo' prevedere altresi' la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma e' aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite.
4. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti principi fondamentali:
a) nella disciplina delle incentivazioni:
1) favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione.
 
Art. 34.
Accordi di programma
1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o piu' tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o piu' dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalita', il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.
2. L'accordo puo' prevedere altresi' procedimenti di arbitrato, nonche' interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilita' di concordare l'accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, e' approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed e' pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato.
5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.
6. Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
7. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonche' dal commissario del Governo nella regione o dal prefetto nella provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.
8. Allorche' l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o piu' regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma e' promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 e' in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed e' composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.



Nota all'art. 34:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 81 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge
22 luglio 1975, n. 382): "Art. 81 (Competenze dello
Stato). - Sono di competenza dello Stato le funzioni
amministrative concernenti: b) la formazione e
l'aggiornamento degli elenchi delle zone dichiarate
sismiche e l'emanazione delle relative norme tecniche per
le costruzioni nelle stesse. Se l'intesa non si
realizza entro novanta giorni dalla data di ricevimento da
parte delle regioni del programma di intervento, e il
Consiglio dei Ministri ritiene che si debba procedere in
difformita' dalla previsione degli strumenti urbanistici,
si provvede sentita la commissione interparlamentare per le
questioni regionali con decreto del Presidente della
Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri
su proposta del Ministro o dei Ministri competenti per
materia. I progetti di investimento di cui all'art. 14
della legge 6 ottobre 1971, n. 853, sono comunicati alla
regione nel cui territorio essi devono essere realizzati.
Le regioni hanno la facolta' di promuovere la deliberazione
del CIPE di cui al quarto comma dello stesso articolo.
Resta fermo quanto previsto dalla legge 18 dicembre
1973, n. 880, concernente la localizzazione degli impianti
per la produzione di energia elettrica e dalla legge
2 agosto 1975, n. 393, relativa a norme sulla
localizzazione delle centrali elettronucleari e sulla
produzione e sull'impiego di energia elettrica e dalla
legge 24 dicembre 1976, n. 898, per le servitu' militari".



 
Art. 35.
Norma transitoria
1. L'adozione delle leggi regionali previste dall'articolo 33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei principi enunciati nel citato articolo del presente testo unico. La disciplina adottata nell'esercizio dei poteri sostitutivi si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.



Nota all'art. 35:
- Per il testo dell'art. 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281 (per l'argomento v. nelle note alle
premesse), v. nelle note all'art. 22.



 
Art. 36.
Organi di governo
1. Sono organi di governo del comune il consiglio, la giunta, il sindaco.
2. Sono organi di governo della provincia il consiglio, la giunta, il presidente.
 
Art. 37.
Composizione dei consigli
1. Il consiglio comunale e' composto dal sindaco e:
a) da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;
b) da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
c) da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti.
d) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;
e) da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti;
f) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
g) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;
h) da 12 membri negli altri comuni.
2. Il consiglio provinciale e' composto dal presidente della provincia e:
a) da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;
b) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;
c) da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;
d) da 24 membri nelle altre province.
3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano la intera provincia.
4. La popolazione e' determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale.
 
Art. 38.
Consigli comunali e provinciali
1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico.
2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, e' disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalita' per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresi' il numero dei consiglieri necessario per la validita' delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
3. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalita' per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti.
4. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione.
5. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.
6. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicita' dei lavori.
7. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento.
8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere assunte immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 141.
9. In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all'esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica italiana e quella dell'Unione europea per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni e attivita'. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera italiana ed europea.



Nota all'art. 38:
- La legge 5 febbraio 1998, n. 22, reca: "Disposizioni
generali sull'uso della bandiera della Repubblica italiana
e di quella dell'Unione europea".



 
Art. 39.
Presidenza dei consigli comunali e provinciali
1. I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attivita' del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le modalita' di cui all'articolo 40. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto puo' prevedere la figura del presidente del consiglio.
2. Il presidente del consiglio comunale o provinciale e' tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio e' presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria.
4. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio.
5. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.
 
Art. 40.
Convocazione della prima seduta del consiglio
1. La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere convocata entro il termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione.
2. Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, e' convocata dal sindaco ed e' presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto la presidenza del presidente del consiglio per la comunicazione dei componenti della giunta e per gli ulteriori adempimenti. E' consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior cifra individuale ai sensi dell'articolo 73 con esclusione del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco, proclamati consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo articolo 73.
3. Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere l'assemblea, la presidenza e' assunta dal consigliere che, nella graduatoria di anzianita' determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo.
4. La prima seduta del consiglio provinciale e' presieduta e convocata dal presidente della provincia sino alla elezione del presidente del consiglio.
5. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del consiglio e' convocata e presieduta dal sindaco sino all'elezione del presidente del consiglio.
6. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto.
 
Art. 41.
Adempimenti della prima seduta
1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorche' non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilita' di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall'articolo 69.
2. Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri componenti la commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.



Nota all'art. 41:
- Gli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente
della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223 (Approvazione del
testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato
attivo e per la tenuta e la revisione delle liste
elettorali), compresi nel titolo II (delle liste
elettorali) del decreto sopracitato, concernono l'elezione,
la composizione, nonche' le funzioni e i compiti della
commissione elettorale comunale.



 
Art. 42.
Attribuzioni dei consigli
1. Il consiglio e' l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie;
c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme associative;
d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
e) assunzione diretta dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a societa' di capitali, affidamento di attivita' o servizi mediante convenzione;
f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
h) contrazione dei mutui non previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio comunale ed emissione dei prestiti obbligazionari;
i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo;
l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari;
m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonche' nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge.
3. Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresi' alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.
4. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.
 
Art. 43.
Diritti dei consiglieri
1. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalita' dettate dall'articolo 39, comma 2, e di presentare interrogazioni e mozioni.
2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonche' dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.
3. Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro trenta giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalita' della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare.
4. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative.
 
Art. 44.
Garanzia delle minoranze e controllo consiliare
1. Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite.
2. Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, puo' istituire al proprio interno commissioni di indagine sull'attivita' dell'amministrazione. I poteri, la composizione ed il funzionamento delle suddette commissioni sono disciplinati dallo statuto e dal regolamento consiliare.
 
Art. 45. Surrogazione e supplenza dei consiglieri provinciali comunali e
circoscrizionali
1. Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, e' attribuito al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l'ultimo eletto.
2. Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell'articolo 59, il consiglio, nella prima adunanza successiva alla notifica del provvedimento di sospensione, procede alla temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla surrogazione a norma del comma 1.
 
Art. 46. Elezione del sindaco e del presidente della provincia Nomina della
giunta
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli.
2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione.
3. Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.
4. Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o piu' assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio.
 
Art. 47.
Composizione delle giunte
1. La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unita'.
2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.
3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilita', eleggibilita' e compatibilita' alla carica di consigliere.
4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto puo' prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilita', eleggibilita' e compatibilita' alla carica di consigliere.
5. Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.
 
Art. 48.
Competenze delle giunte
1. La giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali.
2. La giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attivita' e svolge attivita' propositive e di impulso nei confronti dello stesso.
3. E', altresi', di competenza della giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.
 
Art. 49.
Pareri dei responsabili dei servizi
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarita' tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarita' contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere e' espresso dal Segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.
 
Art. 50.
Competenze del sindaco e del presidente della provincia
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia.
2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonche' il consiglio quando non e' previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresi' all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.
4. Il sindaco esercita altresi' le altre funzioni attribuitegli quale autorita' locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.
5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunita' locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di piu' ambiti territoriali regionali.
6. In caso di emergenza che interessi il territorio di piu' comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.
7. Il sindaco, altresi', coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonche', d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio, il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.
9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell'articolo 136.
10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalita' ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonche' dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali.
11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana.
12. Distintivo del sindaco e' la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia e' una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla.
 
Art. 51. Durata del mandato del sindaco del presidente della provincia e dei
consigli Limitazione dei mandati
1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni.
2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non e', allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche.
3. E' consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie.
 
Art. 52.
Mozione di sfiducia
1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della provincia o delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi.
2. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell'articolo 141.
 
Art. 53. Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso
del sindaco o del presidente della provincia.
1. In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente.
2. Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonche' nel caso di sospensione dall'esercizio della funzione ai sensi dell'articolo 59.
3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di venti giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un commissario.
4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonche' delle rispettive giunte.
 
Art. 54.
Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende:
a) alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica;
b) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica;
c) allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge;
d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumita' dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini puo' richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica.
3. In casi di emergenza, connessi, con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessita' dell'utenza, il sindaco puo' modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonche', d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 2.
4. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 e' rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco puo' provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi.
5. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
6. Nell'ambito dei servizi di cui al presente articolo, il prefetto puo' disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei servizi stessi nonche' per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
7. Nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonche' dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, puo' delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco puo' conferire la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
8. Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto puo' nominare un commissario per l'adempimento delle funzioni stesse.
9. Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato.
10. Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma 2, il prefetto provvede con propria ordinanza.
 
Art. 55.
Elettorato passivo
1. Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di eta', nel primo giorno fissato per la votazione.
2. Per l'eleggibilita' alle elezioni comunali dei cittadini dell'Unione europea residenti nella Repubblica si applicano le disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197.



Nota all'art. 55:
- Il decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197, reca:
"Attuazione della direttiva 94/1980/CE concernente le
modalita' di esercizio del diritto di voto e di
eleggibilita' alle elezioni comunali per i cittadini
dell'Unione europea che risiedono in uno Stato membro di
cui non hanno la cittadinanza".



 
Art. 56.
Requisiti della candidatura
1. Nessuno puo' presentarsi come candidato a consigliere in piu' di due province o in piu' di due comuni o in piu' di due circoscrizioni, quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali, comunali o di circoscrizione in carica non possono candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale.
2. Nessuno puo' essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia in piu' di un comune ovvero di una provincia.
 
Art. 57.
Obbligo di opzione
1. Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in due province, in due comuni, in due circoscrizioni, deve optare per una delle cariche entro cinque giorni dall'ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane eletto nel consiglio della provincia, del comune o della circoscrizione in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei votanti ed e' surrogato nell'altro consiglio.
 
Art. 58.
Cause ostative alla candidatura
1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114, presidente e componente degli organi delle comunita' montane:
a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonche', nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;
c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o piu' delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera b);
d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo;
e) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall'articolo 59 la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale e' equiparata a condanna.
3. Le disposizioni previste dal comma 1, si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina e' di competenza:
a) del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale;
b) della giunta provinciale o del presidente, della giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o comunali.
4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 e' nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione e' tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse.
5. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi e' stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi e' stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se e' concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327.



Note all'art. 58:
- Si riporta il testo degli articoli 178, 314, 316,
316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, nonche' 416-bis del
codice penale: "Art. 178 (Riabilitazione). - La
riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro
effetto penale della condanna salvo che la legge disponga
altrimenti". "Art. 314. (Peculato). - Il pubblico
ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che,
avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o
comunque la disponibilita' di danaro o di altra cosa mobile
altrui, se ne appropria, e' punito con la reclusione da tre
a dieci anni.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre
anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso
momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, e'
stata immediatamente restituita". "Art. 316. (Peculato
mediante profitto dell'errore altrui). - Il pubblico
ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale,
nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi
dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per se'
o per un terzo, denaro od altra utilita', e' punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni".
"Art. 316-bis. (Malversazione a danno dello Stato). -
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo
ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle
Comunita' europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti
destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione
di opere od allo svolgimento di attivita' di pubblico
interesse, non li destina alle predette finalita', e'
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni".
"Art. 317. (Concussione). - Il pubblico ufficiale o
l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della
sua qualita' o dei suoi poteri costringe o induce taluno a
dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo,
denaro o altra utilita', e' punito con la reclusione da
quattro a dodici anni".
"Art. 318. (Corruzione per un atto d'ufficio). - Il
pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo
ufficio, riceve, per se' o per un terzo, in denaro od altra
utilita', una retribuzione che non gli e' dovuta, o ne
accetta la promessa, e' punito con la reclusione da sei
mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un
atto d'ufficio da lui gia' compiuto, la pena e' della
reclusione fino a un anno". "Art. 319. (Corruzione per
un atto contrario ai doveri d'ufficio). - Il pubblico
ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o
ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o
per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio,
riceve, per se' o per un terzo, denaro od altra utilita', o
ne accetta la promessa, e' punito con la reclusione da due
a cinque anni".
"Art. 319-ter. (Corruzione in atti giudiziari). - Se i
fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per
favorire o danneggiare una parte in un processo civile,
penale o amministrativo, si applica la pena della
reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla
reclusione non superiore a cinque anni, la pena e' della
reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta
condanna alla reclusione superiore a cinque anni o
all'ergastolo, la pena e' della reclusione da sei a venti
anni". Art. 320. (Corruzione di persona incaricata di
un pubblico servizio). - Le disposizioni dell'articolo 319
si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio;
quelle di cui all'articolo 318 si applicano anche alla
persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta
la qualita' di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non
superiore a un terzo". "Art. 416-bis. (Associazione di
tipo mafioso). Chiunque fa parte di un'associazione di tipo
mafioso formata da tre o piu' persone, e' punito con la
reclusione da tre a sei anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano
l'associazione sono puniti, per cio' solo, con la
reclusione da quattro a nove anni. L'associazione e' di
tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano
della forza di intimidazione del vincolo associativo e
della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne
deriva per commettere delitti, per acquisire in modo
diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di
attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni,
appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o
vantaggi ingiusti per se' o per altri, ovvero al fine di
impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di
procurare voti a se' o ad altri in occasione di
consultazioni elettorali. Se l'associazione e' armata
si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni
nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici
anni nei casi previsti dal secondo comma.
L'associazione si considera armata quando i
partecipanti hanno la disponibilita', per il conseguimento
della finalita' dell'associazione, di armi o materie
esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di
deposito. Se le attivita' economiche di cui gli
associati intendono assumere o mantenere il controllo sono
finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto,
o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi
precedenti sono aumentate da un terzo alla meta'. Nei
confronti del condannato e' sempre obbligatoria la confisca
delle cose che servirono o furono destinate a commettere il
reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il
profitto o che ne costituiscono l'impiego. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche alla
camorra e alle altre associazioni, comunque localmente
denominate, che valendosi della forza intimidatrice del
vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a
quelli delle associazioni di tipo mafioso". - Si
riporta il testo degli articoli 73 e 74 del decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo
unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza):
"Art. 73. (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 14, comma
1) (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti
o psicotrope). - 1. Chiunque senza l'autorizzazione di cui
all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae,
raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve, a
qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista,
trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa
o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o
comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi
previste dagli articoli 75, sostanze stupefacenti o
psicotrope di cui alle tabelle I e III previste
dall'articolo 14, e' punito con la reclusione da otto a
venti anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire
cinquecento milioni. 2. Chiunque, essendo munito
dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, illecitamente
cede, mette o procura che altri metta in commercio le
sostanze o le preparazioni indicate nel comma 1, e' punito
con la reclusione da otto a ventidue anni e con la multa da
lire cinquanta milioni a lire seicento milioni. 3. Le
stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o
fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da
quelle stabilite nel decreto di autorizzazione. 4. Se
taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda
sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e
IV previste dall'articolo 14, si applicano la reclusione da
due a sei anni e la multa da lire dieci milioni a lire
centocinquanta milioni. 5. Quando, per i mezzi, per la
modalita' o le circostanze dell'azione ovvero per la
qualita' e quantita' delle sostanze, i fatti previsti dal
presente articolo sono di lieve entita', si applicano le
pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da
lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta
di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I
e III previste dall'articolo 14, ovvero le pene della
reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da lire
due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze
di cui alle tabelle II e IV. 6. Se il fatto e' commesso
da tre o piu' persone in concorso tra loro, la pena e'
aumentata. 7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono
diminuite dalla meta' a due terzi per chi si adopera per
evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a
conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente
l'autorita' di polizia o l'autorita' giudiziaria nella
sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei
delitti". "Art. 74. (Legge 26 giugno 1990, n. 162,
articoli 14, comma 1, e 38, comma 2. Associazione
finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o
psicotrope). - 1. Quando tre o piu' persone si associano
allo scopo di commettere piu' delitti tra quelli previsti
dall'articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige,
organizza o finanzia l'associazione e' punito per cio' solo
con la reclusione non inferiore a venti anni.
2. Chi partecipa all'associazione e' punito con la
reclusione non inferiore a dieci anni. 3. La pena e'
aumentata se il numero degli associati e' di dieci o piu' o
se tra i partecipanti vi sono persone dedite all'uso di
sostanze stupefacenti o psicotrope. 4. Se
l'associazione e' armata la pena, nei casi indicati dai
commi 1 e 3, non puo' essere inferiore a ventiquattro anni
di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici
anni di reclusione. L'associazione si considera armata
quando i partecipanti hanno la disponibilita' di armi o
materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di
deposito. 5. La pena e' aumentata se ricorre la
circostanza di cui alla lettera e) del comma 1
dell'articolo 80. 6. Se l'associazione e' costituita
per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell'articolo
73, si applicano il primo e il secondo comma dell'articolo
416 del codice penale. 7. Le pene previste dai commi da
1 a 6 sono diminuite dalla meta' a due terzi per chi si sia
efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o
per sottrarre all'associazione risorse decisive per la
commissione dei delitti. 8. Quando in leggi e decreti
e' richiamato il reato previsto dall'articolo 75 della
legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall'articolo 38,
comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si
intende riferito al presente articolo". - Si riporta il
testo vigente dell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n.
575 (Disposizioni contro la mafia): "Art. 1. - La
presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad
associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre
associazioni, comunque localmente denominate, che
perseguono finalita' o agiscono con metodi corrispondenti a
quelli delle associazioni di tipo mafioso". - Si
riporta il testo dell'art. 444 del codice di procedura
penale: "Art. 444. (Applicazione della pena su
richiesta). - 1. L'imputato e il pubblico ministero possono
chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella
misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena
pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena
detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e
diminuita fino a un terzo, non supera due anni di
reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena
pecuniaria. 2. Se vi e' il consenso anche della parte
che non ha formulato la richiesta e non deve essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se
ritiene che la qualificazione giuridica del fatto e
l'applicazione e la comparizione delle circostanze
prospettate dalle parti sono corrette, dispone con sentenza
l'applicazione della pena indicata, enunciando nel
dispositivo che vi e' stata la richiesta delle parti. Se vi
e' costituzione di parte civile, il giudice non decide
sulla relativa domanda; non si applica la disposizione
dell'articolo 75 comma 3. 3. La parte, nel formulare la
richiesta, puo' subordinarne l'efficacia, alla concessione
della sospensione condizionale della pena. In questo caso
il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non
puo' essere concessa, rigetta la richiesta". - Si
riporta il testo dell'art. 15 della legge 3 agosto 1988, n.
327 (Norme in materia di misure di prevenzione personali):
"Art. 15. - 1. Dopo tre anni dalla cessazione della
misura di prevenzione, l'interessato puo' chiedere la
riabilitazione. La riabilitazione e' concessa, se il
soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona
condotta, dalla corte di appello nel cui distretto ha sede
l'autorita' giudiziaria che dispone l'applicazione della
misura di prevenzione o dell'ultima misura di prevenzione.
2. La riabilitazione comporta la cessazione di tutti
gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di
persona sottoposta a misure di prevenzione. 3. Si
osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del
codice di procedura penale riguardanti la riabilitazione".



 
Art. 59.
Sospensione e decadenza di diritto
1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58:
a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 58, comma 1, lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale;
b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo;
c) coloro nei cui confronti l'autorita' giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La sospensione di diritto consegue, altresi', quando e' disposta l'applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale.
2. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine della verifica del numero legale, ne' per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata.
3. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro i termini di cui al precedente periodo l'impugnazione in punto di responsabilita' e' rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest'ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina.
5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato venga meno l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorche' con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell'albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina.
6. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58 decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.
7. Quando, in relazione a fatti o attivita' comunque riguardanti gli enti di cui all'articolo 58, l'autorita' giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi e' la necessita' di verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il prefetto puo' accedere presso gli enti interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi.
8. Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991. n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modifiche ed integrazioni.



Note all'art. 59:
- Per il testo degli articoli 314, primo comma, 316,
316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, nonche' 320 del codice
penale, v. nelle note all'art. 58. - Per il testo
vigente dell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, v.
nelle note all'art. 58. - Si riporta il testo degli
articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale:
"Art. 284 (Arresti domiciliari). -1. Con il
provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il
giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla
propria abitazione o da altro luogo di privata dimora
ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. 2.
Quando e' necessario, il giudice impone limiti o divieti
alla facolta' dell'imputato di comunicare con persone
diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.
3. Se l'imputato non puo' altrimenti provvedere alle
sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in
situazione di assoluta indigenza, il giudice puo'
autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal
luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per
provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una
attivita' lavorativa. 4. Il pubblico ministero o la
polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono
controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni
imposte all'imputato. 5. L'imputato agli arresti
domiciliari si considera in stato di custodia cautelare".
"Art. 285. (Custodia cautelare in carcere). - 1. Con il
provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice
ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria
che l'imputato sia catturato e immediatamente condotto in
un istituto di custodia per rimanervi a disposizione
dell'autorita' giudiziaria.
2. Prima del trasferimento nell'istituto la persona
sottoposta a custodia cautelare non puo' subire limitazione
della liberta', se non per il tempo e con le modalita'
strettamente necessarie alla sua traduzione. 3. Per
determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare
subita si computa a norma dell'articolo 657, anche quando
si tratti di custodia cautelare subita all'estero in
conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso
di rinnovamento del giudizio a norma dell'articolo 11 del
codice penale". "Art. 286. (Custodia cautelare in luogo
di cura). - 1. Se la persona da sottoporre a custodia
cautelare si trova in stato di infermita' di mente che ne
esclude o ne diminuisce grandemente la capacita' di
intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia
in carcere, puo' disporre il ricovero provvisorio in idonea
struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando
i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di
fuga. Il ricovero non puo' essere mantenuto quando risulta
che l'imputato non e' piu' infermo di mente.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 285 commi
2 e 3". - Si riporta il testo vigente dell'art 2, comma
2-quater, del decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre
1991, n. 410 (Disposizioni urgenti per il coordinamento
delle attivita' informative e investigative nella lotta
contro la criminalita' organizzata): "2-quater. -
L'alto commissario per il coordinamento della lotta contro
la delinquenza mafiosa svolge le funzioni previste dalla
normativa vigente fino al 31 dicembre 1992. A decorrere dal
giorno successivo alla cessazione di dette funzioni, le
competenze sono attribuite al Ministro dell'interno con
facolta' di delega nei confronti dei prefetti e del
direttore della direzione investigativa antimafia di cui
all'art. 3, nonche' nei confronti di altri organi e uffici
dell'amministrazione della pubblica sicurezza, secondo
criteri che tengano conto delle competenze attribuite dalla
normativa vigente ai medesimi organi, uffici e autorita'.
Le competenze previste dal comma 3 dell'art. 1-ter del
decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, come
introdotto dall'art. 2 della legge 15 novembre 1988, n.
486, sono devolute al capo della polizia-direttore generale
della pubblica sicurezza".



 
Art. 60.
Ineleggibilita'
1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale:
1) il Capo della Polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgano le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori ed i capi di gabinetto dei ministri;
2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;
3) nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato;
4) nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione del comune o della provincia nonche' i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici;
6) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonche' i giudici di pace;
7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli;
8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere;
9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate;
10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle societa' per azioni con capitale maggioritario rispettivamente del comune o della provincia;
11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12) i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune, provincia o circoscrizione.
2. Le cause di ineleggibilita' di cui al numero 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilita' non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni.
3. Le cause di ineleggibilita' previste nei numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.
4. Le strutture convenzionate, di cui al numero 9) del comma 1, sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
5. La pubblica amministrazione e' tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla richiesta. Ove l'amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione.
6. La cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito.
7. L'aspettativa e' concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi dell'articolo 81.
8. Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato.
9. Le cause di ineleggibilita' previsto dal numero 9) del comma 1 non si applicano per la carica di consigliere provinciale.



Nota all'art. 60:
- Si riporta il testo degli articoli 43 e 44 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio
sanitario nazionale): "Art. 43. (Autorizzazione e
vigilanza su istituzioni sanitarie). - La legge regionale
disciplina l'autorizzazione e la vigilanza sulle
istituzioni sanitarie di carattere privato, ivi comprese
quelle di cui all'articolo 41, primo comma, che non hanno
richiesto di essere classificate ai sensi della legge
12 febbraio 1968, n. 132, su quelle convenzionate di cui
all'articolo 26, e sulle aziende termali e definisce le
caratteristiche funzionali cui tali istituzioni e aziende
devono corrispondere onde assicurare livelli di prestazioni
sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti
presidi e servizi delle unita' sanitarie locali. Restano
ferme le funzioni di indirizzo e coordinamento di cui
all'articolo 5.
Gli istituti, enti ed ospedali di cui all'articolo 41,
primo comma, che non abbiano ottenuto la classificazione ai
sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le
istituzioni a carattere privato che abbiano un ordinamento
dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli
ospedali gestiti direttamente dalle unita' sanitarie
locali, possono ottenere dalla regione, su domanda da
presentarsi entro i termini stabiliti con legge regionale,
che i loro ospedali, a seconda delle caratteristiche
tecniche e specialistiche, siano considerati, ai fini
dell'erogazione dell'assistenza sanitaria, presidi
dell'unita' sanitaria locale nel cui territorio sono
ubicati, sempre che il piano regionale sanitario preveda i
detti presidi. I rapporti dei predetti istituti, enti ed
ospedali con le unita' sanitarie locali sono regolati da
apposite convenzioni. Le convenzioni di cui al comma
precedente devono essere stipulate in conformita' a schemi
tipo approvati dal consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro della sanita', sentito il consiglio sanitario
nazionale e devono prevedere fra l'altro forme e modalita'
per assicurare l'integrazione dei relativi presidi con
quelli delle unita' sanitarie locali. Sino
all'emanazione della legge regionale di cui al primo comma
rimangono in vigore gli artt. 51, 52 e 53, primo e secondo
comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e il decreto
del Ministro della sanita' in data 5 agosto 1977, adottato
ai sensi del predetto art. 51 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica del 31 agosto 1977, n. 236,
nonche' gli artt. 194, 195, 196, 197 e 198 del testo unico
delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265, intendendosi sostituiti al Ministero della
sanita' la regione e al medico provinciale e al prefetto il
presidente della giunta regionale". "Art. 44.
(Convenzioni con istituzioni sanitarie). - Il piano
sanitario regionale di cui all'articolo 55 accerta la
necessita' di convenzionare le istituzioni private di cui
all'articolo precedente, tenendo conto prioritariamente di
quelle gia' convenzionate.
La legge regionale stabilisce norme per: a) le
convenzioni fra le unita' sanitarie locali e le istituzioni
private di cui all'articolo precedente, da stipularsi in
armonia col piano sanitario regionale e garantendo la
erogazione di prestazioni sanitarie non inferiori a quelle
erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unita'
sanitarie locali; b) le convenzioni fra le unita'
sanitarie locali e le aziende termali di cui all'articolo
36. Dette convenzioni sono stipulate dalle unita'
sanitarie locali in conformita' a schemi tipo approvati dal
Ministro della sanita', sentito il consiglio sanitario
nazionale. Le Convenzioni stipulate a norma del
presente articolo dalle unita' sanitarie locali competenti
per territorio hanno efficacia anche per tutte le altre
unita' sanitarie locali del territorio nazionale".



 
Art. 61.
Ineleggibilita' a sindaco e presidente della provincia
1. Non puo' essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della provincia:
1) il ministro di un culto;
2) coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di segretario comunale o provinciale, di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo loro fideiussore.
 
Art. 62.
Decadenza dalla carica di sindaco e di presidente della provincia
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall'articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l'accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte.



Note all'art. 62:
- Si riporta il testo dell'art. 7 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361
(Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per
la elezione della Camera dei deputati): "Art. 7. (testo
unico 5 febbraio 1948, n. 26, art. 6, e legge 16 maggio
1956, n. 493, art. 2). Non sono eleggibili: a) i
deputati regionali o consiglieri regionali; b) i
presidenti delle giunte provinciali; c) i sindaci dei
comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti;
d) il capo e vice capo della polizia e gli ispettori
generali di pubblica sicurezza; e) i capi di
gabinetto dei Ministri; f) il fappresentante del
governo presso la regione autonoma della Sardegna, il
commissario dello Stato nella regione siciliana, i
commissari del Governo per le regioni a statuto ordinario,
il commissario del Governo per la regione Friuli-Venezia
Giulia, il presidente della commissione di coordinamento
per la regione Valle d'Aosta, i commissari del Governo per
le province di Trento e Bolzano, i prefetti e coloro che
fanno le veci nelle predette cariche; g) i
viceprefetti e i funzionari di pubblica sicurezza;
h) gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli
ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella
circoscrizione del loro comando territoriale. Le cause
di ineleggibilita', di cui al comma precedente, non hanno
effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno 180
giorni prima della data di scadenza del quinquennio di
durata della Camera dei deputati. Per cessazione dalle
funzioni si intende la effettiva astensione da ogni atto
inerente all'ufficio rivestito, preceduta, nei casi
previsti alle lettere a), b) e c) del predetto comma, dalla
formale presentazione delle dimissioni e, negli altri casi,
dal trasferimento, dalla revoca dell'incarico o del comando
ovvero dal collocamento in aspettativa. L'accettazione
della candidatura comporta in ogni caso la decadenza dalle
cariche di cui alle predette lettere a), b) e c). Il
quinquennio decorre dalla data della prima riunione
dell'assemblea, di cui al secondo comma del successivo art.
11. In caso di scioglimento anticipato della camera dei
deputati, le cause di ineleggibilita' anzidette non hanno
effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i
sette giorni successivi alla data di pubblicazione del
decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana". - Si riporta il testo dell'art. 5
del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo
unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato
della Repubblica): "Art. 5. (legge 6 febbraio 1948, n.
29, art. 5). - 1. Sono eleggibili a senatori gli elettori
che, al giorno delle elezioni, hanno compiuto il
quarantesimo anno di eta' e non si trovano in alcuna delle
condizioni d'ineleggibilita' previste dagli articoli 7, 8,
9 e 10 del testo unico delle leggi recanti norme per
l'elezione della Camera dei deputati, aprovato con decreto
del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361".



 
Art. 63.
Incompatibilita'
1. Non puo' ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale:
1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza, rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente;
2) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in societa' ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione;
3) il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente comma;
4) colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria non determina incompatibilita'. Qualora il contribuente venga eletto amministratore comunale, competente a decidere sul suo ricorso e' la commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia proposto contro tale comune, competente a decidere e' la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere e', in ogni caso, la commissione del comune capoluogo di regione. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere e' la commissione del capoluogo di provincia territorialmente piu' vicino;
5) colui che, per fatti compiuti allorche' era amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di istituto o azienda da esso dipendente o vigilato, e' stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente, istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito;
6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti e' stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
7) colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilita' prevista nei precedenti articoli.
2. L'ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici.
3. L'ipotesi di cui al numero 4) del comma 1 non si applica agli amministratori per fatto connesso con l'esercizio del mandato.



Nota all'art. 63:
- Si riporta il testo dell'art. 46 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito):
"Art. 46. (Delega ad altro concessionario). - 1. Il
concessionario cui e' stato consegnato il ruolo, se
l'attivita' di riscossione deve essere svolta fuori del
proprio ambito territoriale, delega in via telematica per
la stessa il concessionario nel cui ambito territoriale si
deve procedere, fornendo ogni informazione utile in suo
possesso circa i beni sui quali procedere. La delega puo'
riguardare anche la notifica della cartella. 2. A
seguito della delega, il pagamento delle somme iscritte a
ruolo e' eseguito al delegato".



 
Art. 64. Incompatibilita' tra consigliere comunale e provinciale e assessore
nella rispettiva giunta
1. La carica di assessore e' incompatibile con la carica di consigliere comunale e provinciale.
2. Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva giunta, cessa dalla carica di consigliere all'atto dell'accettazione della nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non eletti.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.
4. Non possono far parte della giunta il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti ed affini fino al terzo grado, rispettivamente, del sindaco e del presidente della provincia. Gli stessi non possono essere nominati rappresentanti del comune e della provincia.
 
Art. 65. Incompatibilita' per consigliere regionale, provinciale comunale e
circoscrizionale
1. Il presidente e gli assessori provinciali, nonche' il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale.
2. Le cariche di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale sono, altresi', incompatibili, rispettivamente, con quelle di consigliere provinciale di altra provincia, di consigliere comunale di altro comune, di consigliere circoscrizionale di altra circoscrizione.
3. La carica di consigliere comunale e' incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione del comune.
 
Art. 66. Incompatibilita' per gli organi delle aziende sanitarie locali e
ospedaliere
1. La carica di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere e' incompatibile con quella di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore della comunita' montana.
 
Art. 67.
Esimente alle cause di ineleggibilita' o incompatibilita'
1. Non costituiscono cause di ineleggibilita' o di incompatibilita' gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune, della provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.
 
Art. 68.
Perdita delle condizioni di eleggibilita' e incompatibilita'
1. La perdita delle condizioni di eleggibilita' previste dal presente capo importa la decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale.
2. Le cause di incompatibilita', sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche.
3. Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilita' sopravvenute alle elezioni ovvero delle cause di incompatibilita' sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 60.
4. La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui e' venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilita' o di incompatibilita'.
 
