Gazzetta n. 107 del 10 maggio 2000 (vai al sommario)
AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI
COMUNICATO
Provvedimenti in materia di esecuzione di opere e lavori pubblici.

DETERMINAZIONE n. 1 del 6 maggio 1999. Danno erariale.

I maggiori costi che si verifichino nella esecuzione di opere e lavori pubblici possono concretare fattispecie di danno erariale e la legge assegna all'Autorita' il compito di accertare che dall'esecuzione dei lavori non sia derivato danno erariale, il che, volto in positivo, sta a dire che occorre disporre accertamento nei casi di danno.

Cio' al fine della trasmissione degli atti ai soggetti interessati ed alla Procura generale della Corte dei conti.

Una prima precisazione da fare sul tema e' nel senso che non e' previsto, ancorche' nel 1994 e negli anni successivi in cui sono intervenute modifiche alla legge sui lavori pubblici esistessero gia' le Procure regionali della Corte dei conti, un rapporto diretto dell'Autorita' con questi organi decentrati.

Una seconda precisazione e' che le fattispecie di danno erariale se comportano diseconomicita' della gestione dei lavori pubblici, devono essere oggetto di cognizione da parte dell'Autorita' ai fini dell'esercizio della sua funzione di vigilanza e quindi vanno segnalate dalle amministrazioni all'Autorita' stessa, anche se ne sia contemporaneamente investita la Procura regionale competente.

Inoltre, la previsione che gli atti e i rilievi devono essere trasmessi, oltre che alla Procura generale, ai "soggetti interessati", nel caso di pregiudizio per il pubblico erario, assegna all'Autorita' la funzione di rendere consapevoli e gli autori dei fatti e le autorita' competenti dell'amministrazione o ente che ha subito il danno del prevedibile intervento dell'organo giudiziario con l'esercizio dell'azione di responsabilita' a ristoro del danno. Questo avviso (previa delibera dell'Autorita' e con nota del Presidente) puo' incentivare l'adozione, con effetti immediati, di provvedimenti intesi a conseguire in sede amministrativa la reintegrazione del danno arrecato, ad evitare il perdurare di situazioni lesive per la finanza pubblica.

Il Presidente
Firma Illegibile

ATTO DI REGOLAZIONE n. 2/99 del 13 luglio 1999 Applicabilita' della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modificazioni ai settori esclusivi.

1. Il fatto e le questioni proposte

A) In data 11 febbraio 1999 la Soc. Italferr S.p.A. procedeva alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee di un bando di gara a procedura ristretta avente ad oggetto la realizzazione di una prima fase dell'ampliamento della ferrovia tra il C.so Vittorio Emanuele II ed il C.so Grosseto a Torino, la costruzione della strada denominata " Spina centrale" e delle opere complementari a carattere urbano, da realizzare nell'ambito degli interventi di potenziamento del nodo ferroviario di Torino, per un importo a base d'asta pari a £. 455.758.000.000.

Il suddetto bando non risulta essere stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Venivano, quindi, elencati nel bando in questione i lavori costituenti l'appalto tra cui la realizzazione di:

- sede di binari e di marciapiedi e di sottopassaggi da realizzare in sotterraneo;
- sottopassaggi veicolari;
- fabbricato viaggiatori;
- collettive di fognatura;
- modifica delle fognature interferite dai lavori;
- adeguamento dei servizi di sotto e soprasuolo interferiti;
- adeguamento dei binari e degli impianti ferroviari interferiti;
- viale alberato;
- modifica di strade interferite;
- lavori di arredo urbano;
- impianti semaforici e di segnaletica stradale;
- impianti di illuminazione pubblica;
- opere di demolizione di impianti e strutture;
- monitoraggio della stabilita' delle strutture latistanti i cantieri ecc.

La stazione appaltante indicava nel bando le categorie del vigente Albo nazionale dei costruttori relative alle lavorazioni previste nell'intervento, con il corrispondente importo, individuando nelle categorie G3 e G6 le categorie prevalenti.

L'appalto veniva assoggettato alla normativa di cui al decreto legislativo 158/95, relativo agli appalti nei settori dei trasporti, acqua, energia e telecomunicazioni.

Nel bando stesso, inoltre, la stazione appaltante richiedeva, tra le condizioni minime di partecipazione, una dichiarazione riportante l'elenco dei lavori eseguiti o in corso di esecuzione negli ultimi 10 anni, "analoghi a quelli oggetto dell'appalto, ossia la realizzazione di gallerie artificiali, in ambito urbano, con paratie di grandi dimensioni e in terreni di varia natura e consistenza, compresi conglomerati e cementati"

B) In data 10 maggio 1999 le imprese Trevi S.p.A. e Ing. Giovanni Bodio & C. Impresa Costruzioni presentavano un esposto a questa Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici relativamente ai seguenti aspetti:

1) I lavori oggetto della procedura di appalto si riferiscono sostanzialmente alla parte infrastrutturale del cosiddetto nodo ferroviario di Torino, con esclusione dell'affidamento di ogni intervento speciale connesso al traffico ferroviario se non per alcuni limitati interventi riferentisi ad "adeguamento dei binari e degli impianti ferroviari interferiti dalle fasi costruttive". Questi ultimi rientrano nella categoria S9, per un importo pari a £. 4.021.000.000, equivalenti a meno dell'1% dell'importo totale dell'appalto.

Le imprese suddette non ritengono, pertanto, applicabile all'appalto in esame la normativa di cui al decreto legislativo 158/95, bensi' quella propria della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni per i seguenti motivi:
a) i lavori da realizzare ricadono nelle ipotesi di cui al D.P.C.M. 517/97, non essendo gli stessi strettamente connessi e funzionali all'esecuzione di lavori soggetti alla disciplina del menzionato decreto legislativo 158/95 ed essendo progettabili ed appaltabili separatamente;
b) i lavori stessi non sono condizionati da specificita' tecniche proprie dei settori di cui agli articoli da 3 a 6 del decreto legislativo 158/95, tanto che le specifiche tecniche di riferimento sono quelle in vigore presso le FF.SS. ovvero presso il Comune di Torino;
c) "i rilevati aeroportuali e ferroviari" sono sottoposti alla disciplina della legge 109/94 e successive modificazioni, secondo quanto previsto dall'art. 2, comma 2, lettera b) della legge stessa, fatto salvo che essi non siano progettabili ed appaltabili separatamente dai lavori disciplinati dal decreto legislativo 158/95. 2) L'omessa indicazione nel bando, da parte di Italferr, delle lavorazioni appartenenti alla categoria S21, in cui sono ricomprese quelle lavorazioni cui fa riferimento la stazione appaltante nel bando stesso, cioe' la realizzazione di gallerie artificiali in ambito urbano, con paratie di grandi dimensioni ed in terreni di varia natura e consistenza, compresi conglomerati e cementati, appare illegittima. Dette opere, secondo le citate imprese, rappresentano una percentuale pari al 30% dell'intero appalto e, pertanto, fanno apparire del tutto illegittimo l'operato della stazione appaltante che, in tal modo, ha sancito l'inapplicabilita' dell'art. 23 del decreto legislativo 406/91 e dell'art. 13, commi 7 e 8, della legge 109/94.

C) A seguito della richiesta di informazioni e chiarimenti avanzata dall'Autorita', la Soc. Italferr, in data 16 giugno 1999, presentava una nota esplicativa con la quale comunicava di aver sospeso il bando e nel contempo replicava alle contestazioni degli esponenti sulla base delle seguenti osservazioni.

Per quanto attiene all'aspetto di cui al punto B.1), la Soc. Italferr evidenziava la presunta, forte interconnessione esistente tra le opere civili da realizzare e l'esercizio ferroviario, con complesse problematiche inerenti la disattivazione e l'attivazione di tratti di linea in concomitanza con le fasi realizzative dei lavori.

Affermava, inoltre, che le modalita' esecutive dell'opera sono proprie di una tecnica ferroviaria esclusiva, la cui mancata adozione renderebbe addirittura i lavori irrealizzabili.

Inoltre, sosteneva che fosse necessario l'impiego di un armamento non convenzionale circostanza che avrebbe reso assolutamente complementari la progettazione e l'esecuzione delle opere civili rispetto a quelle di attrezzaggio tecnologico ferroviario.

Per quanto attiene, invece, alla contestazione di cui al punto B.2), la Soc. Italferr dichiarava di aver ritenuto rientranti nella categoria G3 anche la realizzazione delle gallerie artificiali in ambito urbano con paratie.

Tuttavia, stante i rilievi mossi dalle imprese esponenti, la societa' stessa si dichiarava disposta a considerare i lavori delle paratie afferenti alla categoria dell'Albo nazionale dei costruttori S21 e, pertanto, a predisporre un nuovo bando di gara inserendo la suddetta categoria fra quelle previste per la realizzazione dell'intervento.

La Soc. Italferr, infine, richiedeva un incontro con l'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici per esporre direttamente gli ulteriori elementi derivanti dal progetto esecutivo relativo all'opera in questione.

Successivamente, durante l'audizione tenutasi presso la sede dell'Autorita' in data 1 luglio 1999, la societa' stessa ha ribadito le argomentazioni oggetto della nota di risposta del 16 giugno 1999, precisando quanto segue.

In primo luogo, sottolineava la particolare rilevanza da attribuire all'esistenza di un forte rapporto di compenetrazione tra le attivita' di armamento ferroviario ed i lavori civili oggetto dell'appalto in esame, essendo questi complessivamente caratterizzati dalla specificita' tecnica propria del settore; rilevava, inoltre, il fatto che pur essendo il valore dei lavori propriamente di armamento ferroviario inferiore all'1% del valore complessivo dell'appalto, cio' non rendeva di per se' inapplicabile l'ipotesi, normativamente prevista, di stretta connessione e funzionalita' dei lavori civili rispetto a quelli soggetti alla disciplina del decreto legislativo 158/95.

In secondo luogo, dichiarava che la applicazione della disciplina del decreto legislativo 158/95 all'appalto in esame consentirebbe alla stazione appaltante di non doversi uniformare alle norme contenute nel D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55, relative al "bando tipo", e, di conseguenza, di poter stabilire requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi delle imprese concorrenti diversi e maggiormente selettivi. Infine, faceva presente l'interferenza dell'esecuzione dei lavori con l'esercizio della linea ferroviaria.

2.La valutazione dell'Autorita'

Alla luce dei fatti esposti l'Autorita' osserva quanto segue.

Va preliminarmente precisato che l'intervento di questa Autorita' e' finalizzato a stabilire l'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare, soprattutto in presenza di norme che possono ingenerare dubbi applicativi come nella fattispecie in esame, al fine di garantire il rispetto dei principi generali di cui all'art. 1, comma 1, della legge 109/94 e successive modificazioni ed, in particolare, di quello della libera concorrenza fra gli operatori.

Infatti, l'applicazione della disciplina del decreto legislativo 158/95 in luogo di quella di cui alla legge 109/94 e successive modificazioni, qualora non giustificata sulla base dei criteri fissati dalla normativa vigente, assume particolare rilievo in considerazione del potenziale pregiudizio che potrebbe derivare al richiamato principio della libera concorrenza.

In merito alla problematica di cui al punto B.1), occorre preliminarmente individuare la normativa applicabile ai lavori da appaltare da parte dei soggetti operanti nei settori dei trasporti, energia, acqua e telecomunicazioni.

A tal proposito, occorre precisare che la normativa di recepimento delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE, relative agli appalti nei richiamati settori, e cioe' il decreto legislativo 158/95, ha introdotto una innovazione di carattere sostanziale nella parte in cui provvede a delimitare, relativamente ai soli appalti di lavori, una ulteriore e specifica area di esclusione dal proprio campo di applicazione.

Nell'ambito della suddetta area di esclusione, il primo comma dell'art. 8 del decreto legislativo stesso individua una prima categoria di appalti soggetti alla normativa sui lavori pubblici e cioe' quelli relativi a lavori che gli enti operanti nei settori considerati affidano per scopi diversi da quelli propri istituzionali.

Per quanto attiene, invece, alla seconda categoria di appalti, cioe' quelli correlati agli scopi istituzionali degli enti in questione, l'art. 8, comma 6, demanda ad un apposito regolamento l'individuazione dei lavori il cui contenuto specialistico e tecnico non e' direttamente condizionato dalle specificita' proprie del settore e per i quali si applica, in luogo del decreto legislativo 158/95, la legge 109/94 e successive modificazioni.

Il combinato disposto del d.P.C.M. 517/97, (emanato in attuazione del suindicato art. 8, comma 6), e dell'art. 2, comma 2, lettera b) della legge 109/94 e successive modificazioni, consente di delineare la disciplina applicabile ai lavori di questa seconda categoria. Vanno, in primo luogo, distinti i lavori a seconda che abbiano o meno contenuto specialistico.

Mentre i lavori che non hanno detto contenuto specialistico dovranno essere sempre appaltati secondo le regole della legge 109/94 e successive modificazioni, i lavori che presentino detto speciale contenuto ricadranno nell'ambito della disciplina sui lavori pubblici, a condizione che siano progettabili ed appaltabili separatamente rispetto a quei lavori che ricadono sotto la disciplina di cui al decreto legislativo 158/95.

Pertanto, la stazione appaltante in tal caso potra', alternativamente:

- appaltare le opere di ingegneria civile e quelle specialistiche con un unico appalto secondo la normativa della legge 109/94 e successive modificazioni;

- appaltare separatamente i lavori civili e quelli specialistici, impiegando per quelli civili la disciplina di cui alla legge 109/94 e successive modificazioni e per quelli specialistici quella del decreto legislativo 158/95.

Qualora le opere non siano progettabili e appaltabili separatamente, la stazione appaltante dovra' con un unico appalto affidare l'esecuzione dei lavori civili e specialistici sulla base della normativa di cui al decreto legislativo 158/95.

Alla disciplina sopra delineata sono assoggettati anche i rilevati aeroportuali e ferroviari, ai sensi dell'art. 2, comma 2, lettera b) della legge 109/94 e successive modificazioni.