Art. 69.
Contestazione delle cause di ineleggibilita' ed incompatibilita'
1. Quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dal presente capo come causa di ineleggibilita' ovvero esista al momento della elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilita' previste dal presente capo il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta.
2. L'amministratore locale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilita' sopravvenute o di incompatibilita'.
3. Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale ai sensi del successivo articolo 70, il termine di dieci giorni previsto dal comma 2 decorre dalla data di notificazione del ricorso.
4. Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilita' o di incompatibilita', invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare.
5. Qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi dieci giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione adottata e' ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio.
6. La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che e' stato dichiarato decaduto.
7. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.
 
Art. 70.
Azione popolare
1. La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale puo' essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale civile, con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonche' al sindaco o al presidente della provincia.
2. L'azione puo' essere promossa anche dal prefetto.
3. Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti dall'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
4. Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.



Nota all'art. 70:
- Si riporta il testo degli articoli 82, 82/2 e 82/3
del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960,
n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la
elezione degli organi delle Amministrazioni comunali):
"Art. 82. - Le deliberazioni adottate in materia di
eleggibilita' dal consiglio comunale, ovvero in via
surrogatoria dalla giunta provinciale amministrativa o da
altro competente organo tutorio, ai sensi dell'articolo 75,
possono essere impugnate da qualsiasi cittadino elettore
del comune, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse,
davanti al tribunale civile della circoscrizione
territoriale in cui e' compreso il comune medesimo. La
impugnativa e' proposta con ricorso, che deve essere
depositato nella cancelleria entro trenta giorni dalla data
finale di pubblicazione della deliberazione, ovvero dalla
data della notificazione di essa, quando sia necessaria.
La deliberazione adottata in via surrogatoria dalla
giunta provinciale amministrativa o da altro competente
organo tutorio deve essere immediatamente comunicata al
sindaco e pubblicata nell'albo pretorio del comune entro
ventiquattro ore dal ricevimento, a cura del segretario
comunale che ne e' il responsabile. Il termine di trenta
giorni, stabilito ai fini della impugnativa di cui al
precedente comma, decorre dall'ultimo giorno dell'anzidetta
pubblicazione. La impugnativa delle deliberazioni adottate
dal consiglio comunale puo' essere promossa anche dal
prefetto. Il presidente del tribunale, con decreto,
fissa la udienza di discussione della causa in via di
urgenza, e provvede alla nomina del giudice relatore. Il
ricorso, unitamente al decreto di fissazione della udienza,
deve essere notificato, a cura di chi lo ha proposto, entro
dieci giorni dalla data della comunicazione del
provvedimento presidenziale, agli eletti di cui viene
contestata la elezione; e nei dieci giorni successivi alla
data di notificazione, deve essere poi depositata nella
cancelleria, sempre a cura del ricorrente, la copia del
ricorso e del decreto con la prova dell'avvenuta notifica
giudiziaria, ed insieme con tutti gli atti e documenti del
processo. La parte contro la quale il ricorso e'
diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante
controricorso, da depositare in cancelleria, coi relativi
atti e documenti, entro quindici giorni dalla data della
ricevuta notificazione. Tutti i termini di cui sopra
sono perentori, e devono essere osservati sotto pena di
decadenza. All'udienza stabilita, il tribunale, udita
la relazione del giudice all'uopo delegato, sentiti, il
pubblico ministero nelle sue orali conclusioni, e le parti
se presenti, nonche' i difensori se costituiti, subito dopo
la discussione decide la causa in camera di consiglio, con
sentenza il cui dispositivo e' letto immediatamente alla
udienza pubblica dal presidente. Qualora il collegio
ritiene necessario disporre mezzi istruttori, provvede al
riguardo con ordinanza, delegando per tali adempimenti e
per qualsiasi altro accertamento il giudice relatore; e
fissa la nuova udienza di trattazione sempre in via di
urgenza. Nel giudizio si applicano, ove non diversamente
disposto dalla presente legge, le norme del Codice di
procedura civile: tutti i termini del procedimento sono
pero' ridotti alla meta'. La sentenza e' depositata in
cancelleria entro dieci giorni dalla data della decisione e
immediatamente deve essere trasmessa in copia a cura del
cancelliere al sindaco, perche' entro ventiquattro ore dal
ricevimento provveda alla pubblicazione per quindici giorni
del dispositivo nell'albo pretorio a mezzo del segretario
comunale che ne e' diretto responsabile". "Art. 82/2. -
Le sentenze pronunciate in primo grado dal Tribunale
possono essere impugnate con appello alla Corte d'appello
territorialmente competente, da qualsiasi cittadino
elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia diretto
interesse, dal procuratore della Repubblica, e dal prefetto
quando ha promosso l'azione di ineleggibilita'. La
impugnazione si propone con ricorso che deve essere
depositato nella cancelleria della Corte, entro il termine
di giorni venti dalla notifica della sentenza, da parte di
coloro per i quali e' necessaria la notificazione; entro lo
stesso termine decorrente dall'ultimo giorno della
pubblicazione del dispositivo della sentenza medesima
nell'albo pretorio del comune per ogni altro cittadino
elettore o diretto interessato. Il presidente fissa con
decreto l'udienza di discussione della causa in via di
urgenza, e provvede alla nomina del consigliere relatore.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della
udienza, deve essere notificato, a cura dell'appellante,
alle parti interessate entro dieci giorni dalla data della
comunicazione del provvedimento presidenziale. Nel
giudizio di appello, per quanto qui non previsto, si
osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti per
il giudizio di primo grado". "Art. 82/3. - Le sentenze
pronunciate in secondo grado dalla Corte di appello,
possono essere impugnate con ricorso per cassazione, dalla
parte soccombente, e dal procuratore generale presso la
Corte di appello, entro venti giorni dalla loro
notificazione. Il presidente della Corte di cassazione, con
decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa, in via
di urgenza la udienza di discussione. Per quanto non
diversamente disposto dalla presente legge, nel giudizio di
cassazione si applicano le norme del codice di procedura
civile: tutti i termini del procedimento sono pero' ridotti
alla meta'.
La sentenza e' immediatamente pubblicata".



 
Art. 71. Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino ai
15.000 abitanti
1. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco.
2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio.
3. Ciascuna candidatura alla carica di sindaco e' collegata ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
4. Nella scheda e' indicato, a fianco del contrassegno, il candidato alla carica di sindaco.
5. Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il relativo contrassegno. Puo' altresi' esprimere un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga stampata sotto il medesimo contrassegno.
6. E' proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parita' di voti si procede ad un turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica successiva. In caso di ulteriore parita' viene eletto il piu' anziano di eta'.
7. A ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa collegato.
8. Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento all'unita' superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste. A tal fine si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi si scelgono, tra i quozienti cosi' ottenuti, i piu' alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parita' di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto e' attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parita' di quest'ultima, per sorteggio.
9. Nell'ambito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali, costituite dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. A parita' di cifra, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista di minoranza e' attribuito al candidato alla carica di sindaco della lista medesima.
10. Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista ed il candidato a sindaco collegato, purche' essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la elezione e' nulla.
11. In caso di decesso di un candidato alla carica di sindaco, intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, si procede al rinvio delle elezioni con le modalita' stabilite dall'articolo 18, terzo, quarto e quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, consentendo, in ogni caso, l'integrale rinnovo del procedimento di presentazione di tutte le liste e candidature a sindaco e a consigliere comunale.



Nota all'art. 71:
- Si riporta il testo dell'art. 18, commi terzo, quarto
e quinto, del decreto del Presidente della Repubblica
16 maggio 1960, n. 570 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 70): "Qualora, per sopravvenute cause di
forza maggiore, non possa farsi luogo alle elezioni per la
data fissata dal decreto di convocazione dei comizi, il
prefetto puo' disporne il rinvio con proprio decreto, da
rendersi noto con manifesto del sindaco. Detto rinvio
non puo' superare il termine di sessanta giorni, fermi
restando, in ogni caso, i termini per l'attuazione delle
operazioni non ancora compiute. Le operazioni gia' compiute
rimangono valide, eccettuate quelle successive
all'insediamento del seggio. La nuova data viene
fissata dal prefetto di intesa con il presidente della
Corte d'appello e viene portata a conoscenza degli elettori
con manifesto del sindaco".



 
Art. 72. Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000
abitanti
1. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco e' eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all'elezione del consiglio comunale.
2. Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della candidatura il collegamento con una o piu' liste presentate per l'elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate.
3. La scheda per l'elezione del sindaco e' quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o delle liste con cui il candidato e' collegato. Ciascun elettore puo', con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore puo' altresi' votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo.
4. E' proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
5. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 4, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parita' di voti tra i candidati, e' ammesso al ballottaggio il candidato collegato con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parita' di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato piu' anziano di eta'.
6. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio ai sensi del comma 5, secondo periodo, partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio ha luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
7. Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facolta', entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori liste rispetto a quelle con cui e' stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate.
8. La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale e' scritto il nome del candidato prescelto.
9. Dopo il secondo turno e' proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parita' di voti, e' proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parita' di cifra elettorale, e' proclamato eletto sindaco il candidato piu' anziano d'eta'.
 
Art. 73. Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore
a 15.000 abitanti
1. Le liste per l'elezione del consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unita' superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Piu' liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate.
3. Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell'art. 72, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore puo' esprimere inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno.
4. L'attribuzione dei seggi alle liste e' effettuata successivamente alla proclamazione dell'elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno.
5. La cifra elettorale di una lista e' costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune.
6. La cifra individuale di ciascun candidato a consigliere comunale e' costituita dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza.
7. Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia.
8. Salvo quanto disposto dal comma 10, per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate, nel turno di elezione del sindaco, con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3, 4,.... sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si scelgono, fra i quozienti cosi ottenuti, i piu' alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista o gruppo di liste avra' tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parita' di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto e' attribuito alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parita' di quest'ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano piu' posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti.
9. Nell'ambito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo turno, e' divisa per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano in tal modo i quozienti piu' alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni lista.
10. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreche' nessuna altra lista o altra gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreche' nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia gia' superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8.
11. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di piu' liste al medesimo candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo e' detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate.
12. Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. In caso di parita' di cifra individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista.
 
Art. 74.
Elezione del presidente della provincia
1. Il presidente della provincia e' eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alla elezione del consiglio provinciale. La circoscrizione per l'elezione del presidente della provincia coincide con il territorio provinciale.
2. Oltre a quanto previsto dall'art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, il deposito, l'affissione presso l'albo pretorio della provincia e la presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di presidente della provincia sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 3, commi 3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili.
3. All'atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato alla carica di presidente della provincia deve dichiarare di collegarsi ad almeno uno dei gruppi di candidati per l'elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione di collegamento ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
4. La scheda per l'elezione del presidente della provincia e' quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun candidato alla carica di presidente della provincia, il contrassegno o i contrassegni del gruppo o dei gruppi di candidati al consiglio cui il candidato ha dichiarato di collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno e' riportato il nome e cognome del candidato al consiglio provinciale facente parte del gruppo di candidati contraddistinto da quel contrassegno.
5. Ciascun elettore puo' votare per uno dei candidati al consiglio provinciale tracciando un segno sul relativo contrassegno. Ciascun elettore puo', altresi', votare sia per un candidato alla carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo, sia per uno dei candidati al consiglio provinciale ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno. Il voto espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia al candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno votato sia al candidato alla carica di presidente della provincia. Ciascun elettore puo', infine, votare per un candidato alla carica di presidente della provincia tracciando un segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso si intende attribuito solo al candidato alla carica di presidente della provincia.
6. E' proclamato eletto presidente della provincia il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
7. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 6, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di presidente della provincia che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parita' di voti fra il secondo ed il terzo candidato e' ammesso al ballottaggio il piu' anziano di eta'.
8. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, partecipa al secondo turno il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio dovra' aver luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
9. I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi di candidati al consiglio provinciale dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno facolta' entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori gruppi di candidati rispetto a quelli con cui e' stato effettuato il collegamento nel primo turno. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
10. La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome dei candidati alla carica di presidente della provincia, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale e' scritto il nome del candidato prescelto.
11. Dopo il secondo turno e' proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parita' di voti, e' proclamato eletto presidente della provincia il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di candidati per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parita' di cifra elettorale, e' proclamato eletto il candidato piu' anziano di eta'.



Note all'art. 74:
- Si riporta il testo dell'art. 14 della legge 8 marzo
1951, n. 122 (Norme per l'elezione dei Consigli
provinciali): "Art. 14. - La presentazione delle
candidature per i singoli collegi e' fatta per gruppi
contraddistinti da un unico contrassegno.
Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidati
non inferiore ad un terzo e non superiore al numero dei
consiglieri assegnati alla provincia. Per ogni
candidato deve essere indicato il collegio per il quale
viene presentato. Nessun candidato puo' accettare la
candidatura per piu' di tre collegi. La dichiarazione
di presentazione del gruppo deve essere sottoscritta:
a) da almeno 200 e da non piu' di 400 elettori
iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle
province fino a 100 mila abitanti; b) da almeno 350 e
da non piu' di 700 elettori iscritti nelle liste elettorali
di comuni compresi nelle province con piu' di 100 mila
abitanti e fino a 500 mila abitanti; c) da almeno 500
e da non piu' di 1.000 elettori iscritti nelle liste
elettorali di comuni compresi nelle province con piu' di
500 mila abitanti e fino a un milione di abitanti;
d) da almeno 1.000 e da non piu' di 1.500 elettori
iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle
province con piu' di un milione di abitanti. Tale
dichiarazione deve contenere l'indicazione di due delegati
a designare, personalmente o per mezzo di persone da essi
autorizzate con dichiarazione autenticata da notaio, i
rappresentanti del gruppo presso ogni seggio e presso i
singoli uffici elettorali circoscrizionali e l'ufficio
elettorale centrale. La presentazione deve essere
effettuata dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12
del ventinovesimo giorno antecedenti la data delle elezioni
alla segreteria dell'Ufficio elettorale centrale, il quale
provvede all'esame delle candidature e si pronuncia
sull'ammissione di esse secondo le norme in vigore per le
elezioni comunali". - Si riporta il testo dell'art. 3,
commi 3 e 4, della legge 15 marzo 1993, n. 81 (Elezione
diretta del sindaco, del presidente della provincia, del
consiglio comunale e del consiglio provinciale): "3.
All'atto della presentazione della lista, ciascun candidato
alla carica di sindaco deve dichiarare di non aver
accettato la candidatura in altro comune. 4. Per la
raccolta delle sottoscrizioni si applicano anche in quanto
compatibili le disposizioni di cui all'articolo 20, quinto
comma, del testo unico delle leggi recanti norme per
l'elezione della camera dei deputati, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e
successive modificazioni. Sono competenti ad eseguire le
autenticazioni delle firme di sottoscrizione delle liste,
oltre ai soggetti di cui all'articolo 14 della legge
21 marzo 1990, n. 53, i giudici di pace e i segretari
giudiziari".



 
Art. 75.
Elezione del consiglio provinciale
1. L'elezione dei consiglieri provinciali e' effettuata sulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni dettate dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, in quanto compatibili con le norme di cui all'articolo 74 e al presente articolo.
2. Con il gruppo di candidati collegati deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di presidente della provincia e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Piu' gruppi possono presentare lo stesso candidato alla carica di presidente della provincia. In tal caso i gruppi debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegati.
3. L'attribuzione dei seggi del consiglio provinciale ai gruppi di candidati collegati e' effettuata dopo la proclamazione dell'elezione del presidente della provincia.
4. La cifra elettorale di ogni gruppo e' data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli collegi della provincia.
5. Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia.
6. Per l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, 2, 3, 4,.... sino a concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti cosi' ottenuti si scelgono i piu' alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria. A parita' di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto e' attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior cifra elettorale e, a parita' di quest'ultima, per sorteggio. Se ad un gruppo spettano piu' posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo l'ordine dei quozienti.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale.
8. Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia non abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale, a tale gruppo o gruppi di candidati viene assegnato il 60 per cento dei seggi, con arrotondamento all'unita' superiore qualora il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai gruppi contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. In caso di collegamento di piu' gruppi con il candidato proclamato eletto presidente, per determinare il numero di seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispettive cifre elettorali corrispondenti ai voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo i quozienti piu' alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni gruppo di candidati.
9. I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati ai sensi del comma 6.
10. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di presidente della provincia non risultati eletti, collegati a ciascun gruppo di candidati che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di piu' gruppi con il candidato alla carica di presidente della provincia non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo e' detratto dai seggi complessivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati.
11. Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati eletti consiglieri provinciali i candidati di ciascun gruppo secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali.
12. La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene determinata moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a consigliere provinciale. Nel caso di candidature presentate in piu' di un collegio si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale riportata dal candidato.



Nota all'art. 75:
- Per l'argomento della legge 8 marzo 1951, n. 122, v.
nelle note all'art. 74.



 
Art. 76.
Anagrafe degli amministratori locali e regionali
1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente ufficio del Ministero dell'interno in materia elettorale raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali, nonche' i dati relativi alla tenuta ed all'aggiornamento anche in corso di mandato.
2. L'anagrafe e' costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.
3. Per gli amministratori non elettivi l'anagrafe e' costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi.
4. Al fine di assicurare la massima trasparenza e' riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti nell'anagrafe.
 
Art. 77.
Definizione di amministratore locale
1. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennita' e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennita' degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunita' montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonche' i componenti degli organi di decentramento.
 
Art. 78.
Doveri e condizione giuridica
1. Il comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all'imparzialita' e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilita' degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.
2. Gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.
3. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attivita' professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
4. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini e' sospesa la validita' delle relative disposizioni del piano urbanistico.
5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonche' agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali e' vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province.
6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorita'. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive e' riconosciuta agli amministratori locali la priorita' per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa piu' vicine. Il servizio sostitutivo di leva non puo' essere espletato nell'ente nel quale il soggetto e' amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione.
 
Art. 79.
Permessi e licenze
1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunita' montane e delle unioni di comuni, nonche' dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata successiva.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresi' nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunita' montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del mandato.
3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunita' montane, nonche' degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonche' delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze del capogruppo e degli organismi di pari opportunita', previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresi' nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo.
4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle citta' metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunita' montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonche' i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunita' montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.
5. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l'espletamento del mandato.
6. L'attivita' ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell'ente.
 
Art. 80.
Oneri per permessi retribuiti
1. Le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico dell'ente presso il quale i lavoratori dipendenti esercitano le funzioni pubbliche di cui all'articolo 79. L'ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, e' tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall'ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988. n. 67.



Nota all'art. 80:
- Si riporta il testo dell'art. 8, comma 35, della
legge 11 marzo 1988, n. 67 [Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 1988)]: "35. Non sono da intendere
rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto i
prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali e'
versato solo il rimborso del relativo costo".



 
Art. 81.
Aspettative
1. Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa e' considerato come servizio effettivamente prestato, nonche' come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.
 
Art. 82.
I n d e n n i t a'
1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennita' di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunita' montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonche' i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle citta' metropolitane, delle comunita' montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennita' e' dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa.
2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunita' montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere puo' superare l'importo pari ad un terzo dell'indennita' massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.
3. Ai soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennita' di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.
4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennita' di funzione, sempre che tale regime di indennita' comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennita' di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennita' in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.
5. Le indennita' di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L'interessato opta per la percezione di una delle due indennita' ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.
6. Le indennita' di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.
7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l'indennita' di funzione prevista dal presente capo non e' dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, ne' di commissioni che di quell'organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.
8. La misura delle indennita' di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo e' determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennita' in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate, nonche' dell'ammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell'indennita' di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennita', in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunita' montane sono attribuite le indennita' di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunita' montana;
d) definizione di speciali indennita' di funzione per gli amministratori delle citta' metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e) determinazione dell'indennita' spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti, nella determinazione dell'indennita' si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;
f) previsione dell'integrazione dell'indennita' dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennita' mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
9. Su richiesta della Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali si' puo' procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.
10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 e' rinnovato ogni tre anni ai fini dell'adeguamento della misura delle indennita' e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.
11. Le indennita' di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di giunta e di consiglio per i rispettivi componenti. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilita' di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.



Nota all'art. 82:
- Per il testo vigente dell'art. 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400 (per l'argomento v. nelle note
alle premesse), v. nelle note all'art. 160.



 
Art. 83.
Divieto di cumulo
1. I parlamentari nazionali o europei, nonche' i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente capo.
 
Art. 84.
Rimborsi spese e indennita' di missione
1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonche' la indennita' di missione alle condizioni dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.
2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennita' di missione e' effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalita' della missione.
3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonche' per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
4. I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennita' di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento.



Nota all'art. 84:
- Si riporta il testo degli articoli 1, comma 1, e 3,
commi 1 e 2, nonche' della tabella A, n. 2, della legge
18 dicembre 1973, n. 836 (Trattamento economico di missione
e di trasferimento dei dipendenti statali): "Art. 1. -
Ai dipendenti civili dello Stato, compresi quelli delle
amministrazioni con ordinamento autonomo, ed agli
appartenenti alle forze armate ed ai corpi organizzati
militarmente comandati in missione isolata fuori della
ordinaria sede di servizio, in localita' distanti almeno
trenta chilometri, spettano le indennita' di trasferta di
cui alle unite tabelle A, B, C, D, E ed F per ogni
ventiquattro ore (ivi compreso il tempo occorrente per il
viaggio) di assenza dalla sede. Per le ore residuali
spettano le indennita' orarie di cui all'articolo 3 della
presente legge".
"Art. 3. - Per le missioni di durata inferiore alle
ventiquattro ore l'indennita' di trasferta spetta in
ragione di un ventiquattresimo della diaria interna per
ogni ora di missione. Sulle misure orarie risultanti va
operato l'arrotondamento per eccesso a lira intera.
Ai fini dell'applicazione del precedente comma, le
frazioni di ora inferiori a trenta minuti sono trascurate.
Le altre sono arrotondate ad ora intera. Tabella A:
2) Consiglieri di Corte di cassazione, del Consiglio
di Stato e della Corte dei conti; vice procuratori
generali della Corte dei conti; sostituti procuratori
generali militari; consigliere relatore del tribunale
supremo militare; sostituti avvocati generali dello
Stato; dirigenti generali; generali di divisione;
professori universitari alla IV classe di stipendio;
qualifiche civili o gradi militari corrispondenti . .
. " 22.700".



 
Art. 85.
Partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali
1. Le norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione, al trattamento e al permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali.
2. Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle attivita' degli organi nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi.
 
Art. 86. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni
fiscali e assicurative
1. L'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunita' montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi del presente testo unico. La medesima disposizione si applica per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 81.
2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico.
3. L'amministrazione locale provvede, altresi', a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennita' di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indennita' di carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da parte dell'amministratore.
4. Alle indennita' di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 1, delle legge 23 dicembre 1994, n. 724.
5. I comuni, le province, le comunita' montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato.
6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefici di cui al comma 1 e' consentita l'eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente alla data di entrata in vigore della legge 3 agosto 1999, n. 265, ed entro tre anni se successiva.



Note all'art. 86:
- Si riporta il testo dell'art. 26, comma 1, della
legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica): "Art. 26. - 1. Sono soppressi
i regimi fiscali particolari concernenti: a) le
indennita' percepite dai membri del Parlamento e del
Governo nazionale, del Parlamento europeo, della Corte
costituzionale, dei consigli e delle giunte regionali,
nonche' dai titolari di cariche elettive negli enti locali
e dagli amministratori locali; b) gli assegni
vitalizi spettanti ai membri del Parlamento nazionale, del
Parlamento europeo, della Corte costituzionale e dei
consigli regionali per la quota parte che non derivi da
fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore e
gia' assoggettate a ritenute fiscali". - Per
l'argomento della legge 3 agosto 1999, n. 265, v. nelle
note alle premesse.



 
Art. 87.
Consigli di amministrazione delle aziende speciali
1. Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 78, comma 2, nell'articolo 79, commi 3 e 4, nell'articolo 81, nell'articolo 85 e nell'articolo 86.
 
Art. 88. Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali
1. All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonche' quelle contenute nel presente testo unico.



Nota all'art. 88:
- Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, reca:
"Razionalizzazione dell'organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in
materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421".



 
Art. 89.
F o n t i
1. Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformita' allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalita' ed economicita' di gestione e secondo principi di professionalita' e responsabilita'.
2. La potesta' regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale, nelle seguenti materie:
a) responsabilita' giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento delle procedure amministrative;
b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarita' dei medesimi;
c) principi fondamentali di organizzazione degli uffici;
d) procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;
e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva;
f) garanzia della liberta' di insegnamento ed autonomia professionale nello svolgimento dell'attivita' didattica, scientifica e di ricerca;
g) disciplina della responsabilita' e delle incompatibilita' tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attivita' e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
3. I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai principi fissati dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. In mancanza di disciplina regolamentare sull'ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa, si applica la procedura di reclutamento prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
5. Gli enti locali, nel rispetto dei principi fissati dal presente testo unico, provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni organiche, nonche' all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito della propria autonomia normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti dalle proprie capacita' di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari.
6. Nell'ambito delle leggi, nonche' dei regolamenti di cui al comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro.



Note all'art. 89:
- Si riporta il testo dell'art. 36 del decreto
legislativo 3 febbraio, 1993, n. 29 (per l'argomento v.
nelle note all'art. 88): "Art. 36. (Reclutamento del
personale). - 1. L'assunzione nelle amministrazioni
pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
tramite procedure selettive, conformi ai principi del
comma 3, volte all'accertamento della professionalita'
richiesta che garantiscano in misura adeguata l'accesso
dall'esterno; mediante avviamento degli iscritti
nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione
vigente per le qualifiche e profili per i quali e'
richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo,
facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per
specifiche professionalita'; 2. Le assunzioni
obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche,
aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo1
della legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato
dall'articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste
di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa
verifica della compatibilita' della invalidita' con le
mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i
figli del personale delle Forze armate, delle Forze
dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del
personale della polizia municipale, deceduto
nell'espletamento del servizio, nonche' delle vittime del
terrorismo e della criminalita' organizzata di cui alla
legge 13 agosto 1980, tali assunzioni avvengono per
chiamata diretta nominativa. 3. Le procedure di
reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano
ai seguenti principi: adeguata pubblicita' della
selezione e modalita' di svolgimento che garantiscano
l'imparzialita' e assicurino economicita' e celerita' di
espletamento, ricorrendo, ove e' opportuno, all'ausilio di
sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di
preselezione; adozione di meccanismi oggettivi e
trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti
attitudinali e professionali richiesti in relazione alla
posizione da ricoprire; rispetto delle pari
opportunita' tra lavoratrici e lavoratori;
decentramento delle procedure di reclutamento;
composizione delle commissioni esclusivamente con
esperti di provata competenza nelle materie di concorso,
scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed
estranei alle medesime, che non siano competenti
dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che
non ricoprano cariche politiche e che non siano
rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni
ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni
professionali. 4. Le determinazioni relative all'avvio
di procedure di reclutamento da ciascuna amministrazione o
ente sulla base della programmazione triennale del
fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Per le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
l'avvio delle procedure e' subordinato alla previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata ai sensi
dell'articolo 39m comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n.
449. 5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle
amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome si
espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe,
per ragioni tecnico-amministrative o di economicita', sono
autorizzate dal Presidente del Consiglio di Ministri. Per
gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o
provinciale possono essere banditi concorsi unici
circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalita'.
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri e le amministrazioni
che esercitano competenze istituzionali in materia di
difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia
ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in
giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui
all'art. 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53. 7. Le
pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni
sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti,
si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale previste dal codice
civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a
disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato,
dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti
formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro
temporaneo, in applicazione di quanto previsto dalla legge
18 aprile 1962, n. 230, dell'articolo 23 della legge
28 febbraio 1987, n. 56, dell'articolo 3 del decreto legge
30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni
dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del
decreto legge 16 maggio 1994, n. 299,convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dalla
legge 24 giugno 1997, n. 196, nonche' da ogni successiva
modificazione o integrazione della relativa disciplina.
8. In ogni caso, la violazione di disposizioni
imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di
lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non
puo' comportare la costituzione di rapporti di lavoro a
tempo indeterminato con le medesime pubbliche
amministrazioni, ferme restando ogni responsabilita' e
sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al
risarcimento del danno derivante dalla prestazione di
lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le
amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme
pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti
responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o
colpa grave". - Il decreto del Presidente della
Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, reca: "Regolamento
recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni e le modalita' di svolgimento dei concorsi,
dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei
pubblici impieghi".



 
Art. 90.
Uffici di supporto agli organi di direzione politica
1. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi puo' prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni.
2. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali.
3. Con provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi puo' essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttivita' collettiva e per la qualita' della prestazione individuale.
 
Art. 91.
Assunzioni
1. Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi di funzionalita' e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilita' finanziarie e di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unita' di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale.
2. Gli enti locali ai quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai principi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter dell'articolo 39 del decreto legislativo 27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l'incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze.
3. Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalita' acquisita esclusivamente all'interno dell'ente.
4. Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.



Note all'art. 91:
- La legge 12 marzo 1999, n. 68, reca: "Norme per il
diritto al lavoro dei disabili". - Si riporta il testo
dell'art. 39, commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter, della legge
27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione
della funzione pubblica): "2-bis. Allo scopo di
assicurare il rispetto delle percentuali annue di riduzione
del personale di cui al comma 2, la programmazione delle
assunzioni tiene conto dei risultati quantitativi raggiunti
al termine dell'anno precedente, separatamente per i
Ministeri e le altre amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, per gli enti pubblici non economici
con organico superiore a duecento unita', nonche' per le
Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale di
vigili del fuoco. Ai predetti fini i Ministri per la
funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica riferiscono al Consiglio dei
Ministri entro il primo bimestre di ogni anno. 3. Per
consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione
delle amministrazioni pubbliche connessi all'attuazione
della riforma amministrativa, garantendo il rispetto degli
obiettivi di riduzione programmata del personale, a
decorrere dall'anno 2000 il Consiglio dei ministri, su
proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
definisce preliminarmente le priorita' e le necessita'
operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle
correlate esigenze di introduzione di nuove
professionalita'. In tale quadro, entro il primo semestre
di ciascun anno, il Consiglio dei ministri determina il
numero massimo complessivo delle assunzioni delle
amministrazioni di cui al comma 2 compatibile con gli
obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle
cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano
comunque subordinate all'indisponibilita' di personale da
trasferire secondo le vigenti procedure di mobilita' e
possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che
presentino le maggiori carenze di personale. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
assunzioni previste da norme speciali o derogatorie.
3-bis. A decorrere dall'anno 1999 la disciplina
autorizzatoria di cui al comma 3 si applica alla
generalita' delle amministrazioni di cui al comma 3 si
applica alla generalita' delle amministrazioni dello Stato,
anche ad ordinamento autonomo, e riguarda tutte le
procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di
personale, ivi comprese quelle relative al personale gia'
in servizio con diversa qualifica o livello presso la
medesima o altra amministrazione pubblica. Il decreto del
presidente del Consiglio dei ministri, da emanare a
decorrere dallo stesso anno, entro il 31 gennaio, prevede
criteri, modalita' e termini anche differenziati delle
assunzioni da disporre rispetto a quelli indicati nel comma
3, allo scopo di tener conto delle peculiarita' e delle
specifiche esigenze delle amministrazioni per il pieno
adempimento dei compiti istituzionali. 3-ter. Al fine
di garantire la coerenza con gli obiettivi di riforma
organizzativa e riqualificazione funzionale delle
amministrazioni interessate, le richieste di autorizzazione
ad assumere devono essere corredate da una relazione
illustrativa delle iniziative di riordino e
riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla
definizione di modelli organizzativi rispondenti ai
principi di semplificazione e di funzionalita' rispetto ai
compiti e ai programmi, con specifico riferimento,
eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi
da fornire all'utenza. Le predette richieste sono
sottoposte all'esame del Consiglio dei ministri, ai fini
dell'adozione di delibere con cadenza semestrale, previa
istruttoria da parte della Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica - e del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica. L'istruttoria e' diretta a riscontrare le
effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e
l'impraticabilita' di soluzioni alternative collegate a
procedure di mobilita' o all'adozione di misure di
razionalizzazione interna. Per le amministrazioni statali,
anche ad ordinamento autonomo, nonche' per gli enti
pubblici non economici con organico superiore a duecento
unita', i contratti integrativi sottoscritti, corredati da
una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli
oneri derivanti dall'applicazione della nuova
classificazione del personale, certificata dai competenti
organi di controllo, di cui all'articolo 52, comma 5, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive
modificazioni, laddove operanti, sono trasmessi alla
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica - e al Ministero del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica, che, entro trenta giorni
dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la
compatibilita' economico-finanziaria, ai sensi
dell'articolo 45, comma 4m del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29. Decorso tale termine, la
delegazione di parte pubblica puo' procedere alla stipula
del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro
abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative".



 
Art. 92.
Rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale
1. Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purche' autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare attivita' lavorativa presso altri enti.
2. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento puo' prevedere particolari modalita' di selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidita' e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.



Nota all'art. 92:
- Per il testo dell'art. 36, commi 7 e 8, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (per l'argomento v.
nelle note all'art. 88), v. nelle note all'art. 89.



 
Art. 93.
Responsabilita' patrimoniale
1. Per gli amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilita' degli impiegati civili dello Stato.
2. Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonche' coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti.
3. Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui all'articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. L'azione di responsabilita' si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilita' nei confronti degli amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province e' personale e non si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento degli eredi stessi.



Note all'art. 93:
- Si riporta il testo dell'art. 74 del Regio decreto
18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni
sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilita'
generale dello Stato): "Art. 74. Gli agenti incaricati
della riscossione delle entrate e dell'esecuzione dei
pagamenti delle spese, o che ricavano somme dovute allo
Stato e altre delle quali lo Stato diventa debitore, o
hanno maneggio qualsiasi di denaro ovvero debito di
materia, nonche' coloro che si ingeriscono negli incarichi
attribuiti ai detti agenti, dipendono direttamente, a
seconda dei rispettivi servizi, dalle amministrazioni
centrali o periferiche dello Stato, alle quali debbono
rendere il conto della gestione e, sono sottoposti alla
vigilanza del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e alla giurisdizione della Corte
dei conti.
Sono anche obbligati alla resa del conto alle
amministrazioni centrali o periferiche dalle quali
direttamente dipendono gli impiegati ai quali sia stato
dato incarico di riscuotere entrate di qualunque natura e
provenienza. I conti giurisdizionali sono trasmessi
dalle amministrazioni di cui ai commi precedenti per il
controllo di rispettiva competenza alle ragionerie
centrali, regionali e provinciali dello Stato a norma delle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti, entro i
due mesi successivi alla chiusura dell'esercizio cui il
conto si riferisce. Le predette ragionerie, riveduti i
conti ad esse pervenuti, qualora non abbiano nulla da
osservare, appongono sui singoli conti la dichiarazione di
aver eseguito il riscontro di loro competenza e li
trasmettono alla Corte dei conti entro i due mesi
successivi alla data della loro ricezione ovvero a quella
della ricezione dei chiarimenti o dei documenti richiesti".
- Gli articoli 44 e seguenti del regio decreto
12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle
leggi sulla Corte dei conti) sono ricompresi nel titolo II,
capo V, sezione I (Dei giudizi di conto e di
responsabilita') del sopracitato regio decreto.



 
Art. 94.
Responsabilita' disciplinare
1. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo 58, nonche' alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 59 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione dell'interessato dalla funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione e' disposta dal responsabile dell'ufficio secondo la specifica competenza, con le modalita' e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati nelle predette disposizioni.
2. Al personale dipendente di cui al comma precedente si applicano altresi' le disposizioni del comma 5 dell'articolo 58 e del comma 6 dell'articolo 59 previa attivazione del procedimento disciplinare.
 
Art. 95.
Dati sul personale degli enti locali
1. Il Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), l'Unione delle province d'Italia (Upi) e l'Unione nazionale comuni, comunita' enti montani (Uncem), i dati del censimento generale del personale in servizio presso gli enti locali.
2. Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali prevista dall'articolo 16-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.



Nota all'art. 95:
- Si riporta il testo dell'art. 16-ter del
decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68
(Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di
contabilita' pubblica): "Art. 16-ter (Banca dati sulle
dotazioni organiche degli enti locali). - 1. Anche ai fini
dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 65
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e istituita
una banca dati sulle dotazioni organiche dei comuni, delle
province, delle comunita' montane e dei loro consorzi,
gestita ed aggiornata a mezzo della rete informativa
telematica dell'ANCI, senza oneri per lo Stato.
2. La banca dati di cui al comma 1, dovra' in ogni caso
documentare per ciascun ente: a) la consistenza
numerica dei dipendenti di ruolo e non di ruolo, la loro
qualifica e profilo o figura professionale, le loro
funzioni e l'ammontare complessivo delle retribuzioni per
ciascuna qualifica e profilo o figura professionale;
b) la consistenza, suddivisa per qualifiche e profili
o figure professionali, delle carenze, degli esuberi e
delle eventuali posizioni soprannumerarie del personale;
c) gli estremi di eventuali contratti collettivi
stipulati a livello decentrato nell'ente. 3. Il
Ministero del tesoro, di concerto con il Ministro
dell'interno e con il Ministro per la funzione pubblica,
emana, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, le
disposizioni occorrenti per la organizzazione e la gestione
della banca dati di cui al comma 1".



 
Art. 96.
Riduzione degli organismi collegiali
1. Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia.
 
Art. 97.
Ruolo e funzioni
1. Il comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, di cui all'articolo 102 e iscritto all'albo di cui all'articolo 98.
2. Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformita' dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
3. Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facolta' prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4. Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attivita', salvo quando, ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108, il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario inoltre:
a) partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione;
b) esprime il parere di cui all'articolo 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia responsabili dei servizi;
c) puo' rogare tutti i contratti nei quali l'ente e' parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente;
d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia;
e) esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108, comma 4.
5. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, puo' prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento.
6. Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali e' disciplinato dai contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.



Nota all'art. 97:
- Per l'argomento del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, v. nelle note all'art. 88.



 
Art. 98.
Albo nazionale
1. L'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, al quale si accede per concorso, e' articolato in sezioni regionali.
2. Il numero complessivo degli iscritti all'albo non puo' essere superiore al numero dei comuni e delle province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui all'articolo 102 e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata opportunita' di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia.
3. I comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla sezione regionale dell'Agenzia.
4. L'iscrizione all'albo e' subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
5. Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza, scienze politiche, economia.
 
Art. 99.
N o m i n a
1. Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell'amministrazione, scegliendolo tra gli iscritti all'albo di cui all'articolo 98.
2. Salvo quanto disposto dall'articolo 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario.
3. La nomina e' disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario e' confermato.
 
Art. 100.
R e v o c a
1. Il segretario puo' essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione della giunta, per violazione dei doveri d'ufficio.
 
Art. 101.
Disponibilita' e mobilita'
1. Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico e' collocato in posizione di disponibilita' per la durata massima di quattro anni.
2. Durante il periodo di disponibilita' rimane iscritto all'albo ed e' posto a disposizione dell'Agenzia autonoma di cui all'articolo 102 per le attivita' dell'Agenzia stessa o per l'attivita' di consulenza, nonche' per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilita' al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti.
3. Nel caso di collocamento in disponibilita' per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare spettante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di indennita' per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4. Decorsi quattro anni senza che abbia preso servizio in qualita' di titolare in altra sede il segretario viene collocato d'ufficio in mobilita' presso altre pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.
 
Art. 102. Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e
provinciali
1. E' istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, avente personalita' giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno.
2. L'Agenzia e' gestita da un consiglio di amministrazione, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composto da due sindaci nominati dall'Anci, da un presidente di provincia designato dall'Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti tra gli iscritti all'albo e da due esperti designati dalla Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno un presidente e un vicepresidente.
3. Con la stessa composizione e con le stesse modalita' sono costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni regionali.
4. L'Agenzia, con deliberazione del consiglio nazionale di amministrazione, puo' adeguare la dotazione organica in relazione alle esigenze di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle disponibilita' di bilancio.
5. All'Agenzia e' attribuito un fondo finanziario di mobilita' a carico degli enti locali, disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 103, percentualmente determinato sul trattamento economico del segretario dell'ente, graduato in rapporto alla dimensione dell'ente, e definito in sede di accordo contrattuale.
6. Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale l'Agenzia si avvale del fondo di mobilita' di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti di segreteria di cui all'articolo 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni.



Nota all'art. 102:
- Si riporta il testo dell'art. 42 della legge 8 giugno
1962, n. 604 (Modificazioni allo stato giuridico e
all'ordinamento della carriera dei segretari comunali e
provinciali): "Art. 42. - Le somme che risultano
disponibili dopo effettuata la ripartizione dei diritti di
segreteria fra comune e segretario secondo la tabella E
sono destinate alla costituzione di un fondo per sussidiare
corsi di preparazione e di perfezionamento e per effettuare
corsi di formazione nonche' al pagamento di borse di studio
e di premi di profitto. Dal fondo di cui al precedente
comma sono tratte, altresi', le somme occorrenti per il
pagamento di assegni al segretario o alla vedova o ai figli
minorenni in caso di reintegrazione a seguito di
assoluzione in sede di giudizio penale di revisione o di
proscioglimento da ogni addebito in sede di revisione del
procedimento disciplinare, nonche' quelli occorrenti per la
corresponsione al segretario dell'equo indennizzo di cui
all'art. 68 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, per il
pagamento del contributo annuale dovuto al Ministero dei
trasporti e dell'aviazione civile a titolo di rimborso
delle riduzioni previste dall'art. 14 della presente legge
e per il conferimento, mediante concorso, di borse di
studio ai figli, particolarmente meritevoli, dei segretari
comunali e provinciali. Le somme di cui al primo comma
sono versate, al fine di ciascun anno, con imputazione alla
categoria dei "servizi speciali non aventi attinenza con il
bilancio dello Stato", nella contabilita' speciale delle
rispettive prefetture. Queste ne rimettono il
corrispondente importo, mediante ordinativo di pagamento
commutabile, in quietanza di contabilita' speciale, alla
prefettura di Roma, che le imputa alla stessa categoria,
curandone le erogazioni in conformita' delle disposizioni
impartite dal Ministro per l'interno. Delle somme
pervenute e dei pagamenti disposti il prefetto di Roma
compila e trasmette al Ministro per l'interno l'apposito
rendiconto".



 
Art. 103.
Organizzazione e funzionamento dell'Agenzia autonoma
1. Salvo quanto previsto dal presente testo unico, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalita' di svolgimento dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le fasce professionali, il procedimento disciplinare e le modalita' di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
2. Il regolamento si conforma ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) reclutamento del personale da destinare all'Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilita', ricorrendo prioritariamente, anche in deroga alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando anche l'istituto del comando o del fuori ruolo;
b) previsione di un esame di idoneita' per l'iscrizione all'albo riservato ai frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno;
c) disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla contabilita' generale dello Stato, fermo restando l'obbligo di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte dei conti;
d) utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico.



Nota all'art. 103:
- Per il testo vigente dell'art. 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400 (per l'argomento v. nelle note
alle premesse), v. nelle note all'art. 160.



 
Art. 104. Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e scuole
regionali e interregionali
1. L'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale e delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento, determinando i criteri per l'eventuale stipula di convenzioni per l'attivita' formativa anche in sede decentrata con istituti, enti, societa' di formazione e ricerca.
2. L'Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero puo' avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
 
Art. 105.
Regioni a statuto speciale
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui al presente capo con propria legislazione.
2. Nel territorio della regione Trentino - Alto Adige, fino all'emanazione di apposita legge regionale, rimane ferma l'applicazione del titolo VI della legge 11 marzo 1972, n. 118.



Nota all'art. 105:
- La rubrica del Titolo VI della legge 11 marzo 1972,
n. 118 (Provvedimenti a favore delle popolazioni
alto-atesine), reca: "Passaggio dei segretari comunali alle
dipendenze organiche dei comuni".



 
Art. 106.
Disposizioni finali e transitorie
1. Fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro resta ferma la classificazione dei comuni e delle province ai fini dell'assegnazione del segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749.
2. I segretari gia' iscritti alla sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo 17, comma 82, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e trasferiti presso altre pubbliche amministrazioni, permangono nel ruolo statale e mantengono ad esaurimento qualifica e trattamento economico pensionabile in godimento.
3. Ai fini dell'attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari comunali di cui all'articolo 18, com-ma 14, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, o all'articolo 39, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, possono essere collocati o mantenuti in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche dopo il trasferimento alle amministrazioni di destinazione e con effetto dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 50 del 1999. Gli oneri relativi al trattamento economico, fondamentale ed accessorio, dei predetti dipendenti rimangono a carico dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni di destinazione; successivamente sono a queste imputate. Analogamente si provvede, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, per i segretari comunali in servizio presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.



Note all'art. 106:
- Si riporta il testo delle Tabelle A e B del decreto
del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749
(Nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali):

"Tabella A

Classificazione dei comuni ai fini dell'assegnazione del segretario
comunale

===================================================================== Classe del comune| Abitanti | Qualifica del segretario ===================================================================== IV |fino a 3.000 |Segretario comunale --------------------------------------------------------------------- III |da 3.001 a 10.000 |Segretario capo ---------------------------------------------------------------------
| |Segretario generale di II |da 10.001 a 65.000 |classe 2ª ---------------------------------------------------------------------
| |Segretario generale di
B |da 65.001 a 250.000 (1)|classe 1ª B --------------------------------------------------------------------- I | | ---------------------------------------------------------------------
| |Segretario generale di
A |oltre 250.000 |classe 1ªA

(1) e capoluoghi di provincia con popolazione superiore
a 40.000 abitanti".

"Tabella B

Classificazione delle province ai fini dell'assegnazione del
segretario provinciale

=====================================================================
|Popolazione del comune| Qualifica del Classe della provincia| capoluogo | segretario =====================================================================
|fino a 250.000 |Segretario generale di
B |abitanti |classe 1ª B --------------------------------------------------------------------- I | |B ---------------------------------------------------------------------
| |Segretario generale di
A |oltre 250.000 abitanti|classe 1ªA"

- Per completezza d'informazione, si riporta il testo
dell'art. 17, commi 76, 78 e 82, della legge 15 maggio
1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento
dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di
decisione e di controllo): "76. E' istituita l'Agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e
provinciali avente personalita' giuridica di diritto
pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero
dell'interno fino all'attuazione dei decreti legislativi in
materia di riordino, accorpamento e soppressione dei
Ministeri in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59.
L'Agenzia e' gestita da un consiglio di amministrazione,
nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri e composto da due sindaci nominati dall'ANCI, da
un presidente di provincia designato dall'UPI, da tre
segretari comunali e provinciali eletti tra gli iscritti
all'albo e da due esperti designati dalla Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali. Il consiglio elegge nel
proprio seno un presidente e un vicepresidente. Con la
stessa composizione e con le stesse modalita' sono
costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni
regionali". 78. Con regolamento da emanarsi entro tre
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Ministro competente sentite le
organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli enti
locali e salvo quanto previsto dalla presente legge, sono
disciplinati l'organizzazione, il funzionamento e
l'ordinamento contabile dell'Agenzia, l'amministrazione
dell'albo e la sua articolazione in sezioni e in fasce
professionali, l'iscrizione all'albo degli iscritti
all'albo provvisorio, le modalita' di svolgimento dei
concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le
fasce professionali, il procedimento disciplinare e le
modalita' di utilizzazione dei segretari non chiamati a
ricoprire sedi di segreteria. Le abrogazioni e le
modificazioni previste dal regolamento hanno effetto
decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore
del regolamento stesso. Il regolamento dovra' conformarsi
ai seguenti princi'pi e criteri direttivi:
a) individuazione delle dotazioni organiche
dell'Agenzia nel limite massimo costituito dal personale
del Servizio segretari comunali e provinciali
dell'amministrazione civile dell'interno;
b) reclutamento del personale da destinare
all'Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di
mobilita', ricorrendo prioritariamente, anche in deroga
alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale
dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando anche
l'istituto del comando o del fuori ruolo;
c) previsione di un esame di idoneita' per
l'iscrizione all'albo riservato ai frequentatori dei corsi
promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la
specializzazione dei dirigenti della pubblica
amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della
Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno di cui
al comma 79; d) disciplina dell'ordinamento contabile
dell'Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla
contabilita' generale dello Stato, fermo restando l'obbligo
di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al
controllo della Corte dei conti; e) utilizzazione in
via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi
di segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per incarichi
di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di
funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso
altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a
loro carico". "82. Il regolamento di cui al comma 78
deve altresi' stabilire una disciplina transitoria relativa
a tutti gli istituti necessari all'attuazione del nuovo
ordinamento dei segretari comunali e provinciali, nel
rispetto delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite
dai segretari in servizio alla data di entrata in vigore
della presente legge. Le norme transitorie dovranno,
altresi', prevedere disposizioni che garantiscano il
trasferimento presso altre pubbliche amministrazioni dei
segretari che ne facciano richiesta. Entro trenta giorni
dall'emanazione del regolamento di cui al comma 78, e'
consentito ai segretari in servizio di ruolo di chiedere
l'iscrizione ad apposita sezione speciale dell'albo. I
segretari che richiedano l'iscrizione alla sezione speciale
sono mantenuti nel ruolo statale e trasferiti presso altre
pubbliche amministrazioni, con preferenza per quelle
statali, mantenendo ad esaurimento qualifica e trattamento
economico pensionabile in godimento. Le disposizioni di cui
all'art. 22, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 17 gennaio 1990, n. 44, ed all'art. 15 del
decreto legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, sono
abrogate". - La legge 8 marzo 1999, n. 50, reca:
"Delegificazione e testi unici di norme concernenti
procedimenti amministrativi - legge di semplificazione
1998". - Si riporta il testo degli articoli 18, comma
14, e 34, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465 (Regolamento recante
disposizioni in materia di ordinamento dei segretari
comunali e provinciali, a norma dell'art. 17, comma 78,
della legge 15 maggio 1997, n. 127): "14. Per gli
adempimenti relativi alla gestione della mobilita', ci si
avvale di un contingente di non piu' di venti segretari
comunali, iscritti nella sezione speciale dell'albo ai
sensi del presente articolo, da distaccare presso il
Dipartimento della funzione pubblica entro trenta giorni
dall'entrata in vigore del presente regolamento". "2.
fino a diversa disciplina contenuta nel contratto
collettivo nazionale di lavoro di cui all'art. 17, comma
74, della legge, ai segretari iscritti all'albo si
applicano le disposizioni contenute nella legge, nel
presente regolamento e, per la parte non modificata e non
incompatibile, le disposizioni delle leggi previdenti in
materia di segretari comunali e provinciale. Puo'
continuare ad applicarsi il collocamento fuori ruolo
previsto dall'art. 23 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n.
8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo
1993, n. 68, con imputazione dei conseguenti oneri
finanziari, per il periodo massimo di un anno dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento, a carico del
fondo di mobilita' di cui all'art. 17, comma 73, della
legge, parzialmente utilizzando i diritti di segreteria di
cui all'art. 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604, e
successive modificazioni". - Si riporta il testo
dell'art. 39, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n.
449 (per l'argomento v. nelle note all'art. 91): "22.
Al fine dell'attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59,
la Presidenza del Consiglio dei Ministri e' autorizzata, in
deroga ad ogni altra disposizione, ad avvalersi, per non
piu' di un triennio, di un contingente integrativo di
personale in posizione di comando o di fuori ruolo, fino ad
un massimo di cinquanta unita', appartenente alle
amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 2, commi
4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
nonche' ad enti pubblici economici. Si applicano le
disposizioni previste dall'art. 17, comma 14, della legge
15 maggio 1997, n. 127. Il personale di cui al presente
comma mantiene il trattamento economico fondamentale e
accessorio delle amministrazioni o degli enti di
appartenenza e i relativi oneri rimangono a carico di tali
amministrazioni o enti. Il servizio prestato presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri e' valutabile ai fini
della progressione della carriera e dei concorsi".



 
Art. 107.
Funzioni e responsabilta' della dirigenza
1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica e' attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.
3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalita' stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b) la responsabilita' delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;
e) gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonche' i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
h) le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.
4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54.
6. I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione.
7. Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano i principi contenuti nell'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalita' previste dall'articolo 147 del presente testo unico.



Nota all'art. 107:
- Si riporta il testo dell'art. 5, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e
potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e
valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati
dell'attivita' svolta dalle amministrazioni pubbliche, a
norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59):
"1. Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei
risultati del controllo di gestione, valutano, in coerenza
a quanto stabilito al riguardo dei contratti collettivi
nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti,
nonche' i comportamenti relativi allo sviluppo delle
risorse professionali, umane e organizzative ad essi
assegnate (competenze organizzative). 2. La
valutazione delle prestazioni e delle competenze
organizzative dei dirigenti tiene particolarmente conto dei
risultati dell'attivita' amministrativa e della gestione.
La valutazione ha periodicita' annuale. Il procedimento per
la valutazione e' ispirato ai principi della diretta
conoscenza dell'attivita' del valutato da parte dell'organo
proponente o valutatore di prima istanza, della
approvazione o verifica della valutazione da parte
dell'organo competente o valutatore di seconda istanza,
della partecipazione al procedimento del valutato".



 
Art. 108.
Direttore generale
1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonche' la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
2. Il direttore generale e' revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non puo' eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti e' consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovra' provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario.
 
Art. 109.
Conferimento di funzioni dirigenziali
1. Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 50, comma 10, con provvedimento motivato e con le modalita' fissate dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169 o per responsabilita' particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di lavoro. L'attribuzione degli incarichi puo' prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
2. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
 
Art. 110.
Incarichi a contratto
1. Lo statuto puo' prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.
2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui e' prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalita' con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unita'. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalita' con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalita' analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente, o ad una unita' negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unita'.
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, puo' essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennita' ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneita' del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennita' ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4. Il contratto a tempo determinato e' risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.
5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione e' risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i trenta giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilita' del posto in organico.
6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento puo' prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalita'.
 
Art. 111.
Adeguamento della disciplina della dirigenza
1. Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarita', nell'esercizio della propria potesta' statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai principi del presente capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.



Nota all'art. 111:
- La rubrica del Capo II del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 88), ricompreso nel Titolo II (Organizzazione) del
sopracitato decreto legislativo, reca: "Dirigenza".



 
Art. 112.
Servizi pubblici locali
1. Gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attivita' rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunita' locali.
2. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge.
3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualita' dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.



Nota all'art. 112:
- La rubrica del Capo III del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 286 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 107), reca: "Qualita' dei servizi pubblici e carte
dei servizi".



 
Art. 113.
Forme di gestione
1. I servizi pubblici locali sono gestiti nelle seguenti forme:
a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunita' sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di piu' servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;
e) a mezzo di societa' per azioni o a responsabilita' limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di piu' soggetti pubblici o privati;
f) a mezzo di societa' per azioni senza il vincolo della proprieta' pubblica maggioritaria a norma dell'articolo 116.
 
Art. 114.
Aziende speciali ed istituzioni
1. L'azienda speciale e' ente strumentale dell'ente locale dotato di personalita' giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.
2. L'istituzione e' organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale.
3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilita' gestionale. Le modalita' di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.
4. L'azienda e l'istituzione informano la loro attivita' a criteri di efficacia, efficienza ed economicita' ed hanno l'obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
5. Nell'ambito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui dipendono.
6. L'ente locale conferisce il capitale di dotazione, determina le finalita' e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto dell'azienda speciale prevede un apposito organo di revisione, nonche' forme autonome di verifica della gestione.
8. Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti:
a) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale;
b) i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;
c) il conto consuntivo;
d) il bilancio di esercizio.
 
Art. 115.
Trasformazione delle aziende speciali in societa' per azioni
1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera c), in societa' per azioni, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali societa' e' determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo minimo richiesto per la costituzione delle societa' medesime. L'eventuale residuo del patrimonio netto conferito e' imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le societa' conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie.
2. La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle societa' previsti dalla normativa vigente, ferma l'applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice civile.
3. Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle societa', gli amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in via definitiva le azioni delle societa' sono inalienabili.
4. Le societa' di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.
5. Le partecipazioni nelle societa' di cui al comma 1 possono essere alienate anche ai fini e con le modalita' di cui all'articolo 116.
6. Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle societa' di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.
7. La deliberazione di cui al comma 1 puo' anche prevedere la scissione dell'azienda speciale e la destinazione a societa' di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo, nonche' agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile.



Note all'art. 115:
- Si riporta il testo degli articoli 2330, commi terzo
e quarto, 2330-bis, 2504-septies, nonche' 2504-decies, del
codice civile: "Art. 2330 (Deposito dell'atto
costitutivo e iscrizione della societa'). - Se il notaio o
gli amministratori non provvedono al deposito dell'atto
costitutivo e degli allegati nel termine indicato nel comma
precedente, ciascun socio puo' provvedervi a spese della
societa' o far condannare gli amministratori ad eseguirlo.
Il tribunale, verificato l'adempimento delle
condizioni stabilite dalla legge per la costituzione della
societa' e sentito il pubblico ministero, ordina
l'iscrizione della societa' nel registro". "Art.
2330-bis (Pubblicazione dell'atto costitutivo). - L'atto
costitutivo e lo statuto devono essere pubblicati nel
Bollettino ufficiale delle societa' per azioni e a
responsabilita' limitata. Nel medesimo Bollettino deve
essere fatta menzione del deposito, presso l'ufficio del
registro delle imprese, della relazione indicata nell'art.
2343". "Art. 2504-septies (Forme di scissione). - La
scissione di una societa' si esegue mediante trasferimento
dell'intero suo patrimonio a piu' societa', preesistenti o
di nuova costituzione, e assegnazione delle loro azioni o
quote ai soci della prima; la scissione di una societa'
puo' eseguirsi altresi' mediante trasferimento di parte del
suo patrimonio a una o piu' societa', preesistenti o di
nuova costituzione, e assegnazione delle loro azioni o
quote ai soci della prima. La partecipazione alla
scissione non e' consentita alle societa' sottoposte a
procedure concorsuali ne' a quelle in liquidazione che
abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo". "Art.
2504-decies (Effetti della scissione). - La scissione ha
effetti dall'ultima delle iscrizioni dell'atto di scissione
nell'ufficio del registro delle imprese in cui sono
iscritte le societa' beneficiarie; puo' essere tuttavia
stabilita una data successiva, tranne che nel caso di
scissione mediante costituzione di societa' nuove. Per gli
effetti a cui si riferisce l'art. 2501-bis, numeri 5) e 6),
si possono stabilire date anche anteriori. Ciascuna
societa' e' solidalmente responsabile, nei limiti del
valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito o
rimasto, dei debiti della societa' scissa non soddisfatti
dalla societa' a cui essi fanno carico". - Per il testo
dell'art. 2343, primo comma, del codice civile, v. nelle
note all'art. 118. - Il decreto-legge 31 maggio 1994,
n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 1994, n. 474, reca: "Norme per l'accelerazione
delle procedure di dismissione di partecipazioni dello
Stato e degli enti pubblici in societa' per azioni".



 
Art. 116.
Societa' per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali
1. Gli enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio, nonche' per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite societa' per azioni senza il vincolo della proprieta' pubblica maggioritaria anche in deroga a disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle societa' deve prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o piu' amministratori e sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni puo' essere destinata all'azionariato diffuso e resta comunque sul mercato.
2. La costituzione di societa' miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali e' disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e integrazioni.
3. Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in materia di lavori pubblici.
4. Fino al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera, l'ente locale partecipante potra' rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla societa' di cui al presente articolo.
5. Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione con atto unilaterale delle societa' di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e successive modificazioni.



Note all'art. 116:
- Si riporta il testo dell'art. 4, comma 1, del decreto
legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95
(Disposizioni urgenti per la ripresa delle attivita'
imprenditoriali): "Art. 4. - 1. Al fine di favorire
l'immediato avvio di operativita' delle disposizioni di cui
all'art. 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498,
concernente la costituzione di societa' miste con la
partecipazione non maggioritaria degli enti locali per
l'esercizio di servizi pubblici e la realizzazione di opere
pubbliche, si provvede con regolamento da adottarsi ai
sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, sulla base dei princi'pi e dei criteri di cui al comma
2 del medesimo art. 12, entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, nel rispetto della normativa comunitaria".
- Si riporta il testo vigente dell'art. 7, commi 1 e 2,
della legge 30 luglio 1990, n. 218 (Disposizioni in materia
di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli
istituti di credito di diritto pubblico): "Art. 7. - 1.
Per le fusioni, le trasformazioni e i conferimenti
effettuati a norma dell'art. 1 le imposte di registro,
ipotecarie e catastali si applicano nella misura dell'uno
per mille e sino ad un importo massimo non superiore a
cento milioni di lire. Ai fini dell'imposta comunale
sull'incremento di valore degli immobili i conferimenti non
si considerano atti di alienazione e si applicano le
disposizioni degli articoli 3, secondo comma, secondo
periodo, e 6, settimo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, e successive
modificazioni. 2. Agli effetti delle imposte sui
redditi i conferimenti effettuati a norma dell'art. 1 non
costituiscono realizzo di plusvalenze, comprese quelle
relative alle rimanenze e il valore di avviamento.
L'eventuale differenza tra il valore dei beni conferiti,
quale iscritto nel bilancio della societa' conferitaria in
dipendenza del conferimento, e l'ultimo valore dei beni
stessi riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi
concorre a formare il reddito dell'ente conferente nella
misura del 15 per cento. La differenza tassata e'
considerata costo fiscalmente riconosciuto per la societa'
conferitaria e puo' essere dalla medesima attribuita in
tutto o in parte all'avviamento, ovvero proporzionalmente
al costo dei beni ricevuti. La eventuale differenza tra il
valore delle azioni ricevute e l'ultimo valore dei beni
conferiti riconosciuto ai fini delle predette
imposte, maggiorato della differenza tassata di cui al
precedente periodo, non concorre a formare il reddito
dell'ente conferente fino a quando non sia stata realizzata
o distribuita. I beni ricevuti dalla societa' sono valutati
fiscalmente in base all'ultimo valore riconosciuto ai
predetti fini e le relative quote di ammortamento sono
ammesse in deduzione fino a concorrenza dell'originario
costo non ammortizzato alla data del
conferimento, maggiorato della differenza tassata di cui al
presente comma; non sono ammesse in deduzione quote di
ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo
del bilancio della societa' in dipendenza del conferimento,
per la parte eccedente la differenza tassata allo stesso
attribuita ai sensi del presente comma. Ove, a seguito dei
conferimenti, le aziende o le partecipazioni siano state
iscritte in bilancio a valori superiori a quelli di cui al
periodo precedente deve essere allegato alla dichiarazione
dei redditi apposito prospetto di riconciliazione tra i
dati esposti nel bilancio ed i valori fiscalmente
riconosciuti; con decreto del Ministro delle finanze si
provvedera', entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, a stabilire le caratteristiche
di tale prospetto. Nel caso di operazioni che nel loro
complesso soddisfino le condizioni di cui all'art. 1,
ripartite in piu' fasi ai sensi dell'art. 2, comma 1,
lettera a), le disposizioni del presente comma si applicano
anche ai conferimenti ed alle cessioni di azioni rivenienti
dai conferimenti di azienda effettuati nell'ambito di un
unitario programma approvato a norma dello stesso art. 1,
per i quali permane il regime di sospensione d'imposta".



 
Art. 117.
Tariffe dei servizi
1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l'entita' dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualita' del servizio;
d) l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa e' determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell'ente o per effetto del modello organizzativo di societa' mista, la tariffa e' riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.
 
Art. 118.
Regime del trasferimento di beni
1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di societa' per azioni costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera e), sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonche' gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla meta'.
2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di societa' per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purche' i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda societa' per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresi' ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione di societa' per azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di societa' per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni.
3. Ai trasferimenti di beni destinati a pubblico servizio, da parte di province e comuni, in favore di societa' costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera e), e dell'articolo 116, nonche' dei consorzi e delle aziende speciali di cui, rispettivamente, agli articoli 31 e 114 non si applicano le disposizioni relative alla cessione dei beni patrimoniali degli enti pubblici territoriali.



Note all'art. 118:
- Si riporta il testo dell'art. 2343 del codice civile:
"Art. 2343 (Stima dei conferimenti di beni in natura e
di crediti). - Chi conferisce beni in natura o crediti deve
presentare la relazione giurata di un esperto designato dal
presidente del tribunale, contenente la descrizione dei
beni o dei crediti conferiti, il valore a ciascuno di essi
attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonche'
l'attestazione che il valore attribuito non e' inferiore al
valore nominale, aumentato dell'eventuale sopraprezzo,
delle azioni emesse a fronte del conferimento. La relazione
deve essere allegata all'atto costitutivo. All'esperto
nominato dal presidente del tribunale si applicano le
disposizioni dell'art. 64 del codice di procedura civile.
Gli amministratori e i sindaci devono, nel termine di
sei mesi dalla costituzione della societa', controllare le
valutazioni contenute nella relazione indicata nel primo
comma e, se sussistano fondati motivi, devono procedere
alla revisione della stima. Fino a quando le valutazioni
non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai
conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate
presso la societa'. Se risulta che il valore dei beni
o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a
quello per cui avvenne il conferimento, la societa' deve
proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando
le azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio
conferente puo' versare la differenza in danaro o recedere
dalla societa'". - Per l'argomento del decreto legge
31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, v. nelle note all'art.
115.



 
Art. 119. Contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e
convenzioni
1. In applicazione dell'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualita' dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonche' convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.