Quanto all'esame del bando di gara in questione, la tipologia delle lavorazioni ivi descritte appare riconducibile in considerevole proporzione a quei lavori elencati all'art. 2 del D.P.C.M. 517/97, e cioe', in particolare:

- lavori di terra con eventuali opere connesse in muratura e cemento armato di tipo corrente: demolizione e sterri,
-realizzazione di edifici civili, industriali, monumentali completi di impianti e di opere connesse ed accessorie;
- opere speciali in cemento armato;
- impianti tecnologici e speciali relativi ad opere civili, nonche' fornitura in opera di componenti speciali;
- gallerie, costruzioni e pavimentazioni stradali;
- lavori relativi ad acquedotti, fognature, impianti di irrigazione e di difesa e sistemazioni idrauliche, dighe.

Trattandosi di lavori propri di ingegneria civile, l'unica residuale ipotesi che consentirebbe l'esclusione dalla applicazione della legge 109/94 e successive modificazioni, potrebbe essere la non separabilita' della progettazione ed esecuzione di questi lavori da quelli specialistici del settore.

A tal fine, la soc. Italferr basa fondamentalmente le proprie argomentazioni sulla forte interconnessione fra questi lavori civili da realizzare e l'esercizio ferroviario.

Sul punto si deve, in primo luogo, considerare che le norme citate non prevedono alcuna deroga ne' richiamano in alcun modo come condizione ostativa all'applicazione della legge 109/94 e successive modificazioni, la connessione dei lavori da realizzare con aspetti relativi alla gestione ed all'esercizio. Al contrario, l'unica condizione prevista dalla normativa e' che i suddetti lavori non siano separabili in quanto connessi e funzionali all'esecuzione di lavori specialistici propri del settore.

In secondo luogo, e' da rilevarsi che la circostanza che i lavori civili di cui trattasi debbano essere eseguiti in presenza e in mantenimento dell'esercizio ferroviario puo' ben essere indicata nel bando di gara, quale peculiarita' del luogo e del progetto da realizzare, al fine di rappresentare ai concorrenti la necessita' di effettuare lavorazioni secondo speciali accorgimenti tecnici ed in conformita' con le vigenti disposizioni sulla sicurezza, ma non puo' essere invocata quale motivo di esclusione dalla applicazione della legge 109/94 e successive modificazioni.

D'altra parte, le diverse specificita' dei lavori sono il fondamento su cui sono costruiti i piani di sicurezza previsti dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modificazioni e dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494. Inoltre, l'applicazione della legge 109/94 e successive modificazioni impone all'impresa esecutrice, ai sensi dell'art. 31, comma 1 bis, lettera c), la redazione "di un piano operativo di sicurezza per quanto attiene alle proprie scelte autonome e relative responsabilita' nell'organizzazione del cantiere e nell'esecuzione dei lavori" che, pertanto, dovra' tener conto dei problemi derivanti dall'esecuzione dei lavori in presenza di esercizio.

In terzo luogo, in riferimento a quanto affermato dalla Soc. Italferr relativamente al fatto di poter fissare autonomamente requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi necessari per partecipare alla gara, in conseguenza della non applicazione del D.P.C.M. 55/91, va rilevato che tale mancata applicazione, che potrebbe avere come conseguenza una restrizione della concorrenza, e' giustificata quando i lavori hanno una specifica caratteristica tecnica e non quando, come affermato dalla stessa Italferr, trattasi di lavori la cui esecuzione deve avvenire con accorgimenti particolari conseguenti al fatto della presenza di una linea in esercizio.

Infine, l'assoluta complementarieta' delle opere civili rispetto a quelle specialistiche ferroviarie, sostenuta da Italferr, non risulta dimostrata, stante l'elencazione dei lavori contenuta nel bando di gara, in cui la parte di lavorazioni effettivamente riconducibili alla specialita' del settore appare essere limitata ad alcuni interventi che non solo hanno un valore che rappresenta una ridotta parte dell'intero appalto, ma non condizionano l'esecuzione delle altre lavorazioni in quanto sono eseguibili in fasi successive.

Per quanto attiene, poi, agli aspetti di cui al punto B.2), e' opportuno fare riferimento alla disciplina prevista dalla legge 109/94 e successive modificazioni.

L'art. 34 della legge 109/94, come modificato dalla legge 415/98, interviene, modificandolo ulteriormente, sull'art. 18 della legge 55/90.

Al comma 3 del suddetto articolo 18 e' previsto l'obbligo per il soggetto appaltante di indicare nel bando di gara e nel progetto la categoria o le categorie prevalenti dell'Albo nazionale dei costruttori con il relativo importo dei lavori nonche' le ulteriori categorie relative a tutte le lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo, che sono tutte subappaltabili.

Parimenti, la legge 57/62, all'art. 2, secondo comma, prevede l'obbligo per l'esecutore dei lavori di avvalersi delle ditte iscritte per le categorie specializzate, qualora debba provvedere all'esecuzione di impianti o lavori speciali riportati nella tabella allegata alla legge stessa, fra cui figurano quelli oggi rientranti nella categoria S21.

Queste discipline hanno la finalita' di garantire la piu' ampia partecipazione alle gare consentendo alle imprese di concorrere agli appalti in uno dei seguenti modi:

- come impresa singola; - come raggruppamento temporaneo di imprese di tipo orizzontale; - come raggruppamento temporaneo di imprese di tipo verticale.

Peraltro, va rilevato che il suddetto obbligo viene confermato dall'art. 73, comma 2, dello schema di regolamento della legge 109/94 e successive modificazioni, in corso di approvazione, che fa riferimento, in particolare, alle parti costituenti l'opera o il lavoro con i relativi importi e categorie che, a scelta del concorrente, sono subappaltabili o affidabili a cottimo, oppure scorporabili. E cio' al fine, evidentemente di rispettare il principio della libera concorrenza tra le imprese.

Nel bando di gara in esame la societa' Italferr ha omesso di indicare, tra le categorie di lavorazioni la S21, che riguarda "Fondazioni speciali, consolidamento dei terreni, pozzi". Il genere di lavorazioni specificato nella declaratoria di cui al decreto ministeriale 15 maggio 1998, n. 304 e' indubbiamente e specificamente presente nell'appalto di cui trattasi, come d'altra parte riconosciuto dalla stessa Italferr nella sua nota di risposta.

La societa' ha anche sostenuto di aver inteso ricomprendere questo tipo di lavorazione nell'ambito della categoria G3, considerata prevalente.

Ad integrazione di quanto detto e' utile richiamare il dettato dell'art. 13, comma 7, della legge 109/94 e successive modificazioni che prevede il caso in cui nell'oggetto dell'appalto rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere che richiedano lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessita' tecnica, ciascuno dei quali superi il valore del 15% dell'importo totale dei lavori, vietandone il subappalto ed imponendo, obbligatoriamente, la costituzione di una riunione verticale di imprese.

Tale disposizione, anche se non applicabile nel caso in esame in quanto non tutte le lavorazioni indicate nel bando superano il 15% dell'intero importo, dimostra, tuttavia, l'importanza attribuita dal legislatore all'indicazione nel bando di gara di tutte le lavorazioni costituenti l'opera.

Alla luce di quanto suesposto, risulta chiaro che i lavori di cui alla categoria S21 previste nel progetto in esame non possono essere considerate facenti parte della categoria G3, ma necessitano di apposita ed autonoma indicazione nel bando.

3. Conclusioni

Per i motivi suesposti, l'Autorita' ritiene che:

1) ai lavori oggetto dell'appalto in esame deve applicarsi la normativa di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, in quanto trattasi di lavori il cui contenuto specialistico e tecnico non e' direttamente condizionato dalle specificita' tecniche dei settori di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158 ed in quanto gli stessi possono essere progettati ed appaltati separatamente dai lavori soggetti alla disciplina di cui al suddetto decreto legislativo 158/95;

2) nel bando di gara deve essere indicata la categoria di lavorazioni dell'Albo nazionale dei costruttori S21, in quanto, ai sensi dell'art. 18, comma 3, della legge 19 marzo 1990, n. 55 il soggetto appaltante e' tenuto ad indicare nel progetto e nel bando di gara la categoria o le categorie prevalenti con il relativo importo, nonche' le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo.

Roma, 17 luglio 1999.

firme illegibili

DETERMINAZIONE n. 3/99 del 2 agosto 1999
Discordanza nell'offerta del prezzo in cifre e quello in lettere.

Il Comune di C.V. ha posto il quesito della individuazione dell'offerta valida nel caso di discordanza tra i valori espressi in cifre e quelli espressi in lettere nell'ambito di una licitazione tenuta con il criterio della media di cui all'art. 21, co. 1 bis, L. 109/94.

Nella specie, con il bando era indetto un pubblico incanto, con il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso sull'importo delle opere a corpo posto a base di gara e con il criterio delle offerte anomale, per l'effettuazione di lavori di copertura e rinaturazione di un canale di bonifica.

Dopo l'individuazione delle due migliori offerte secondo il criterio di calcolo della soglia di anomalia, una impresa esclusa allegava che la percentuale di ribasso scritta in cifre sulla propria offerta, tenuta in considerazione in sede di gara, era discordante da quella scritta in lettere, che invece la rendeva aggiudicataria provvisoria dell'appalto, in quanto titolare della seconda migliore offerta.

Secondo l'art. 72, co 2, del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento sulla contabilita' di Stato), "Quando in una offerta all'asta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicalo in cifre, e' valida l'indicazione piu' vantaggiosa per l'amministrazione". Detta norma risolve dunque il caso di discordanza tra lettere e cifre considerando non gia' le forme in cui la volonta' viene espressa, ma il vantaggio derivante all'Amministrazione dalla scelta dell'una o dell'altra.

In altri termini, e' esclusa un'indagine sulla volonta' del partecipante alla gara, in presenza di una norma pubblicistica - l'art. 72, appunto - posta a presidio della realizzazione del pubblico interesse, e pertanto prevalente sulle norme di diritto comune applicabili alla interpretazione della volonta' nei contratti.

Questa constatazione e' idonea a far ritenere applicabile il citato art. 72 anche ai casi di aggiudicazione con il sistema della media, in quanto tale disposizione e' espressione di una soluzione normativa per le ipotesi di dubbia interpretazione della volonta' di parte nella formulazione dell'offerta.

La interpretazione cosi' fissata trova riscontro nella prevalente giurisprudenza amministrativa, secondo cui sono giuridicamente irrilevanti sia l'equivocita' che puo' derivare dalla discordanza tra un'offerta in cifre ed una in lettere, sia la causa di tale equivocita', in presenza "del tassativo criterio normativo che conferisce validita' giuridica alla dichiarazione piu' favorevole per l'Amministrazione".

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 4/99 del 26 ottobre 1999
Offerte anomale.

Con alcuni esposti pervenuti a questa Autorita' di vigilanza sui lavori pubblici, sono state segnalate delle questioni interpretative riguardanti la materia delle offerte di ribasso anormalmente basse.

Con riferimento alle questioni sollevate, il Consiglio dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, ritenendole non prive di rilievo nella riunione del 26 ottobre 1999 ha approvato la presente determinazione.

La materia dell'anomalia delle offerte e' disciplinata dall'articolo 21, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e successive modifiche.

Il comma prevede, sia nel caso di lavori di importo inferiore a 5 milioni di ECU e sia nel caso di lavori di importo pari o superiore a 5 milioni di ECU, la determinazione di una soglia di anomalia dei ribassi.

1. Il calcolo della soglia di anomalia si effettua nel seguente modo:

1.1 si forma l'elenco delle offerte ammesse disponendole in ordine crescente dei ribassi; le offerte contenenti ribassi uguali vanno singolarmente inserite nell'elenco collocandole senza l'osservanza di alcun ordine;

1.2 si calcola il dieci per cento del numero delle offerte ammesse e lo si arrotonda all'unita' superiore;

1.3 si escludono fittiziamente dall'elenco un numero di offerte di minor ribasso, pari al numero di cui al punto 1.2, nonche' un numero di offerte di maggior ribasso, pari al numero di cui al punto 1.2 (cosiddetto taglio delle ali);

1.4 si calcola la media aritmetica dei ribassi delle offerte che restano dopo l'operazione di esclusione fittizia di cui al punto 1.3

1.5 si calcola - sempre con riguardo alle offerte che restano dopo l'operazione di esclusione fittizia di cui al punto 1.3 - lo scarto dei ribassi superiori alla media di cui al punto 1,4 e, cioe', la differenza fra tali ribassi e la suddetta media;

1.6 si calcola la media aritmetica degli scarti e cioe' la media delle differenze; qualora il numero dei ribassi superiori alla media di cui al punto 1.4 sia pari ad uno la media degli scarti si ottiene dividendo l'unico scarto per il numero uno;

1.7 si somma la media di cui al punto 1.4 con la media di cui al punto 1.6; tale somma costituisce la soglia di anomalia.

2. Lo stesso risultato puo' essere conseguito sostituendo alle operazioni di cui ali punti 1.5, 1.6 e 1.7 la seguente unica operazione:
- si calcola - sempre con riguardo alle offerte che restano dopo l'operazione di esclusione effettiva di cui al punto 1.3 - la media aritmetica dei ribassi superiori alla media di cui al punto 1.4; tale media aritmetica costituisce direttamente la soglia di anomalia. 3. Determinata la soglia di anomalia si procede:

3.1 nel caso degli appalti di importo inferiore a 5 milioni di ECU:
a) alla esclusione effettiva di tutte le offerte i cui ribassi siano pari o superiori alla soglia di anomalia di cui al punto 1,7 e, quindi, anche di quelle offerte relative a quel dieci per cento di cui al punto 1.3 che non hanno contribuito alla determinazione delle medie di cui ai punti 1.4 e 1.5;
b) ad aggiudicare l'appalto al concorrente la cui offerta di ribasso si avvicina di piu' alla soglia di anomalia; in caso di parita' si procede per sorteggio. 3.2 nel caso degli appalti di importo pari o superiore a 5 milioni di ECU:

3.3 ai sensi dell'articolo 30 della direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, nonche' delle disposizioni contenute nell'art. 21, comma 1-bis della legge 109/94 e successive modifiche, alla valutazione di anomalia di tutte le offerte i cui ribassi siano pari o superiore alla soglia di anomalia di cui al punto 1.7 comprese, quindi, anche di quelle offerte relative a quel dieci per cento, di cui al punto 1.3, che non hanno contribuito alla determinazione delle medie di cui ai punti 1.4 e 1.5; la valutazione si effettua progressivamente a partire dall'offerta di ribasso piu' alta e termina quando si ritiene una offerta non anomala ovvero quando sono state valutate tutte le offerte senza ritenerne alcuna non anomala;

3.4 ad aggiudicare l'appalto:
- al concorrente la cui offerta di ribasso, pur essendo superiore alla soglia di anomalia, sia stata ritenuta, a seguito della valutazione di anomalia di cui al punto 1.1, non anomala;
- al concorrente la cui offerta di ribasso si avvicina di piu' alla soglia di anomalia qualora tutte le offerte pari o superiore alla soglia di anomalia siano state ritenute, a seguito della valutazione di anomalia di cui al punto 1.1, anomale; in caso di parita' si procede per sorteggio. Non si procede all'esclusione automatica qualora il numero delle offerte ammesse e quindi ritenute valide sia inferiore a cinque.