Nota all'art. 119:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 43 della legge
27 dicembre 1997, n. 449 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 91): "Art. 43 (Contratti di sponsorizzazione
ed accordi di collaborazione, convenzioni con soggetti
pubblici o privati, contributi dell'utenza per i servizi
pubblici non essenziali e misure di incentivazione della
produttivita'). - 1. Al fine di favorire l'innovazione
dell'organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori
economie, nonche' una migliore qualita' dei servizi
prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare
contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione
con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro,
costituite con atto notarile. 2. Le iniziative di cui
al comma 1 devono essere dirette al perseguimento di
interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di
interesse tra l'attivita' pubblica e quella privata e
devono comportare risparmi di spesa rispetto agli
stanziamenti disposti. Per le sole amministrazioni dello
Stato una quota dei risparmi cosi' ottenuti, pari al 5 per
cento, e' destinata ad incrementare gli stanziamenti
diretti alla retribuzione di risultato dei dirigenti
appartenenti al centro di responsabilita' che ha operato il
risparmio; una quota pari al 65 per cento resta nelle
disponibilita' di bilancio della amministrazione. Tali
quote sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per
essere riassegnate, per le predette finalita', con decreti
del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica. La rimanente somma costituisce
economia di bilancio. La presente disposizione non si
applica nei casi in cui le sponsorizzazioni e gli accordi
di collaborazione sono diretti a finanziare interventi,
servizi o attivita' non inseriti nei programmi di spesa
ordinari. Continuano, inoltre, ad applicarsi le particolari
disposizioni in tema di sponsorizzazioni ed accordi con i
privati relative alle amministrazioni dei beni culturali ed
ambientali e dello spettacolo, nonche' ogni altra
disposizione speciale in materia. 3. Ai fini di cui al
comma 1 le amministrazioni pubbliche possono stipulare
convenzioni con soggetti pubblici o privati dirette a
fornire, a titolo oneroso, consulenze o servizi aggiuntivi
rispetto a quelli ordinari. Il 50 per cento dei ricavi
netti, dedotti tutti i costi, ivi comprese le spese di
personale, costituisce economia di bilancio. Le
disposizioni attuative del presente comma, che non si
applica alle amministrazioni dei beni culturali ed
ambientali e dello spettacolo, sono definite ai sensi
dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
4. Con uno o piu' regolamenti, da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le pubbliche amministrazioni individuano le
prestazioni, non rientranti tra i servizi pubblici
essenziali o non espletate a garanzia di diritti
fondamentali, per le quali richiedere un contributo da
parte dell'utente, e l'ammontare del contributo richiesto.
Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, si provvede ai sensi dell'art. 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, con regolamenti emanati dal
Ministro competente, di concerto con il Ministro per la
funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sulla base di
criteri generali deliberati dal Consiglio dei ministri; i
regolamenti sono emanati entro novanta giorni da tale
deliberazione. Per tali amministrazioni gli introiti sono
versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnati, in misura non superiore al 30 per cento, alla
corrispondente unita' previsionale di base del bilancio per
incrementare le risorse relative all'incentivazione della
produttivita' del personale e della retribuzione di
risultato dei dirigenti assegnati ai centri di
responsabilita' che hanno effettuato la prestazione.
5. A decorrere dall'esercizio finanziario 1998, i titolari
dei centri di responsabilita' amministrativa definiscono
obiettivi di risparmi di gestione da conseguire in ciascun
esercizio ed accantonano, nel corso della gestione, una
quota delle previsioni iniziali delle spese di parte
corrente, sia in termini di competenza che di cassa, aventi
natura non obbligatoria, non inferiore al 2 per cento. La
meta' degli importi costituisce economia di bilancio; le
rimanenti somme sono destinate, nell'ambito della medesima
unita' previsionale di base di bilancio, ad incrementare le
risorse relative all'incentivazione della produttivita' del
personale e della retribuzione di risultato dei dirigenti,
come disciplinate dalla contrattazione di comparto. Per
l'amministrazione dei beni culturali e ambientali l'importo
che costituisce economia di bilancio e' pari allo 0,50 per
cento della quota accantonata ai sensi del presente comma;
l'importo residuo e' destinato ad incrementare le risorse
relative all'incentivazione della produttivita' del
personale e le retribuzioni di risultato del personale
dirigente della medesima amministrazione. 6. Per il
Ministero della difesa, le disposizioni di cui al comma 5
non si applicano alle spese di cui alle unita' previsionali
di base "ammodernamento e rinnovamento" (funzionamento),
nonche' alle spese, specificamente afferenti alle
infrastrutture multinazionali NATO, di cui alla unita'
previsionale di base "accordi ed organismi internazionali
(interventi), di pertinenza del centro di responsabilita'
"Bilancio e affari finanziari . 7. Per le
amministrazioni di cui all'art. 2, commi 4 e 5, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le risorse di cui ai
commi 2, 4 e 5 destinate all'incentivazione della
produttivita' ed alla retribuzione di risultato sono
altresi' destinate, nelle misure e con le modalita'
determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta dei Ministri interessati, in analogia
alle ripartizioni operate per il personale del "comparto
Ministeri , ad incrementare le somme accantonate per dare
attuazione alle procedure di cui al decreto legislativo
12 maggio 1995, n. 195, ed all'art. 2 della legge 2 ottobre
1997, n. 334".



 
Art. 120.
Societa' di trasformazione urbana
1. Le citta' metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire societa' per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle societa' per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
2. Le societa' di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione delle aree interessate dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione delle stesse. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune.
3. Le aree interessate dall'intervento di trasformazione sono individuate con delibera del consiglio comunale. L'individuazione delle aree di intervento equivale a dichiarazione di pubblica utilita', anche per le aree non interessate da opere pubbliche. Le aree di proprieta' degli enti locali interessate dall'intervento possono essere attribuite alla societa' a titolo di concessione.
4. I rapporti tra gli enti locali azionisti e la societa' per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di nullita', gli obblighi e i diritti delle parti.
 
Art. 121.
Occupazione d'urgenza di immobili
1. L'amministrazione comunale puo' disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al presente titolo. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza puo' avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell'articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni.



Nota all'art. 121:
- Si riporta il testo dell'art. 3 della legge 3 gennaio
1978, n. 1 (Accelerazione delle procedure per la esecuzione
di opere pubbliche e di impianti e costruzioni
industriali): "Art. 3 (Stato di consistenza ai fini
dell'occupazione temporanea). - Le operazioni di cui agli
articoli 7 e 16 della legge 25 giugno 1865, n. 2359,
preordinate all'esecuzione delle opere di cui all'art. 1
della presente legge, nonche' quelle connesse alla
formazione di strumenti urbanistici esecutivi, sono
autorizzate, nell'ambito della rispettiva competenza, dai
soggetti indicati dall'art. 106 del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. Per le opere
dichiarate urgenti ed indifferibili, lo stato di
consistenza del fondo prescritto dagli articoli 71, primo
comma, e 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, va
compilato, dopo che sia stata disposta l'occupazione
temporanea o d'urgenza, a cura dell'ente espropriante o dei
suoi concessionari che vi provvedono in concomitanza con la
redazione del verbale di immissione nel possesso.
Detto verbale deve essere redatto in contraddittorio con il
proprietario o, in sua assenza, con l'intervento di due
testimoni che non siano dipendenti dell'espropriante o del
concessionario; al contraddittorio sono ammessi il
fittavolo, il mezzadro, il colono o il compartecipante.
Il relativo avviso, contenente l'indicazione del
luogo, del giorno e dell'ora, e' notificato almeno venti
giorni prima al proprietario del fondo secondo le
risultanze catastali, ed entro lo stesso termine e' affisso
per almeno venti giorni, all'albo del comune o dei comuni
in cui sono siti gli immobili".



 
Art. 122.
Lavori socialmente utili
1. Restano salve le competenze dei comuni e delle province in materia di lavori socialmente utili, previste dall'articolo 4, commi 6, 7 e 8, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche ed integrazioni.



Nota all'art. 122:
- Si riporta il testo dell'art. 4, commi 6, 7 e 8, del
decreto legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95 (per
l'argomento v. nelle note all'art. 116): "6. Al fine di
favorire l'occupazione o la rioccupazione di lavoratori, i
comuni e le province sono autorizzati a costituire societa'
per azioni con la GEPI S.p.a., anche per la gestione di
servizi pubblici locali. 7. Per le medesime finalita'
di cui al comma 6, i comuni e le province possono
consentire, mediante appositi aumenti di capitale,
l'ingresso della GEPI S.p.a. in societa' da essi
partecipate. 8. In conformita' alle disposizioni che
ne disciplinano l'attivita', le partecipazioni azionarie
detenute dalla GEPI S.p.a. nelle societa' di cui al
presente articolo, sono cedute entro il termine di cinque
anni mediante gara pubblica".



 
Art. 123.
Norma transitoria
1. Resta fermo l'obbligo per gli enti locali di adeguare l'ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni di cui all'articolo 114; gli enti locali iscrivono per gli effetti di cui al primo comma dell'articolo 2331 del codice civile, le aziende speciali nel registro delle imprese.
2. Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime aziende speciali hanno posto in essere anteriormente alla data di attuazione del registro delle imprese, di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
3. Le norme del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, si applicano fino all'adeguamento delle aziende speciali alla disciplina del presente testo unico; si applicano altresi' per l'esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione.



Note all'art. 123:
- Si riporta il testo dell'art. 2331 del codice civile:
"Art. 2331 (Effetti dell'iscrizione). - Con la
iscrizione nel registro la societa' acquista la
personalita' giuridica. Per le operazioni compiute in
nome della societa' prima dell'iscrizione sono
illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi
coloro che hanno agito. L'emissione e la vendita delle
azioni prima dell'iscrizione della societa' sono nulle".
- Si riporta il testo dell'art. 8 della legge
29 dicembre 1993, n. 580 (Riordino delle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura): "Art.
8 (Registro delle imprese). - 1. E' istituito presso la
camera di commercio l'ufficio del registro delle imprese di
cui all'art. 2188 del codice civile. 2. L'ufficio
provvede alla tenuta del registro delle imprese in
conformita' agli articoli 2188 e seguenti del codice
civile, nonche' alle disposizioni della presente legge e al
regolamento di cui al comma 8 del presente art. , sotto la
vigilanza di un giudice delegato dal presidente del
tribunale del capoluogo di provincia. 3. L'ufficio e'
retto da un conservatore nominato dalla giunta nella
persona del segretario generale ovvero di un dirigente
della camera di commercio. L'atto di nomina del
conservatore e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
4. Sono iscritti in sezioni speciali del registro delle
imprese gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del
codice civile, i piccoli imprenditori di cui all'art. 2083
del medesimo codice e le societa' semplici. Le imprese
artigiane iscritte agli albi di cui alla legge 8 agosto
1985, n. 443, sono altresi' annotate in una sezione
speciale del registro delle imprese. 5. L'iscrizione
nelle sezioni speciali ha funzione di certificazione
anagrafica e di pubblicita' notizia, oltre agli effetti
previsti dalle leggi speciali. 6. La predisposizione,
la tenuta, la conservazione e la gestione, secondo tecniche
informatiche, del registro delle imprese ed il
funzionamento dell'ufficio sono realizzati in modo da
assicurare completezza e organicita' di pubblicita' per
tutte le imprese soggette ad iscrizione, garantendo la
tempestivita' dell'informazione su tutto il territorio
nazionale. 7. Il sistema di pubblicita' di cui al
presente art. deve trovare piena attuazione entro il
termine massimo di tre anni dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Fino a tale data le camere di
commercio continuano a curare la tenuta del registro delle
ditte di cui al testo unico approvato con regio decreto
20 settembre 1934, n. 2011, e successive modificazioni.
8. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di
concerto con il Ministro di grazia e giustizia, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono stabilite le norme di attuazione del
presente art. che dovranno prevedere in particolare:
a) il coordinamento della pubblicita' realizzata
attraverso il registro delle imprese con il Bollettino
ufficiale delle societa' per azioni e a responsabilita'
limitata e con il Bollettino ufficiale delle societa'
cooperative, previsti dalla legge 12 aprile 1973, n. 256, e
successive modificazioni; b) il rilascio, anche per
corrispondenza e per via telematica, a chiunque ne faccia
richiesta, di certificati di iscrizione nel registro delle
imprese o di certificati attestanti il deposito di atti a
tal fine richiesti o di certificati che attestino la
mancanza di iscrizione, nonche' di copia integrale o
parziale di ogni atto per il quale siano previsti
l'iscrizione o il deposito nel registro delle imprese, in
conformita' alle norme vigenti; c) particolari
procedure agevolative e semplificative per l'istituzione e
la tenuta delle sezioni speciali del registro, evitando
duplicazioni di adempimenti ed aggravi di oneri a carico
delle imprese; d) l'acquisizione e l'utilizzazione da
parte delle camere di commercio di ogni altra notizia di
carattere economico, statistico ed amministrativo non
prevista ai fini dell'iscrizione nel registro delle imprese
e nelle sue sezioni, evitando in ogni caso duplicazioni di
adempimenti a carico delle imprese. 9. Per gli
imprenditori agricoli e i coltivatori diretti iscritti
nelle sezioni speciali del registro, l'importo del diritto
annuale di cui all'art. 18, comma 1, lettera b), e'
determinato, in sede di prima applicazione della presente
legge, nella misura di un terzo dell'importo previsto per
le ditte individuali. 10. E' abrogato il secondo comma
dell'art. 47 del testo unico approvato con regio decreto
20 settembre 1934, n. 201, e successive modificazioni.
11. Allo scopo di favorire l'istituzione del registro
delle imprese, le camere di commercio provvedono, a
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente
legge, ad acquisire alla propria banca dati gli atti
comunque soggetti all'iscrizione o al deposito nel registro
delle imprese. 12. Le disposizioni di cui ai commi 1,
2, 3, 4 e 10 entrano in vigore alla data di entrata in
vigore del regolamento di cui al comma 8. 13. Gli
uffici giudiziari hanno accesso diretto alla banca dati e
all'archivio cartaceo del registro delle imprese e, fino al
termine di cui al comma 7, del registro delle ditte e hanno
diritto di ottenere gratuitamente copia integrale o
parziale di ogni atto per il quale siano previsti
l'iscrizione o il deposito, con le modalitA' disposte dal
regolamento di cui al comma 8". - Il regio decreto
15 ottobre 1925, n. 2578, reca: "Testo unico della legge
sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei
comuni e delle province".



 
Art. 124.
Pubblicazione delle deliberazioni
1. Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge.
2. Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio del comune ove ha sede l'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni.
 
Art. 125.
Comunicazione delle deliberazioni ai capigruppo
1. Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni adottate dalla giunta sono trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari; i relativi testi sono messi a disposizione dei consiglieri nelle norme stabilite dallo statuto o dal regolamento.
 
Art. 126. Deliberazioni soggette in via necessaria al controllo preventivo di
legittimita'
1. Il controllo preventivo di legittimita' di cui all'articolo 130 della Costituzione sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente sugli statuti dell'ente, sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all'autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico.
2. Il controllo preventivo di legittimita' si estende anche agli atti delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.



Nota all'art. 126:
- Si riporta il testo dell'art. 130 della Costituzione
della Repubblica italiana: "Art. 130. - Un organo della
regione, costituito nei modi stabiliti da legge della
Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il
controllo di legittimita' sugli atti delle province, dei
comuni e degli altri enti locali. In casi determinati
dalla legge puo' essere esercitato il controllo di merito,
nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di
riesaminare la loro deliberazione".



 
Art. 127.
Controllo eventuale
1. Le deliberazioni della giunta e del consiglio sono sottoposte al controllo, nei limiti delle illegittimita' denunziate, quando un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l'indicazione delle norme violate, entro dieci giorni dall'affissione all'albo pretorio, quando le deliberazioni stesse riguardino:
a) appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;
b) dotazioni organiche e relative variazioni;
c) assunzioni del personale.
2. Nei casi previsti dal comma 1, il controllo e' esercitato dal comitato regionale di controllo ovvero, se istituito, dal difensore civico comunale o provinciale. L'organo che procede al controllo, se ritiene che la deliberazione sia illegittima, ne da comunicazione all'ente, entro quindici giorni dalla richiesta, e lo invita ad eliminare i vizi riscontrati. In tal caso, se l'ente non ritiene di modificare la delibera, essa acquista efficacia se viene confermata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio.
3. La giunta puo' altresi' sottoporre al controllo preventivo di legittimita' dell'organo regionale di controllo ogni altra deliberazione dell'ente secondo le modalita' di cui all'articolo 133.
 
Art. 128.
Comitato regionale di controllo
1. Per l'esercizio del controllo di legittimita' e' istituito, con decreto del presidente della giunta regionale, il comitato regionale di controllo sugli atti dei comuni e delle province.
2. Sono disciplinate con legge regionale l'elezione, a maggioranza qualificata dei componenti del comitato regionale di controllo di cui all'articolo 130, comma 1, lettera a) e comma 2 prima parte, la tempestiva sostituzione degli stessi in caso di morte, dimissioni, decadenza per reiterate assenze ingiustificate o incompatibilita' sopravvenuta, nonche' per la supplenza del presidente.
3. La legge regionale puo', articolare il comitato in sezioni per territorio o per materia, salvaguardando con forme opportune l'unitarieta' di indirizzo. A tal fine la regione, in collaborazione con gli uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica delle principali decisioni del comitato regionale di controllo con le relative motivazioni di riferimento.
4. Le pronunce degli organi di controllo previsti nel presente capo sono provvedimenti definitivi.
5. I componenti dei comitati regionali di controllo sono personalmente e solidalmente responsabili nei confronti degli enti locali per i danni a questi arrecati con dolo o colpa grave nell'esercizio delle loro funzioni.
 
Art. 129.
Servizi di consulenza del comitato regionale di controllo
1. Possono essere attivati nell'ambito dei comitati regionali di controllo servizi di consulenza ai quali gli enti locali possono rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi valutativi in ordine all'adozione di atti o provvedimenti di particolare complessita' o che attengano ad aspetti nuovi dell'attivita' deliberativa. La regione disciplina con propria normativa le modalita' organizzative e di espletamento dei servizi di consulenza.
 
Art. 130.
Composizione del comitato
1. Il comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale sezione sono composti:
a) da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di cui:
1) uno iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli avvocati, scelto in una terna proposta dal competente ordine professionale;
2) uno iscritto da almeno dieci anni all'albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna proposta dai rispettivi ordini professionali;
3) uno scelto tra chi abbia ricoperto complessivamente per almeno cinque anni la carica di sindaco, di presidente della provincia, di consigliere regionale o di parlamentare nazionale, ovvero tra i funzionari statali, regionali o degli enti locali in quiescenza, con qualifica non inferiore a dirigente od equiparata;
4) uno scelto tra i magistrati o gli avvocati dello Stato in quiescenza, o tra i professori di ruolo di universita' in materie giuridiche ed amministrative ovvero tra i segretari comunali o provinciali in quiescenza;
b) da un esperto designato dal commissario del Governo scelto fra funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio nelle rispettive province.
2. Il consiglio regionale elegge non piu' di due componenti supplenti aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 1; un terzo supplente, avente i requisiti di cui alla lettera b) del comma 1, e' designato dal commissario del Governo.
3. In caso di assenza od impedimento dei componenti effettivi, di cui rispettivamente alle lettere a) e b) del comma 1, intervengono alle sedute i componenti supplenti, eletti o designati per la stessa categoria.
4. Il comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno il presidente ed un vicepresidente scelti tra i componenti eletti dal consiglio regionale.
5. Funge da segretario un funzionario della regione.
6. Il comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente a seguito di nuove elezioni del consiglio regionale, nonche' quando si dimetta contemporaneamente la maggioranza dei rispettivi componenti.
7. Il presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti pubblici, sono collocati fuori ruolo; se dipendenti privati, sono collocati in aspettativa non retribuita.
8. Ai componenti del comitato si applicano le norme relative ai permessi ed alle aspettative previsti per gli amministratori locali.
 
Art. 131.
Incompatibilita' ed ineleggibilita'
1. Non possono essere eletti e non possono far parte dei comitati regionali di controllo:
a) i deputati, i senatori, i parlamentari europei;
b) i consiglieri e gli assessori regionali;
c) gli amministratori di enti locali o di altri enti soggetti a controllo del comitato, nonche' coloro che abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente alla costituzione del medesimo comitato;
d) coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilita' alle cariche di cui alle lettere b) e c), con esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato;
e) i dipendenti ed i contabili della regione e degli enti locali sottoposti al controllo del comitato nonche' i dipendenti dei partiti presenti nei consigli degli enti locali della regione;
f) i componenti di altro comitato regionale di controllo o delle sezioni di esso;
g) coloro che prestano attivita' di consulenza o di collaborazione presso la regione o enti sottoposti al controllo regionale;
h) coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti a livello provinciale, regionale o nazionale, nonche' coloro che abbiano ricoperto tali incarichi nell'anno precedente alla costituzione del comitato.
 
Art. 132.
Funzionamento del comitato
1. Il funzionamento dei comitati regionali di controllo e delle loro sezioni, le indennita' da attribuire ai componenti, le funzioni del presidente e del vicepresidente, le forme di pubblicita' della attivita' dei comitati e di consultazione delle decisioni, nonche' il rilascio di copie di esse sono disciplinati dalla legge regionale.
2. Le spese per il funzionamento dei comitati regionali di controllo e dei loro uffici, nonche' la corresponsione di un'indennita' di carica ai componenti sono a carico della regione.
3. La regione provvede alle strutture serventi del comitato regionale di controllo ispirandosi ai principi dell'adeguatezza funzionale e dell'autonomia dell'organo.
 
Art. 133.
Modalita' del controllo preventivo di legittimita'
1. Il controllo di legittimita' comporta la verifica della conformita' dell'atto alle norme vigenti ed alle norme statutarie specificamente indicate nel provvedimento di annullamento, per quanto riguarda la competenza, la forma e la procedura, e rimanendo esclusa ogni diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito. Nell'esame del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo di legittimita' comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonche' con i documenti giustificativi allegati alle stesse.
2. Il comitato regionale di controllo, entro dieci giorni dalla ricezione degli atti di cui all'articolo 126, comma 1, puo' disporre l'audizione dei rappresentanti dell'ente deliberante o puo' richiedere, per una sola volta, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio in forma scritta. In tal caso il termine per l'esercizio del controllo viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della trasmissione dei chiarimenti o elementi integrativi o dell'audizione dei rappresentanti.
3. Il comitato puo' indicare all'ente interessato le modificazioni da apportare alle risultanze del rendiconto della gestione con l'invito ad adottarle entro il termine massimo di trenta giorni.
4. Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3, o di annullamento della deliberazione di adozione del rendiconto della gestione da parte del comitato di controllo, questo provvede alla nomina di uno o piu' commissari per la redazione del conto stesso.
5. Non puo' essere riesaminato il provvedimento sottoposto a controllo nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una decisione negativa di controllo.
 
Art. 134.
Esecutivita' delle deliberazioni
1. La deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimita' deve essere trasmessa a pena di decadenza entro il quinto giorno successivo all'adozione. Essa diventa esecutiva se entro trenta giorni dalla trasmissione della stessa il comitato regionale di controllo non trasmetta all'ente interessato un provvedimento motivato di annullamento. Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale di controllo dia comunicazione di non aver riscontrato vizi di legittimita'.
2. Nel caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale la richiesta di controllo sospende l'esecutivita' delle stesse fino all'avvenuto esito del controllo.
3. Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione.
4. Nel caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti.
 
Art. 135.
Comunicazione deliberazioni al prefetto
1. Il prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma, 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attivita' riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attivita' delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge.
2. Ai medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto puo' chiedere che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimita' le deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalita' e i termini previsti dall'articolo 133, comma 1. Le predette deliberazioni sono comunicate al prefetto contestualmente all'affissione all'albo.



Nota all'art. 135:
- Per il testo vigente dell'art 2, comma 2-quater, del
decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, v.
nelle note all'art. 59.



 
Art. 136.
Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori
1. Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell'incarico.
 
Art. 137.
Poteri sostitutivi del Governo
1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di accertata inattivita' che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere.
2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.
3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri puo' adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed e' immediatamente comunicato alla Conferenza Stato-citta' e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunita' montane, che ne puo' chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.



Nota all'art. 137:
- Per completezza d'informazione, si riporta il testo
dell'art. 8, commi 1, 2 e 3, della legge 15 marzo 1997, n.
59 (per l'argomento v. nelle note all'art. 4): "Art. 8.
- 1. Gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni
amministrative regionali, gli atti di coordinamento
tecnico, nonche' le direttive relative all'esercizio delle
funzioni delegate, sono adottati previa intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, o
con la singola regione interessata. 2. Qualora nel
termine di quarantacinque giorni dalla prima consultazione
l'intesa non sia stata raggiunta, gli atti di cui al comma
1 sono adottati con deliberazione del Consiglio dei
Ministri, previo parere della Commissione parlamentare per
le questioni regionali da esprimere entro trenta giorni
dalla richiesta. 3. In caso di urgenza il Consiglio dei
ministri puo' provvedere senza l'osservanza delle procedure
di cui ai commi 1 e 2. I provvedimenti in tal modo adottati
sono sottoposti all'esame degli organi di cui ai commi 1 e
2 entro i successivi quindici giorni. Il Consiglio dei
ministri e' tenuto a riesaminare i provvedimenti in ordine
ai quali siano stati espressi pareri negativi".



 
Art. 138.
Annullamento straordinario
1. In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unita' dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facolta', in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimita'.



Nota all'art. 138:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 2, comma 3,
lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (per
l'argomento v. nelle note alle premesse): "3. Sono
sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei ministri:
a)-r) (Omissis); p) le determinazioni
concernenti l'annullamento straordinario, a tutela
dell'unita' dell'ordinamento, degli atti amministrativi
illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato e, nei
soli casi di annullamento di atti amministrativi delle
regioni e delle province autonome, anche della Commissione
parlamentare per le questioni regionali".



 
Art. 139.
Pareri obbligatori
1. Ai pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro ente sottoposto a tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da qualsiasi norma avente forza di legge ai fini della programmazione, progettazione ed esecuzione di opere pubbliche o di altre attivita' degli enti locali, si applicano le disposizioni dell'articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, salvo specifiche disposizioni di legge.



Nota all'art. 139:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 16 della legge
7 agosto 1990, n. 241 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 8): "Art. 16. - 1. Gli organi consultivi delle
pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono tenuti a
rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro
quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta.
Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti
a dare immediata comunicazione alle amministrazioni
richiedenti del termine entro il quale il parere sara'
reso. 2. In caso di decorrenza del termine senza che
sia stato comunicato il parere o senza che l'organo adito
abbia rappresentato esigenze istruttorie, e' in facolta'
dell'amministrazione richiedente di procedere
indipendentemente dall'acquisizione del parere. 3. Le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso
di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistica,
territoriale e della salute dei cittadini. 4. Nel caso
in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze
istruttorie il termine di cui al comma 1 puo' essere
interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso
definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli
elementi istruttori da parte delle amministrazioni
interessate. 5. Qualora il parere sia favorevole,
senza osservazioni, il dispositivo e' comunicato
telegraficamente o con mezzi telematici. 6. Gli organi
consultivi dello Stato predispongono procedure di
particolare urgenza per l'adozione dei pareri loro
richiesti".



 
Art. 140.
Norma finale
1. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri enti di cui all'articolo 2, compresi i consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attivita' aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi sostituiti alla giunta e al consiglio del comune o della provincia i corrispondenti organi di governo.
 
Art. 141.
Scioglimento e sospensione dei consigli "comunali e provinciali
1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonche' per gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purche' contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della meta' piu' uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell'organo assembleare per impossibilita' di surroga alla meta' dei componenti del consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinche' lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo e' data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento e' allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto di scioglimento e' data immediata comunicazione al Parlamento. Il decreto e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessita', puo' sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma e' disposto con decreto del Ministro dell'interno.
 
Art. 142.
Rimozione e sospensione di amministratori locali
1. Con decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunita' montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.
2. In attesa del decreto, il prefetto puo' sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente necessita'.
3. Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59.
 
Art. 143. Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a
fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalita' organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonche' il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonche' di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte.
2. Lo scioglimento e' disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri e' trasmesso al Presidente della Repubblica per l'emanazione del decreto ed e' contestualmente trasmesso alle Camere. Il procedimento e' avviato dal prefetto della provincia con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto puo' richiedere preventivamente informazioni al procuratore della repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
3. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con allegata la relazione del Ministro, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
4. Il provvedimento con il quale si dispone l'eventuale proroga della durata dello scioglimento a norma del comma 3 e' adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si osservano le procedure e le modalita' stabilite dal comma 2 del presente articolo.
5. Quando ricorrono motivi di urgente necessita', il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonche' da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. La sospensione non puo' eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre dalla data del provvedimento di sospensione.
6. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi a norma del presente articolo quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorche' ricorrano le situazioni previste dall'articolo 141.



Note all'art. 143.
- Per il testo vigente dell'art 2, comma 2-quater, del
decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, v.
nelle note all'art. 59. - Si riporta il testo dell'art.
329 del codice di procedura penale: "Art. 329 (Obbligo
del segreto). - 1. Gli atti d'indagine compiuti dal
pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti
dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere
conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle
indagini preliminari. 2. Quando e' necessario per la
prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero puo', in
deroga a quanto previsto dall'articolo 114, consentire, con
decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di
parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono
depositati presso la segreteria del pubblico ministero.
3. Anche quando gli atti non sono piu' coperti dal
segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso
di necessita' per la prosecuzione delle indagini, puo'
disporre con decreto motivato: a) l'obbligo del
segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o
quando la conoscenza dell'atto puo' ostacolare le indagini
riguardanti altre persone; b) il divieto di
pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie
specifiche relative a determinate operazioni".



 
Art. 144.
Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio
1. Con il decreto di scioglimento di cui all'articolo 143 e' nominata una commissione straordinaria per la gestione dell'ente, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione e' composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
2. Presso il Ministero dell'interno e' istituito, con personale della amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalita' di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalita' di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonche' le modalita' di organizzazione e funzionamento, del comitato di cui al comma 2.



Nota all'art. 144.
- Per il testo vigente dell'art. 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400 (per l'argomento v. nelle note
alle premesse), v. nelle note all'art. 160.



 
Art. 145.
Gestione straordinaria
1. Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell'articolo 143 sussiste la necessita' di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti e' stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, puo' disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, nonche', ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti e' autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilita' speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonche' del ricavato delle vendite disposte a norma dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la commissione straordinaria potra' rilasciare, sulla base della valutazione dell'attivita' prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
2. Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, entro il termine di sessanta giorni dall'insediamento, adotta un piano di priorita' degli interventi, anche con riferimento a progetti gia' approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla commissione straordinaria. La relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge, e' inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, sentito il comitato provinciale della pubblica amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici tecnici delle amministrazioni statali, regionali o locali, trasmette gli atti all'amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorita' di accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali. Le disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143.
4. Nei casi in cui lo scioglimento e' disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e puo' disporre d'autorita' la revoca delle deliberazioni gia' adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto gia' concluso.
5. Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell'articolo 8, comma 3, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle forze politiche in ambito locale, dell'Anci, dell'Upi, delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente interessati alle questioni da trattare.



Note all'art. 145.
- Per l'argomento della legge 31 maggio 1965, n. 575,
v. nelle note all'art. 58. - Si riporta il testo
dell'art. 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989,
n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto
1989, n. 282 (Disposizioni urgenti per l'amministrazione e
la destinazione dei beni confiscati ai sensi della legge
31 maggio 1965, n. 575): 4. Se tra i beni confiscati
sono comprese somme di danaro, l'amministratore provvede
senza ritardo al loro versamento all'ufficio del registro,
salvo che le stesse debbano essere utilizzate per la
gestione di altri beni confiscati. Se sono stati confiscati
crediti, titoli o beni mobili non costituiti in azienda,
ivi compresi quelli registrati, l'amministratore provvede
al recupero dei crediti o alla vendita degli altri beni,
anche a trattativa privata, provvedendo al versamento delle
relative somme all'ufficio del registro. Qualora la
procedura di recupero dei crediti, ovvero quella relativa
alla vendita dei beni, appaiano antieconomiche, con decreto
dell'intendente di finanza se il valore del credito o del
bene non supera il milione di lire, ovvero con decreto del
Ministro delle finanze negli altri casi, puo' essere
disposto l'annullamento del credito, ovvero la cessione
gratuita o la distruzione degli altri beni da eseguirsi a
cura dell'amministratore. Il Ministro delle finanze, prima
di provvedere, puo' disporre ulteriori accertamenti sulla
solvibilita' del debitore, avvalendosi anche degli organi
di polizia. 5. (Omissis). 6. Il Ministro delle
finanze, ricevuta la proposta, provvede con proprio decreto
in ordine alla destinazione dei beni, eventualmente anche
in difformita' dalla proposta medesima in considerazione di
situazioni sopravvenute, ovvero di esigenze di carattere
generale. Nei casi di trasferimento o di cessione a titolo
gratuito di cui al comma 5, il decreto del Ministro
costituisce ad ogni effetto titolo acquisitivo della
proprieta' del bene da parte dell'ente assegnatario. Quando
sia stata disposta la conservazione del bene al patrimonio
dello Stato, puo' esserne altresi' stabilita la concessione
in uso ad enti forniti di personalita' giuridica di diritto
privato che per finalita' statutarie operino, senza fini di
lucro, nel campo sociale o educativo. Quando sia stata
disposta la liquidazione dei beni, alle relative operazioni
provvede l'intendente di finanza, il quale puo' affidarle
anche all'amministratore incaricato della gestione, che vi
procede, con l'osservanza delle norme di cui al comma 3,
entro il termine di sei mesi dalla data del decreto del
Ministro delle finanze. Anche prima dell'adozione del
decreto del Ministro delle finanze, per la tutela dei beni
confiscati si applica il disposto di cui al secondo comma
dell'articolo 823 del codice civile". - Si riporta il
testo dell'art. 14 del decreto legge 13 maggio 1991, n.
152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio
1991, n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla
criminalita' organizzata e di trasparenza e buon andamento
dell'attivita' amministrativa):
Art. 14 - 1. Per l'espletamento delle procedure
relative ad appalti di opere pubbliche, pubbliche forniture
e pubblici servizi, le province, i comuni, i rispettivi
consorzi, le unioni di comuni e le comunita' montane, fermi
restando i compiti e le responsabilita' stabiliti in
materia dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono
avvalersi di un'apposita unita' specializzata istituita dal
presidente della giunta regionale presso ciascun ufficio
del genio civile.
2. Il competente provveditorato regionale alle opere
pubbliche, nonche' l'agenzia per lo sviluppo del
Mezzogiorno forniscono la necessaria assistenza tecnica.
3. All'unita' specializzata di cui al comma 1 puo'
essere altresi' preposto un funzionario con qualifica
dirigenziale della regione o dello Stato. In quest'ultimo
caso, il presidente della giunta regionale procede d'intesa
con il Ministero dal quale il funzionario dipende.
3-bis. Il commissario del Governo presso la regione,
per gli appalti di opere pubbliche o di pubbliche forniture
o di pubblici servizi di competenza della regione, ed il
prefetto, per quelli di competenza dei comuni, delle
province, dei consorzi di comuni e province, delle unioni
di comuni, delle unita' sanitarie locali, delle comunita'
montane, delle aziende speciali di comuni e province e
degli altri enti pubblici locali con sede nella provincia,
possono richiedere all'ente od organo interessato notizie e
informazioni sull'espletamento della gara d'appalto, e
sull'esecuzione del contratto di appalto. 3-ter. Nel
caso in cui, sulla base di elementi comunque acquisiti,
emergono inefficienze, ritardi anche nell'espletamento
della gara d'appalto, disservizi, anomalie o pericoli di
condizionamenti mafiosi o criminali, il commissario del
Governo ed il prefetto, nell'ambito delle attribuzioni di
cui al comma 3-bis, d'intesa con il presidente della giunta
regionale, provvedono, senza indugio, a nominare un
apposito collegio di ispettori, con il compito di
verificare la correttezza delle procedure di appalto e di
acquisire ogni utile notizia sulla impresa o imprese
partecipanti alla gara di appalto o aggiudicatarie o
comunque partecipanti all'esecuzione dell'appalto stesso.
3-quater. Il collegio degli ispettori e' formato da un
magistrato della giurisdizione ordinaria o amministrativa
che lo presiede, e da due funzionari dello Stato o della
regione. 3-quinquies. Il provvedimento di nomina del
collegio degli ispettori indica il termine entro il quale
il collegio stesso deve riferire sul risultato delle
indagini. Anche prima di concludere l'indagine, il collegio
degli ispettori puo' proporre all'amministrazione o
all'ente interessato la sospensione della gara d'appalto o
della esecuzione del contratto di appalto ed informare gli
organi amministrativi competenti sulle eventuali
responsabilita' riscontrate a carico di amministratori,
pubblici dipendenti, liberi professionisti o imprese. Il
collegio informa l'autorita' giudiziaria nel caso in cui
dall'indagine emergano indizi di reato o estremi per
l'applicazione della legge 31 maggio 1965, n. 575, e
successive modificazioni. 3-sexies. Sulla base delle
indicazioni formulate dal collegio degli ispettori a
conclusione dell'indagine, l'amministrazione o l'ente
interessato adottano tutti i necessari provvedimenti e, se
ricorrono gravi motivi, possono disporre d'autorita' la
revoca della gara di appalto o la rescissione del contratto
d'appalto. In tal caso, al fine di garantire che
l'esecuzione dell'opera pubblica, della pubblica fornitura
o del pubblico servizio non abbia a subire pregiudizio
alcuno, possono avvalersi dell'unita' specializzata di cui
al comma 1. 3-septies. L'eventuale ricorso contro il
provvedimento adottato a norma del comma 3-sexies non ne
sospende l'esecuzione. 3-octies. Nella regione
Trentino-Alto Adige, alle finalita' del presente articolo
provvedono le province autonome di Trento e di Bolzano
nell'ambito della propria organizzazione".



 
Art. 146.
Norma finale
1. Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, nonche' ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti.
2. Il Ministro dell'interno presenta al Parlamento una relazione semestrale sull'attivita' svolta dalla gestione straordinaria dei singoli comuni.
 
Art. 147.
Tipologia dei controlli interni
1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a:
a) garantire attraverso il controllo di regolarita' amministrativa e contabile, la legittimita', regolarita' e correttezza dell'azione amministrativa;
b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicita' dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo, 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
3. L'organizzazione dei controlli interni e' effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri principi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, piu' enti locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli le modalita' di costituzione e di funzionamento.
5. Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione, d'intesa con le province, sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.



Note all'art. 147:
- Si riporta il testo degli articoli 3, comma 1,
lettere b) e c), e 14, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 (per l'argomento v. nelle note all'art. 88):
Art. 3. (Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e
responsabilita'). - 1. Gli organi di governo esercitano le
funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo
gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli
altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e
verificano la rispondenza dei risultati dell'attivita'
amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti.
Ad essi spettano, in particolare: a) (Omissis).
b) la definizione di obiettivi, priorita', piani,
programmi e direttive generali per l'azione amministrativa
e per la gestione; c) la individuazione delle risorse
umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle
diverse finalita' e la loro ripartizione tra gli uffici di
livello dirigenziale generale". Art. 14. (Indirizzo
politico-amministrativo). - 1. Il Ministro esercita le
funzioni di cui all'articolo 3, comma 1. A tal fine
periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio,
anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui
all'articolo 16: a) definisce obiettivi, priorita',
piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti
direttive generali per l'attivita' amministrativa e per la
gestione; b) effettua, ai fini dell'adempimento dei
compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione
ai dirigenti preposti ai centri di responsabilita' delle
rispettive amministrazioni delle risorse di cui
all'articolo 3, comma 1, lettera c), del presente decreto,
ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del decreto
legislativo 7 agosto 1997, n. 279, ad esclusione delle
risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui
al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni con
le modalita' previste dal medesimo decreto legislativo
7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresi' conto dei
procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli
altri provvedimenti ivi previsti. 2. Per l'esercizio
delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di
uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive
competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione,
istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi
del comma 4-bis dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti
dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in
posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando;
collaboratori assunti con contratti a tempo determinato
disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e
consulenti per particolari professionalita' e
specializzazioni, con incarichi di collaborazione
coordinata e continuativa. Per i dipendenti pubblici si
applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14,
della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso
regolamento si provvede al riordino delle Segreterie
particolari dei Sottosegretari di Stato. Con decreto
adottato dall'autorita' di governo competente, di concerto
con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, e' determinato, in attuazione
dell'articolo 12, comma 1, lettera n), della legge 15 marzo
1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale
disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro,
fino ad una specifica disciplina contrattuale, il
trattamento economico accessorio, da corrispondere
mensilmente, a fronte delle responsabilita', degli obblighi
di reperibilita' e di disponibilita' ad orari disagevoli,
ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei
Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consistente in
un unico emolumento, e' sostitutivo dei compensi per il
lavoro straordinario, per la produttivita' collettiva e per
la qualita' della prestazione individuale. Con effetto
dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al
presente comma sono abrogate le norme del regio
decreto-legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive
modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma
riguardante la costituzione e la disciplina dei Gabinetti
dei Ministri e delle Segreterie particolari dei Ministri e
dei Sottosegretari di Stato. 3. Il Ministro non puo'
revocare, riformare, riservare o avocare a se' o altrimenti
adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti.
In caso di inerzia o ritardo il Ministro puo' fissare un
termine perentorio entro il quale il dirigente deve
adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia
permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive
generali da parte del dirigente competente, che determinino
pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro puo'
nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un
commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del
Consiglio dei Ministri del relativo provvedimento. Resta
salvo quanto previsto dall'art. 2, comma 3, lettera p)
della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresi' salvo
quanto previsto dall'articolo 6 del testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto
18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed
integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento
emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta
salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di
legittimita'". - Si riporta il testo dell'art. 1, comma
2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (per
l'argomento v. nelle note all'art. 107): "2. La
progettazione d'insieme dei controlli interni rispetta i
seguenti princi'pi generali, obbligatori per i Ministeri,
applicabili dalle regioni nell'ambito della propria
autonomia organizzativa e legislativa e derogabili da parte
di altre amministrazioni pubbliche, fermo restando il
principio di cui all'articolo 3 del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni, di qui in poi denominato "decreto n. 29":
a) l'attivita' di valutazione e controllo strategico
supporta l'attivita' di programmazione strategica e di
indirizzo politicoamministrativo di cui agli articoli 3,
comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto n. 29. Essa e'
pertanto svolta da strutture che rispondono direttamente
agli organi di indirizzo politico-amministrativo. Le
strutture stesse svolgono, di norma, anche l'attivita' di
valutazione dei dirigenti direttamente destinatari delle
direttive emanate dagli organi di indirizzo
politico-amministrativo, in particolare dai Ministri, ai
sensi del successivo articolo 8; b) il controllo di
gestione e l'attivita' di valutazione dei dirigenti, fermo
restando quanto previsto alla lettera a), sono svolte da
strutture e soggetti che rispondono ai dirigenti posti al
vertice dell'unita' organizzativa interessata;
c) l'attivita' di valutazione dei dirigenti utilizza
anche i risultati del controllo di gestione, ma e' svolta
da strutture o soggetti diverse da quelle cui e' demandato
il controllo di gestione medesimo; d) le funzioni di
cui alle precedenti lettere sono esercitate in modo
integrato; e) e' fatto divieto di affidare verifiche
di regolarita' amministrativa e contabile a strutture
addette al controllo di gestione, alla valutazione dei
dirigenti, al controllo strategico".



 
Art. 148.
Controllo della Corte dei conti
1. La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni ed integrazioni. Parte seconda
Ordinamento finanziario e contabile



Nota all'art. 148:
- La legge 20 gennaio 1994, n. 20, reca: "Disposizioni
in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
conti".



 
Art. 149.
Principi generali in materia di finanza propria e derivata
1. L'ordinamento della finanza locale e' riservato alla legge, che la coordina con la finanza statale e con quella regionale.
2. Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite.
3. La legge assicura, altresi', agli enti locali potesta' impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province in forza dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.
4. La finanza dei comuni e delle province e' costituita da:
a) imposte proprie;
b) addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;
c) tasse e diritti per servizi pubblici;
d) trasferimenti erariali;
e) trasferimenti regionali;
f) altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale;
g) risorse per investimenti;
h) altre entrate.
5. I trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni socio- economiche, nonche' in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga conto degli squilibri di fiscalita' locale.
6. Lo Stato assegna specifici contributi per fronteggiare situazioni eccezionali.
7. Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunita' ed integrano la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
8. A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Gli enti locali determinano per i servizi pubblici tariffe o corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato e le regioni, qualora prevedano per legge casi di gratuita' nei servizi di competenza dei comuni e delle province ovvero fissino prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative.
9. La legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico.
10. La legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare con criteri perequativi gli investimenti destinati alla realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite dalla legge statale.
11. L'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi e' determinato in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno degli anni previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non e' riducibile nel triennio.
12. Le regioni concorrono al finanziamento degli enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi di investimento, assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o delegate.
13. Le risorse spettanti a comuni e province per spese di investimento previste da leggi settoriali dello Stato sono distribuite sulla base di programmi regionali. Le regioni, inoltre, determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla base della programmazione regionale.



Nota all'art. 149:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 52 del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione
dell'imposta regionale sulle attivita' produttive,
revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle
detrazioni dell'Irpef e l'istituzione di una addizionale
regionale a tale imposta, nonche' riordino della disciplina
dei tributi locali): Art. 52. (Potesta' regolamentare
generale delle province e dei comuni). - 1. Le province ed
i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie
entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla
individuazione e definizione delle fattispecie imponibili,
dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli
tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione
degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non
regolamentato si applicano le disposizioni di legge
vigenti. 2. I regolamenti sono approvati con
deliberazione del comune e della provincia non oltre il
termine di approvazione del bilancio di previsione e non
hanno effetto prima del 1 gennaio dell'anno successivo. I
regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati,
unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al
Ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in
cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante
avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri
delle finanze e della giustizia e' definito il modello al
quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche
in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione,
per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti
sulle entrate tributarie, nonche' di ogni altra
deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e
delle tariffe di tributi. 3. Nelle province autonome di
Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in
conformita' alle disposizioni dello statuto e delle
relative norme di attuazione. 4. Il Ministero delle
finanze puo' impugnare i regolamenti sulle entrate
tributarie per vizi di legittimita' avanti gli organi di
giustizia amministrativa. 5. I regolamenti, per quanto
attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e
delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:
a) l'accertamento dei tributi puo' essere effettuato
dall'ente locale anche nelle forme associate previste negli
articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche
disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la
riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, le
relative attivita' sono affidate: 1) mediante convenzione
alle aziende speciali di cui all'articolo 22, comma 3,
lettera c), della legge 8 giugno 1990, n. 142, e', nel
rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento
della gestione dei servizi pubblici locali, alle societa'
per azioni o a responsabilita' limitata a prevalente
capitale pubblico locale previste dall'articolo 22, comma
3, lettera e), della citata legge n. 142 del 1990, i cui
soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti
all'albo di cui all'articolo 53 oppure siano gia'
costituite prima della data di entrata in vigore del
presente decreto; 2) nel rispetto delle procedure vigenti
in materia di affidamento della gestione dei servizi
pubblici locali, alle societa' miste, per la gestione
presso altri comuni, ai concessionari di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, ai
soggetti iscritti nell'albo di cui al predetto art. 53;
c) l'affidamento di cui alla precedente lettera b)
non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;
d) il visto di esecutivita' sui ruoli per la
riscossione dei tributi e delle altre entrate e' apposto,
in ogni caso, dal funzionario designato quale responsabile
della relativa gestione. 6. La riscossione coattiva dei
tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e
dei comuni viene effettuata con la procedura di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 602, se affidata ai concessionari del servizio di
riscossione di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, ovvero con quella
indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se
svolta in proprio dall'ente locale o affidata agli altri
soggetti menzionati alla lettera b) del comma 4. 7. Con
decreto del Ministro delle finanze, da emanare secondo le
procedure di cui all'art. 53, sono stabilite disposizioni
generali in ordine ai criteri di affidamento e di
svolgimento dei servizi in questione al fine di assicurare
la necessaria trasparenza e funzionalita', nonche' la
misura dei compensi, tenuto anche conto delle effettive
riscossioni".



 
Art. 150.
Principi in materia di ordinamento finanziario e contabile
1. L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali e' riservato alla legge dello Stato e stabilito dalle disposizioni di principio del presente testo unico.
2. L'ordinamento stabilisce per gli enti locali i principi in materia di programmazione, gestione e rendicontazione, nonche' i principi relativi alle attivita' di investimento, al servizio di tesoreria, ai compiti ed alle attribuzioni dell'organo di revisione economico-finanziaria e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del risanamento finanziario.
3. Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
 
Art. 151.
Principi in materia di contabilita'
1. Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i principi di unita', annualita', universalita' ed integrita', veridicita', pareggio finanziario e pubblicita'. Il termine puo' essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
2. Il bilancio e' corredato di una relazione previsionale e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della regione di appartenenza e degli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge.
3. I documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi ed interventi.
4. I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarita' contabile attestante la copertura finanziaria.
5. I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilita' economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio e il conto del patrimonio.
6. Al rendiconto e' allegata una relazione illustrativa della giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti.
7. Il rendiconto e' deliberato dall'organo consiliare entro il 30 giugno dell'anno successivo.
 
Art. 152.
Regolamento di contabilita'
1. Con il regolamento di contabilita' ciascun ente locale applica i principi contabili stabiliti dal presente testo unico, con modalita' organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunita', ferme restando le disposizioni previste dall'ordinamento per assicurare l'unitarieta' ed uniformita' del sistema finanziario e contabile.
2. Il regolamento di contabilita' assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e servizi.
3. Il regolamento di contabilita' stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi vigenti.
4. I regolamenti di contabilita' sono approvati nel rispetto delle norme della parte seconda del presente testo unico, da considerarsi come principi generali con valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si applicano qualora il regolamento di contabilita' dell'ente rechi una differente disciplina:
a) articoli 177 e 178;
b) articoli 179, commi 2, lettere b) c) e d), e 3), 180, commi da 1 a 3 ), 181, commi 1 e 3, 182, 184, 185, commi da 2 a 4;
c) articoli 186, 191, comma 5, 197, 198;
d) articoli 199, 202, comma 2, 203, 205, 207;
e) articoli da 213 a 215, 216, comma 3), da 217 a 219, 221, 224, 225;
f) articoli 235, commi 2 e 3, 237, 238.
 
Art. 153.
Servizio economico-finanziario
1. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati l'organizzazione del servizio finanziario, o di ragioneria o qualificazione corrispondente, secondo le dimensioni demografiche e l'importanza economico-finanziaria dell'ente. Al servizio e' affidato il coordinamento e la gestione dell'attivita' finanziaria.
2. E' consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni.
3. Il responsabile del servizio finanziario di cui all'articolo 151, comma 4, si identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilita'.
4. Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, e' preposto alla verifica di veridicita' delle previsioni di entrata e di compatibilita' delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese.
5. Il regolamento di contabilita' disciplina le modalita' con le quali vengono resi i pareri di regolarita' contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarita' contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilita' effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilita'.
6. Il regolamento di contabilita' disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del responsabile finanziario al legale rappresentante dell'ente, al consiglio dell'ente nella persona del suo presidente, al segretario ed all'organo di revisione ove si rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio. In ogni caso la segnalazione e' effettuata entro sette giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio a norma dell'articolo 193, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche su proposta della giunta.
7. Lo stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare.
 
Art. 154.
Osservatorio sulla finanza e la contabilita' degli enti locali
1. E' istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la contabilita' degli enti locali.
2. L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed umane, la salvaguardia degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei principi contabili e la congruita' degli strumenti applicativi, nonche' la sperimentazione di nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione ed il recepimento delle norme.
3. L'Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno una relazione annuale sullo stato di applicazione delle norme, con proposte di integrazione normativa e di principi contabili di generale applicazione.
4. Il presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed esperti. L'Upi, l'Anci e l'Uncem designano ciascuna un proprio rappresentante. L'Osservatorio dura in carica cinque anni.
5. Il Ministro dell'interno puo' assegnare ulteriori funzioni nell'ambito delle finalita' generali del comma 2 ed emanare norme di funzionamento e di organizzazione.
6. L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione della Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno.
7. Ai componenti dell'Osservatorio spettano il trattamento economico ed i rimborsi spese previsti per i componenti della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.
 
Art. 155.
Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali
1. La Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, gia' denominata Commissione di ricerca per la finanza locale, svolge i seguenti compiti:
a) controllo centrale, da esercitare prioritariamente in relazione alla verifica della compatibilita' finanziaria, sulle dotazioni organiche e sui provvedimenti di assunzione di personale degli enti dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, ai sensi dell'articolo 243;
b) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego del piano di estinzione delle passivita', ai sensi dell'articolo 256, comma 7;
c) proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie per il pagamento della massa passiva in caso di insufficienza delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 256, comma 12;
d) parere da rendere in merito all'assunzione del mutuo con la Cassa depositi e prestiti da parte dell'ente locale, ai sensi dell'articolo 255, comma 5;
e) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, ai sensi dell'articolo 261;
f) proposta al Ministro dell'interno di adozione delle misure necessarie per il risanamento dell'ente locale, a seguito del ricostituirsi di disavanzo di amministrazione o insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con i normali mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni poste a carico dell'ente, ai sensi dell'articolo 268;
g) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di sostituzione di tutto o parte dell'organo straordinario di liquidazione, ai sensi dell'articolo 254, comma 8;
h) approvazione, previo esame, della rideterminazione della pianta organica dell'ente locale dissestato, ai sensi dell'articolo 259, comma 7.
2. La composizione e le modalita' di funzionamento della Commissione sono disciplinate con regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.



Nota all'art. 155:
- Per il testo dell'articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400 (per l'argomento v. nelle note alle
premesse), v. nelle note all'art. 160.



 
Art. 156.
Classi demografiche e popolazione residente
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:
a) comuni con meno di 500 abitanti;
b) comuni da 500 a 999 abitanti;
c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre.
2. Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all'attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura, nonche' all'inclusione nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del dissesto finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell'Uncem per le comunita' montane. Per le comunita' montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l'ultima popolazione disponibile.



Nota all'art. 156:
- La legge 29 ottobre 1984, n. 720, reca: "Istituzione
del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi
pubblici".



 
Art. 157.
Consolidamento dei conti pubblici
1. Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.



Nota all'art. 157:
- Si riporta il testo vigente degli articoli 25, 29 e
30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune
norme di contabilita' generale dello Stato in materia di
bilancio): "Art. 25. (Normalizzazione dei conti degli
enti pubblici). - Ai comuni, alle province e relative
aziende, nonche' a tutti gli enti pubblici non economici
compresi nella tabella A allegata alla presente legge, a
quelli determinati ai sensi dell'ultimo comma del presente
articolo, gli enti ospedalieri, sino all'attuazione delle
apposite norme contenute nella legge di riforma sanitaria,
alle aziende autonome dello Stato, agli enti portuali ed
all'ENEL, e' fatto obbligo, entro un anno dalla entrata in
vigore della presente legge, di adeguare il sistema della
contabilita' ed i relativi bilanci a quello annuale di
competenza e di cassa dello Stato, provvedendo alla
esposizione della spesa sulla base della classificazione
economica e funzionale ed evidenziando, per l'entrata, gli
introiti in relazione alla provenienza degli stessi, al
fine di consentire il consolidamento delle operazioni
interessanti il settore pubblico. La predetta tabella A
potra' essere modificata con decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del tesoro
e di quello del bilancio e della programmazione economica.
Per l'ENEL e le aziende di servizi che dipendono dagli
enti territoriali, l'obbligo di cui al primo comma si
riferisce solo alle previsioni e ai consuntivi di cassa,
restando ferme per questi enti le disposizioni che regolano
la tenuta della contabilita'. Gli enti territoriali
presentano in allegato ai loro bilanci i conti consuntivi
delle aziende di servizi che da loro dipendono, secondo uno
schema tipo definito dal Ministro del tesoro, sentite le
associazioni delle aziende. Ai fini della formulazione
dei conti pluriennali della finanza pubblica e' fatto
obbligo agli enti di cui al presente articolo di fornire al
Ministro del tesoro informazioni su prevedibili flussi
delle entrate e delle spese per gli anni considerati nel
bilancio pluriennale, ove questi non risultino gia' dai
conti pluriennali prescritti da specifiche disposizioni
legislative. Il Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta dei Ministri del tesoro e del bilancio e della
programmazione economica, con proprio decreto, individua
gli organismi e gli enti anche di natura economica che
gestiscono fondi direttamente o indirettamente interessanti
la finanza pubblica, con eccezione degli enti di gestione
delle partecipazioni statali e degli enti autonomi
fieristici, ai quali si applicano le disposizioni del
presente articolo. Per gli enti economici l'obbligo di cui
al primo comma si riferisce solo alle previsioni ed ai
consuntivi in termini di cassa". "Art. 29. (Adempimenti
dei tesorieri). - Agli adempimenti relativi alla
trasmissione dei dati periodici di cassa di cui
all'articolo 30 della presente legge le province e i comuni
provvederanno tramite i propri tesorieri, sulla base dei
dati desunti dai conti correnti di tesoreria da questi
intrattenuti con le amministrazioni interessate. A tale
fine i tesorieri medesimi faranno pervenire, entro i
termini di cui al suddetto articolo 30, alle ragionerie
provinciali dello Stato competenti per territorio i
prospetti con gli elementi determinati. Copia dei
suddetti prospetti verra' trasmessa anche alle ragionerie
delle regioni. Nei confronti dei tesorieri inadempienti
su denuncia del direttore della ragioneria provinciale
dello Stato, le amministrazioni potranno procedere alla
risoluzione del contratto in corso". "Art. 30. (Conti
di cassa). - 1. Entro il mese di febbraio di ogni anno, il
Ministro del tesoro presenta al Parlamento una relazione
sulla stima del fabbisogno del settore statale per l'anno
in corso, quale risulta delle previsioni gestionali di
cassa del bilancio statale e della tesoreria, nonche' sul
finanziamento di tale fabbisogno, a raffronto con i
corrispondenti risultati verificatisi nell'anno precedente.
Nella stessa relazione sono, altresi' indicati i criteri
adottati per la formulazione delle previsioni relative ai
capitoli di interessi sui titoli del debito pubblico. Entro
la stessa data il Ministro del bilancio e della
programmazione economica invia al Parlamento una relazione
contenente i dati sull'andamento dell'economia nell'anno
precedente e l'aggiornamento delle previsioni per
l'esercizio in corso. 2. Entro i mesi di maggio, agosto
e novembre il Ministro del tesoro presenta al Parlamento
una relazione sui risultati conseguiti dalle gestioni di
cassa del bilancio statale e della tesoreria,
rispettivamente, nel primo, secondo e terzo trimestre
dell'anno in corso, con correlativo aggiornamento della
stima annuale. 3. Con le relazioni di cui ai commi 1 e
2, il Ministro del tesoro, presenta altresi' al Parlamento
per l'intero settore pubblico, costituito dal settore
statale, dagli enti di cui all'articolo 25 e dalle regioni,
rispettivamente, la stima della previsione di cassa per
l'anno in corso, i risultati riferiti ai trimestri di cui
al comma 2 e i correlativi aggiornamenti della stima annua
predetta, sempre nell'ambito di una valutazione dei flussi
finanziari e dell'espansione del credito interno. 4.
Con ciascuna delle relazioni di cui ai commi 1 e 2, il
Ministro del tesoro presenta inoltre al Parlamento la stima
sull'andamento dei flussi di entrata e di spesa relativa al
trimestre in corso. 5. Il Ministro del tesoro
determina, con proprio decreto, lo schema tipo dei
prospetti contenenti gli elementi previsionali e i dati
periodici della gestione di cassa dei bilanci che, entro i
mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre, i comuni e le
province debbono trasmettere alla rispettiva regione, e gli
altri enti di cui all'articolo 25 al Ministero del tesoro.
6. In detti prospetti devono, in particolare, essere
evidenziati, oltre agli incassi ed ai pagamenti effettuati
nell'anno e nel trimestre precedente, anche le variazioni
nelle attivita' finanziarie (in particolare nei depositi
presso la tesoreria e presso gli istituti di credito) e
nell'indebitamento a breve e medio termine. 7. Le
regioni e le province autonome comunicano al Ministro del
tesoro entro il giorno 10 dei mesi
di febbraio, maggio, agosto e novembre i dati di cui sopra
aggregati per l'insieme delle province e per l'insieme dei
comuni e delle unita' sanitarie locali, unitamente agli
analoghi dati relativi all'amministrazione regionale.
8. Nella relazione sul secondo trimestre di cui al
comma 2, il Ministro del tesoro comunica al Parlamento
informazioni, per l'intero settore pubblico, sulla
consistenza dei residui alla fine dell'esercizio
precedente, sulla loro struttura per esercizio di
provenienza e sul ritmo annuale del loro processo di
smaltimento, in base alla classificazione economica e
funzionale. 9. A tal fine, gli enti di cui al comma 5
con esclusione dell'ENEL e delle aziende di servizi debbono
comunicare entro il 30 giugno informazioni sulla
consistenza dei residui alla fine dell'esercizio
precedente, sulla loro struttura per esercizio di
provenienza e sul ritmo annuale del loro processo di
smaltimento, in base alla classificazione economica e
funzionale. 10. I comuni, le province e le unita'
sanitarie locali trasmettono le informazioni di cui al
comma 9 alle regioni entro il 15 giugno. Queste ultime
provvederanno ad aggregare tali dati e ad inviarli entro lo
stesso mese di giugno al Ministero del tesoro insieme ai
dati analoghi relativi alle amministrazioni regionali.
11. Nessun versamento a carico del bilancio dello Stato
puo' essere effettuato agli enti di cui all'articolo 25
della presente legge ed alle regioni se non risultano
regolarmente adempiuti gli obblighi di cui ai precedenti
commi".



 
Art. 158.
Rendiconto dei contributi straordinari
1. Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali e' dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario.
2. Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento.
3. Il termine di cui al comma 1 e' perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato.
4. Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in piu' esercizi finanziari l'ente locale e' tenuto al rendiconto per ciascun esercizio.
 
Art. 159.
Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali
1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.
2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a:
a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;
c) espletamento dei servizi locali indispensabili.
3. Per l'operativita' dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalita'.
4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme ne' limitazioni all'attivita' del tesoriere.
5. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3.



Note all'art. 159:
- Si riporta il testo dell'art. 37 della legge
6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali
amministrativi regionali): "Art. 37. - I ricorsi
diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo
dell'autorita' amministrativa di conformarsi, in quanto
riguarda il caso deciso, al giudicato dell'autorita'
giudiziaria ordinaria, che abbia riconosciuto la lesione di
un diritto civile o politico, sono di competenza dei
tribunali amministrativi regionali quando l'autorita'
amministrativa chiamata a conformarsi sia un ente che
eserciti la sua attivita' esclusivamente nei limiti della
circoscrizione del tribunale amministrativo regionale.
Resta ferma, negli altri casi, la competenza del
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Quando i
ricorsi siano diretti ad ottenere lo adempimento
dell'obbligo dell'autorita' amministrativa di conformarsi
al giudicato degli organi di giustizia amministrativa, la
competenza e' del Consiglio di Stato o del tribunale
amministrativo regionale territorialmente competente
secondo l'organo che ha emesso la decisione, della cui
esecuzione si tratta. La competenza e' peraltro del
tribunale amministrativo regionale anche quando si tratti
di decisione di tribunale amministrativo regionale
confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello".
- Si riporta il testo dell'art. 27, comma 1, numero 4),
del Regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del
testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato): "Art.
27. - Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decide
pronunciando anche in merito: 1)-3) (Omissis).
4) dei ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento
dell'obbligo dell'autorita' amministrativa di conformarsi,
in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dei
Tribunali che abbia riconosciuto la lesione di un diritto
civile o politico".



 
Art. 160.
Approvazione di modelli e schemi contabili
1. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati:
a) i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi;
b) il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili di entrata e di spesa;
c) i modelli relativi al bilancio pluriennale;
d) i modelli relativi al conto del tesoriere;
e) i modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarieta' strutturale e la tabella dei parametri gestionali;
f) i modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione;
g) i modelli relativi al conto del patrimonio;
h) i modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili di cui all'articolo 227.
2. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e' approvato lo schema relativo alla relazione previsionale e programmatica previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.



Nota all'art. 160:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 17 della legge
23 agosto 1988, n. 400 (per l'argomento v. nelle note alle
premesse): "Art. 17. (Regolamenti). - 1. Con decreto
del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di
Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla
richiesta, possono essere emanati regolamenti per
disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei
decreti legislativi, nonche' dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi
quelli relativi a materie riservate alla competenza
regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina
da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre
che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate
dalla legge; 2. Con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i
regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da
riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per
le quali le leggi della Repubblica, autorizzando
l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo,
determinano le norme generali regolatrici della materia e
dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto
dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. 3.
Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di
autorita' sottordinate al ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti
ministeriali ed interministeriali, che devono recare la
denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere
del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla
registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale. 4-bis. L'organizzazione e la
disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con
regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del
Ministro competente d'intesa con il Presidente del
Consiglio dei Ministri e con il Ministro del tesoro, nel
rispetto dei princi'pi posti dal decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i
contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione
con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che
tali uffici hanno esclusive competenze di supporto
dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo
e l'amministrazione; b) individuazione degli uffici
di livello dirigenziale generale, centrali e periferici,
mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali
e con funzioni strumentali e loro organizzazione per
funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilita'
eliminando le duplicazioni funzionali; c) previsione
di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e
dei risultati; d) indicazione e revisione periodica
della consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non
regolamentare per la definizione dei compiti delle unita'
dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali
generali".



 
Art. 161.
Certificazioni di bilancio
1. Gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto. Le certificazioni sono firmate dal segretario e dal responsabile del servizio finanziario.
2. Le modalita' per la struttura, la redazione e la presentazione delle certificazioni sono stabilite tre mesi prima della scadenza di ciascun adempimento con decreto del Ministro dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
3. La mancata presentazione di un certificato comporta la sospensione della seconda rata del contributo ordinario dell'anno nel quale avviene l'inadempienza.
4. Il Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili i dati delle certificazioni alle regioni, alle associazioni rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale di statistica.
 
Art. 162.
Principi del bilancio
1. Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per l'anno successivo, osservando i principi di unita', annualita', universalita' ed integrita', veridicita', pareggio finanziario e pubblicita'. La situazione corrente, come definita al comma 6 del presente articolo, non puo' presentare un disavanzo.
2. Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge.
3. L'unita' temporale della gestione e' l'anno finanziario, che inizia il 1o gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono piu' effettuarsi accertamenti di entrate e impegni di spesa in conto dell'esercizio scaduto.
4. Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria e' unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio.
5. Il bilancio di previsione e' redatto nel rispetto dei principi di veridicita' ed attendibilita', sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento.
6. Il bilancio di previsione e' deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge. Per le comunita' montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate.
7. Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all'articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalita' previste dallo statuto e dai regolamenti.
 
Art. 163.
Esercizio provvisorio e gestione provvisoria
1. Nelle more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale di controllo, l'organo consiliare dell'ente delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del bilancio gia' deliberato. Gli enti locali possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
2. Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione, e' consentita esclusivamente una gestione provvisoria, nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria e' limitata all'assolvimento delle obbligazioni gia' assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente.
3. Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia stata fissata da norme statali in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento, l'esercizio provvisorio si intende automaticamente autorizzato sino a tale termine e si applicano le modalita' di gestione, di cui al comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente approvato.
 
Art. 164.
Caratteristiche del bilancio
1. L'unita' elementare del bilancio per l'entrata e' la risorsa e per la spesa e' l'intervento per ciascun servizio. Nei servizi per conto di terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unita' elementare e' il capitolo, che indica l'oggetto.
2. Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per i servizi per conto di terzi.
3. In sede di predisposizione del bilancio di previsione annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento agli impegni pluriennali assunti nel corso degli esercizi precedenti.
 
Art. 165.
Struttura del bilancio
1. Il bilancio di previsione annuale e' composto da due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla spesa.
2. La parte entrata e' ordinata gradualmente in titoli, categorie e risorse, in relazione, rispettivamente alla fonte di provenienza, alla tipologia ed alla specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata.
3. I titoli dell'entrata per province, comuni, citta' metropolitane ed unioni di comuni sono:
Titolo I - Entrate tributarie;
Titolo II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla regione;
Titolo III - Entrate extratributarie;
Titolo IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi;
4. I titoli dell'entrata per le comunita' montane sono:
Titolo I - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla regione;
Titolo II - Entrate extratributarie;
Titolo III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo V - Entrate da servizi per conto di terzi.
5. La parte spesa e' ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attivita' ed alla natura economica dei fattori produttivi nell'ambito di ciascun servizio. La parte spesa e' leggibile anche per programmi dei quali e' fatta analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica.
6. I titoli della spesa sono :
Titolo I - Spese correnti;
Titolo II - Spese in conto capitale;
Titolo III - Spese per rimborso di prestiti;
Titolo IV - Spese per servizi per conto di terzi.
7. Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato di attivita', anche normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel piu' vasto piano generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo 151, puo' essere compreso all'interno di una sola delle funzioni dell'ente, ma puo' anche estendersi a piu' funzioni.
8. A ciascun servizio e' correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi, cui e' preposto un responsabile.
9. A ciascun servizio e' affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio.
10. Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della spesa indicano:
a) l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento e la previsione aggiornata relativa all'esercizio in corso;
b) l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio si riferisce.
11. L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti in bilancio, con le modalita' di cui agli articoli 187 e 188, prima di tutte le entrate e prima di tutte le spese.
12. I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, per quanto non contrasta con la normativa del presente testo unico, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate, al fine di consentire la possibilita' del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneita' delle classificazioni di dette spese nel bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Le entrate e le spese per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di previsione degli enti locali.
13. Il bilancio di previsione si conclude con piu' quadri riepilogativi.
14. Con il regolamento, di cui all'articolo 160, sono approvati i modelli relativi al bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi, il sistema di codifica del bilancio ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche al fini di cui all'articolo 157.
 