Ai fini di consentire la valutazione di anomalia, il bando di gara o la lettera di invito riguardanti appalti di importo pari o superiore a 5 milioni di ECU, devono indicare le lavorazioni per le quali i concorrenti hanno l'obbligo di presentare, a corredo dell'offerta, le giustificazioni del relativo prezzo offerto; le lavorazioni devono essere quelle piu' significative e, cioe', quelle che nel computo metrico estimativo del progetto concorrono a formare un importo non inferiore al 75% dell'importo a base di gara.

Non sono idonei a giustificare situazioni di anomalia delle offerte gli elementi i cui valori sono contrastanti sia con quelli minimi stabiliti come inderogabili da disposizioni legislative, regolamentari o amministrativi e sia con quelli rilevabili da dati ufficiali.

Devono, pertanto, essere presi in considerazione esclusivamente giustificazioni fondate:
- sull'economicita' del procedimento di costruzione;
- sulle soluzioni tecniche adottate;
- sulle condizioni particolarmente favorevoli di cui gode l'offerente. Le disposizioni di cui all'articolo 21, comma 1-bis, primo, secondo e terzo periodo implicano che, per gli appalti di importo pari o superiore a 5 milioni di ECU, le offerte debbano essere formulate esclusivamente a prezzi unitari, cosi' da consentire alle stazioni appaltanti di tenere conto nella valutazione di anomalia oltre che del prezzo offerto per le singole lavorazioni anche delle relative quantita'.

Quanto alla regola in testa al punto 3.4 puo' derogarsi in via eccezionale quando, ad avviso dell'Amministrazione, esistono concordanti elementi che richiedono di procedere alla ulteriore verifica anche di offerte sottosoglia.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 5/99 del 4 novembre 1999
Autorizzazione subappalto.

L'A. di Roma ha avanzato richiesta di autorizzazione all'affidamento in subappalto - art. 34 comma 2 - Legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni.

1. L'art. 34 della legge n.109/94, nelle sue successive formulazioni, ha disciplinato il subappalto mediante:
a) modifiche apportate all'art. 18 L. 19 marzo 1990, n. 55 che ha per oggetto il medesimo istituto (commi 1 e 2);
b) norme di carattere transitorio (comma 3). Quanto alle prime, l'art. 34 citato, nella versione originaria (L.109/94)

innovava la disciplina previgente, tra l'altro disponendo:
- l'obbligo dei concorrenti di indicare le parti dell'opera da subappaltare ed i relativi subappaltatori (da 1 a 6);
- il deposito del contratto di subappalto presso la S.A. entro 90 gg. dalla data di aggiudicazione, unitamente alla documentazione comprovante il possesso dei requisiti del subappaltatore;
- l'affidamento del subappalto a soggetti diversi da quelli indicati in sede di gara in presenza di accertata impossibilita' a contrarre con questi ultimi e previa autorizzazione dell'Autorita'. Quanto alle seconde, l'art. 34 c.3, dispone che la nuova disciplina del subappalto si applica alle gare indette successivamente all'entrata in vigore della legge.

2. La legge 18 novembre 1998, n.415 (art. 9, c. 65,66,67 e 69) ha ulteriormente innovato, disponendo che:
- l'obbligo dell'appaltatore e' limitato alla sola indicazione delle opere da subappaltare, rimanendo egli libero di scegliere il subappaltatore in qualunque tempo fino al deposito del contratto derivato, che va effettuato non oltre 20 giorni prima della data di effettivo inizio delle relative lavorazioni, unitamente alla documentazione concernente i requisiti;
- e' abrogato il comma 3 ter dell'art. 18 L.n. 55/1990 introdotto dal comma 2 dell'art. 34 L.n. 109/94, riguardante l'autorizzazione dell'Autorita' che viene sostituita dal provvedimento della stazione appaltante. La citata legge n. 415/98 non ha, peraltro, modificato l'anzidetta norma transitoria, onde potrebbe sostenersi che le anzidette innovazioni si applicherebbero solo alle gare indette successivamente all'entrata in vigore della stessa legge n. 415 del 1998 mentre l'esecuzione dei contratti stipulati a seguito di gare indette dopo l'entrata in vigore della legge n. 109/94, ma prima dell'entrata in vigore della legge. n. 415/98, sarebbe disciplinata dalle norme indicate sub 1).

3. Tale lettura della norma transitoria non appare consentita, in quanto il venir meno dell'obbligo dell'appaltatore di indicare i nominativi dei subappaltatori evidenzia la mutata valutazione normativa dell'interesse pubblico alla regolarita' del subappalto.

Cio' che occorre, oggi, e' il deposito nei termini del contratto relativo e la dimostrazione del possesso nel subappaltatore dei requisiti di legge. La normativa sopravvenuta che innova un procedimento amministrativo si applica ai procedimenti in corso, cioe' ad essa occorre riferirsi per le fasi che intervengono dopo la sua entrata in vigore e che sono innovativamente disciplinate. L'appaltatore dovra' quindi depositare il contratto di subappalto e documentare il possesso nel subappaltatore dei requisiti presenti sia che si tratti di subappaltatore gia' nominativamente indicato, in sede di gara, sia di soggetto diverso. Ne' occorre la dimostrazione della impossibilita' a contrarre con soggetti in sede di gara.

Questa nuova disciplina non puo' non interferire sulla previsione dell'autorizzazione dell'Autorita' perche' si possa affidare il subappalto a soggetti diversi da quelli indicati in sede di gara. Se e' venuta meno la previsione di un vincolo conseguente all'indicazione in sede di gara, derogabile soltanto in base ad un provvedimento autorizzatorio, viene meno anche la funzionalita' di quest'ultimo provvedimento

Anche il Ministero dei Lavori Pubblici con circolare 22 dicembre 1998 n. 2100-U.L. ha posto in rilievo la natura procedurale e non sostanziale delle innovazioni di cui trattasi ed ha ritenuto l'immediata applicabilita' della nuova disciplina a tutti i contratti in corso d'esecuzione.

L'autorizzazione al contratto derivato, pertanto, deve essere anche per tutti i contratti in corso rilasciata dalla stazione appaltante, come previsto dall'art. 18, c. 9 legge n. 55/1990, modificata dall'art. 9, c. 69 della legge n. 415/98.

Il Presidente
Firma Illegibile

ATTO DI REGOLAZIONE n. 6/99 dell' 8 novembre 1999 Regolazione degli incarichi di progettazione e direzione lavori ex art. 17, legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

Premesso

Con alcuni esposti a questa Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici, venivano segnalati comportamenti di pubbliche amministrazioni che si assumevano contrastanti con quanto disposto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109 e dalle leggi sul pubblico impiego e successive modificazioni, in appresso indicata come legge quadro, con specifico riferimento agli incarichi di progettazione e connesse attivita' di supporto tecnico-amministrativo.

In relazione alle questioni prospettate, il Consiglio dell'Autorita', nella riunione del 15 giugno 1999, deliberava la predisposizione di un documento di base inteso ad individuare, con riferimento alle ipotesi denunziate, l'assetto normativo generale di riferimento e, quindi, verificare l'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia", compito rimesso all'Autorita' dagli artt. 1 e 4 della legge quadro.

Predisposto il documento indicato, si provvedeva alla sua diffusione e si sollecitavano alle amministrazioni, agli enti operanti nel settore, agli ordini e alle associazioni professionali contributi in ordine alle specifiche questioni prospettate.

Si acquisivano, cosi', memorie e documentazione e si procedeva in data 30 settembre 1999 ad una discussione orale, di cui sono trascritte le conclusioni (tutta la documentazione e' presso gli uffici dell'Autorita' e ne e' consentito l'accesso) ed il Consiglio dell'Autorita' nelle adunanze del 12 ottobre, 2 e 4 novembre 1999 assumeva la seguente deliberazione.

Considerato

1. L'art. 17, comma 1, della legge quadro contiene un'elencazione dei soggetti cui possono essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori di lavori pubblici (di cui all'art. 2 della legge quadro) le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva nonche' alla direzione dei lavori e dei incarichi di supporto tecnico-ammministrativo alle attivita' del responsabile unico del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale di cui all'art. 14".

Detta elencazione ricomprende gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti, gli uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori gli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui quelle aggiudicatrici possono avvalersi per legge, nonche' liberi professionisti singoli o associati, societa' di professionisti e quelle di ingegneria ed i loro raggruppamenti temporanei.

Va premesso che una speciale disciplina per gli appalti nei settori esclusi e' contenuta nell'art. 17, emima 14 septies della legge quadro e che gli incarichi di cui sopra sono "servizi in materia di architettura, di ingegneria ed altri servizi tecnici", secondo quanto previsto alla categoria 12 allegato 1A Direttiva 92/50 CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 (numero di riferimento CPC 867) recepita nell'ordinamento interno col decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157.

Sempre in via preliminare, e' da considerare che la formulazione normativa che fa reggere l'elencazione degli affidatari delle prestazioni relative alla progettazione dal verbo "sono espletate", da' certezza della tassativita' della elencazione, d'altronde esaustiva, dei possibili soggetti.

E', invece, da definire se detta elencazione indichi anche un ordine per la scelta tra due ipotesi. La prima in cui le prestazioni vengono riferite ad uffici e per essi alle persone fisiche ivi addette, propri delle amministrazioni aggiudicatrici ovvero di altre amministrazioni pubbliche di cui le prime si possono avvalere (progettazione interna); la seconda, invece, in cui le stesse, sussistendo determinate condizioni specificamente individuate, si avvalgono dell'opera professionale di soggetti esterni, singoli privati, ovvero di persone giuridiche private, comunque estranei all'organizzazione amministrativa in generale (progettazione esterna).

Per quanto concerne le prestazioni relative alla direzione dei lavori ed al collaudo vi e' specifica regolamentazione (artt. 27 e 28 della legge quadro) che verra' presa in esame in seguito. Va rilevato che nella legge quadro non sono considerati i problemi riguardanti la generale attivita' di controllo sull'uso delle risorse, quando sono concesse da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti operanti nel settore.

2. Il problema in esame va preso, in primo luogo, in considerazione con riferimento all'attivita' di progettazione.

Nel testo definitivo dell'art. 17, comma 4, della legge quadro (cosi' come sostituito dall'art. 6 della legge 18 novembre 1998, n. 415), e' stato espunto il riferimento (introdotto dal decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito con legge 2 giugno 1995, n. 216, che pure aveva per la prima volta generalizzato la possibilita' per le amministrazioni pubbliche di avvalersi, per l'espletamento delle prestazioni riguardanti la progettazione, di "collaborazioni esterne", alla "assoluta priorita'" del ricorso alla utilizzazione dei propri uffici interni.

Sulla base del testo attualmente in vigore, risulta, quindi, rimosso il disfavore, gia' contenuto nella legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F ed esplicitamente ribadito nel r.d. dell'8 febbraio 1923, n. 422, art.1, nei confronti della progettazione e similari attivita' tecnico-amministrative commesse a soggetti estranei e viene resa derogabile la competenza dell'apparato tecnico pubblico in merito alla realizzazione dei lavori pubblici.

Risulta, altresi', confermata la scelta normativa della legge quadro in ordine alla possibilita' di coinvolgere i privati nell'attivita' considerata.

Non puo', peraltro, ritenersi ammissibile un libero ricorso, alternativo, alla progettazione interna o esterna, se non altro per la subordinazione, espressamente stabilita dall'art. 17 in esame, al verificarsi di ipotesi tassative per il ricorso alla progettazione esterna.

Questi "casi", come li qualifica la norma, non implicano momenti di valutazione discrezionale della pubblica amministrazione, in quanto si concretano in situazioni di fatto, individuabili sulla base di ponderazioni solo tecniche e percio' affidate al tecnico responsabile del procedimento, che le deve compiere e "certificare", dice la legge, confermando cosi' la carenza di ogni valutazione con connotati di discrezionalita'.

3. La progettazione interna nei primi due casi di cui alla lett. a) e b) dell'art. 17, comma 1, si concreta in prestazione da parte di pubblici "uffici", da intendersi - secondo la nozione comune - come complessi di mezzi e di persone fisiche ad essi addetti e che sono identificati, o nella particolare articolazione tecnica interna della pubblica amministrazione, ovvero nella comune struttura tecnica consortile di piu' enti locali.

La terza ipotesi (lett. c) dell'art, 17, comma 1, consiste, invece, in un rinvio a tutte le disposizioni di legge che prevedono la possibilita' per le pubbliche amministrazioni di avvalersi, per la progettazione di lavori pubblici, di altre amministrazioni che utilizzano, a loro volta, propri "organismi ", cioe' propri uffici.

La circostanza che le prestazioni relative alla progettazione attengono ad un'attivita' umana prettamente intellettiva e di contenuto corrispondente a quello proprio di una professione liberale, individualmente esercitata, non idonea a far ritenere che, nel nostro ordinamento, i tecnici appartenenti ad ufficio pubblico svolgano un'attivita' di libera professione in quanto autori delle medesime elaborazioni intellettive proprie delle professioni liberali. Quel che, invece, e' vero, e' che l'attivita' di progettazione svolta da funzionari pubblici e' attivita' professionalmente qualificata, ma non di libera professione.

Questa qualificazione professionale e' garantita dalla legge quadro col prevedere che gli addetti ai competenti uffici (art. 17, comma 2), oltre alla garanzia data dalla selezione per l'accesso all'impiego, debbano possedere per poter firmare il progetto l'abilitazione all'esercizio della professione, ovvero, per i tecnici diplomati, il pregresso esercizio di analoghi incarichi, ritenuto equipollente.

E' significativo che in tali sensi si sia modificato il testo originario della norma, come introdotta dalla legge n. 216/1995 citata e che prevedeva anche la necessita' di iscrizione al competente albo professionale, in quanto tale modifica sta a comprovare il carattere non decisivo, ai fini dell'oggettiva affidabilita' della prestazione, di detta iscrizione.

Vale, altresi', notare che tutta la problematica relativa alla iscrizione all'albo dei dipendenti pubblici non ha rilievo sotto il profilo ora in esame; lo puo' avere in ordine ai limiti dell'attivita' dei pubblici dipendenti quali liberi professionisti, in base alle norme generali sul pubblico impiego. Cio' in quanto il sindacato esercitato dagli ordini professionali "non si estende genericamente alla professionalita' di una determinata attivita'", ma riguarda soltanto "coloro che esercitano la libera professione, esplicando l'attivita' professionale mediante contratti d'opera direttamente con il pubblico dei clienti, ovvero, per talune professioni, alle dipendenze di privati imprenditori", ed esulando quindi dalla competenza di detti ordini professionali "il controllo dei pubblici funzionari che prestino, alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, attivita' di contenuto corrispondente a quello di una libera professione" (Cons. di Stato, sez.V, 23 maggio 1997, n. 527).

Ne' ha valore, ai fini di assimilare la progettazione interna all'attivita' libero professionale, la circostanza che sia richiesta al dipendente pubblico la firma del progetto (arl 17, comma 2).

Tale firma comporta, come per ogni attivita' propria del pubblico impiego, l'assunzione della responsabilita' penale e contabile, perche' si tratta di responsabilita' a carattere "personale". A queste si aggiunge soltanto - sempre nel presupposto che se ne verifichino le condizioni - la responsabilita' civile verso terzi del progettista, solidale con quella dell'amministrazione di appartenenza, a termini delle norme generali sul pubblico impiego. Ed ai rischi specificamente connessi a quest'ultima responsabilita' si riferisce, quanto meno, la polizza assicurativa da stipularsi, ai sensi del successivo comma 3, dell'art. 17, con aggravio delle relative spese all'amministrazione di dipendenza.

4. Deriva da tali premesse la conseguenza che, nel caso della progettazione interna, come in precedenza individuata, la relativa prestazione dei dipendenti addetti ai competenti uffici, per essere riferita direttamente alla amministrazione di appartenenza, e' da considerare svolta "ratione offici" e non "intuitu personae" e si risolve "in una modalita' di svolgimento del rapporto di pubblico impiego" (Cass.Civ. Sez. Un. 2 aprile 1998, n. 3386), nell'ambito della cui disciplina normativa e sulla base della contrattazione collettiva ed individuale vanno pertanto individuati i termini della relativa retribuzione. In tale prospettiva e', quindi, da inquadrare la previsione riguardante l'incentivazione di cui all'art. 18, comma 1 e 2, della legge quadro, nel testo fissato dall'art. 13, comma 4, della legge 17 maggio 1999, n. 144 e concernente l'obbligo di corrispondere un compenso da ripartire tra i dipendenti piu' specificamente interessati, con finalita' incentivante e premiale per l'espletamento di servizi propri dell'ufficio di appartenenza, con conseguente espressa abrogazione dell'art. 62, comma 4 e 5 del r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, che erano divenuti incompatibili con il delineato sistema. Rimane ovviamente salva la percezione, di compensi per il possibile conferimento di altri e diversi incarichi che, previa autorizzazione, possono avere i tecnici come tutti gli altri dipendenti pubblici ai sensi dell'art.58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni.

5. Ai sensi dell'art 17, comma 4, della legge quadro, si puo' ricorrere alla progettazione "esterna" "in caso di carenza in organico di personale tecnico nelle stazioni appaltanti, ovvero di difficolta' di rispettare i tempi della programmazione dei lavori o di svolgere le funzioni di istituto, ovvero in caso di lavori di speciale complessita' o di rilevanza architettonica o ambientale o in caso di necessita' di predisporre progetti integrali, cosi' come definiti dal regolamento, che richiedano l'apporto di una pluralita' di competenze".

Nella definitiva formulazione della norma, quale fissata dalla legge n. 415/1998, il ricorso alla progettazione esterna e' consentito, oltre che nel caso di carenza di organico delle stazioni appaltanti, come stabilito nel testo precedente, anche nel caso di particolare complessita' delle relative elaborazioni progettuali.

Per potervi fare ricorso e' necessario, come precisato, la sussistenza di alcuna delle ipotesi indicate, accertata e certificata dal responsabile unico del procedimento.

Possibili affidatari dell'incarico di progettazione esterna sono alternativamente: i liberi professionisti singoli o associati nelle forme di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815 e successive modificazioni, le societa' di professionisti e le societa' di ingegneria come disciplinate dall'art. 17,comma 6 e 7, nonche' relativi raggruppamenti temporanei (art.17, comma 1, lett. d, e, f, g).

L'incarico di progettazione esterna in generale dovra' essere conferito a mezzo di convenzione (art. 17, comma 12 bis) conseguente ad un appalto di servizi da aggiudicarsi nel rispetto di specifiche procedure che implicano: l'applicazione della direttiva CEE 92/50, come recepita nell'ordinamento interno, per gli appalti di importo superiore alla soglia di 200.000 ECU; il ricorso - in attesa di specifica ulteriore disciplina regolamentare - ad una valutazione comparativa del curricula presentati dai progettisti, per gli appalti ricompresi nella soglia di 40.000 e 200.000 ECU; in via fiduciaria nel caso di appalti il cui importo stimato sia inferiore a 40.000 ECU (art.17, comma 10,11,12).

6. Dalla disciplina come sopra delineata, emerge che il legislatore nazionale, nel configurare l'istituto della progettazione esterna, continua essenzialmente a considerare la relativa prestazione con costante riferimento a persone fisiche le quali autonomamente, con continuita' e con assunzione in proprio dei relativi rischi, esercitano la libera professione.

La circostanza e' incontestabile, stante anche il dato testuale, con riferimento alla ipotesi, che, particolarmente interessa ai fini dell'indagine in esame. L'art. 17, comma 1, lett. d), con l'indicazione relativa ai "liberi professionisti singoli o associati", si riferisce a soggetti che individualmente tale attivita' esplicano senza vincolo di subordinazione con il committente e comunque non occasionalmente. Alla stessa conclusione si perviene anche con riferimento alla disciplina concernente le societa' di professionisti e di ingegneria che - in deroga al principio di cui all'art. 2 della legge n. 1815/1939, contenente il divieto dello svolgimento in forme societarie delle professioni che richiedono l'iscrizione in albi - sono state previste dalla legge quadro per un'esigenza di conformazione ai principi comunitari della massima concorrenzialita' e trasparenza e del divieto di ogni discriminazione derivante dalla configurazione dell'affidatario come persona fisica o giuridica. Detta disciplina, nel delineare la struttura di dette entita', indica i professionisti iscritti negli appositi albi professionali; inoltre, nell'art. 17 in esame, al comma 8, si dispone che indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario dell'incarico, lo stesso deve essere espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti nei vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati gia' in sede di presentazione dell'offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali".

In un siffatto contesto normativo, non vi e' riferimento alcuno all'affidamento delle prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, a dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici ovvero di quelle di cui esse intendano avvalersi.

Questo mancato riferimento e' coerente con la disciplina generale sul pubblico impiego, la quale con l'art. 58 del decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportatevi dal decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, estende a tutti i dipendenti pubblici "la disciplina delle incompatibilita' dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 10 gennaio 1957"; disciplina implicante specificatamente la preclusione all'esercizio, oltre che del commercio e dell'industria, di "alcuna professione", da intendersi come gia' chiarito nel senso di attivita' libero professionale.

E cio' in conseguenza della incompatibilita' logica prima che giuridica (eccettuate peraltro alcune specifiche ipotesi relative ad ordinamenti settoriali con regime particolare e di cui al secondo periodo del comma 1, dell'art. 58 del decreto legislativo n. 29/1993) tra la professione come in precedenza intesa ed il rapporto di pubblico impiego, tradizionalmente richiedente una esclusivita' della prestazione lavorativa in favore dell'amministrazione di dipendenza, non esigibile da chi svolge anche una libera professione.

Ne' a conclusione diversa conduce la normativa sul "conferimento" degli incarichi ai pubblici dipendenti ed in particolare il secondo comma dello stesso indicato art. 58, secondo il quale "le pubbliche amministrazioni non possono conferire a dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative o che non siano espressamente autorizzati".

Pur ritenendosi, infatti, che la disgiunzione (o) finale, contenuta nella norma, consente di ipotizzare, in aggiunta a quelli specificatamente previsti per legge, ulteriori incarichi conferibili al dipendente nel solo presupposto di una espressa loro autorizzazione da parte della amministrazione, non puo' non rilevarsi che a siffatta autorizzazione, tuttavia, potra' pervenirsi soltanto nel caso della saltuarieta' ed occasionalita' degli incarichi stessi. Ma la progettazione esterna, ai sensi dell'art. 17, comma 1 della legge quadro, puo' essere commessa, per quanto detto in precedenza, soltanto a soggetti che esercitano professionalmente la relativa attivita' e che non possono quindi identificarsi in generale, tranne espresse eccezioni normative, con coloro che hanno la qualita' di pubblici dipendenti.

7. Senonche' - se si puo' fare riferimento alla disciplina sul pubblico impiego per ritrovare la conferma della preclusione al conferimento di incarichi professionali a dipendenti pubblici - non si puo' prescindere dalla considerazione di tutta la normativa in essa contenuta per completare il quadro delle regole relative alle attivita' consentite ai dipendenti stessi. In altri termini, non sarebbe coerente attestarsi in una posizione che consideri le norme sui lavori pubblici come disciplina speciale che escluda l'applicazione delle norme generali che sono, appunto, quelle dettate in materia di pubblico impiego.

E queste norme generali hanno posto una distinzione tra dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo pieno e dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale e con prestazione lavorativa non inferiore al 50 per cento di quella relativa al tempo pieno.

Per i dipendenti a tempo pieno vale, senza possibilita' di deroghe, il divieto di assegnazione di incarichi del tipo di quelli in esame da parte delle pubbliche amministrazioni, quali previsti per i liberi professionisti, perche' essi, si ripete, non possono svolgere alcuna " professione"

Per i dipendenti non a tempo pieno la normativa si e' cosi' evoluta.

Con la legge 29 dicembre 1988, n. 554 (art. 7), e' stata estesa al pubblico impiego la possibilita', consentita in precedenza per il solo lavoro di diritto privato, di configurare un rapporto implicante un orario di servizio inferiore a quello ordinario, facendosi rinvio, ad apposita regolamentazione attuativa, per la specifica, relativa disciplina.

Con d.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117, e' stato stabilito poi che, ferma restando anche per tale tipo di rapporto di' lavoro l'applicazione della normativa concernente quello a tempo pieno, fosse consentito "al personale interessato e cioe' con rapporto a tempo definito e previa motivata autorizzazione dell'amministrazione o ente di appartenenza l'esercizio di altre prestazioni, che non (arrecassero) pregiudizio alle esigenze di servizio e non (fossero) incompatibili con le attivita' di istituto della stessa amministrazione o ente".

Successivamente, con l'art.1 comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla finanziaria per il 1997), e' stato ulteriormente disposto che, per il dipendente delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale e con prestazione non superiore al 50 per cento di quella ordinaria, non si applicavano le norme di cui all'art. 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il quale, nel regolare le incompatibilita' relative ai dipendenti pubblici, continuava a precludere - anche per quelli a tempo parziale - il contemporaneo esercizio dell'attivita' libero professionale. Disposizione che veniva, poi, ribadita e meglio specificata con il comma 56 bis aggiunto al detto art. 1 della legge 662/1996 indicata e come introdotto dall'art. 6 del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con legge 28 maggio 1997, n. 140 che dispone esplicitamente l'abrogazione, per i dipendenti a tempo parziale in esame, delle norme che vietavano l'iscrizione ad albi e l'esercizio di attivita' libero professionali; con la preclusione, tuttavia, per i dipendenti iscritti a tali albi e che svolgevano detta attivita' libero professionale, del "conferimento" di incarichi da parte delle "amministrazioni pubbliche".

Divieto, quest'ultimo, palesemente inteso ad ovviare ai pericoli di possibili condizionamenti e favoritismi che potevano, altrimenti, configurarsi in relazione alla eventualita' che l'amministrazione pubblica conferisse (e cioe' concedesse discrezionalmente) incarichi professionali non d'ufficio a soggetti che, sia pure con orario di lavoro limitato, erano contemporaneamente suoi dipendenti. Tale divieto, peraltro, e' stato ritenuto e deve tuttora ritenersi non operante (ed in tali sensi concludeva anche la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, 18 luglio 1997, n. 6/1997) nel caso in cui l'attribuzione dell'incarico professionale consegua, non gia' ad una scelta fiduciaria dell'amministrazione, bensi' ad un meccanismo selettivo conseguente ad un procedimento di tipo concorsuale per il quale non hanno ragione di essere le preoccupazioni intese ad evitare i richiamati, possibili condizionamenti o favoritismi e per cui, quindi, non si poteva parlare di divieto di "conferimento" di incarico.

In tale contesto l'art. 9, comma 30, della legge 18 novembre 1998, n. 415, ha aggiunto i commi 2 ter "I pubblici dipendenti che abbiano un rapporto di lavoro a tempo parziale non possono espletare, nell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza, incarichi professionali per conto di pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, se non conseguenti ai rapporti di impiego") e 2 quater ("E' vietato l'affidamento di attivita' di progettazione, direzione lavori, collaudo, indagine e attivita' di supporto a mezzo di contratti a tempo determinato od altre procedure diverse da quelle previste dalla presente legge" all'art. 18 della legge quadro.

Da queste disposizioni si evince l'evidente intento del legislatore di introdurre ulteriori divieti per tutelare, innanzitutto, l'esigenza di assicurare e rendere visibile la correttezza e la trasparenza dell'attivita' amministrativa, esigenza che poteva risultare compromessa nell'eventualita' che un incarico professionale esterno dovesse svolgersi nell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza del professionista pubblico dipendente.