Art. 166.
Fondo di riserva
1. Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore al 2 per cento del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio.
2. Il fondo e' utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilita', nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti.
 
Art. 167.
Ammortamento dei beni
1. Gli enti locali iscrivono nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo 229.
2. L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento e' effettuata dopo che gli importi sono rifluiti nel risultato di amministrazione di fine esercizio ed e' possibile la sua applicazione al bilancio in conformita' all'articolo 187.
 
Art. 168.
Servizi per conto di terzi
1. Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l'ente, sono ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di cui all'articolo 160.
2. Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa.
 
Art. 169.
Piano esecutivo di gestione
1. Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.
2. Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli.
3. L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e' facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e per le comunita' montane.
 
Art. 170.
Relazione previsionale e programmatica
1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione una relazione previsionale e programmatica che copra un periodo pari a quello del bilancio pluriennale.
2. La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell'economia insediata e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche. Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli.
3. Per la parte spesa la relazione e' redatta per programmi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando l'entita' e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla spesa corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di investimento.
4. Per ciascun programma e' data specificazione della finalita' che si intende conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma stesso ed e' data specifica motivazione delle scelte adottate.
5. La relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto all'esercizio precedente.
6. Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicita' del servizio.
7. La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'articolo 201.
8. Con il regolamento di cui all'articolo 160 e' approvato lo schema di relazione, valido per tutti gli enti, che contiene le indicazioni minime necessarie a fini del consolidamento dei conti pubblici.
9. Nel regolamento di contabilita' sono previsti i casi di inammissibilita' e di improcedibilita' per le deliberazioni di consiglio e di giunta che non sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale e programmatica.
 
Art. 171.
Bilancio pluriennale
1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale di competenza, di durata pari a quello della regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni, con osservanza dei principi del bilancio di cui all'articolo 162, escluso il principio dell'annualita'.
2. Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per ciascuno degli anni considerati sia alla copertura di spese correnti che al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ultime, della capacita' di ricorso alle fonti di finanziamento.
3. Il bilancio pluriennale per la parte di spesa e' redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonche' le spese di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli anni considerati.
4. Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione.
5. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio pluriennale.
 
Art. 172.
Altri allegati al bilancio di previsione
1. Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti:
a) il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, quale documento necessario per il controllo da parte del competente organo regionale;
b) le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, societa' di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce;
c) la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantita' e qualita' di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attivita' produttive e terziarie, ai sensi delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto 1978, n. 457, che potranno essere ceduti in proprieta' od in diritto di superficie; con la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato;
d) il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109;
e) le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonche', per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi;
f) la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarieta' strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia.



Note all'art. 172:
- La legge 18 aprile 1962, n. 167, reca: "Disposizioni
per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per
l'edilizia economica e popolare". - La legge 22 ottobre
1971, n. 865, reca: "Programmi e coordinamento
dell'edilizia residenziale pubblica; norme
sull'espropriazione per pubblica utilita'; modifiche e
integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile
1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione
di spesa per interventi straordinari nel settore
dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata".
- La legge 5 agosto 1978, n. 457, reca: "Norme per
l'edilizia residenziale". - La legge 11 febbraio 1994,
n. 109, reca: "Legge quadro in materia di lavori pubblici".



 
Art. 173.
Valori monetari
1. I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione previsionale e programmatica sono espressi con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato.
 
Art. 174.
Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati
1. Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono predisposti dall'organo esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione dell'organo di revisione.
2. Il regolamento di contabilita' dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonche' i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo.
3. Il bilancio annuale di previsione e' deliberato dall'organo consiliare entro il termine previsto dall'articolo 151. La relativa deliberazione ed i documenti ad essa allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di controllo.
4. Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale di controllo, previsto dall'articolo 134, decorre dal ricevimento.
 
Art. 175. Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di
gestione
1. Il bilancio di previsione puo' subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte seconda, relativa alle spese.
2. Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare.
3. Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
4. Ai sensi dell'articolo 42 le variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza, salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine.
5. In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento di variazione adottato dall'organo esecutivo, l'organo consiliare e' tenuto ad adottare nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata.
6. Per le province, i comuni, le citta' metropolitane e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi tre titoli. Per le comunita' montane sono vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli.
7. Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza.
8. Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio.
9. Le variazioni al piano esecutivo di gestione, di cui all'articolo 169, sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno.
 
Art. 176.
Prelevamenti dal fondo di riserva
1. I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno.
 
Art. 177.
Competenze dei responsabili dei servizi
1. Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della dotazione assegnata per sopravvenute esigenze successive all'adozione degli atti di programmazione, propone la modifica con modalita' definite dal regolamento di contabilita'.
2. La mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione deve essere motivata dall'organo esecutivo.
 
Art. 178.
Fasi dell'entrata
1. Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il versamento.
 
Art. 179.
Accertamento
1. L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonche' fissata la relativa scadenza.
2. L'accertamento delle entrate avviene:
a) per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge;
b) per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza, a seguito di acquisizione diretta o di emissione di liste di carico;
c) per le entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza dell'assunzione del relativo impegno di spesa;
d) per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici.
3. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l'idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilita' dell'ente.
 
Art. 180.
Riscossione
1. La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all'ente.
2. La riscossione e' disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo 210.
3. L'ordinativo d'incasso e' sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento di contabilita' e contiene almeno:
a) l'indicazione del debitore;
b) l'ammontare della somma da riscuotere;
c) la causale;
d) gli eventuali vincoli di destinazione delle somme;
e) l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui e' riferita l'entrata, distintamente per residui o competenza;
f) la codifica;
g) il numero progressivo;
h) l'esercizio finanziario e la data di emissione.
4. Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la riscossione di ogni somma, versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne' da' immediata comunicazione all'ente, richiedendo la regolarizzazione.
 
Art. 181.
Versamento
1. Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell'ente.
2. Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
3. Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione, versano le somme riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza stabilita dal regolamento di contabilita'.



Nota all'art. 181:
- Si riportano le rubriche degli articoli 22, 23, 24,
25 e 26, ricompresi nel Capo II, Sezione II (Obblighi
contabili e di garanzia), del decreto legislativo 13 aprile
1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della
riscossione, in attuazione della delega prevista dalla
legge 28 settembre 1998, n. 337): "Art. 22 (Termini di
riversamento delle somme riscosse). Art. 23 (Obbligo di
contabilizzazione). Art. 24 (Quietanze). Art.
25 (Conto giudiziale). Art. 26 (Rimborso delle somme
iscritte a ruolo riconosciute indebite)".



 
Art. 182.
Fasi della spesa
1. Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed il pagamento.
 
Art. 183.
Impegno di spesa
1. L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata e' determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'ambito della disponibilita' finanziaria accertata ai sensi dell'articolo 151.
2. Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessita' di ulteriori atti, e' costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute:
a) per il trattamento economico tabellare gia' attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri riflessi;
b) per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori;
c) per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge.
3. Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non e' stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno e' riferita a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validita' gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara gia' adottati.
4. Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno assunto, verificate con la conclusione della fase della liquidazione.
5. Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi:
a) con l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del mutuo, contratto o gia' concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata;
b) con quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare dell'avanzo di amministratone accertato;
c) con l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto;
d) con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate.
Si considerano, altresi', impegnati gli stanziamenti per spese correnti e per spese di investimento correlati ad accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata per legge.
6. Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni nello stesso comprese.
7. Per le spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e per quelle determinate che iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo successivo.
8. Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con le modalita' previste dal regolamento di contabilita'.
9. Il regolamento di contabilita' disciplina le modalita' con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti, da definire determinazioni e da classificarsi con sistemi di raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, si applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'articolo 151, comma 4.
 
Art. 184.
Liquidazione della spesa
1. La liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, si determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto.
2. La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed e' disposta sulla base della documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarita' della fornitura o della prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite.
3. L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i riferimenti contabili e' trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua, secondo i principi e le procedure della contabilita' pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione.
 
Art. 185.
Ordinazione e pagamento
1. L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese.
2. Il mandato di pagamento e' sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal regolamento di contabilita' nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i seguenti elementi:
a) il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario;
b) la data di emissione;
c) l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa e' allocata e la relativa disponibilita', distintamente per competenza o residui;
d) la codifica;
e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonche', ove richiesto, il relativo codice fiscale o la partita IVA;
f) l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con il creditore;
g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo, che legittima l'erogazione della spesa;
h) le eventuali modalita' agevolative di pagamento se richieste dal creditore;
i) il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione.
3. Il mandato di pagamento e' controllato, per quanto attiene alla sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresi' alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere.
4. Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione.
 
Art. 186.
Risultato contabile di amministrazione
1. Il risultato contabile di amministrazione e' accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed e' pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi.
 
Art. 187.
Avanzo di amministrazione
1. L'avanzo di amministrazione e' distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale e fondi di ammortamento.
2. L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, puo' essere utilizzato:
a) per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;
b) per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma dell'articolo 194;
c) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 193 ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento;
d) per il finanziamento di spese di investimento.
3. Nel corso dell'esercizio al bilancio di previsione puo' essere applicato, con delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione presunto derivante dall'esercizio immediatamente precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2. Per tali fondi l'attivazione delle spese puo' avvenire solo dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente, con eccezione dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo consuntivo approvato, i quali possono essere immediatamente attivati.
 
Art. 188.
Disavanzo di amministrazione
1. L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, e' applicato al bilancio di previsione nei modi e nei termini di cui all'articolo 193, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate e non disponibili nel risultato contabile di amministrazione.
 
Art. 189.
Residui attivi
1. Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio.
2. Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlativa entrata.
3. Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui per i quali e' intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi da altri Istituti di credito.
4. Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti rispetto alle previsioni e a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
 
Art. 190.
Residui passivi
1. Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell'esercizio.
2. E' vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell'articolo 183.
3. Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono economia di spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
 
Art. 191.
Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese
1. Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il responsabile del servizio, conseguita l'esecutivita' del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facolta' di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati.
2. Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti, all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno.
3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a terzi e' regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato e' data contestualmente alla regolarizzazione.
4. Nel caso in cui vi e' stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.
5. Agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di amministrazione ovvero indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, e' fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni gia' assunti nei precedenti esercizi.
 
Art. 192.
Determinazioni a contrattare e relative procedure
1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa, indicante:
a) il fine che con il contratto si intende perseguire;
b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalita' di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base.
2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o comunque vigente nell'ordinamento giuridico italiano.
 
Art. 193.
Salvaguardia degli equilibri di bilancio
1. Gli enti locali rispettano, durante la gestione e nelle variazioni di bilancio, il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico.
2. Con periodicita' stabilita dal regolamento di contabilita' dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare da' atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione e' allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.
3. Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilita', ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonche' i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4. La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo e' equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
 
Art. 194.
Riconoscimento di legittimita' di debiti fuori bilancio
1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicita' stabilita dai regolamenti di contabilita', gli enti locali riconoscono la legittimita' dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purche' sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di societa' di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali.
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilita';
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilita' ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2. Per il pagamento, l'ente puo' provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 193, comma 3, l'ente locale puo' far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilita' di utilizzare altre risorse.
 
Art. 195.
Utilizzo di entrate a specifica destinazione
1. Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, possono disporre l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222.
2. L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone l'adozione della deliberazione della giunta relativa all'anticipazione di tesoreria di cui all'articolo 222, comma 1, e viene deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed e' attivato dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente.
3. Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo le modalita' di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti.
4. Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio, ai sensi dell'articolo 193, possono, nelle more del perfezionamento di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni.
 
Art. 196.
Controllo di gestione
1. Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialita' ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo di gestione secondo le modalita' stabilite dal presente titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilita'.
2. Il controllo di gestione e' la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantita' e qualita' dei servizi offerti, la funzionalita' dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di economicita' nell'attivita' di realizzazione dei predetti obiettivi.
 
Art. 197.
Modalita' del controllo di gestione
1. Il controllo di gestione, di cui all'articolo 147, comma 1, lettera b), ha per oggetto l'intera attivita' amministrativa e gestionale delle province, dei comuni, delle comunita' montane, delle unioni dei comuni e delle citta' metropolitane ed e' svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilita' dell'ente.
2. Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi:
a) predisposizione di un piano dettagliato di biettivi;
b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonche' rilevazione dei risultati raggiunti;
c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicita' dell'azione intrapresa.
3. Il controllo di gestione e' svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi.
4. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza, e della economicita' dell'azione amministrativa e' svolta rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile per unita' di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali di cui all'articolo 228, comma 7.
 
Art. 198.
Referto del controllo di gestione
1. La struttura operativa alla quale e' assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo agli amministratori ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati ed ai responsabili dei servizi affinche' questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili.
 
Art. 199.
Fonti di finanziamento
1. Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare:
a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti;
b) avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti;
c) entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni;
d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali;
e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'articolo 187;
f) mutui passivi;
g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge.
 
Art. 200.
Programmazione degli investimenti
1. Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo dell'investimento, da' atto della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario, eventualmente modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle quali e' redatto apposito elenco.
 
Art. 201.
Finanziamento di opere pubbliche e piano economico-finanziario
1. Gli enti locali e le aziende speciali sono autorizzate ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi dello Stato o delle regioni, per il finanziamento di opere pubbliche destinate all'esercizio di servizi pubblici, soltanto se i contratti di appalto sono realizzati sulla base di progetti "chiavi in mano" ed a prezzo non modificabile in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione della trattativa privata.
2. Per le nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale comporti una spesa superiore al miliardo di lire, gli enti di cui al comma 1 approvano un piano economico-finanziario diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al fine della determinazione delle tariffe.
3. Il piano economico-finanziario deve essere preventivamente assentito da una banca scelta tra gli istituti indicati con decreto emanato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
4. Le tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono determinati in base ai seguenti criteri:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l'entita' dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualita' del servizio.
 
Art. 202.
Ricorso all'indebitamento
1. Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali e' ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli investimenti. Puo' essere fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio di cui all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge.
2. Le relative entrate hanno destinazione vincolata.
 
Art. 203. Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso
all'indebitamento
1. Il ricorso all'indebitamento e' possibile solo se sussistono le seguenti condizioni:
a) avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento;
b) avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.
2. Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli gia' in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Contestualmente modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione.
 
Art. 204.
Regole particolari per l'assunzione di mutui
1. Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale puo' assumere nuovi mutui solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 25 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. Per le comunita' montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione.
2. I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullita', essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) l'ammortamento non puo' avere durata inferiore a dieci anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al 1o gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto; a richiesta dell'ente mutuatario, gli istituti di credito abilitati sono tenuti anche in deroga ai loro statuti, a far decorrere l'ammortamento dal 1o gennaio del secondo anno successivo a quello in cui e' avvenuta la stipula del contratto;
c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono, devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal 1o gennaio del secondo anno successivo a quello in cui e' avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;
e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica con proprio decreto.
3. L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa e' data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalita' di utilizzo.
 
Art. 205.
Attivazione di prestiti obbligazionari
1. Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.
 
Art. 206.
Delegazione di pagamento
1. Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. Per le comunita' montane il riferimento va fatto ai primi due titoli dell'entrata.
2. L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, e' notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo.
 
Art. 207.
Fideiussione
1. I comuni, le province e le citta' metropolitane possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da consorzi cui partecipano nonche' dalle comunita' montane di cui fanno parte.
2. La garanzia fideiussoria puo' essere inoltre rilasciata a favore della societa' di capitali, costituite ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera e), per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui all'articolo 116, comma 1. In tali casi i comuni, le province e le citta' metropolitane rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte della societa' sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione alla societa'.
3. La garanzia fideiussoria puo' essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprieta' dell'ente locale, purche' siano sussistenti le seguenti condizioni:
a) il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilita' di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettivita' locale;
b) la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione;
c) la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell'opera.
4. Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite di cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono impegnare piu' di un quinto di tale limite.
 
Art. 208.
Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria
1. Gli enti locali hanno un servizio di tesoreria che puo' essere affidato:
a) per i comuni capoluoghi di provincia, le province, le citta' metropolitane, ad una banca autorizzata a svolgere l'attivita' di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385;
b) per i comuni non capoluoghi di provincia, le comunita' montane e le unioni di comuni, anche a societa' per azioni regolarmente costituite con capi-tale sociale interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25 febbraio 1995 risultavano in possesso del codice rilasciato dalla Banca d'Italia per operare in tesoreria unica, a condizione che abbiano adeguato entro il 10 marzo 2000 il capitale sociale a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le banche di credito cooperativo;
c) altri soggetti abilitati per legge.



Nota all'art. 208:
- Si riporta il testo dell'art. 10 del decreto
legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle
leggi in materia bancaria e creditizia): "Art. 10.
(Attivita' bancaria). - 1. La raccolta di risparmio tra il
pubblico e l'esercizio del credito costituiscono
l'attivita' bancaria. Essa ha carattere d'impresa.
2. L'esercizio dell'attivita' bancaria e' riservato
alle banche. 3. Le banche esercitano, oltre
all'attivita' bancaria, ogni altra attivita' finanziaria,
secondo la disciplina propria di ciascuna, nonche'
attivita' connesse o strumentali. Sono salve le riserve di
attivita' previste dalla legge".



 
Art. 209.
Oggetto del servizio di tesoreria
1. Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie.
2. Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni.
3. Ogni deposito, comunque costituito, e' intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere.



Nota all'art. 209.
- Per l'argomento della legge 29 ottobre 1984, n. 720,
v. nelle note all'art. 156.



 
Art. 210.
Affidamento del servizio di tesoreria
1. L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilita' di ciascun ente, con modalita' che rispettino i principi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente puo' procedere, per non piu' di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto.
2. Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata dall'organo consiliare dell'ente.
 
Art. 211.
Responsabilita' del tesoriere
1. Per eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con tutte le proprie attivita' e con il proprio patrimonio.
2. Il tesoriere e' responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.
 
Art. 212.
Servizio di tesoreria svolto per piu' enti locali
1. I soggetti di cui all'articolo 208 che gestiscono il servizio di tesoreria per conto di piu' enti locali devono tenere contabilita' distinte e separate per ciascuno di essi.
 
Art. 213.
Gestione informatizzata del servizio di tesoreria
1. Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano, il servizio di tesoreria viene gestito con metodologie e criteri informatici, con collegamento diretto tra il servizio finanziario dell'ente ed il tesoriere, al fine di consentire l'interscambio dei dati e della documentazione relativi alla gestione del servizio.
 
Art. 214.
Operazioni di riscossione
1. Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine cronologico per esercizio finanziario.
 
Art. 215.
Procedure per la registrazione delle entrate
1. Il regolamento di contabilita' dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura dei modelli e per la registrazione delle entrate; disciplina, altresi', le modalita' per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonche' la relativa prova documentale.
 
Art. 216.
Condizioni di legittimita' dei pagamenti effettuati dal tesoriere
1. I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonche' tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva debitamente esecutive.
2. Nessun mandato di pagamento puo' essere estinto dal tesoriere se privo della codifica.
3. Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere.
 
Art. 217.
Estinzione dei mandati di pagamento
1. L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene nel rispetto della legge e secondo le indicazioni fornite dall'ente, con assunzione di responsabilita' da parte del tesoriere, che ne risponde con tutto il proprio patrimonio sia nei confronti dell'ente locale ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarita' delle operazioni di pagamento eseguite.
 
Art. 218.
Annotazione della quietanza
1. Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul mandato o su documentazione meccanografica da consegnare all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al proprio rendiconto.
2. Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita nonche' la relativa prova documentale.
 
Art. 219.
Mandati non estinti al termine dell'esercizio
1. I mandati interamente o parzialmente non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema bancario o postale.
 
Art. 220.
Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento
1. A seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206, il tesoriere e' tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell'indennita' di mora in caso di ritardato pagamento.
 
Art. 221.
Gestione di titoli e valori
1. I titoli di proprieta' dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze.
2. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione.
3. Il regolamento di contabilita' dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni.
 
Art. 222.
Anticipazioni di tesoreria
1. Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province, le citta' metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del bilancio e per le comunita' montane ai primi due titoli.
2. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalita' previste dalla convenzione di cui all'articolo 210.
 
Art. 223.
Verifiche ordinarie di cassa
1. L'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente provvede con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria di cassa, alla verifica della gestione del servizio di tesoreria e di quello degli altri agenti contabili di cui all'articolo 233.
2. Il regolamento di contabilita' puo' prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente.
 
Art. 224.
Verifiche straordinarie di cassa
1. Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona del sindaco, del presidente della provincia, del sindaco metropolitano e del presidente della comunita' montana. Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori che cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonche' il segretario, il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione dell'ente.
 
Art. 225.
Obblighi di documentazione e conservazione
1. Il tesoriere e' tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti:
a) aggiornamento e conservazione del giornale di cassa;
b) conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli 223 e 224;
c) conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla legge.
2. Le modalita' e la periodicita' di trasmissione della documentazione di cui al comma 1, sono fissate nella convenzione.
 
Art. 226.
Conto del tesoriere
1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'articolo 93, rende all'ente locale il conto della propria gestione di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro sessanta giorni dall'approvazione del rendiconto.
2. Il conto del tesoriere e' redatto su modello approvato col regolamento di cui all'articolo 160. Il tesoriere allega al conto la seguente documentazione:
a) gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonche' per ogni capitolo di entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi;
b) gli ordinativi di riscossione e di pagamento;
c) la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti meccanografici contenenti gli estremi delle medesime.
d) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
 
Art. 227.
Rendiconto della gestione
1. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio.
2. Il rendiconto e' deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto della relazione dell'organo di revisione. La proposta e' messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il rendiconto deliberato e' inviato all'organo regionale di controllo ai sensi e con le modalita' di cui all'articolo 133.
3. Per le province, le citta' metropolitane, i comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto e' presentato alla Sezione enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche ed integrazioni.
4. Ai fini del referto di cui all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e del consolidamento dei conti pubblici, la Sezione enti locali potra' richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali.
5. Sono allegati al rendiconto:
a) la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo 151, comma 6;
b) la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo 239, comma 1, lettera d);
c) l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza.
6. Qualora l'organizzazione degli enti locali lo consenta il rendiconto e' trasmesso alla Sezione enti locali anche attraverso strumenti informatici, con modalita' da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione.



Note all'art. 227.
- Si riporta il testo vigente dell'art. 13 del
decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51.
(Disposizioni in materia di finanza locale): "Art. 13.
- I trasferimenti statali e i contributi a pareggio dei
bilanci comunali e provinciali 1981 di cui agli articoli
13, quarto comma, 14, ultimo comma, 15, secondo comma, 19,
secondo, quarto e sesto comma, 24 e 26-bis, ultimo comma,
del decreto legge 28 febbraio 1981, n. 38 (28), convertito,
con modificazioni, nella legge 23 aprile 1981, n. 153,
vengono corrisposti al Ministero dell'interno con riduzione
del sessanta per cento dell'avanzo di gestione delle
competenze 1981. Gli avanzi di gestione 1981 devono
essere notificati al Ministero dell'interno entro il
31 maggio 1982. Le province e i comuni con popolazione
superiore a ottomila abitanti sono tenuti a trasmettere i
propri conti consuntivi alla Corte dei conti entro trenta
giorni dall'avvenuto esame degli stessi da parte degli
organi regionali di controllo. Essi sono tenuti altresi' a
trasmettere alla Corte le relazioni dei revisori nominati
dal consiglio comunale e ogni altro documento e
informazione che questa richieda. Entro il 31 luglio la
Corte, in apposita sezione, comunica ai Presidenti delle
Camere l'elenco dei conti consuntivi pervenuti, il piano
delle rilevazioni che si propone di compiere e i criteri ai
quali intende attenersi nell'esame dei conti medesimi. In
ogni caso la Corte esamina la gestione di tutti gli enti i
cui consuntivi si chiudano in disavanzo ovvero rechino la
indicazione di debiti fuori bilancio. L'elenco relativo e'
comunicato alla Corte a cura degli organi regionali di
controllo. La Corte puo' chiedere dati ed elementi di
informazione ai competenti Ministeri. La Corte
riferisce annualmente al Parlamento, entro il 31 luglio, i
risultati dell'esame compiuto sulla gestione finanziaria e
sul buon andamento dell'azione amministrativa degli enti.
Al fine di costituire la sezione prevista al quarto
comma, le dotazioni organiche del personale di magistratura
relative alle qualifiche inferiori a presidente di sezione,
rese cumulative in un'unica dotazione organica sono
aumentate di venti unita'. La dotazione organica per la
qualifica di presidente di sezione e' aumentata di una
unita'. I posti di consigliere non riservati ai primi
referendari della Corte dei conti restano fissati nella
meta' dei consiglieri di cui alla dotazione organica
prevista dalla tabella B allegata alla legge 20 dicembre
1961, n. 1345". - Si riporta il testo dell'art. 3,
commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (per
l'argomento v. nelle note all'art. 148): "4. La Corte
dei conti svolge, anche in corso di esercizio, il controllo
successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio
delle amministrazioni pubbliche, nonche' sulle gestioni
fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria,
verificando la legittimita' e la regolarita' delle
gestioni, nonche' il funzionamento dei controlli interni a
ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all'esito
di altri controlli, la rispondenza dei risultati
dell'attivita' amministrativa agli obiettivi stabiliti
dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi
dello svolgimento dell'azione amministrativa. La Corte
definisce annualmente i programmi ed i criteri di
riferimento del controllo. 5.-6. (Omissis).
7. Restano ferme, relativamente agli enti locali, le
disposizioni di cui al decreto-legge 22 dicembre 1981, n.
786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio
1982, n. 51, e successive modificazioni ed integrazioni,
nonche', relativamente agli enti cui lo Stato contribuisce
in via ordinaria, le disposizioni della legge 21 marzo
1958, n. 259. Le relazioni della Corte contengono anche
valutazioni sul funzionamento dei controlli interni".



 
Art. 228.
Conto del bilancio
1. Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni.
2. Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonche' per ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi, il conto del bilancio comprende, distintamente per residui e competenza:
a) per l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare.
3. Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui.
4. Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello contabile di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo.
5. Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarieta' strutturale e la tabella dei parametri gestionali con andamento triennale. Le tabelle sono altresi' allegate al certificato del rendiconto.
6. Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi possono essere individuati dal regolamento di contabilita' dell'ente locale.
7. Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti dal rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8. I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al comma 5, sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
 
Art. 229.
Conto economico
1. Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi dell'attivita' dell'ente secondo criteri di competenza economica. Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici non rilevati nel conto del bilancio.
2. Il conto economico e' redatto secondo uno schema a struttura scalare, con le voci classificate secondo la loro natura e con la rilevazione di risultati parziali e del risultato economico finale.
3. Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio, i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e le plusvalenze da alienazioni. E' espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico negativo.
4. Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici positivi, rilevando i seguenti elementi:
a) i risconti passivi ed i ratei attivi;
b) le variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze;
c) i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia di valori da porre, dal punto di vista economico, a carico di diversi esercizi;
d) le quote di ricavi gia' inserite nei risconti passivi di anni precedenti;
e) le quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti degli introiti vincolati;
f) imposta sul valore aggiunto per le attivita' effettuate in regime di impresa.
5. Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo, la prestazione di servizi, l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi, le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni, gli ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori crediti e i minori residui attivi. E' espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico positivo.
6. Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici negativi, rilevando i seguenti elementi:
a) i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi;
b) le variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze;
c) le quote di costo gia' inserite nei risconti attivi degli anni precedenti;
d) le quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati;
e) l'imposta sul valore aggiunto per le attivita' effettuate in regime d'impresa.
7. Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti:
a) edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria al 3%;
b) strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%;
c) macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili al 15%;
d) attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%;
e) automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%;
f) altri beni al 20%.
8. Il regolamento di contabilita' puo' prevedere la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi o per centri di costo.
9. Al conto economico e' accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio.
10. I modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
 
Art. 230.
Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali
1. Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale.
2. Il patrimonio degli enti locali e' costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale differenziale e' determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale.
3. Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile.
4. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie, come segue:
a) i beni demaniali gia' acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati in misura pari all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti all'ente successivamente sono valutati al costo;
b) i terreni gia' acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; per i terreni gia' acquisiti all'ente ai quali non e' possibile attribuire la rendita catastale la valutazione si effettua con le modalita' dei beni demaniali gia' acquisiti all'ente; i terreni acquisiti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al costo;
c) i fabbricati gia' acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono valutati al costo;
d) i mobili sono valutati al costo;
e) i crediti sono valutati al valore nominale;
f) i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione della rendita al tasso legale;
g) le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme del codice civile;
h) i debiti sono valutati secondo il valore residuo.
5. Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione.
6. Il regolamento di contabilita' puo' prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attivita' e passivita' interne e esterne. Puo' anche prevedere conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori.
7. Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari.
8. Il regolamento di contabilita' definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico valore.
9. I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.



Nota all'art. 230.
- Il decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, reca:
"Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali".



 
Art. 231.
Relazione al rendiconto della gestione
1. Nella relazione prescritta dall'articolo 151, comma 6, l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di valutazione del patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni, motivando le cause che li hanno determinati.
 
Art. 232.
Contabilita' economica
1. Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di contabilita' che piu' ritengono idoneo per le proprie esigenze.
 
Art. 233.
Conti degli agenti contabili interni
1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all'articolo 93, comma 2, rendono il conto della propria gestione all'ente locale il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro sessanta giorni dall'approvazione del rendiconto.
2. Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto, per quanto di rispettiva competenza:
a) il provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione;
b) la lista per tipologie di beni;
c) copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili;
d) la documentazione giustificativa della gestione;
e) i verbali di passaggio di gestione;
f) le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili;
g) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
3. Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni relative agli allegati di cui ai precedenti commi sono trasmessi anche attraverso strumenti informatici, con modalita' da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione.
4. I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con il regolamento previsto dall'articolo 160.
 
Art. 234.
Organo di revisione economico-finanziario
1. I consigli comunali, provinciali e delle citta' metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri.
2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti:
a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio;
b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti;
c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
3. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunita' montane la revisione economico-finanziaria e' affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunita' montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra i soggetti di cui al comma 2.
4. Gli enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi dei soggetti cui e' affidato l'incarico entro venti giorni dall'avvenuta esecutivita' della delibera di nomina.
 
Art. 235.
Durata dell'incarico e cause di cessazione
1. L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni a decorrere dalla data di esecutivita' della delibera o dalla data di immediata eseguibilita' nell'ipotesi di cui all'articolo 134, comma 3, e sono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a sostituzione di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo revisore e' limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme relative alla proroga degli organi amministrativi di cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
2. Il revisore e' revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d).
3. Il revisore cessa dall'incarico per:
a) scadenza del mandato;
b) dimissioni volontarie;
c) impossibilita' derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente.



Nota all'art. 235.
- Si riporta il testo degli articoli 2, 3, comma 1, 4,
comma 1, 5, comma 1, e 6, del decreto-legge 16 maggio 1994,
n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 luglio 1994, n. 444. (Disciplina della proroga degli
organi amministrativi): "Art. 2. - (Scadenza e
ricostituzione degli organi). - 1. Gli organi
amministrativi svolgono le funzioni loro attribuite sino
alla scadenza del termine di durata per ciascuno di essi
previsto ed entro tale termine debbono essere
ricostituiti".
"Art. 3. (Proroga degli organi - Regime degli atti). -
1. Gli organi amministrativi non ricostituiti nel termine
di cui all'art. 2 sono prorogati per non piu' di
quarantacinque giorni, decorrenti dal giorno della scadenza
del termine medesimo".
"Art. 4. (Ricostituzione degli organi). - 1. Entro il
periodo di proroga gli organi amministrativi scaduti
debbono essere ricostituiti". "Art. 5. (Efficacia
dell'atto di ricostituzione - Regime dei controlli). - 1. I
provvedimenti di nomina dei componenti di organi scaduti
adottati nel periodo di proroga sono immediatamente
esecutivi". "Art. 6. (Decadenza degli organi non
ricostituiti - Regime degli atti Responsabilita'). - 1.
Decorso il termine massimo di proroga senza che si sia
provveduto alla loro ricostituzione, gli organi
amministrativi decadono. 2. Tutti gli atti adottati
dagli organi decaduti sono nulli. 3. I titolari della
competenza alla ricostituzione e nei casi di cui all'art.
4, comma 2, i presidenti degli organi collegiali sono
responsabili dei danni conseguenti alla decadenza
determinata dalla loro condotta, fatta in ogni caso salva
la responsabilita' penale individuale nella condotta
omissiva".



 
Art. 236.
Incompatibilita' ed ineleggibilita' dei revisori
1. Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilita' di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale.
2. L'incarico di revisione economico-finanziaria non puo' essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina, dai membri dell'organo regionale di controllo, dal segretario e dai dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni, delle province, delle citta' metropolitane, delle comunita' montane e delle unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza.
3. I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso.