Sicche', si riteneva di dover vietare al pubblico dipendente l'espletamento, in tale ambito territoriale, di ogni incarico avente natura libero professionale, sia se affidato dalla propria amministrazione di appartenenza, sia se affidato da altre amministrazioni pubbliche; con la precisazione, tuttavia, che allo stesso restava comunque consentito (il che, peraltro, era gia' implicito nel sistema) l'espletamento delle attivita' corrispondenti a quelle proprie delle professioni, se riferite al rapporto di impiego e quindi prestate come dovere di ufficio all'interno dello svolgimento del rapporto medesimo. Si riteneva, poi, di dover esplicitamente intervenire per evitare ogni possibilita' di elusione delle prescrizioni come in precedenza definite; per cui veniva formulato un divieto (comma 2 quater), per cosi' dire, di chiusura del sistema; divieto implicante, sia la preclusione all'affidamento degli incarichi di progettazione (nonche' direzione lavori, collaudo e qualunque attivita' di supporto) ricorrendo a forme di contratto di lavoro a tempo determinato, (che e' diverso da quella a tempo definito) sia utilizzando modalita' e procedure di affidamento diverse da quelle esplicitamente previste dalla legge quadro.

Va rilevato che l'unica attivita' affidabile con contratto a tempo determi'nato e' quella del responsabile unico del procedimento.

8. Scaturisce, da quanto esposto al precedente punto 7, che al dipendente a tempo definito e con orario di lavoro pari o inferiore al 50 per cento del normale - in quanto ritenuto anche libero professionista - possono essere sicuramente affidati, con i divieti peraltro di cui alle limitazioni territoriali indicate, incarichi professionali esterni, per gli importi che implicano il ricorso alle procedure concorsuali ad evidenza pubblica, come in precedenza definite e con diritto al corrispettivo.

Per gli incarichi di progettazione il cui importo e' inferiore ai 40.000 ECU e per i quali le amministrazioni aggiudicatrici possono procedere ad una scelta "di loro fiducia" non e', invece, consentito l'affidamento a dipendenti a tempo definito, ostando a tale possibilita' il perdurante (e non abrogato) divieto al "conferimento" di incarichi di cui al menzionato art. 1, comma 56 bis, della legge 662/1996.

Cio' in quanto le amministrazioni aggiudicatrici procedono, in tal caso, ad una scelta "di loro fiducia" per la quale non ricorre la ratio della deroga prima detta al generale divieto, e cioe' che sarebbe improprio escludere a priori una categoria di professionisti come partecipanti a gare, in quanto incoerente con il principio della concorrenza. Anzi, emerge nel caso di scelta di "fiducia" una opposta situazione di possibili violazioni di questi principi per esservi una potenziale posizione di privilegio nell'accesso a questi incarichi.

Ne' a diversa conclusione interpretativa, in relazione a tale ultima ipotesi, puo' pervenirsi sulla base di una ritenuta specificita' ed esaustivita' della normativa contenuta negli artt. 17 e 18 della legge quadro in materia di affidamento degli incarichi professionali; ovvero considerando che, anche per il conferimento degli incarichi di fiducia, l'amministrazione pubblica e' pur sempre tenuta a motivare la scelta nel rispetto anche dei principi di logicita' e parita' di trattamento di cui all'articolo 97 della Costituzione.

Quanto alla prima considerazione, non sembra, infatti pur valutando la specificita' della normativa in esame, che dalla previsione dei due divieti, come introdotti dall'art. 18, comma 2 ter indicato, sia conseguita una implicita abrogazione del piu' ampio divieto (al "conferimento" di incarichi da pubbliche amministrazioni) enunciato nella normativa generale e concernente il rapporto di lavoro a tempo definito.

Quanto, poi, alla seconda osservazione, va tenuto presente che l'obbligo di motivazione nel rispetto, anche nel caso delle nomine fiduciarie, dei principi costituzionali dell'imparzialita' e del buon andamento, non consente di ritenere che la loro osservanza dia luogo ad una procedura di tipo selettivo e concorsuale, al cui sussistere soltanto puo' configurarsi la possibilita' per i dipendenti a tempo definito di accedere all'affidamento di incaichi pubblici come definiti al comma 1 dell'art. 17. Soltanto se una tale procedura sia adottata, per scelta dell'amministrazione anche gli incarichi di progettazione con importo inferiore a 40.000 ECU potranno essere conferiti ai tecnici a tempo definito.

Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo definito e', poi, consentito, in ogni caso, ed a prescindere da ogni limitazione territoriale, espletare attivita' di progettazione " interna " nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza ed in relazione alle prestazioni inerenti al rapporto di impiego, oltre, ovviamente e senza bisogno di autorizzazione quale prevista per il dipendente a tempo pieno, di ogni altra attivita' libero professionale in ambito e a favore di soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni.

9. Per le prestazioni relative alla direzione dei lavori la disciplina normativa e' nei medesimi termini illustrati in ordine alla progettazione (punto 1); si aggiungono le disposizioni integrative contenute nell'art. 27 della legge quadro, il quale prevede, anzitutto, l'obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di istituire un ufficio di direzione dei lavori e richiama, poi, le condizioni, stabilite per le progettazioni, al cui verificarsi e' consentito l'affidamento ad ufficio o soggetto diverso.

In questa norma relativa alla direzione dei lavori, pero', la scelta dell'amministrazione deve seguire "nell'ordine", cioe' occorre verificare la possibilita' di utilizzazione di questi soggetti seguendo la elencazione che ne e' fatta nella norma citata.

In ordine alla direzione dei lavori, l'ufficio che le amministrazioni aggiudicatrici devono istituire e' costituito da un direttore dei lavori ed eventualmente da assistenti e quindi puo' essere composto anche dal solo direttore dei lavori; nel qual caso manchera' la organizzazione di persone mentre rimane comunque nella competenza "propria" dell'unico titolare l'esercizio dei poteri e l'adempimento dei doveri allo stesso assegnati dalle norme vigenti.

Possono confermarsi anche per gli incarichi di direzione i principi indicati in materia di progettazione.

L'elencazione dei soggetti cui possono essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatari o realizzatori di lavori pubblici le prestazioni relative, nonche' le connesse attivita' di supporto, ha carattere tassativo. Inoltre gli incarichi di supporto tecnico-amministrativo si riferiscono anche in questo caso ai servizi in materia di architettura, di ingegneria e di altri servizi tecnici di cui alla direttiva 92/50/CEE.

Il ricorso alla direzione di lavori "esterna", come la progettazione, e' previsto solo quando ricorrano le ipotesi tassativamente indicate che si concretano in situazioni di fatto da accertare senza ambiti di discrezionalita' amministrativa e da certificare dal responsabile del procedimento.

La direzione di lavori che comporta esercizio di poteri amministrativi, quando affidata a uffici delle amministrazioni pubbliche e per esse ai tecnici addetti, costituisce attivita' professionale qualificata; e' svolta dal tecnico in ragione del suo ufficio pubblico e concreta una modalita' di svolgimento del rapporto di pubblico impiego, per cui la sua retribuzione e' determinata dalle norme di legge e dalla contrattazione collettiva.

L'affidamento della direzione dei lavori "esterna" non comporta scelte, quando gli incaricati vengono individuati in base alla regola di far coincidere il direttore dei lavori con il progettista esterno, scelto con l'osservanza delle norme che si sono in precedenza precisate.

L'ultima ipotesi relativa all'affidamento "esterno" della direzione dei lavori da considerarsi residuale e' attuata con le "procedure" previste nella normativa nazionale di recepimento delle disposizioni comunitarie in materia e quindi non in via fiduciaria, coerentemente con le regole della concorrenza e della trasparenza.

Per quanto concerne, infine, gli incarichi ai pubblici dipendenti a tempo pieno o parziale, valgono le stesse considerazioni svolte per la progettazione.

10. Per quanto riguarda le operazioni di collaudo (art. 28 legge quadro) e' previsto espressamente che e' prioritaria la scelta da parte delle amministrazioni aggiudicatrici del collaudatore nell'ambito delle proprie strutture.

La deroga a questa regola e' prevista nel solo caso di carenza di organico accertata e certificata dal responsabile del procedimento.

Le modalita' di scelta del collaudatore "esterno" saranno stabilite dal regolamento previsto dall'art. 3 della legge quadro.

Per quanto riguarda il regime dei compensi del collaudo esso e' affidato al regolamento, salve restando le espresse disposizioni contenute nell'art. 18, comma 1 e 2 quater della legge quadro.

11. Particolare considerazione merita, infine, l'ipotesi di cui al secondo periodo del comma 3 dell'art. 19 della legge quadro, come modificato dall'art. 9, comma 32, della legge n. 415 del 1998. Ipotesi relativa alla possibilita', "sulla base di apposito disciplinare" e per "le amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 2, comma 2, lett. a), di affidare le funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle opere pubbliche od alle amministrazioni provinciali".

La norma e' inserita in un contesto di generale divieto (art. 19, comma 3, primo periodo) di ricorso, per la realizzazione di lavori pubblici, alla concessione di committenza.

Dalla esaminata disposizione consegue soltanto un'incrementazione (per legge) delle competenze dei Provveditorati alle OO.PP. e delle amministrazioni provinciali, ancorche' per la sua attivazione si renda necessario uno specifico atto di affidamento, nella forma del disciplinare convenuto con le amministrazioni aggiudicatrici.

L'anzidetta incrementazione disposta per legge della competenza dei Provveditorati e delle amministrazioni provinciali sta a significare che il relativo esercizio rientra tra i doveri di ufficio, e cioe' tra gli ordinari doveri dei dipendenti ad essi assegnati.

La qualificazione dei Provveditorati e delle Province come "stazioni appaltanti" comporta, poi la possibilita', ove ne sussistano i presupposti, del ricorso ad affidamenti esterni, nei limiti, condizioni e modalita' in precedenza individuate da retribuirsi, in tal caso, sulla base delle tariffe professionali.

Per quanto riguarda gli aspetti economici e' nel disciplinare di concessione che potra' essere ipotizzato un rimborso di tali spese aggiuntive rispetto a quanto richiesto dall'ordinario espletamento delle competenze proprie dei Provveditorati e amministrazioni provinciali indicati.

Inoltre nel caso dell'utilizzazione da parte dei Provveditorati ed amministrazioni provinciali delle prestazioni dei propri dipendenti interni e' da ritenersi ammissibile la devoluzione della quota del fondo di incentivazione, di cui all'art. 18 della legge quadro.

In base alle suesposte considerazioni e richiamate tutte le premesse in esso contenute:
I. L'attivita' professionale, di cui all'art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, va individuata con riferimento alla descrizione di cui alla categoria 12, numero di riferimento CPC 867, della tabella 1.A della Direttiva CEE 92/50 del Consiglio, del 18 giugno 1992, recepita con il decreto legislativo del 17 marzo 1995 n. 157.
II. Le prestazioni di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 2 della legge n. 109/1994, nel caso di "progettazione interna", comportano il diritto degli stessi alla corresponsione, in aggiunta al trattamento stipendiale, della sola incentivazione di cui all'art. 18 della legge quadro nella misura e con le modalita' ivi stabilite.
III. Il solo compenso incentivante compete nel caso in cui la progettazione sia affidata a dipendenti di amministrazioni diverse da quelle aggiudicatrici e di cui queste ultime si avvalgono; nonche' nell'ipotesi di affidamento di funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle opere pubbliche e alle amministrazioni provinciali.
IV. L'affidamento di incarichi di "progettazione esterna" a pubblici dipendenti aventi un rapporto di impiego a tempo definito ed esercenti, in quanto iscritti al relativo albo, la corrispondente attivita' libero-professionale, e' consentito qualora non si tratti di professionisti direttamente dipendenti dell'amministrazione che affida l'incarico e l'incarico stesso non debba essere espletato nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ufficio di dipendenza.
V. Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo definito possono, peraltro, essere affidati incarichi di progettazione soltanto nel rispetto delle procedure concorsuali e non nel caso, pertanto, di progettazioni di importo inferiore a 40.000 ECU, salvo che non siano assunte anche in queste fattispecie le anzidette procedure.
VI. Per le prestazioni relative alla direzione dei lavori e salve le specifiche regole per la individuazione dei soggetti cui le stesse possono essere affidate, valgono i principi indicati in tema di progettazione.
VII. Per le prestazioni relative al collaudo vige il regime particolare quale sara' meglio definito nelle disposizioni dell'emanando regolamento.
VIII. Rimangono salvi, per i dipendenti a tempo pieno, lo svolgimento degli incarichi consentiti dalle norme sul pubblico impiego e, per i dipendenti a tempo definito, lo svolgimento degli incarichi che non incorrano nei divieti sopraindicati, nonche', per particolari categorie di dipendenti, l'applicazione di disposizioni che derogano alla disciplina generale sopra esaminata.
IX. Sono da considerarsi compito di istituto l'affidamento, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici a propri dipendenti, di attivita' di controllo sull'uso delle risorse quando da esse concesse ad altri soggetti operanti nel settore. I Componenti firme illegibili

Il Presidente
firma illegibile

La documentazione relativa all'atto di regolazione e' depositata presso gli uffici di questa Autorita'.

DETERMINAZIONE n. 7/99 dell'8 novembre 1999
Opere affini.

Il Comune di C. pubblicava un bando di gara per l'affidamento di un incarico per redazione di progetto d'edilizia d'importo inferiore ai 200.000 ECU e provvedeva al relativo affidamento.

Su esposto di vari professionisti venivano disposti accertamenti in esito ai quali, oltre ad elementi rilevanti ai fini degli esposti anzidetti che consentivano di definire la relativa questione, emergeva che, in sede di valutazione delle offerte relative, la stazione appaltante aveva ritenuto di non attribuire nessun punteggio ad alcuni lavori eseguiti dai progettisti concorrenti in quanto, a suo avviso, costituenti opere "non affini" a quelle oggetto dell'affidamento.

La valutazione di affinita' delle opere costituisce questione a valenza generale che ha dato luogo ad altre segnalazioni e richiede un pertinente approfondimento, ad evitare che il riconoscimento o meno di tale caratteristica discenda da una valutazione non tanto discrezionale dell'ente committente, quanto idonea a determinare per identiche fattispecie soluzioni differenti - che non risultano nemmeno motivate - con violazione dei principi d'imparzialita' e di parita' di trattamento propri dell'azione amministrativa.

La circostanza che manchi una espressa definizione normativa di opera affine non sta a significare che questo vuoto normativo non debba essere colmato con il richiamo a precetti esistenti nell'ordinamento di settore, ancorche' in testo differente da quello della legge sui lavori pubblici.

Tenuto conto che questa nozione ha valenza sia nei lavori pubblici, cui si e' fatto ora riferimento, sia nei lavori privati, e che pertiene allo svolgimento dell'attivita' di progettazione, ci si puo' riferire, per ritrovare la nozione stessa, alla disciplina dettata dalla legge 2 marzo 1949, n. 143, contenente il testo unico per le prestazioni professionali dell'ingegnere e dell'architetto.

Detta disciplina, richiamata piu' volte nella normativa vigente ed anche nello schema di Regolamento di attuazione della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, attua una suddivisione delle opere in classi e categorie in funzione del grado di affinita' oggettuale e funzionale delle opere stesse.

Le classi individuano nove differenti tipologie di interventi, mentre le categorie rappresentano una specificazione dettagliata delle caratteristiche delle opere ricomprese nelle classi stesse.

Il richiamo al concetto di opere affini, ai fini della valutazione delle offerte, non puo', peraltro, essere rinvenuto con riferimento ad entrambe le suddivisioni in classi e categorie. Mentre risulta, infatti, funzionale il riferimento alle categorie, in quanto esse rappresentano la precisa descrizione sotto il profilo oggettuale e funzionale del bene da realizzare, le classi, viceversa, pur individuando un'area di appartenenza delle tipologie di progetti, si riferiscono ad opere oggettualmente e funzionalmente di diversa natura.

Alla luce di quanto precisato, pertanto, ai fini della valutazione delle offerte, l'affinita' delle opere eseguite rispetto a quella oggetto dell'affidamento deve essere valutata sulla base dei principi desumibili dalla legge 143/1949, con riferimento alle classi di opere dalla stessa individuate, con le prescrizioni di cui alla tabella che segue:
A) Opere appartenenti alla Classe I con esclusione dei restauri artistici e dei piani regolatori di cui alla categoria d), delle decorazioni, arredamenti, disegni di mobili, opere artistiche in metalli, vetro, ecc. di cui alla categoria e) nonche' delle strutture di cui alle categorie f) e g);
B) Opere relative alle categorie di restauro e del risanamento conservativo come descritte all'art. 31 lett. b)-c)-d) della legge 457/78, Titolo IV;
C) Piani regolatori anche parziali nonche' altri strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale, ambientale, paesaggistica;
D) Decorazioni esterne o interne ed arredamenti di edifici e di ambienti, disegni di mobili, opere artistiche in metallo, in vetro, ecc.;
E) Strutture di cui alle categorie f) e g) dalla Classe I;
F) Opere appartenenti alla Classe II;
G) Opere appartenenti alla Classe III;
H) Opere appartenenti alla Classe IV;
I) Opere appartenenti alla Classe V;
J) Opere appartenenti alla Classe VI;
K) Opere appartenenti alla Classe VII;
L) Opere appartenenti alla Classe VIII;
M) Opere appartenenti alla Classe IX.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 8/99 dell'8 novembre 1999
Frazionamento degli incarichi di progettazione.

L'O.M.T. pubblicava tre distinti bandi di gara relativi all'affidamento dell'incarico di progettazione esecutiva di servizi concernenti la realizzazione di nuovi reparti di ospedale. Piu' specificamente i bandi riguardavano gli "impianti termoidraulici e di condizionamento dell'area e affini"; "impianti elettrici ed affini"; "opere statiche e strutturali".

Con esposto in data 8 aprile 1999, l'OICE segnalava a questa Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici che il disposto frazionamento non era giustificato da evidenti motivazioni tecniche. Ne era conseguito che, risultando in tal modo "sotto soglia", le singole gare non erano aperte alle societa' di ingegneria, ai sensi di quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel testo definitivo risultante dalle modifiche apportatevi dalla legge 18 novembre 1998, n. 415,.

Venivano assunte informazioni e chiarimenti da parte della stazione appaltante.

L'art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato con la legge 18 novembre 1998, n. 415, a differenza del testo precedente (che faceva riferimento anche alle relative "parti") non dispone esplicitamente in merito alla possibilita' o meno del frazionamento della progettazione.

Dall'insieme delle disposizioni contenute sembra, tuttavia, sottinteso il presupposto che la progettazione debba essere tendenzialmente unitaria; e tanto in considerazione del costante riferimento, che si evince dalle norme allorche' si parla di progetto, al complesso unitario dello stesso in relazione anche all'insieme delle relative fasi progettuali.

Peraltro, l'art. 4, secondo comma, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, di recepimento della Direttiva CEE 92/50, dispone esplicitamente che "nessun insieme di servizi da appaltare puo' essere frazionato allo scopo di sottrarlo alla sua applicazione" ed il 4^ comma della stessa norma, con specifico riferimento agli incarichi di progettazione stabilisce, comunque, che nel caso di ripartizione del servizio in piu' lotti, ai fini della determinazione degli onorari, si deve tener conto "della somma del valore dei singoli lotti".

E' consentita deroga a questa prescrizione, solo allorche' il valore dei singoli lotti e' inferiore a 80.000 ECU ed il valore stimato complessivo dei lotti cosi' esentati dall'applicazione della disciplina comunitaria non supera il 20% del valore complessivo della progettazione.

In analogia all'indicato divieto, l'ultimo comma dell'art. 62 dello schema di regolamento generale in corso di approvazione stabilisce testualmente che "la progettazione di un intervento non puo' essere artificiosamente divisa in piu' parti al fine di eludere l'applicazione delle norme che disciplinano l'affidamento del servizio".

Alla luce di queste prescrizioni, puo' concludersi che, in caso di frazionamento dell'incarico, deve essere data adeguata motivazione della scelta adottata. E cio' tenuto conto che i diversi aspetti tecnici che sono coinvolti sempre da ciascun progetto richiedono una visione unitaria, tant'e' che il legislatore, nel caso che il progetto preveda piu' prestazioni professionali specialistiche, ha prescritto (art. 17, 8^ comma, legge 11 febbraio 1994, n. 109) che nell'offerta deve essere indicata "la persona fisica incaricata dell'integrazione tra le varie prestazioni specialistiche".

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 9/99 dell'8 novembre 1999
Merito tecnico nella valutazione delle offerte.

Il Comune di C. pubblicava un bando di gara per l'affidamento di un incarico per redazione di progetto d'edilizia d'importo inferiore ai 200.000 ECU e provvedeva al relativo affidamento.

Su esposto di vari professionisti venivano disposti accertamenti in esito ai quali, oltre ad elementi rilevanti ai fini degli esposti anzidetti che consentivano di definire la relativa questione, emergeva che l'affidamento dell'incarico di progettazione era avvenuto, oltre che in base agli elementi previsti nei parametri individuati nel bando di gara, in base alle valutazioni della provata capacita' dei progettisti che si affermava avessero ben operato nell'ambito territoriale.

La fattispecie prospettava un problema di carattere generale riguardante la diversita' dei criteri da seguire nella scelta dei professionisti da ammettere a presentare l'offerta e nella scelta delle offerte.

In realta', per l'affidamento degli incarichi di progettazione di importo compreso tra i 40.000 ed i 200.000 ECU, l'art. 17, comma 11, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, opera un rinvio al regolamento di attuazione per quanto attiene alla disciplina relativa alle modalita' di aggiudicazione.

Lo schema del regolamento all'art. 63 indica i criteri cui deve attenersi la stazione appaltante per effettuare la scelta dei professionisti da ammettere successivamente a presentare l'offerta; il criterio per procedere alla valutazione delle offerte, invece, e' stabilito all'art. 64 del suddetto schema, ed e' quello dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa, valutata sulla base di criteri determinati dalla norma.

Questa disciplina va intesa nel senso che nelle procedure di gara per l'affidamento di incarichi di progettazione i due momenti della valutazione dei requisiti di partecipazione alla gara e dell'esame dei requisiti di selezione delle offerte appartengono a fasi differenti del procedimento di gara.

La disciplina stessa costituisce, peraltro, esternazione di un principio insito nella diversa funzione che assolvono i due momenti anzidetti e, quindi, queste regole devono essere osservate anche nelle more dell'entrata in vigore del regolamento e, divenuto questo vigente, le disposizioni di cui trattasi vanno lette alla luce del principio stesso.

E' utile, quindi, precisare che il merito tecnico, che viene esaminato nella fase di prequalifica, ha ad oggetto elementi che necessitano alla stazione appaltante per effettuare una valutazione circa l'idoneita' del progettista a concorrere per l'affidamento, anche sulla base dell'esperienza professionale pregressa. Detta valutazione viene effettuata sulla base di elementi meramente quantitativi consistendo nell'accertamento dell'importo dei lavori appartenenti alle stesse classi e categorie dell'opera oggetto dell'incarico, eseguiti in periodo anteriore alla data del bando.

Invece, il merito tecnico da valutarsi nella fase di aggiudicazione dovra' intendersi non con riferimento ad aspetti quantitativi, bensi' con riguardo alle caratteristiche qualitative di progetti in precedenza redatti e presentati, che l'offerente ritiene rappresentativi della propria capacita' progettuale e affini all'opera da progettare.

Non sarebbe fondato, inoltre, ritenere che l'amministrazione possa far riferimento, al momento della valutazione dell'offerta, allo stesso elemento preso in considerazione in sede di prequalifica. Il merito tecnico, quale indice di qualita' dell'offerta desunta dalla documentazione relativa a non piu' di tre progetti redatti dal concorrente e concernenti lavori affini a quello oggetto delle prestazioni richieste, puo' formare oggetto di valutazione dell'offerta stessa solo in quanto indicativo delle capacita' professionali e tecniche necessarie a svolgere lo specifico incarico.

In conclusione, si ritiene che la valutazione del merito tecnico assolve ad una diversa funzione nel momento dell'esame dei requisiti di partecipazione alla gara rispetto a quello relativo ai requisiti di selezione delle offerte, in quanto mentre nel primo caso occorre prendere in considerazione aspetti quantitativi dell'esperienza e della capacita' professionale del concorrente, nel secondo vengono in evidenza profili esclusivamente qualitativi della capacita' stessa, correlati allo specifico incarico da espletare.

Al riguardo, inoltre, e' da rilevare che risulterebbe privo di giustificazione discriminare nella valutazione del merito tecnico le prestazioni a seconda della natura pubblica o privata del soggetto a cui sono state rese in quanto cio' costituirebbe ostacolo alla piu' ampia partecipazione di gara e, quindi, una violazione dei principi della concorrenza.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 10/99 del 17 novembre 1999
Servizio di monitoraggio.

Con alcuni esposti sono state segnalate a quest'Autorita' questioni interpretative riguardanti l'applicazione della normativa di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 ai bandi di gara indetti dal Ministero dei Lavori pubblici - Ispettorato generale per l'ANC e per i contratti - per l'affidamento di servizi d'assistenza tecnica, monitoraggio e diffusione dei risultati relativi a "programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio" o a "programmi piloti di riqualificazione urbana".

La segnalazione e' stata fatta richiamando la competenza dell'Autorita' di cui all'articolo 4, comma 4, lettera d), della legge 109/94, concernente la vigilanza sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia e sulla regolarita' delle procedure di affidamento.

In particolare, e' stata prospettata una individuazione non regolare della categoria 11 al posto della categoria 12 di servizi di cui all'allegato 1 del decreto legislativo n. 157 del 1995 cui si riferivano i bandi di gara e di conseguenza la mancata applicazione dei criteri di aggiudicazione previsti dal DPCM 27 febbraio 1997, n. 116 "recante norme per la determinazione degli elementi di valutazione e di ponderazione dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa di cui all'articolo 23, comma 1, lettera b), del d.lgs. 17 marzo 1995, n.157, per l'aggiudicazione degli appalti di servizi in materia di architettura, ingegneria e di altri servizi tecnici di cui alla categoria 12 della CPC (classificazione comune dei prodotti) n. 867 contenuta nell'allegati 1 del decreto 157/95."

Come noto, per l'affidamento di tutti i servizi e' prevista l'adozione anche del criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa.

Questo criterio e' caratterizzato da aspetti teorici e applicativi molto complessi ed ha avuto una regolamentazione sul piano legislativo variabile nel tempo. Il legislatore all'articolo 21, comma 3, della legge quadro in materia di lavori pubblici (legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche) ha disposto che il regolamento attuativo della legge definisca opportune metodologie, tali da consentire di individuare con un unico parametro finale l'offerta piu' vantaggiosa. Uguale disposizione il legislatore ha introdotto nel decreto legislativo n. 157 del 1995 di recepimento della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi. All'articolo 23, comma 6, e', infatti, prevista l'emanazione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, predisposti dai Ministri competenti per i diversi settori ai quali si applica il decreto 157/95, con i quali si devono stabilire parametri di valutazione e di ponderazione degli elementi attraverso i quali e' determinata l'offerta economicamente piu' vantaggiosa. E' inoltre prescritto che i parametri devono essere individuati in relazione alla natura del servizio ed essere tali da garantire un corretto rapporto prezzo-qualita'.

Il gia' citato DPCM n. 116 che riguarda i servizi di architettura e di ingegneria di cui all'allegato 1A categoria 12 della direttiva 92/50/CEE, individua all'articolo 2 i possibili elementi di valutazione; all'articolo 3 l'ambito di variabilita' dei fattori ponderali da assegnare agli elementi di valutazione fermo restando che la loro somma deve essere pari a cento ed all'articolo 4 nonche' agli allegati A e B le formule e le linee-guida per la attribuzione dei punteggi alle varie offerte.

Da una analisi dei bandi cui si riferiscono gli esposti si e' rilevato che i servizi da affidare consistevano:

1. nell'assistenza per la predisposizione di una banca dati contenente indicatori:
1.1. finanziari relativi agli apporti pubblici e privati;
1.2. procedurali relativamente alle azioni locali e centrali;
1.3. fisici relativamente agli interventi sia pubblici che privati;
1.4. di costo dalla fase di programma fino al consuntivo;
1.5. di valutazione di congruita' e scostamento rispetto ai valori di mercato;
1.6. di impatto sul territorio, sull'ambiente e sul contesto sociale;

2. nella definizione dei flussi informativi nei riguardi di tutti i soggetti coinvolti nell'attivita' di programmazione, gestione, vigilanza e controllo dei programmi e nei riguardi della pubblica opinione;

3. nella elaborazione di grafici e tabelle e di indicatori attinenti al sistema dei costi, dei tempi delle procedure e degli effetti;

4. nella definizione delle specifiche tecniche e delle modalita' di fornitura su supporti cartacei e magnetici standardizzati delle informazioni;

5. nella formazione del personale;

6. nella predisposizione e diffusione di una pubblicazione a conclusione delle attivita'.