Nota all'art. 236:
- Si riporta il testo dell'art. 2399 del codice civile:
"Art. 2399. (Cause d'ineleggibilita' e di decadenza). -
Non possono essere eletti, alla carica di sindaco e, se
eletti decadono dall'ufficio coloro che si trovano nelle
condizioni previste dall'articolo 2382, i parenti e gli
affini degli amministratori entro il quarto grado, e coloro
che sono legati a societa' o alle societa' da queste
controllate da un rapporto continuativo di prestazione
d'opera retribuita. Per i sindaci scelti nel ruolo dei
revisori dei conti o negli albi professionali determinati
dalla legge la cancellazione o la sospensione dal ruolo o
dall'albo e' causa di decadenza dall'ufficio di sindaco".



 
Art. 237.
Funzionamento del collegio dei revisori
1. Il collegio dei revisori e' validamente costituito anche nel caso in cui siano presenti solo due componenti.
2. Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate.
 
Art. 238.
Limiti all'affidamento di incarichi
1. Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilita' dell'ente locale, ciascun revisore non puo' assumere complessivamente piu' di otto incarichi, tra i quali non piu' di quattro incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non piu' di tre in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti e non piu' di uno in comune con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e le comunita' montane ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
2. L'affidamento dell'incarico di revisione e' subordinato alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche ed integrazioni, con la quale il soggetto attesta il rispetto dei limiti di cui al comma 1.



Nota all'art. 238:
- La legge 4 gennaio 1968, n. 15, reca: "Norme sulla
documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e
autenticazione di firme". Note all'art. 243: - Il
decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 1989, n.
27), reca: "Coefficienti di ammortamento del costo dei beni
materiali strumentali impiegati nell'esercizio di attivita'
commerciali, arti e professioni". - Si riporta il testo
dell'art. 44 del decreto del Presidente della Repubblica
4 ottobre 1986, n. 902 (Approvazione del nuovo regolamento
delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali):
"Art. 44. - Il capitale di dotazione dell'azienda e'
costituito dai beni immobili e mobili, compresi i fondi
liquidi, assegnati dal comune all'atto dell'istituzione
dell'azienda o successivamente. Salve le eccezioni
previste dalla legge, l'azienda e' tenuta a corrispondere
al comune un interesse pari a quello da questo sostenuto
per la contrazione dei mutui necessari per il conferimento
del capitale di dotazione, limitatamente alla durata dei
mutui contratti. Per i beni conferiti in natura il
consiglio comunale stabilisce i criteri per la relativa
valutazione e per il computo dell'interesse da riconoscere
al comune conferente pari per tasso e durata a quelli
praticati dalla Cassa depositi e prestiti per finanziamenti
similari".



 
Art. 239.
Funzioni dell'organo di revisione
1. L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni:
a) attivita' di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento;
b) pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri e' espresso un motivato giudizio di congruita', di coerenza e di attendibilita' contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarieta' strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilita' delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare e' tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione;
c) vigilanza sulla regolarita' contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attivita' contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilita'; l'organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento.
d) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine, previsto dal regolamento di contabilita' e comunque non inferiore a venti giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonche' rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttivita' ed economicita' della gestione;
e) referto all'organo consiliare su gravi irregolarita' di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilita';
f) verifiche di cassa di cui all'articolo 223.
2. Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente e puo' partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione. Puo' altresi' partecipare alle altre assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette assemblee, all'organo di revisione sono comunicati i relativi ordini del giorno. Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi:
a) da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento nei confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti locali;
b) da parte del responsabile del servizio finanziario le attestazioni di assenza di copertura finanziaria in ordine alle delibere di impegni di spesa.
3. L'organo di revisione e' dotato, a cura dell'ente locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti.
4. L'organo della revisione puo' incaricare della collaborazione nella propria funzione, sotto la propria responsabilita', uno o piu' soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 234, comma 2. I relativi compensi rimangono a carico dell'organo di revisione.
5. I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali.
6. Lo statuto dell'ente locale puo' prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori.
 
Art. 240.
Responsabilita' dell'organo di revisione
1. I revisori rispondono della veridicita' delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
 
Art. 241.
Compenso dei revisori
1. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, vengono fissati i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base e' determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale.
2. Il compenso di cui al comma 1 puo' essere aumentato dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto a quelle indicate nell'articolo 239.
3. Il compenso di cui al comma 1 puo' essere aumentato dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo complessivo non superiore al 30 per cento.
4. Quando la funzione di revisione economico-finanziaria e' esercitata dal collegio dei revisori, il compenso determinato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 e' aumentato per il presidente del collegio stesso del 50 per cento.
5. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante al revisore della comunita' montana ed al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente montano piu' popoloso facente parte della comunita' stessa ed al comune piu' popoloso facente parte dell'unione.
6. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante ai revisori della citta' metropolitana si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, al comune capoluogo.
7. L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina.
 
Art. 242. Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e
relativi controlli
1. Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la meta' presentino valori deficitari. Il certificato e' quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento.
2. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, da emanare entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il triennio successivo i parametri obiettivi, determinati con riferimento a un calcolo di normalita' dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile, nonche' le modalita' per la compilazione della tabella di cui al comma 1.
3. Le norme di cui al presente capo si applicano a comuni, province e comunita' montane.
 
Art. 243. Controlli per gli enti locali strutturalmente deficitari enti locali
dissestati ed altri enti
1. Gli enti locali strutturalmente deficitari, individuati ai sensi dell'articolo 242, sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. Il controllo e' esercitato prioritariamente in relazione alla verifica sulla compatibilita' finanziaria.
2. Gli enti locali strutturalmente deficitari sono soggetti ai controlli centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi. Tali controlli verificano mediante un'apposita certificazione che:
a) il costo complessivo della gestione dei servizi a domanda individuale, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con i relativi proventi tariffari e contributi finalizzati in misura non inferiore al 36 per cento; a tale fine i costi di gestione degli asili nido sono calcolati al 50 per cento del loro ammontare;
b) il costo complessivo della gestione del servizio di acquedotto, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa in misura non inferiore all'80 per cento;
c) il costo complessivo della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa almeno nella misura prevista dalla legislazione vigente.
3. I costi complessivi di gestione dei servizi di cui al comma 2, lettere a) e b), devono comunque comprendere gli oneri diretti e indiretti di personale, le spese per l'acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti e per gli oneri di ammortamento degli impianti e delle attrezzature. Per le quote di ammortamento si applicano i coefficienti indicati nel decreto del Ministro delle finanze in data 31 dicembre 1988 e successive modifiche e integrazioni. I coefficienti si assumono ridotti del 50 per cento per i beni ammortizzabili acquisiti nell'anno di riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti da organismi di gestione degli enti locali, nei costi complessivi di gestione sono considerati gli oneri finanziari dovuti agli enti proprietari di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902, da versare dagli organismi di gestione agli enti proprietari entro l'esercizio successivo a quello della riscossione delle tariffe e della erogazione in conto esercizio. I costi complessivi di gestione del servizio di cui al comma 2, lettera c), sono rilevati secondo le disposizioni vigenti in materia.
4. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati i tempi e le modalita' per la presentazione e il controllo della certificazione di cui al comma 2.
5. Agli enti locali strutturalmente deficitari che, pur essendo a cio' tenuti, non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, e' applicata una sanzione pari alla perdita dell'1 per cento del contributo ordinario spettante per l'anno per il quale si e' verificata l'inadempienza, mediante trattenuta in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti per gli anni successivi.
6. Sono soggetti, in via provvisoria, ai controlli centrali di cui al comma 2:
a) gli enti locali che non presentano il certificato del rendiconto con l'annessa tabella di cui al comma 1 dell'articolo 242, sino all'avvenuta presentazione della stessa;
b) gli enti locali per i quali non sia intervenuta nei termini di legge la deliberazione del rendiconto della gestione, sino all'adempimento.
7. Gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario sono soggetti, per la durata del risanamento, ai controlli di cui al comma 1, sono tenuti alla presentazione della certificazione di cui al comma 2 e sono tenuti per i servizi a domanda individuale al rispetto, per il medesimo periodo, del livello minimo di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, lettera a).
 
Art. 244.
Dissesto finanziario
1. Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non puo' garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalita' di cui all'articolo 193, nonche' con le modalita' di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste.
2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.
 
Art. 245.
Soggetti della procedura di risanamento
1. Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente.
2. L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge.
3. Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
 
Art. 246.
Deliberazione di dissesto
1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario e' adottata dal consiglio dell'ente locale nelle ipotesi di cui all'articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non e' revocabile. Alla stessa e' allegata una dettagliata relazione dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.
2. La deliberazione dello stato di dissesto e' trasmessa, entro cinque giorni dalla data di esecutivita', al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione. La deliberazione e' pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione.
3. L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi dell'articolo 141, comma 3.
4. Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, e' stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall'articolo 191, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto puo' essere validamente adottata, esplicando gli effetti di cui all'articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell'organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell'ente, sono differiti al 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui e' stato deliberato il dissesto. Ove sia stato gia' approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.
5. Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell'organo di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2, si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997.
 
Art. 247.
Omissione della deliberazione di dissesto
1. Ove dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo venga a conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni.
2. Ove sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto.
3. Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale di controllo nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto.
4. Del provvedimento sostitutivo e' data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente, ai sensi dell'articolo 141.
 
Art. 248.
Conseguenze della dichiarazione di dissesto
1. A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio.
2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benche' proposta e' stata rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalita' di legge.
4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256, i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa gia' erogate non producono piu' interessi ne' sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidita' ed esigibilita'.
5. Fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo e' diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore e' stato riconosciuto responsabile.



Nota all'art. 248:
- Si riporta il testo vigente dell'art. 1 della legge
14 gennaio 1994, n. 20 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 148): "Art. 1. (Azione di responsabilita'). -
1. La responsabilita' dei soggetti sottoposti alla
giurisdizione della Corte dei conti in materia di
contabilita' pubblica e' personale e limitata ai fatti ed
alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma
restando l'insindacabilita' nel merito delle scelte
discrezionali. Il relativo debito si trasmette agli eredi
secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento
del dante causa e di conseguente indebito arricchimento
degli eredi stessi. 1-bis. Nel giudizio di
responsabilita', fermo restando il potere di riduzione,
deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti
dall'amministrazione o dalla comunita' amministrata in
relazione al comportamento degli amministratori o dei
dipendenti pubblici soggetti al giudizio di
responsabilita'. 1-ter. Nel caso di deliberazioni di
organi collegiali la responsabilita' si imputa
esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole.
Nel caso di atti che rientrano nella competenza propria
degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilita'
non si estende ai titolari degli organi politici che in
buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano
autorizzato o consentito l'esecuzione. 1-quater. Se il
fatto dannoso e' causato da piu' persone, la Corte dei
conti, valutate le singole responsabilita', condanna
ciascuno per la parte che vi ha preso. 1-quinquies. Nel
caso di cui al comma 1-quater i soli concorrenti che
abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano
agito con dolo sono responsabili solidalmente. La
disposizione di cui al presente comma si applica anche per
i fatti accertati con sentenza passata in giudicato
pronunciata in giudizio pendente alla data di entrata in
vigore del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248. In tali
casi l'individuazione dei soggetti ai quali non si estende
la responsabilita' solidale e' effettuata in sede di
ricorso per revocazione. 2. Il diritto al risarcimento
del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni,
decorrenti dalla data in cui si e' verificato il fatto
dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno,
dalla data della sua scoperta. 2-bis. Per i fatti che
rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 1, comma 7,
del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, la
prescrizione si compie entro cinque anni ai sensi del comma
2 e comunque non prima del 31 dicembre 1996. 2-ter. Per
i fatti verificatisi anteriormente alla data del
15 novembre 1993 e per i quali stia decorrendo un termine
di prescrizione decennale, la prescrizione si compie entro
il 31 dicembre 1998, ovvero nel piu' breve termine dato dal
compiersi del decennio. 3. Qualora la prescrizione del
diritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o
ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno
erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la
denuncia. In tali casi, l'azione e' proponibile entro
cinque anni dalla data in cui la prescrizione e' maturata.
4. La Corte dei conti giudica sulla responsabilita'
amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici
anche quando il danno sia stato cagionato ad
amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di
appartenenza, per i fatti commessi successivamente alla
data di entrata in vigore della presente legge".



 
Art. 249.
Limiti alla contrazione di nuovi mutui
1. Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni.
 
Art. 250.
Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento
1. Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di cui all'articolo 261, l'ente locale non puo' impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica principi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso.
2. Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la giunta con i poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo, sono notificate al tesoriere.
 
Art. 251.
Attivazione delle entrate proprie
1. Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutivita' della delibera, il consiglio dell'ente, o il commissario nominato ai sensi dell'articolo 247, comma 3, e' tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonche' i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto.
2. La delibera non e' revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti, l'organo regionale di controllo procede a norma dell'articolo 136.
3. Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
4. Resta fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalita', i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3, nonche' di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio.
5. Per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione e' fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto.
6. Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5, devono essere comunicate alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali presso il Ministero dell'interno entro trenta giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali.
 
Art. 252.
Composizione, nomina e attribuzioni
1. Per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario di liquidazione e' composto da un singolo commissario; per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e per le province l'organo straordinario di liquidazione e' composto da una commissione di tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione, per i comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della commissione straordinaria di liquidazione, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province, sono nominati fra magistrati a riposo della Corte dei conti, della magistratura ordinaria, del Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di un'idonea esperienza nel campo finanziario e contabile in servizio o in quiescenza degli uffici centrali o periferici del Ministero dell'interno, del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Ministero delle finanze e di altre amministrazioni dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri. La commissione straordinaria di liquidazione e' presieduta, se presente, dal magistrato a riposo della Corte dei conti o della magistratura ordinaria o del Consiglio di Stato. Diversamente la stessa provvede ad eleggere nel suo seno il presidente. La commissione straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza dei suoi componenti.
2. La nomina dell'organo straordinario di liquidazione e' disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno. L'insediamento presso l'ente avviene entro cinque giorni dalla notifica del provvedimento di nomina.
3. Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono le incompatibilita' di cui all'articolo 236.
4. L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla:
a) rilevazione della massa passiva;
b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali;
c) liquidazione e pagamento della massa passiva.
5. In ogni caso di accertamento di danni cagionati all'ente locale o all'erario, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei conti ed alla relativa segnalazione al Ministero dell'interno tramite le prefetture.
 
Art. 253.
Poteri organizzatori
1. L'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell'ente locale, puo' utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare direttive burocratiche.
2. L'ente locale e' tenuto a fornire, a richiesta dell'organo straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature nonche' il personale necessario.
3. L'organo straordinario di liquidazione puo' auto organizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine dell'attivita' di ripiano dei debiti rientrano nel patrimonio dell'ente locale.
 
Art. 254.
Rilevazione della massa passiva
1. L'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa passiva mediante la formazione, entro centottanta giorni dall'insediamento, di un piano di rilevazione. Il termine e' elevato di ulteriori centottanta giorni per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti o capoluogo di provincia e per le province.
2. Ai fini della formazione del piano di rilevazione, l'organo straordinario di liquidazione entro dieci giorni dalla data dell'insediamento, da' avviso, mediante affissione all'albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell'avvio della procedura di rilevazione delle passivita' dell'ente locale. Con l'avviso l'organo straordinario di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro un termine perentorio di sessanta giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta giorni con provvedimento motivato del predetto organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito dell'ente, il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per l'inserimento nel piano di rilevazione.
3. Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi:
a) i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'articolo 194, verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato;
b) i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell'articolo 248, comma 2;
c) i debiti derivanti da transazioni compiute dall'organo straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7.
4. L'organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga necessario, richiede all'ente che i responsabili dei servizi competenti per materia attestino che la prestazione e' stata effettivamente resa e che la stessa rientra nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale. I responsabili dei servizi attestano altresi' che non e' avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo e che il debito non e' caduto in prescrizione alla data della dichiarazione di dissesto. I responsabili dei servizi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l'attestazione si intende resa dagli stessi in senso negativo circa la sussistenza del debito.
5. Sull'inserimento nel piano di rilevazione delle domande di cui al comma 2 e delle posizioni debitorie di cui al comma 3 decide l'organo straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al momento dell'approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall'eventuale attestazione di cui al comma 4.
6. Avverso i provvedimenti di diniego di inserimento nel piano di rilevazione per insussistenza, totale o parziale, del debito od avverso il mancato riconoscimento di cause di prelazione e' ammesso ricorso in carta libera, entro il termine di trenta giorni dalla notifica, al Ministero dell'interno. Il Ministero dell'interno si pronuncia sui ricorsi entro sessanta giorni dal ricevimento decidendo allo stato degli atti. La decorrenza del termine per la decisione vale quale rigetto del ricorso.
7. L'organo straordinario di liquidazione e' autorizzato a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali relative a debiti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 3, inserendo il debito risultante dall'atto di transazione nel piano di rilevazione.
8. In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1, di negligenza o di ritardi non giustificati negli adempimenti di competenza, puo' essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti dell'organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell'interno, previo parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l'adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell'interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari sostituiti.
 
Art. 255.
Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento
1. Nell'ambito dei compiti di cui all'articolo 252, comma 4, lettera b), l'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa attiva, costituita dal contributo dello Stato di cui al presente articolo, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile.
2. Per il risanamento dell'ente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo straordinario di liquidazione, in nome e per conto dell'ente, in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell'interno.
3. L'importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato, e' determinato sulla base di una rata di ammortamento pari al contributo statale indicato al comma 4.
4. Detto contributo e' pari a cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota fissa spetta ai comuni con popolazione sino a 999 abitanti per lire 13.000.000, ai comuni con popolazione da 1.000 a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con popolazione da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000, ai comuni con popolazione da 5.000 a 9.999 abitanti per lire 22.000.000 ed ai comuni con popolazione da 10.000 a 19.999 abitanti per lire 25.000.000. La quota per abitante e' pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le province.
5. Il fondo costituito ai sensi del comma 4 e' finalizzato agli interventi a favore degli enti locali in stato di dissesto finanziario. Le eventuali disponibilita' residue del fondo, rinvenienti dall'utilizzazione dei contributi erariali per un importo inferiore ai limiti massimi indicati nel comma 4, possono essere destinate su richiesta motivata dell'organo consiliare e dell'organo straordinario di liquidazione dell'ente locale, secondo parametri e modalita' definiti con decreto del Ministro dell'interno, all'assunzione di mutui integrativi per necessita' emerse nel corso della procedura di liquidazione e pagamento della massa passiva di cui all'articolo 256, nonche' nei casi di cui al comma 12 del medesimo articolo 256. Il mutuo, da assumere con la Cassa depositi e prestiti, e' autorizzato dal Ministero dell'interno, previo parere della Commissione finanza ed organici degli enti locali. La priorita' nell'assegnazione e' accordata agli enti locali che non hanno usufruito dell'intera quota disponibile ai sensi del comma 4.
6. Per l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente articolo agli enti locali in stato di dissesto finanziario per il ripiano delle posizioni debitorie non si applica il limite all'assunzione dei mutui di cui all'articolo 204, comma 1.
7. Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo degli investimenti, di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul quale sono imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti locali dissestati, puo' essere integrato, con le modalita' di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, in considerazione delle eventuali procedure di risanamento attivate rispetto a quelle gia' definite.
8. L'organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, totalmente o parzialmente, nonche' all'accertamento delle entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge.
9. Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l'organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni. Ai fini dell'alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a societa' di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall'articolo 3 del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facolta' ivi disciplinate. L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, e' tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo puo' essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all'articolo 204, comma 1, e' elevato sino al 40 per cento.
10. Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata ed ai mutui passivi gia' attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese.
11. Per il finanziamento delle passivita' l'ente locale puo' destinare quota dell'avanzo di amministrazione non vincolato.
12. Nei confronti della massa attiva determinata ai sensi del presente articolo non sono ammessi sequestri o procedure esecutive. Le procedure esecutive eventualmente intraprese non determinano vincoli sulle somme.



Note all'art. 255:
- Si riporta il testo dell'art. 28, comma 1, lettera
c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (per
l'argomento v. nelle note all'art. 27): "Art. 28. - 1.
Per l'anno 1993 lo Stato concorre al finanziamento dei
bilanci delle amministrazioni provinciali, dei comuni e
delle comunita' montane con i seguenti fondi: a) - b)
(Omissis); c) fondo per lo sviluppo degli
investimenti delle amministrazioni provinciali, dei comuni
e delle comunita' montane pari, per l'anno 1993, ai
contributi dello Stato concessi per l'ammortamento dei
mutui contratti a tutto il 31 dicembre 1992, e quote dei
contributi assegnati nel 1992 e negli anni precedenti ma
non utilizzati, valutati in complessive lire 11.725.914
milioni". - Si riporta il testo vigente dell'art. 11,
comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 (per
l'argomento v. nelle note all'art. 157): "3. La legge
finanziaria non puo' contenere norme di delega o di
carattere ordinamentale ovvero organizzatorio. Essa
contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti
finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel
bilancio pluriennale e in particolare: a)-c)
(Omissis); d) la determinazione, in apposita tabella,
della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli
anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di
spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale,
la cui quantificazione e' rinviata alla legge finanziaria".
- Si riporta il testo vigente dell'art. 3 del
decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403
(Disposizioni urgenti in materia di finanza locale):
"Art. 3. (Alienazione del patrimonio disponibile degli
enti locali). - 1. Le province, i comuni, le comunita'
montane e i loro consorzi sono autorizzati ad alienare il
patrimonio disponibile per la realizzazione di opere
pubbliche o per il finanziamento delle perdite di gestione
delle aziende pubbliche di trasporto o per i fini indicati
agli articoli 24 e 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n.
66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile
1989, n. 144, e al comma 3 dell'articolo 1-bis del
decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 488.
1-bis. I comuni e le province possono altresi'
procedere alla alienazione del patrimonio di edilizia
residenziale di loro proprieta', ancorche' abbiano
usufruito negli anni precedenti di contributo o
finanziamento in conto capitale o in conto interessi dallo
Stato o dalle regioni. La cessione delle unita' immobiliari
deve avvenire con priorita' assoluta per coloro che ne
fanno uso legittimo, in base a contratto di affitto, di
concessione o comodato. Gli istituti di credito autorizzati
possono concedere mutui ipotecari ai cessionari anche fino
al 90 per cento del valore di cessione, corrispondendo agli
enti proprietari il valore ammesso a mutuo. Gli stessi enti
possono prestare garanzia parziale agli istituti mutuanti
in misura non superiore al 40 per cento del prezzo di
cessione. I comuni e le province possono utilizzare i
proventi per le finalita' previste al comma 1; nella
eventualita' di alienazioni di valore non inferiore ai 500
milioni di lire, qualora non utilizzino almeno il 50 per
cento del ricavato per interventi di edilizia economica e
popolare saranno esclusi dai programmi regionali e
nazionali di nuova formazione sulla materia per i
successivi nove anni. 2. Gli enti locali che abbiano
deliberato le alienazioni di cui al comma 1, nelle more del
perfezionamento di tali atti, possono ricorrere a
finanziamenti presso istituti di credito. Possono altresi'
utilizzare in termini di cassa le somme a specifica
destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti
del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui,
purche' si impegnino esplicitamente a reintegrarle con il
ricavato delle predette alienazioni. 3. Gli enti locali
di cui al comma 1 sono autorizzati a negoziare, con gli
istituti di credito di cui al comma 3-quater, aperture di
credito a fronte di deliberazioni di alienazioni di beni di
loro proprieta'. Le deliberazioni devono riportare i valori
di stima dei beni da alienare. Gli utilizzi delle aperture
di credito sono versati, per gli enti assoggettati alle
disposizioni sulla tesoreria unica, nella contabilita'
fruttifera aperta presso la tesoreria provinciale dello
Stato e sono immediatamente ed integralmente utilizzabili
dagli enti locali per le finalita' previste dai commi
precedenti, nonche' per spese di manutenzione straordinaria
o per altre spese in conto capitale incrementative del
patrimonio degli enti. Al rimborso degli utilizzi, compresi
gli oneri da essi derivanti, si provvede comunque con i
fondi provenienti dalle alienazioni. 3-bis. I debiti
degli enti locali per utilizzi delle aperture di credito di
cui al comma 3 sono assistiti anche da garanzia, da
costituirsi mediante emissione di delegazione di pagamento
da rilasciarsi secondo i limiti ed i criteri stabiliti
dalla normativa vigente. Tale garanzia diviene operativa
qualora, entro 24 mesi dalla data del primo utilizzo delle
aperture di credito, le alienazioni di cui al comma 3 non
siano state realizzate. 3-ter. I debiti degli enti
locali per utilizzi delle aperture di credito di cui al
comma 3 non godono di alcuna garanzia da parte dello Stato,
anche nell'ipotesi di successive situazioni di insolvenza
degli enti stessi. 3-quater. Con decreto del Ministro
del tesoro, sentite l'Associazione nazionale comuni
italiani (ANCI) e l'Unione delle province d'Italia (UPI),
sono designati gli istituti di credito con i quali gli enti
locali sono autorizzati a negoziare le aperture di credito
di cui al comma 3, e sono altresi' stabilite le relative
condizioni e modalita', intese prioritariamente a
semplificare ed a rendere tempestive le decisioni operative
degli enti stessi".



 
Art. 256.
Liquidazione e pagamento della massa passiva
1. Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutivita' con il deposito presso il Ministero dell'interno, cui provvede l'organo straordinario di liquidazione entro cinque giorni dall'approvazione di cui all'articolo 254, comma 1. Al piano e' allegato l'elenco delle passivita' non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti di diniego e dalla documentazione relativa.
2. Unitamente al deposito l'organo straordinario di liquidazione chiede l'autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all'articolo 255 nella misura necessaria per il finanziamento delle passivita' risultanti dal piano di rilevazione e dall'elenco delle passivita' non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall'articolo 255.
3. Il Ministero dell'interno, accertata la regolarita' del deposito, autorizza l'erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti.
4. Entro trenta giorni dall'erogazione del mutuo l'organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passivita' inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l'entita' dell'acconto l'organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passivita' inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l'organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi degli accantonamenti non piu' necessari, su segnalazione del Ministero dell'interno, per scadenza dei termini di impugnativa del provvedimento di diniego di ammissione al passivo o per definitivita' della pronuncia sui ricorsi proposti ai sensi dell'articolo 254, comma 6.
5. Successivamente all'erogazione del primo acconto l'organo straordinario della liquidazione puo' disporre ulteriori acconti per le passivita' gia' inserite nel piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente, utilizzando le disponibilita' nuove e residue, ivi compresa l'eventuale quota di mutuo a carico dello Stato ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura parziale dei debiti l'ente locale e' autorizzato ad assumere un mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, per il pagamento a saldo delle passivita' rilevate. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di estinzione, l'organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone comunicazione all'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento delle residue passivita' ad intervenuta erogazione del mutuo contratto dall'ente. La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito erogano la relativa somma sul conto esistente intestato all'organo di liquidazione.
6. A seguito del definitivo accertamento della massa passiva e dei mezzi finanziari disponibili, di cui all'articolo 255, e comunque entro il termine di ventiquattro mesi dall'insediamento, l'organo straordinario di liquidazione predispone il piano di estinzione delle passivita', includendo le passivita' accertate successivamente all'esecutivita' del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero dell'interno.
7. Il piano di estinzione e' sottoposto all'approvazione, entro centoventi giorni dal deposito, del Ministro dell'interno, il quale valuta la correttezza della formazione della massa passiva e la correttezza e validita' delle scelte nell'acquisizione di risorse proprie. Il Ministro dell'interno si avvale del parere consultivo da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale puo' formulare rilievi e richieste istruttorie cui l'organo straordinario di liquidazione e' tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l'approvazione del piano, di cui al presente comma, e' sospeso.
8. Il decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro dell'interno e' notificato all'ente locale ed all'organo straordinario di liquidazione per il tramite della prefettura.
9. A seguito dell'approvazione del piano di estinzione l'organo straordinario di liquidazione provvede, entro venti giorni dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue passivita' sino alla concorrenza della massa attiva realizzata.
10. Con l'eventuale decreto di diniego dell'approvazione del piano il Ministro dell'interno prescrive all'organo straordinario di liquidazione di presentare, entro l'ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute nel provvedimento.
11. Entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento, l'organo straordinario della liquidazione e' tenuto ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all'organo regionale di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente, il quale e' competente sul riscontro della liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione.
12. Nel caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, e' tale da compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, puo' stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.
 
Art. 257.
Debiti non ammessi alla liquidazione
1. In allegato al provvedimento di approvazione di cui all'articolo 256, comma 8, sono individuate le pretese escluse dalla liquidazione.
2. Il consiglio dell'ente individua con propria delibera, da adottare entro sessanta giorni dalla notifica del decreto di cui all'articolo 256, comma 8, i soggetti ritenuti responsabili di debiti esclusi dalla liquidazione, dandone contestuale comunicazione ai soggetti medesimi ed ai relativi creditori.
3. Se il consiglio non provvede nei termini di cui al comma 2, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 136.
 
Art. 258.
Modalita' semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti
1. L'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, puo' proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalita' semplificata di liquidazione di cui al presente articolo. Con deliberazione di giunta l'ente decide entro trenta giorni ed in caso di adesione s'impegna a mettere a disposizione le risorse finanziare di cui al comma 2.
2. L'organo straordinario di liquidazione, acquisita l'adesione dell'ente locale, delibera l'accensione del mutuo di cui all articolo 255, comma 2, nella misura necessaria agli adempimenti di cui ai successivi commi ed in relazione all'ammontare dei debiti censiti. L'ente locale dissestato e' tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio carico, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide, per un importo che consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi 3 e 4, oltre alle spese della liquidazione. E' fatta salva la possibilita' di ridurre il mutuo a carico dell'ente.
3. L'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, puo' definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianita' dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro trenta giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilita' del mutuo di cui all'articolo 255, comma 2, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a trenta giorni. Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi.
4. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non e' stata accettata la transazione. L'accantonamento e' elevato al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio.
5. Si applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni degli articoli precedenti, fatta eccezione per quelle concernenti la redazione ed il deposito del piano di rilevazione. Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 4, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione ai sensi dell'articolo 256, comma 11.
6. I debiti transatti ai sensi del comma 3, sono indicati in un apposito elenco allegato al piano di estinzione della massa passiva.
7. In caso di eccedenza di disponibilita' si provvede alla riduzione dei mutui, con priorita' per quello a carico dell'ente locale dissestato. E' restituita all'ente locale dissestato la quota di risorse finanziarie liquide dallo stesso messe a disposizione esuberanti rispetto alle necessita' della liquidazione dopo il pagamento dei debiti.
 
Art. 259.
Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato
1. Il consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo 252, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato.
2. L'ipotesi di bilancio realizza il riequilibrio mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti.
3. Per l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede con le modalita' di cui all'articolo 251, riorganizzando anche i servizi relativi all'acquisizione delle entrate ed attivando ogni altro cespite.
4. Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, come definita con il decreto di cui all'articolo 263, comma 1, richiedono, con la presentazione dell'ipotesi, e compatibilmente con la quantificazione annua dei contributi a cio' destinati, l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale fattore del consolidamento finanziario della gestione.
5. Per la riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili. L'ente locale emana i provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario degli enti od organismi dipendenti, nonche' delle aziende speciali, nel rispetto della normativa specifica in materia.
6. L'ente locale, ugualmente ai fini della riduzione delle spese, ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione di cui all'articolo 263, comma 2, fermo restando l'obbligo di accertare le compatibilita' di bilancio. La spesa per il personale a tempo determinato deve altresi' essere ridotta a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale titolo per l'ultimo triennio antecedente l'anno cui l'ipotesi si riferisce.
7. La rideterminazione della dotazione organica e' sottoposta all'esame della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali per l'approvazione.
8. Il mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma 6 comporta la denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale e' autorizzato ad iscrivere nella parte entrata dell'ipotesi di bilancio un importo pari alla quantificazione del danno subito. E' consentito all'ente il mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino alla conclusione del giudizio di responsabilita'.
9. La Cassa depositi e prestiti e gli altri istituti di credito sono autorizzati, su richiesta dell'ente, a consolidare l'esposizione debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre precedente, in un ulteriore mutuo decennale, con esclusione delle rate di ammortamento gia' scadute. Conservano validita' i contributi statali e regionali gia' concessi in relazione ai mutui preesistenti.
10. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono porre a proprio carico oneri per la copertura di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a quelli di cui alla dotazione organica rideterminata, ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti operanti nell'ambito della medesima regione o provincia autonoma.
11. Per le province ed i comuni il termine di cui al comma 1 e' sospeso a seguito di indizione di elezioni amministrative per l'ente, dalla data di indizione dei comizi elettorali e sino all'insediamento dell'organo esecutivo.
 
Art. 260.
Collocamento in disponibilita' del personale eccedente
1. I dipendenti dichiarati in eccedenza ai sensi dell'articolo 259, comma 6, sono collocati in disponibilita'. Ad essi si applicano le vigenti disposizioni, cosi' come integrate dai contratti collettivi di lavoro, in tema di eccedenza di personale e di mobilita' collettiva o individuale.
2. Il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale posto in disponibilita' un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico con decorrenza dalla data della deliberazione e per tutta la durata della disponibilita'. Analogo contributo, per la durata del rapporto di lavoro, e' corrisposto all'ente locale presso il quale il personale predetto assume servizio.
 
Art. 261. Istruttoria e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato
1. L'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato e' istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che formula eventuali rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta giorni.
2. Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime un parere sulla validita' delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacita' delle misure stesse di assicurare stabilita' alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. La formulazione di rilievi o richieste di cui al comma 1 sospende il decorso del termine.
3. In caso di esito positivo dell'esame la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente.
4. In caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole. La mancata approvazione della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo.
5. Con il decreto di cui al comma 3 e' disposto l'eventuale adeguamento dei contributi alla media previsto dall'articolo 259, comma 4.
 