Tanto premesso, va preliminarmente rilevato che:

1. i servizi cui si applicano le disposizioni della direttiva 92/50/CEE recante norme in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi e del d.lgs. 157/95 di attuazione della suddetta direttiva comunitaria, sono rispettivamente contenuti negli allegati IA e IB e negli allegati 1 e 2 dei predetti documenti normativi;

a. l'indicazione sintetica delle attivita' contenuta nei suddetti allegati non consente di definire in maniera esauriente l'effettivo oggetto delle attivita' stesse per cui la direttiva 92/50/CEE ha ritenuto di provvedere ad una piu' ampia specificazione facendo ricorso alla classificazione CPC (Central Product Classification, Classificazione centrale dei prodotti) elaborata in ambito ONU;

3. le direttive comunitarie in materia di affidamenti di commesse pubbliche (lavori, forniture e servizi) prevedono sempre la possibilita' di impiegare per la individuazione dell'aggiudicatario il criterio dell' offerta economicamente piu' vantaggiosa da determinarsi sulla base di vari elementi;

La categoria 12 dell'allegato 12 del d.lgs. 157/95 e' definita: Servizi attinenti all'architettura ed all'ingegneria anche integrata; servizi attinenti all'urbanistica ed alla paesaggistica; servizi affini di consulenza scientifica e tecnica; servizi di sperimentazione tecnica ed analisi e corrisponde al numero di riferimento CPC n. 867. Tale numero si riferisce ai seguenti servizi:

- Servizi in materia d'architettura
- Servizi di consulenza e di progettazione preliminare in materia di architettura
- Servizi di progettazione in materia d'architettura
- Altri servizi in materia d'architettura
- Servizi in materia d'ingegneria
- Servizi di consulenza in materia d'ingegneria
- Servizi di progettazione tecnica per la costruzione di fondazioni e di strutture d'edifici
- Servizi di progettazione tecnica per impianti meccanici ed elettrici d'edifici
- Servizi di progettazione tecnica per la costruzione d'opere di genio civile
- Servizi di progettazione tecnica per processi e produzione industriali
- Servizi di progettazione tecnica n.c.a.
- Altri servizi in materia d'ingegneria
- Servizi integrati di ingegneria per progetti "chiavi in mano"
- Servizi di - urbanistica e di architettura del paesaggio
- Servizi di urbanistica
- Servizi di architettura del paesaggio
- Servizi di gestione di progetti connessi a costruzione e ad opere di genio civile
- Servizi di consulenza scientifica e tecnica in materia di ingegneria
- Servizi di prospezione geologica, geofisica ed altri servizi di prospezione scientifica
- Servizi di prospezione sotterranea
- Servizi di prospezione in superficie
- Servizi di cartografia
- Servizi di collaudo e analisi tecniche
- Servizi di collaudo e analisi della composizione e della purezza
- Servizi di collaudo e analisi delle proprieta' fisiche
- Servizi di collaudo e analisi di sistemi meccanici ed elettrici integrati
- Servizi di controllo tecnico di autoveicoli
- Altri servizi di controllo tecnico
- Altri servizi di collaudo e analisi tecniche
- Servizi di pubblicita'
- Servizi di vendita o locazione di spazi o spot pubblicitari
- Servizi di pianificazione, creazione e collocamento di materiale pubblicitario
- Altri servizi di pubblicita' La categoria 11 dell'allegato 1 del d.lgs. 157/95 e' definita: Servizi di consulenza gestionale ed affini e corrisponde ai numeri di riferimento CPC n. 865 ed 866. Tali numeri si riferiscono ai seguenti servizi:
- Servizi di consulenza amministrativo-gestionale
- Servizi di consulenza in materia di gestione generale
- Servizi di consulenza in materia di gestione finanziaria (esclusa l'imposta sugli affari)
- Servizi di consulenza in materia di gestione del marketing
- Servizi di consulenza in materia di gestione delle risorse umane
- Servizi di consulenza in materia di gestione della produzione
- Servizi di pubbliche relazioni
- Altri servizi di consulenza in materia di gestione
- Altri servizi connessi in materia di gestione
- Servizi di gestione di progetti diversi da quelli nel campo delle costruzioni
- Servizi di arbitrato e di conciliazione
- Altri servizi connessi in materia di gestione
- Servizi di gestione delle societa' di controllo finanziario (holding operative) Le questioni sollevate, risultavano rilevanti in quanto e' crescente per le amministrazioni aggiudicatici la necessita' di affidare servizi di assistenza tecnica e di monitoraggio di programmi interessanti la realizzazione di interventi pubblici o di interesse pubblico ed e' rilevante sul piano operativo l'applicazione o meno del citato DPCM n. 116 del 1997.

In ordine ai problemi sollevati dagli esposti giova, poi, preliminarmente sottolineare che il servizio di consulenza gestionale, tradizionalmente, consiste nell'esecuzione della valutazione delle iniziative programmate, o in itinere o dei risultati o dell'impatto di progetti e programmi pregressi. Tali incarichi sono in genere inseriti nell'ambito della programmazione delle attivita' di controllo interno ed hanno le finalita' tipiche del monitoraggio tecnico economico e sociologico. La natura di tali servizi, secondo la classificazione europea puo' essere sicuramente individuata in piu' categorie. Oltre alle categorie 11 e 12, prima richiamate puo' riguardare, infatti, anche le categorie 7 (n. CPC 84), e 10 (n. CPC 864).

Non risulta che il Ministero dei Lavori pubblici abbia avviato la predisposizione di un apposito DPCM in materia di servizi di cui alle categorie diverse dalla categoria n. 12 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 157 del 1995 che, alla luce dei bandi indetti, sembrano, invece, essere valutati dal Ministero stesso servizi di propria competenza.

Cosi' riassunto il quadro di riferimento per la soluzione delle questioni interpretative, come segnalate, appare necessario un assestamento relativo ai seguenti punti:
a) a quale categoria dell'allegato 1 del d.lgs. 157 del 1995 appartengano i servizi di assistenza tecnica e monitoraggio;
b) qualora si ritenga non appartengano in via esclusiva a nessuna delle categorie ma viceversa a piu' categorie se il bando debba riferirsi alla categoria prevalente ovvero a tutte le categorie cui si riferiscono i servizi;
c) qualora fra le categorie sia compresa la categoria 12, se sia obbligatoria o facoltativa l'applicazione della normativa di cui al DPCM 116/95. Occorrera', poi, valutare, qualora non sia obbligatoria l'applicazione della normativa di cui al DPCM 116/95, se gli elementi, i pesi e la modalita' di determinazione dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa da indicare nei documenti di gara siano idonei a garantire il rispetto dei principi indicati nell'articolo 1, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche.

Il Ministero dei Lavori Pubblici sentito al riguardo ha rappresentato che i servizi richiesti nel bando non erano riconducibili totalmente a nessuna delle categorie di cui all'allegato 1 del decreto legislativo 157/95 e che quando ci si trovi in tali situazioni occorre applicare il criterio della prevalenza.

La declaratoria dei servizi contenuta nelle CPC n. 8o'5, 866 e 867 e l'oggetto del bando da' ragione alla prima affermazione del Ministero. I servizi richiesti sono a margine delle due categorie 11 e 12 dal momento che le singole attivita' riguardano servizi di gestione (categoria 11) che incidono, pero', su servizi urbanistici, di architettura e di ingegneria (categoria 12).

In tale situazione non puo' convenirsi in ordine all'applicazione del criterio della prevalenza, in quanto, questo criterio e' pertinente ai casi in cui occorra procedere ad una scelta fra due procedure di gara, mentre, nel caso che interessa si tratta di individuare la tipologia dei servizi da affidare. Se piu' sono queste tipologie, non vi sono ragioni per non indicare tutte le categorie di servizi previsti dall'allegato 1 del decreto legislativo n. 157 del 1995. E cio' per le seguenti concordanti ragioni.

L'indicazione di tutti i servizi ha, in primo luogo, l'obiettivo di far conoscere ai possibili concorrenti, in modo trasparente e completo, l'oggetto del contratto di servizi posto in gara.

Inoltre, nell'ambito dei lavori pubblici la normativa vigente (ari. 18, comma 3, della legge n. 55 del 1990) prevede l'obbligo di indicare nel bando di' gara tutte le categorie generali e specializzate costituenti l'intervento da appaltare e si tratta di norma esplicativa della necessita' di un completa indicazione degli elementi essenziali del bando.

La prassi, infine, e' in questi sensi. Lo stesso Ministero dei lavori pubblici, in occasione dei bandi di gara per i servizi di "consulenza tecnica, economico-finanziaria e di analisi del traffico ai fini della valutazione della sostenibilita' economica e finanziaria dell'affidamento in concessione di costruzione e gestione" dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria e della tratta autostradale Pedemontana Veneta, ai sensi dell'art. della legge 17 maggio 1999, n. 144, rispettivamente pubblicati sulle 30 agosto 1999, n. 203 e 23 ottobre 1999 n. 250 ha indicato le due categorie 11 e 12 seguendo cosi' il criterio della doppia indicazione. La stessa doppia indicazione fu adottata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio per Roma Capitale e Grandi Eventi, in occasione dei bandi per i servizi di monitoraggio relativi alle opere del Giubileo dentro e fuori la regione Lazio rispettivamente pubblicati sulle G.U. 10 luglio 1997, n. 159 e 22 gennaio 1998, n. 17.

Da questa plurima indicazione di categorie di servizi non discende, peraltro, la obbligatorieta' di applicare le disposizioni del DPCM n. 116 del 1997 nel caso di bandi per l'affidamento di servizi appartenenti a piu' categorie, trattandosi, in ogni caso, di servizi con prestazioni di natura intellettuale fra le quali la categoria 12; ma la inesistenza di questo obbligo non esclude, la possibilita' di applicazione e richiede che l'una o l'altra soluzione sia motivatamente assunta.

Inoltre, la metodologia di valutazione delle offerte previste nel bando non deve vanificare i principi di trasparenza e di concorrenza che risultano garantiti con il citato decreto 116 del 1997 tutte le volte che si versa nell'ambito degli anzidetti servizi, che sono compresi tra quelli oggetto dei bandi di gara in esame.

La formula di assegnazione dei punti relativi all'offerta economica assunta dall'amministrazione e', invece, del tutta diversa da quella del piu' volte citato DPCM 116 del 1995, in quanto essa non consente una effettiva diversificazione del punteggio assegnato alla offerta economica (previsto in 20 punti) di tutti i concorrenti, con la conseguenza che l'affidamento avviene solo sulla base della valutazione, molto discrezionale, dell'offerta tecnica per cui sono assegnati 80 punti

Ne segue che risultano fortemente squilibrati i valori attribuiti agli elementi prescelti per la valutazione dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa

Conclusivamente ed in base alle suesposte considerazione, in caso di servizi riconducibili a piu' categorie fra quelle di cui all'allegato 1 del decreto legislativo n. 157 del 1995, il bando deve far riferimento a tutte le categorie e non soltanto a quella considerata prevalente; non e' obbligatorio per la valutazione dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa applicare il DPCM 116 del 1997 ma la mancata applicazione va congruamente motivata e, comunque, i criteri per la valutazione dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa non devono, in nessun caso, vanificare i principi della trasparenza e della concorrenza, come avviene nei casi di distribuzione del punteggio che comporti un rilevante squilibrio nella connessa assegnazione, si da rendere decisivo uno solo degli elementi prescelti per la valutazione.

Il Presidente
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DETERMINAZIONE n. 11/99 del 17 novembre 1999 Individuazione della nozione di "chiunque vi abbia interesse" per le
richieste di ispezione.

In base alla disposizione di cui alla seconda proposizione del primo periodo del comma 6^ dell'art. 4 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, l'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici "anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, puo' disporre ispezioni". Risulta, pertanto, che il relativo procedimento puo' avere origine da un atto di iniziativa di ufficio della stessa Autorita', ovvero da una sollecitazione da parte di altro distinto soggetto.

La legittimazione alla proposizione della "richiesta", come in precedenza intesa, a norma del comma 6 dell'art. 4 della legge 109/1994 in esame, compete, quindi, a "chiunque ne abbia interesse". Concettualmente, la disposizione si ricollega, oltre che a meno recenti disposizioni in materia edilizia, alla norma di' cui all'art. 9 della legge 7 agosto 1990, n.241, sul procedimento amministrativo, in base alla quale "qualunque soggetto, portatore di interessi, pubblici o privati, nonche' i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facolta' di intervenire nel procedimento". La norma della legge quadro sui lavori pubblici e quella sul procedimento amministrativo, seppur riferite a diversi momenti del procedimento, vanno, tuttavia, interpretate in maniera omogenea anche in relazione al contesto normativo generale di riferimento. Cosi' come per l'art. 9 della legge 241/90, nel caso di cui all'art.4 della legge 109/1994 legittimata a proporre una richiesta di ispezione non e', pertanto, una qualsivoglia figura soggettiva; un tale potere, infatti, viene riconosciuto esclusivamente ai soggetti che dal suo espletamento potrebbero ricevere una particolare utilita' o un particolare vantaggio ed a nulla rilevando che l'utilita' ovvero il vantaggio siano propri anche di altri soggetti che versino nella stessa situazione del richiedente. E' necessario, poi, che il vantaggio o l'utilita' perseguiti siano correlati ad interessi giuridicamente rilevanti sotto il profilo oggettivo, e non pertengano invece a mere aspirazioni individuali e, in ogni caso, non implichino pretese pretestuose, vessatorie o comunque emulative.

In definitiva, pertanto, non appare sufficiente per poter riconoscere la legittimazione alla proposizione della richiesta di ispezione, il solo riferimento ad una possibile evenienza di un risultato personalmente favorevole, occorrendo l'ulteriore condizione che tal evenienza attenga ad un bene della vita del richiedente, soggetto singolo o collettivo, oggettivamente rilevante e comunque direttamente o indirettamente collegato al potere di cui viene sollecitata l'esplicazione.