Art. 262. Inosservanza degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio
stabilmente riequilibrato
1. L'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi ed alle richieste di cui all'articolo 261, comma 1, o del termine di cui all'articolo 261, comma 4, o l'emanazione del provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno integrano l'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 1, lettera a).
2. Nel caso di emanazione del provvedimento definitivo di diniego di cui all'articolo 261, comma 4, sono attribuiti al commissario i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.
 
Art. 263. Determinazione delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle dotazioni
organiche.
1. Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua le medie nazionali annue, per classe demografica per i comuni ed uniche per le province, delle risorse di parte corrente di cui all'articolo 259, comma 4.
2. Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua con proprio decreto la media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti in condizione di dissesto ai fini di cui all'articolo 259, comma 6. In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti non inferiore a quello spettante agli enti di maggiore dimensione della fascia demografica precedente.
 
Art. 264.
Deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato
1. A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio l'ente provvede entro trenta giorni alla deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce.
2. Con il decreto di cui all'articolo 261, comma 3, e' fissato un termine, non superiore a centoventi giorni, per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente nonche' per la presentazione delle relative certificazioni.
 
Art. 265. Durata della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione. dell'ipotesi di
bilancio stabilmente riequilibrato.
1. Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo e' garantito il mantenimento dei contributi erariali.
2. Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio sono eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari, dell'ente locale, con l'obbligo di riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo della relazione sul rendiconto annuale.
3. L'organo della revisione riferisce trimestralmente al consiglio dell'ente ed all'organo regionale di controllo.
4. L'inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 261, comma 3, comporta la segnalazione dei fatti all'Autorita' giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato.
 
Art. 266.
Prescrizioni in materia di investimenti
1. Dall'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, e per la durata del risanamento come definita dall'articolo 265, gli enti locali dissestati possono procedere all'assunzione di mutui per investimento ed all'emissione di prestiti obbligazionari nelle forme e nei modi consentiti dalla legge.
 
Art. 267.
Prescrizioni sulla dotazione organica
1. Per la durata del risanamento, come definita dall'articolo 265, la dotazione organica rideterminata ai sensi dell'articolo 259 non puo' essere variata in aumento.
 
Art. 268. Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori
bilancio
1. Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui all'articolo 193, o l'insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con le modalita' di cui all'articolo 194, o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli 259, 265, 266 e 267, comportano da parte dell'organo regionale di controllo la segnalazione dei fatti all'Autorita' giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte dei conti per l'accertamento delle responsabilita' sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri.
2. Nei casi di cui al comma 1, il Ministro dell'interno con proprio decreto, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, stabilisce le misure necessarie per il risanamento, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da 30 a 34.
 
Art. 269.
Modalita' applicative della procedura di risanamento
1. Le modalita' applicative della procedura di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario sono stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
2. Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1991, n. 378.



Note all'art. 269:
- Per il testo dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400 (per l'argomento v. nelle note alle premesse), v.
nelle note all'art. 160. - Il decreto del Presidente
della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378, reca: "Regolamento
recante norme sul risanamento degli enti locali
dissestati".



 
Art. 270.
Contributi associativi
1. I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel, delle altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale che devono essere corrisposti dagli enti associati possono essere riscossi con ruoli, formati ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari del servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate forme di pubblicita' relative alle adesioni e ai loro bilanci annuali.
2. La riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica soluzione, su richiesta dei consigli delle associazioni suddette, secondo le modalita' stabilite nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
3. Gli enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni entro il 31 ottobre di ogni anno, con conseguente esclusione dai ruoli dal 1o gennaio dell'anno successivo.



Nota all'art. 270:
Il decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, reca:
"Riordino della disciplina della riscossione mediante
ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre
1998, n. 337".



 
Art. 271.
Sedi associative
1. Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, possono con apposita deliberazione, da adottarsi dal rispettivo consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali sedi locali di loro proprieta' ed assumere le relative spese di illuminazione, riscaldamento, telefoniche e postali a carico del proprio bilancio.
2. Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di propri dipendenti presso gli organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la posizione giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono inoltre autorizzare, a proprie spese, la partecipazione di propri dipendenti a riunioni delle associazioni sopra accennate.
3. Le associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare piu' di dieci dipendenti distaccati dagli enti locali o dalle loro aziende presso le rispettive sedi nazionali e non piu' di tre dipendenti predetti presso ciascuna sezione regionale.
 
Art. 272.
Attivita' delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo
1. L'Anci e l'Upi possono essere individuate quali soggetti idonei a realizzare programmi del Ministero degli affari esteri relativi alla cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo, di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, nonche' ai relativi regolamenti di esecuzione. A tal fine il competente ufficio del Ministero degli affari esteri e' autorizzato a stipulare apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei singoli associati.
2. I comuni e le province possono destinare un importo non superiore allo 0.80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti dei propri bilanci di previsione per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarieta' internazionale.



Nota all'art. 272:
- La legge 26 febbraio 1987, n. 49, reca: "Nuova
disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in
via di sviluppo".



 
Art. 273.
Norme transitorie
1. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, e dall'articolo 33 della legge 25 marzo 1993, n. 81, in materia di elezioni dei consigli circoscrizionali e di adeguamento degli statuti, nonche' quanto disposto dall'articolo 51, comma 01, quarto periodo, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2. Resta fermo altresi' quanto previsto dall'articolo 51, commi 3-ter e 3-quater, della legge 8 giugno 1990, n. 142, fino all'applicazione della contrattazione decentrata integrativa di cui ai C.C.N.L. per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali sottoscritti il 31 marzo e il 1o aprile 1999, limitamente a quanto gia' attribuito antecedentemente alla stipula di detti contratti.
3. La disposizione di cui all'articolo 51, comma 1, del presente testo unico relativa alla durata del mandato ha effetto dal primo rinnovo degli organi successivo alla data di entrata in vigore della legge 30 aprile 1999, n. 120.
4. Fino al completamento delle procedure di revisione dei consorzi e delle altre forme associative, resta fermo il disposto dell'articolo 60 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell'articolo 5, commi 11-ter e 11-quater, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437.
5. Fino all'entrata in vigore di specifica disposizione in materia, emanata ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, resta fermo il disposto dell'articolo 19 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, per la parte compatibile con l'ordinamento vigente.
6. Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dal presente testo unico.
7. Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati nel periodo intercorrente tra il 18 maggio 1997 ed il 21 agosto 1999 e non sottoposti al controllo, nonche' degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti.



Note all'art. 273:
- Si riporta il testo vigente degli articoli 10, comma
3, e 33, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (per l'argomento
v. nelle note all'art. 74): "3. Fino all'approvazione
delle modifiche statutarie conseguenti, ai sensi
dell'articolo 33 della presente legge, si applicano le
norme per l'elezione dei consigli nei comuni con
popolazione superiore a 15.000 abitanti". "Art. 33.
(Adeguamento degli statuti). - 1. I comuni e le province
adeguano il proprio statuto alle nuove disposizioni entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge. Decorso tale periodo, le norme statutarie in
contrasto con la presente legge sono da considerarsi prive
di ogni effetto". - Per completezza d'informazione, si
riporta il testo degli articoli 51 e 60 della legge
8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).
Si fa presente inoltre che la legge sopracitata e' stata
abrogata dall'art. 274, comma 1, lettera q), del presente
decreto legislativo: "Art. 51. (Organizzazione degli
uffici e del personale). - 01. Ferme restando le
disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti
locali dissestati e strutturalmente deficitari di cui
all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 504, e successive modificazioni, i comuni, le province e
gli altri enti locali territoriali, nel rispetto dei
princi'pi fissati dalla presente legge, provvedono alla
determinazione delle proprie dotazioni organiche, nonche'
all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito
della propria autonomia normativa e organizzativa, con i
soli limiti derivanti dalle proprie capacita' di bilancio e
dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e
dei compiti loro attribuiti. E' conseguentemente abrogato
l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica
25 giugno 1983, n. 347. Nell'organizzazione e gestione del
personale gli enti locali tengono conto di quanto previsto
dalla contrattazione collettiva di lavoro. Il personale
assegnato ai comuni ai sensi dell'ultimo periodo del comma
46 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e'
collocato in un ruolo sovrannumerario ad esaurimento in
attesa che si rendano liberi posti nell'organico dell'ente
di pari livello da destinare, prioritariamente, a detto
personale. 1. I comuni e le province disciplinano con
appositi regolamenti, in conformita' con lo statuto,
l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base
a criteri di autonomia, funzionalita' ed economicita' di
gestione, e secondo princi'pi di professionalita' e
responsabilita'. Nelle materie soggette a riserva di legge
ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge
23 ottobre 1992, n. 421, la potesta' regolamentare degli
enti si esercita tenendo conto della contrattazione
collettiva nazionale e comunque in modo da non determinarne
disapplicazioni durante il periodo di vigenza. Nelle
materie non riservate alla legge il comma 2-bis
dell'articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, e successive modificazioni e integrazioni, si applica
anche ai regolamenti di cui al presente comma. 2.
Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi
secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai
regolamenti che si uniformano al principio per cui i poteri
di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi
mentre la gestione amministrativa e' attribuita ai
dirigenti. 3. Spettano ai dirigenti tutti i compiti,
compresa l'adozione di atti che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente
non riservino agli organi di governo dell'ente. Sono ad
essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli
obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di
indirizzo adottati dall'organo politico, tra i quali in
particolare, secondo le modalita' stabilite dallo statuto o
dai regolamenti dell'ente: a) la presidenza delle
commissioni di gara e di concorso; b) la
responsabilita' delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti; d) gli atti
di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di
impegni di spesa; e) gli atti di amministrazione e
gestione del personale; f) i provvedimenti di
autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio
presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura
discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla
legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi
comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
f-bis) tutti i provvedimenti di sospensione dei
lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza
comunale, nonche' i poteri di vigilanza edilizia e di
irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla
vigente legislazione statale e regionale in materia di
prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e
paesaggistico-ambientale; g) le attestazioni,
certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali,
autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto
costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
h) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai
regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.
3-bis. Nei comuni privi di personale di qualifica
dirigenziale le funzioni di cui al comma 3, fatta salva
l'applicazione del comma 68, lettera c), dell'articolo 17
della legge 15 maggio 1997, n. 127, possono essere
attribuite, a seguito di provvedimento motivato del
sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi,
indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in
deroga a ogni diversa disposizione. 3-ter. In attesa di
apposita definizione contrattuale, nei comuni di cui al
comma 3-bis, ai responsabili di uffici e servizi possono
essere assegnate indennita' di funzione localmente
determinate, nell'ambito delle complessive disponibilita'
di bilancio dei comuni medesimi 3-quater. Nei comuni
tra loro convenzionati per l'esercizio di funzioni
amministrative o per l'espletamento associato dei servizi,
ai responsabili degli uffici o dei servizi che svolgano la
loro funzione anche per gli altri comuni, in attesa di
apposita definizione contrattuale, possono essere assegnate
indennita' di funzione in deroga alle normative vigenti. La
relativa maggiore spesa sara' rimborsata dagli altri enti
convenzionati nei termini previsti dalla convenzione.
4. I dirigenti sono direttamente responsabili, in
relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza
amministrativa e dell'efficienza della gestione. 5. Lo
statuto puo' prevedere che la copertura dei posti di
responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche
dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire
mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico
o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto
privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla
qualifica da ricoprire. 5-bis. Il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in
cui e' prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i
criteri e le modalita' con cui possono essere stipulati, al
di fuori della dotazione organica, contratti a tempo
determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni,
fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da
ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura
complessivamente non superiore al 5 per cento del totale
della dotazione organica della dirigenza e dell'area
direttiva e comunque per almeno una unita'. Negli altri
enti locali, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e
dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalita'
con cui possono essere stipulati, al di fuori della
dotazione organica, solo in assenza di professionalita'
analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo
determinato di dirigenti, alte specializzazioni o
funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti
richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti
sono stipulati in misura complessivamente non superiore al
5 per cento della dotazione organica dell'ente, o ad una
unita' negli enti con una dotazione organica inferiore alle
20 unita'. I contratti di cui al presente comma non possono
avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o
del presidente della provincia in carica. Il trattamento
economico, equivalente a quello previsto dai vigenti
contratti collettivi nazionali e decentrati per il
personale degli enti locali, puo' essere integrato, con
provvedimento motivato della giunta, da una indennita' ad
personam, commisurata alla specifica qualificazione
professionale e culturale, anche in considerazione della
temporaneita' del rapporto e delle condizioni di mercato
relative alle specifiche competenze professionali. Il
trattamento economico e l'eventuale indennita' ad personam
sono definiti in stretta correlazione con il bilancio
dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del
personale. Il contratto a tempo determinato e' risolto di
diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto
o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente
deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni.
6. Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo
determinato, con provvedimento motivato e con le modalita'
fissate dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei
servizi, secondo criteri di competenza professionale, in
relazione agli obiettivi indicati nel programma
amministrativo del sindaco o del presidente della provincia
e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del
sindaco o del presidente della provincia, della giunta o
dell'assessore di riferimento, o in caso di mancato
raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli
obiettivi loro assegnati nel piano esecutivo di gestione
previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo
25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni, o per
responsabilita' particolarmente grave o reiterata e negli
altri casi disciplinati dall'articolo 20 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e dai contratti
collettivi di lavoro. L'attribuzione degli incarichi puo'
prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di
direzione a seguito di concorsi. 7. Per obiettivi
determinati e con convenzioni a termine, il regolamento
puo' prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di
professionalita'. Il regolamento sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi puo' inoltre prevedere la costituzione
di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del
presidente della provincia, della giunta o degli assessori,
per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo
loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti
dell'ente, ovvero, purche' l'ente non abbia dichiarato il
dissesto e non versi nelle situazioni strutturalmente
deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, da
collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i
quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono
collocati in aspettativa senza assegni. Al personale
assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo
determinato si applica il contratto collettivo nazionale di
lavoro del personale degli enti locali. Con provvedimento
motivato della giunta, al personale di cui al precedente
periodo il trattamento economico accessorio previsto dai
contratti collettivi puo' essere sostituito da un unico
emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro
straordinario, per la produttivita' collettiva e per la
qualita' della prestazione individuale. 8. (soppresso).
9. (soppresso). 10. (soppresso). 11. Le norme
del presente articolo si applicano anche agli uffici ed al
personale degli enti dipendenti, dei consorzi e delle
comunita' montane, salvo quanto diversamente previsto dalla
legge". "Art. 60. (Revisione dei consorzi, delle
associazioni e delle circoscrizioni). - 1. Entro il
30 giugno 1996 i comuni e le province provvedono, anche in
deroga ai limiti di durata eventualmente previsti dai
relativi atti costitutivi, alla revisione dei consorzi e
delle altre forme associative in atto, costituiti tra enti
locali, sopprimendoli o trasformandoli nelle forme previste
dalla presente legge. 1-bis. Decorso il termine di cui
al comma 1, il prefetto diffida gli enti consortili a
provvedere entro il termine di tre mesi durante il quale il
consorzio puo' compiere soltanto atti di ordinaria
amministrazione. Qualora allo scadere del termine assegnato
tutti gli enti aderenti o comunque corrispondenti ad una
quota di partecipazione complessivamente superiore al 50,1
per cento del totale non abbiano deliberato la revisione
del consorzio, il prefetto ne da' comunicazione al comitato
regionale di controllo per l'adozione dei conseguenti
provvedimenti di competenza nei confronti degli enti
inadempienti e nomina un commissario o il collegio
commissariale per la temporanea gestione del consorzio. Il
prefetto puo' attribuire le funzioni di commissario
collegiale all'organo del consorzio che per statuto
esercita le funzioni di amministrazione dell'ente. Il
commissario o il collegio commissariale restano in carica
per la liquidazione del consorzio nel caso della
soppressione, ovvero fino alla eventuale ricostituzione
degli organi ordinari in caso di trasformazione nelle forme
di cui al comma 1. 1-ter. Fino alla data di entrata in
vigore della normativa di attuazione della legge 5 gennaio
1994, n. 36, e' sospesa la revisione dei consorzi e delle
altre forme associative in atto, per il servizio idrico ed
il trattamento delle acque reflue, costituiti tra enti
locali, con popolazione inferiore a 15 mila abitanti.
2. Le circoscrizioni istituite ai sensi della legge
8 aprile 1976, n. 278, incompatibili con il nuovo assetto
dettato dall'articolo 13, si intendono prorogate sino alla
prima scadenza dei consigli comunali successiva alla
adozione dello statuto comunale". - La legge 30 aprile
1999, n. 120, reca: "Disposizioni in materia di elezione
degli organi degli enti locali, nonche' disposizioni sugli
adempimenti in materia elettorale". - Si riporta il
testo dell'art. 5, commi 11-ter e 11-quater, del decreto
legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437
(Differimento di termini previsti da disposizioni
legislative in materia di interventi concernenti la
pubblica amministrazione): "11-ter. Il commissario o il
collegio commissariale provvedono, entro sei mesi dallo
scioglimento del consorzio, alle operazioni di acquisizione
di ogni residua attivita' e liquidazione di tutte le
passivita', alla ripartizione ed attribuzione del
patrimonio netto del consorzio agli enti consorziati ed
alla resa dei conti della liquidazione, ed a tutti gli atti
soggetti ad approvazione delle giunte degli enti
consorziati. Il commissario o il collegio commissariale
decidono in merito ad eventuali controversie fra gli enti
consorziati relative alle assegnazioni del personale. Ai
componenti del collegio spettano le indennita' ed i
permessi retribuiti previsti dalla legge 27 dicembre 1985,
n. 816, e successive modificazioni, per l'organo del
consorzio del quale facevano parte. 11-quater. L'organo
preposto alla liquidazione del consorzio del quale e' stata
deliberata la soppressione determina, sulla base di accordi
con le amministrazioni degli enti interessati, la
destinazione del personale e del patrimonio del consorzio".
- Si riporta il testo vigente dell'art. 11 della legge
15 marzo 1997, n. 59 (per l'argomento v. nelle note
all'art. 4): "Art. 11. - 1. Il Governo e' delegato ad
emanare, entro il 31 gennaio 1999, uno o piu' decreti
legislativi diretti a: a) razionalizzare
l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e
dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la
soppressione e la fusione di Ministeri, nonche' di
amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo;
b) riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in
settori diversi dalla assistenza e previdenza, le
istituzioni di diritto privato e le societa' per azioni,
controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, che
operano, anche all'estero, nella promozione e nel sostegno
pubblico al sistema produttivo nazionale;
c) riordinare e potenziare i meccanismi e gli
strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei
rendimenti e dei risultati dell'attivita' svolta dalle
amministrazioni pubbliche; d) riordinare e
razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e
sostenere il settore della ricerca scientifica e
tecnologica nonche' gli organismi operanti nel settore
stesso. 2. I decreti legislativi sono emanati previo
parere della Commissione di cui all'articolo 5, da rendere
entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli
stessi. Decorso tale termine i decreti legislativi possono
essere comunque emanati. 3. Disposizioni correttive e
integrative ai decreti legislativi possono essere emanate,
nel rispetto degli stessi princi'pi e criteri direttivi e
con le medesime procedure, entro un anno dalla data della
loro entrata in vigore. 4. Anche al fine di conformare
le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, e successive modificazioni, alle disposizioni della
presente legge recanti princi'pi e criteri direttivi per i
decreti legislativi da emanarsi ai sensi del presente capo,
ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni, possono essere emanate entro il 31 ottobre
1998. A tal fine il Governo, in sede di adozione dei
decreti legislativi, si attiene ai princi'pi contenuti
negli articoli 97 e 98 della Costituzione, ai criteri
direttivi di cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre
1992, n. 421, a partire dal principio della separazione tra
compiti e responsabilita' di direzione politica e compiti e
responsabilita' di direzione delle amministrazioni,
nonche', ad integrazione, sostituzione o modifica degli
stessi ai seguenti princi'pi e criteri direttivi:
a) completare l'integrazione della disciplina del
lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la
conseguente estensione al lavoro pubblico delle
disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti
di lavoro privato nell'impresa; estendere il regime di
diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti
generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche,
mantenendo ferme le altre esclusioni di cui all'articolo 2,
commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29; b) prevedere per i dirigenti, compresi quelli di
cui alla lettera a), l'istituzione di un ruolo unico
interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri, articolato in modo da garantire la necessaria
specificita' tecnica; c) semplificare e rendere piu'
spedite le procedure di contrattazione collettiva;
riordinare e potenziare l'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) cui e'
conferita la rappresentanza negoziale delle amministrazioni
interessate ai fini della sottoscrizione dei contratti
collettivi nazionali, anche consentendo forme di
associazione tra amministrazioni, ai fini dell'esercizio
del potere di indirizzo e direttiva all'ARAN per i
contratti dei rispettivi comparti; d) prevedere che i
decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere
la disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente
le specifiche tipologie professionali, fatto salvo quanto
previsto per la dirigenza del ruolo sanitario di cui
all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502, e successive modificazioni, e stabiliscano altresi'
una distinta disciplina per gli altri dipendenti pubblici
che svolgano qualificate attivita' professionali,
implicanti l'iscrizione ad albi, oppure
tecnico-scientifiche e di ricerca; e) garantire a
tutte le amministrazioni pubbliche autonomi livelli di
contrattazione collettiva integrativa nel rispetto dei
vincoli di bilancio di ciascuna amministrazione; prevedere
che per ciascun ambito di contrattazione collettiva le
pubbliche amministrazioni, attraverso loro istanze
associative o rappresentative, possano costituire un
comitato di settore; f) prevedere che, prima della
definitiva sottoscrizione del contratto collettivo, la
quantificazione dei costi contrattuali sia dall'ARAN
sottoposta, limitatamente alla certificazione delle
compatibilita' con gli strumenti di programmazione e di
bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto
1978, n. 468, e successive modificazioni, alla Corte dei
conti, che puo' richiedere elementi istruttori e di
valutazione ad un nucleo di tre esperti, designati, per
ciascuna certificazione contrattuale, con provvedimento del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il
Ministro del tesoro; prevedere che la Corte dei conti si
pronunci entro il termine di quindici giorni, decorso il
quale la certificazione si intende effettuata; prevedere
che la certificazione e il testo dell'accordo siano
trasmessi al comitato di settore e, nel caso di
amministrazioni statali, al Governo; prevedere che, decorsi
quindici giorni dalla trasmissione senza rilievi, il
presidente del consiglio direttivo dell'ARAN abbia mandato
di sottoscrivere il contratto collettivo il quale produce
effetti dalla sottoscrizione definitiva; prevedere che, in
ogni caso, tutte le procedure necessarie per consentire
all'ARAN la sottoscrizione definitiva debbano essere
completate entro il termine di quaranta giorni dalla data
di sottoscrizione iniziale dell'ipotesi di accordo;
g) devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice
ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera
a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ancorche'
concernenti in via incidentale atti amministrativi
presupposti, ai fini della disapplicazione, prevedendo:
misure organizzative e processuali anche di carattere
generale atte a prevenire disfunzioni dovute al
sovraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali di
conciliazione e arbitrato; infine, la contestuale
estensione della giurisdizione del giudice amministrativo
alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali
conseguenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e
di servizi pubblici, prevedendo altresi' un regime
processuale transitorio per i procedimenti pendenti;
h) prevedere procedure facoltative di consultazione
delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti
collettivi dei relativi comparti prima dell'adozione degli
atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto
di lavoro; i) prevedere la definizione da parte della
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica di un codice di comportamento dei
dipendenti della pubblica amministrazione e le modalita' di
raccordo con la disciplina contrattuale delle sanzioni
disciplinari, nonche' l'adozione di codici di comportamento
da parte delle singole amministrazioni pubbliche; prevedere
la costituzione da parte delle singole amministrazioni di
organismi di controllo e consulenza sull'applicazione dei
codici e le modalita' di raccordo degli organismi stessi
con il Dipartimento della funzione pubblica. 4-bis. I
decreti legislativi di cui al comma 4 sono emanati previo
parere delle Commissioni parlamentari permanenti competenti
per materia, che si esprimono entro trenta giorni dalla
data di trasmissione dei relativi schemi. Decorso tale
termine, i decreti legislativi possono essere comunque
emanati. 5. Il termine di cui all'articolo 2, comma 48,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e' riaperto fino al
31 luglio 1997. 6. Dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 4, sono abrogate tutte
le disposizioni in contrasto con i medesimi. Sono apportate
le seguenti modificazioni alle disposizioni dell'articolo
2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421: alla
lettera e) le parole: "ai dirigenti generali ed equiparati
sono soppresse; alla lettera i) le parole: "prevedere che
nei limiti di cui alla lettera h) la contrattazione sia
nazionale e decentrata sono sostituite dalle seguenti:
"prevedere che la struttura della contrattazione, le aree
di contrattazione e il rapporto tra i diversi livelli siano
definiti in coerenza con quelli del settore privato ; la
lettera q) e' abrogata; alla lettera t) dopo le parole:
"concorsi unici per profilo professionale sono inserite le
seguenti: ", da espletarsi a livello regionale, ". 7.
Sono abrogati gli articoli 38 e 39 del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29. Sono fatti salvi i procedimenti
concorsuali per i quali sia stato gia' pubblicato il bando
di concorso". - Si riporta il testo vigente dell'art.
19 del Regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del
testo unico della legge comunale e provinciale). Si fa
presente inoltre che il Regio decreto sopracitato e' stato
abrogato dall'art. 274, comma 1, lettera a), del presente
decreto legislativo: "Art. 19. Il Prefetto rappresenta
il potere esecutivo nella Provincia. Esercita le
attribuzioni a lui demandate dalle leggi e dai regolamenti
e promuove ove occorra, il regolamento di attribuzioni tra
l'autorita' amministrativa e l'autorita' giudiziaria.
Vigila sull'andamento di tutte le pubbliche
amministrazioni e adotta, in caso di urgente necessita', i
provvedimenti indispensabili nel pubblico interesse nei
diversi rami di servizio. Ordina le indagini necessarie
nei riguardi delle amministrazioni locali sottoposte alla
sua vigilanza. Invia appositi commissari presso le
amministrazioni degli enti locali territoriali e
istituzionali, per compiere in caso di ritardo o di
omissione da parte degli organi ordinari, previamente e
tempestivamente invitati a provvedere, atti obbligatori per
legge o per reggerle, per il periodo di tempo strettamente
necessario, qualora non possano, per qualsiasi ragione,
funzionare. Tutela l'ordine pubblico e sovrintende alla
Pubblica sicurezza, dispone della forza pubblica e puo'
richiedere l'impiego di altre forze armate. Presiede
gli organi consultivi, di controllo e giurisdizionali
sedenti presso la Prefettura". - Si riporta il testo
degli articoli 125, 127 e 289 del Regio decreto 4 febbraio
1915, n. 148 (Approvazione del nuovo testo unico della
legge comunale e provinciale): "Art. 125. (Testo unico,
art. 120). La convocazione dei consiglieri deve esser fatta
dal Sindaco con avvisi scritti, da consegnarsi a domicilio.
La consegna deve risultare da dichiarazione del messo
comunale. L'avviso per le sessioni ordinarie, con
l'elenco degli oggetti da trattarsi, deve essere consegnato
ai consiglieri almeno cinque giorni prima, e per le altre
sessioni almeno tre giorni prima di quello stabilito per la
prima adunanza. Tuttavia, nei casi d'urgenza, basta che
l'avviso col relativo elenco sia consegnato 24 ore prima:
ma in questo caso, quante volte la maggioranza dei
consiglieri presenti lo richieda, ogni deliberazione puo'
essere differita al giorno seguente. Altrettanto resta
stabilito per gli elenchi di oggetti da trattarsi in
aggiunta ad altri gia' inscritti all'ordine del giorno di
una determinata seduta. L'elenco degli oggetti da
trattarsi in ciascuna sessione ordinaria o straordinaria
del consiglio comunale, deve, sotto la responsabilita' del
segretario, essere pubblicato nell'albo pretorio almeno il
giorno precedente a quello stabilito per la prima
adunanza". "Art. 127. (Testo unico, art. 122). I
Consigli comunali non possono deliberare se non interviene
la meta' del numero dei consiglieri assegnati al comune;
pero', alla seconda convocazione, che avra' luogo in altro
giorno, le deliberazioni sono valide purche' intervengano
almeno quattro membri. Nel caso che siano introdotte
proposte, le quali non erano comprese nell'ordine di prima
convocazione, queste non possono essere poste in
deliberazione se non 24 ore dopo averne dato avviso a tutti
i consiglieri". "Art. 289. (Testo unico, art. 277). I
consiglieri, che non intervengono ad una intiera sessione
ordinaria, senza giustificati motivi, sono dichiarati
decaduti. Il deputato provinciale, o l'assessore
municipale, che non interviene a tre sedute consecutive del
rispettivo consesso, senza giustificato motivo, decade
dalla carica. La decadenza e' pronunciata dai
rispettivi Consigli. Il Prefetto la puo' promuovere".



 
Art. 274.
Norme abrogate
1. Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;
b) articoli 31 e 32 del regio decreto 7 giugno 1943, n. 651;
c) articoli 2, commi 1, 2 e 3, e 23, commi 2 e 3, della legge 8 marzo 1951, n. 122;
d) articolo 63 della legge 10 febbraio 1953, n. 62;
e) articoli 6, 9, 9-bis fatta salva l'applicabilita' delle disposizioni ivi previste agli amministratori regionali ai sensi dell'articolo 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, 72, commi 3 e 4, e 75 del decreto del Presidente della Repubblica del 16 maggio 1960, n. 570;
f) legge 13 dicembre 1965, n. 1371;
g) articolo 6, comma 1, della legge 18 marzo 1968, n. 444;
h) articolo 6, comma 3, della legge 3 dicembre 1971, n. 1102;
i) articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
j) articolo 6, comma 15, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978, n. 43;
k) articolo 4, del decreto-legge 10 novembre 1978, n. 702, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 1979, n. 3;
l) legge 23 aprile 1981, n. 154, fatte salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali;
m) articoli 4 e 6 della legge 23 marzo 1981, n. 93;
n) articolo 15, punto 4.4, limitatamente al primo periodo, articoli 35-bis e 35-ter, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n. 131;
o) legge 27 dicembre 1985, n. 816;
p) articoli 15, salvo per quanto riguarda gli amministratori e i componenti degli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri regionali, 15-bis e 16 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
q) legge 8 giugno 1990, n. 142;
r) articolo 13-bis, del decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 80;
s) articolo 15, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito , con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;
t) decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221;
u) articolo 2, della legge 11 agosto 1991, n. 271;
v) articoli 1 e 4 comma 2, della legge 18 gennaio 1992, n. 16;
w) articolo 12 commi 1, 3, 4, 5, 7 e 8, della legge 23 dicembre 1992, n. 498;
x) articolo 3, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, limitatamente a quanto riguarda le cariche di consigliere comunale, provinciale, sindaco, assessore comunale, presidente e assessore di comunita' montane;
y) articoli da 44 a 47, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;
z) articoli 8 e 8-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68;
aa) articolo 36-bis, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
bb) articolo 3 del decreto-legge 25 febbraio 1993, n. 42, convertito , con modificazioni, dalla legge 23 aprile 1993, n. 120;
cc) legge 25 marzo 1993, n. 81, limitatamente agli articoli: 1, 2, 3, comma 5, 6, 7, 7-bis, 8, 9, 10, commi 1 e 2, da 12 a 27 e 31;
dd) articoli 1 e 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415;
ee) decreto-legge 20 dicembre 1993, n. 529, convertito dalla legge 11 febbraio 1994, n. 108;
ff) articoli 1, 2 e 4 della legge 12 gennaio 1994, n. 30;
gg) articolo 4, commi 2, 3 e 5 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95;
hh) articoli da 1 a 114 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77;
ii) articolo 5, commi 8, 8-bis, 8-ter, 9, 9-bis ed 11-bis del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437;
jj) articolo 1, comma 89, ed articolo 3, comma 69, della legge 28 dicembre 1995, n. 549;
kk) legge 15 maggio 1997, n. 127, limitatamente agli articoli: 4; 5 ad eccezione del comma 7; 6 commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 10, 11 e 12 fatta salva l'applicabilita' delle disposizioni ivi previste per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende sanitarie locali e ospedaliere; 10; 17, commi 8, 9 e 18, secondo periodo, da 33 a 36, 37, nella parte in cui si riferisce al controllo del comitato regionale di controllo, da 38 a 45, 48, da 51 a 59, da 67 a 80 ad eccezione del 79-bis, da 84 a 86;
ll) articolo 2, commi 12, 13, 15, 16, 29, 30 e 31 della legge 16 giugno 1998, n. 191;
mm) articolo 4, comma 2, della legge 18 novembre 1998, n. 415;
nn) articolo 2, comma 1, del decreto-legge 26 gennaio 1999, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1999, n. 75;
oo) articolo 9, comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50;
pp) articoli 2, 7 e 8, commi 4 e 5, della legge 30 aprile 1999, n. 120;
qq) legge 3 agosto 1999, n. 265, limitatamente agli articoli 1; 2; 3; 4, commi 1 e 3; 5; 6 tranne il comma 8; 7 comma 1; 8; 11 tranne il comma 13; 13, commi 1, 3 e 4; 14; 16; 17, comma 3; 18, commi 1 e 2; 19; 20; 21; 22; 23; 24; 25; 26, commi da 1 a 6; 27; 28, commi 3, 5, 6 e 7; 29; 30; 32 e 33;
rr) legge 13 dicembre 1999, n. 475, ad eccezione dell'articolo 1, comma 3, e fatte salve le disposizioni ivi previste per gli amministratori regionali.
 
Art. 275.
Norma finale
1. Salvo che sia diversamente previsto dal presente decreto e fuori dei casi di abrogazione per incompatibilita', quando leggi, regolamenti, decreti, od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni espressamente abrogate dagli articoli contenuti nel presente capo, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni del presente testo unico, come riportate da ciascun articolo.
 
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