Nel caso, poi, di richieste provenienti da organismi esponenziali d'interessi diffusi o collettivi, la rilevanza dell'interesse va considerata in base ai criteri gia' individuati in sede di applicazione della norma sul procedimento amministrativo sopra citata, nonche' dei principi giurisprudenziali in materia di poteri di iniziativa o di intervento in giudizio nei procedimenti medesimi.

Sulla base di queste indicazioni andra', poi, verificata, caso per caso, l'effettiva sussistenza della legittimazione a formulare la richiesta di accertamenti. Questi potranno, comunque, essere disposti, d'ufficio, anche nell'ipotesi in cui il richiedente sia privo di legittimazione, qualora a giudizio dell'Autorita' i fatti segnalati abbiano effettiva rilevanza per il rispetto dei principi di cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1994,n. 109.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 12/99 del 15 dicembre 1999
Norme di sicurezza nei cantieri.

Con esposto pervenuto il 23 novembre 1999 le organizzazioni sindacali FILLEA/CGIL, FENEAL/UIL, FILCA/CISL esponevano una situazione di mancata osservanza delle norme di sicurezza nei cantieri edili e l'esame della normativa evidenziava una situazione di incertezza circa i termini in cui debbono essere applicate coerenti misure, situazione che richiede un intervento dell'Autorita' che offra alle amministrazioni appaltatrici e alle imprese chiari elementi di riferimento per l'adempimento dei relativi obblighi, di particolare significazione sociale.

In base alla normativa vigente, e' da ritenere quanto segue:

1. La mancata emanazione del regolamento governativo in materia di piani di sicurezza nei cantieri, di cui all'art. 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni (legge quadro sui lavori pubblici), non esclude l'immediata vigenza delle norme dettate in materia di sicurezza dalla legge stessa, quali risultanti dalle indicazioni contenute nella legge 18 novembre 1998, n. 415.

2. Fermi restando, pertanto, per il periodo antecedente, gli obblighi in materia di sicurezza imposti dalla normativa al momento vigente, a decorrere dalla data di entrata in vigore della indicata legge 18 novembre 1998, n. 415, le amministrazioni appaltanti hanno l'obbligo di evidenziare nei bandi di gara gli oneri relativi ai piani di sicurezza, oneri da ritenersi non soggetti a ribasso d'asta.

3. Pur in mancanza di parametri normativi di riferimento e che saranno precisati nel regolamento di cui al punto 1, alla determinazione degli oneri suddetti, le stazioni appaltanti devono provvedere caso per caso, in maniera non elusiva delle prescrizioni normative, sulla base della specificita' dei lavori ed in ogni caso nei limiti dei contenuti minimi dei piani.

4. Alle disposizioni vigenti, e come in precedenza individuate, vanno conformati i bandi in corso di definizione; laddove, per i bandi gia' definiti, dovranno comunque essere adottate le opportune misure atte a garantire la sicurezza dei lavoratori nelle lavorazioni in atto.

5. Ne consegue la illegittimita' dei bandi che non contengono la predetta indicazione o che prevedano oneri in misura inadeguata e pertanto comportanti un'applicazione elusiva alle prescrizioni normative.

Cio' in base alle seguenti considerazioni:

1. L'obbligo di assicurare un ambiente di lavoro che garantisca l'incolumita' fisica degli addetti, per le opere pubbliche, ha avuto, per la prima volta, enunciazione generale con l'art. 18, commi 7 e 8, della legge 19 marzo 1990, n. 55. La norma ha previsto una serie di adempimenti a carico dell'appaltatore tenuto, tra l'altro, ad adottare un piano di sicurezza da coordinare, eventualmente, con analoghi piani redatti dai possibili subcontraenti o subappaltatori operanti nei cantieri.

Era previsto un indiretto coinvolgimento e responsabilizzazione anche dell'amministrazione committente, che era tenuta preventivamente ad acquisire il piano per tenerlo a disposizione delle autorita' preposte ai controlli.

Responsabile diretto della attuazione del piano di sicurezza era il direttore tecnico di cantiere.

Il coinvolgimento del committente in materia di sicurezza nei cantieri veniva, peraltro, accentuato con l'art. 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, attuativo della direttiva comunitaria 89/440/CEE relativa alle procedure di aggiudicazione degli appalti di importo superiore ai 5 milioni di ECU. Con tale disposizione si stabiliva, infatti, che le stazioni appaltanti dovessero richiedere ai partecipanti alle gare di dichiarare di avere tenuto conto, nella predisposizione delle offerte, degli oneri correlati agli obblighi derivanti dalle disposizioni di legge in tema di sicurezza vigenti nei luoghi ove erano eseguiti i lavori.

2. Successivamente, con il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, veniva emanata, in attuazione di alcune direttive comunitarie in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, una regolamentazione generale della materia della sicurezza e che, tra l'altro, equiparava i datori di lavoro pubblici e privati quanto all'osservanza degli obblighi al riguardo previsti nel decreto.

Seguiva il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, di attuazione della direttiva comunitaria n. 92/54/CEE concernente le misure minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili, che rinviava all'osservanza dei principi e delle misure generali indicati nel precedente decreto meglio definendo la materia e spostando, tuttavia, sul committente, pubblico o privato che fosse, la principale responsabilita' in materia di sicurezza, imponendogli di predisporre piani di sicurezza e di coordinamento da elaborare unitamente alla progettazione esecutiva dell'opera ed ancor prima della individuazione delle imprese cui affidare i lavori. Il coinvolgimento del committente, poi, non riguardava la sola fase della progettazione, bensi' anche quella successiva di esecuzione dei lavori. Era prevista, infatti, l'indicazione da parte del committente medesimo, oltre che di un coordinatore della sicurezza in fase di progettazione, anche di un coordinatore della sicurezza nella fase di esecuzione dell'opera; con attribuzione ad entrambi di competenze concretamente operative e tese ad individuare le effettive misure necessarie a prevenire gli infortuni.

In definitiva, pertanto, si puo' dire, che sulla base della disciplina contenuta nei due indicati decreti legislativi, e' stato ribaltato il principio, in precedenza operante, e secondo cui responsabile sostanziale della sicurezza era il solo appaltatore e non anche il committente che risulta, invece, ora direttamente e specificamente coinvolto sin dalla fase della progettazione dell'opera.

Da sottolineare al riguardo, poi, che, ai sensi degli art. 12, comma 2, e art. 13, comma 2, del decreto legislativo 494/1996, per il settore pubblico, le disposizioni contenute nel medesimo decreto si applicano fino alla emanazione del regolamento in materia di piani di sicurezza previsto dall'art. 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 ed attualmente, come gia' rilevato, non ancora emanato.

3. E' da ritenere che la previsione di cui agli indicati decreti legislativi circa, in particolare, l'obbligo per il committente (art. 4, comma 1, d. lgs. 494/1996) della predisposizione di un piano di sicurezza e di coordinamento, ovvero, per i lavori particolarmente complessi, di un piano generale di sicurezza, abbia assorbito, implicitamente abrogandola, la disposizione di cui al menzionato art. 18 della legge n. 55/1990 relativo al piano della sicurezza fisica dei lavoratori cui era tenuto l'appaltatore (in tali sensi si e' anche espressa la circolare del Ministero del lavoro n. 41/1997 del 18 marzo 1997). Ed ancorche' sia da precisate che detta abrogazione non possa considerarsi, tuttavia, sussistente nelle ipotesi in cui non ricorrano concretamente le condizioni per l'applicazione dell'indicato decreto legislativo 494/1996 (conforme parere del Consiglio di Stato n. 1533 del 1 luglio 1997 e circolare dello stesso indicato Ministero del lavoro n. 30/1998 del 5 marzo 1998).

4. Con la legge 18 novembre 1998, n.415 sono state introdotte, infine, alcune modifiche al delineato sistema. In particolare, e' stata prevista la facolta' per l'appaltatore e per il concessionario di redigere e consegnare alla stazione appaltante e al concedente proposte di integrazione del piano di sicurezza ove predisposto dal committente, ovvero un suo piano di sicurezza sostitutivo di quelli del committente ove non obbligatori (con implicita confermata reviviscenza, in tale seconda ipotesi, dell'obbligo di cui all'indicato art. 18 della legge n. 55/1990).

E' stato, poi, stabilito che l'appaltatore o il concessionario sono tenuti comunque a predisporre un piano operativo di sicurezza complementare e di dettaglio rispetto a quelli di competenza del committente e contenente l'indicazione delle concrete proposte operative riguardanti i singoli cantieri.

E' previsto, altresi', che gli indicati atti relativi alla sicurezza devono essere considerati come parti integranti del contratto di appalto; ed infine, e' stabilito che gli oneri relativi alla sicurezza devono essere indicati nel bando di gara e non sono soggetti a ribasso.

5. Sulla base di quanto precede, si puo' ritenere che, allo stato pur in mancanza del previsto regolamento generale sulle misure minime di sicurezza nei lavori pubblici - la normativa in materia di sicurezza nei cantieri appare sufficientemente chiara e delineata anche per quanto riguarda il settore delle opere pubbliche, dovendo applicarsi allo stesso tutte le disposizioni di cui ai menzionati decreti legislativi n. 626/1994 e n. 494/1996 relative ai piani di sicurezza. A tale conclusione induce, innanzitutto, la considerazione relativa alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 494/1996 attuativo della direttiva comunitaria n. 92/57 CEE, che ha generalizzato l'obbligo dei piani di sicurezza e che e' successiva a quella di cui alla legge 2 giugno 1995, n. 216 che gia' prevedeva il rinvio alla disciplina regolamentare per la parametrazione dei relativi costi; vale, inoltre, la considerazione che l'emananda disciplina regolamentare, ai sensi di quanto disposto dal 1 comma dell'art. 31 della legge quadro sui lavori pubblici, dovra' essere comunque adottata "in conformita' alle direttive 89/391 CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, 92/57 CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, e alla relativa normativa nazionale di recepimento", sicche' non potra' mai incidere il contenuto minimo dei piani. Al che si aggiunge la considerazione che trattasi di materia di elevata rilevanza sociale oggetto di disciplina a livello comunitario, la cui applicazione non puo' essere condizionata da adempimenti interni correlati ad esigenze di tipo meramente economico.

Consegue quindi anche la necessita' che siano attualmente le amministrazioni appaltanti a dover provvedere alla individuazione ed alla evidenziazione nei bandi di gara degli oneri relativi alla attuazione degli anzidetti piani di sicurezza; oneri che saranno determinati dalla amministrazione medesima tenendo conto delle specifiche esigenze di cantiere e che dovranno, in ogni caso, essere fissati in maniera adeguata e tale da non implicare elusione delle prescrizioni in essi contenute.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 13/99 del 28 dicembre 1999
Contratti misti.

Con alcuni esposti a questa Autorita' veniva sottoposta questione riguardante le procedure di affidamento di barriere spartitraffico nelle sedi autostradali.

Va dato atto del rilievo delle questioni interpretative prospettate che consigliano gli opportuni approfondimenti

Va, poi, considerato che la questione interpretativa relativa alla individuazione della normativa applicabile all'esaminata fattispecie va risolta tenendo conto, innanzitutto, di quanto disposto dal 1^ comma dell'art.2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 18 novembre 1998, n. 415. Lo stesso, in particolare, stabilisce che "nei contratti misti, di lavori, forniture e servizi e nei contratti di' forniture o di servizi quando comprendano lavori accessori, si applicano le norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50 per cento".

Va ancora tenuta presente, poi, la norma di cui all'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, nel testo risultante dalle modifiche apportatevi dal comma 75 dell'art. 9 della stessa indicata legge n.415/1998. Disposizione secondo cui "gli appalti che, insieme alle prestazioni di servizi, comprendono anche l'esecuzione di lavori, sono considerati appalti di servizi qualora i lavori assumano funzione accessoria rispetto ai servizi, siano complessivamente di importo inferiore al 50 per cento del totale, e non costituiscano l'oggetto principale dell'appalto".

Dalle norme ora indicate si desume che il legislatore nazionale ha operato una scelta univoca al fine di individuare il regime giuridico da osservare, sia nel caso di contratti misti di lavoro, forniture e servizi sia nel caso in cui i lavori siano accessori rispetto a forniture o servizi, che costituiscano, invece, oggetto principale del contratto. Si precisa, al riguardo, che i contratti misti anzidetti, sono quelli in cui sono previste prestazioni di lavoro, forniture e servizi.

In entrambe le ipotesi ora indicate, nell'ordinamento italiano il criterio dell'accessorieta' contenuto nelle direttive comunitarie 92/50 e 93/36 e' integrato - o e' meglio dire - specificato con il criterio della prevalenza economica, che costituisce nella normalita' dei casi, concreta evidenziazione della sussistenza di una situazione di accessorieta'.

Le relative disposizioni, in tal modo interpretate, possano ritenersi compatibili con quanto previsto, per i contratti misti, dalle direttive comunitarie 92/50 e 93/36 relative, rispettivamente, agli appalti pubblici di servizi ed agli appalti pubblici di forniture.

E' pur vero, infatti, che le direttive stesse fanno riferimento, per la individuazione della disciplina applicabile a tali contratti, al solo criterio della accessorieta' della prestazione, per cui, i lavori compresenti in un contratto di servizi "non possono giustificare la classificazione dell'appalto come appalto pubblico di lavori nella misura in cui (essi) sono accessori e non costituiscono oggetto dell'appalto" (16^ considerando della direttiva 92/50); ed analogamente, deve considerarsi di fornitura anche l'appalto che prevede "a titolo accessorio lavori di posa in opera ed installazione" (art. 1, direttiva 93/36).

E' altrettanto vero, tuttavia, che il criterio della accessorieta' richiamato dalle indicate direttive, anche alla luce della prevalente dottrina, non va inteso come correlato ad una soggettiva e discrezionale valutazione di strumentalita' o secondarieta' di una prestazione rispetto ad altra, da parte delle amministrazioni appaltanti. Si deve, invece, ed in coerenza con l'indisponibilita' della disciplina pubblicistica dei relativi settori da parte delle amministrazioni medesime, a tale criterio attribuire una obiettiva valenza funzionale che non puo' non riferirsi anche all'effettiva consistenza economica delle singole concorrenti prestazioni.

Percio' non puo' ritenersi confliggente con l'enunciazione in sede comunitaria dell'indicato principio di accessorieta' una previsione normativa interna - quale e', appunto, quella di cui al secondo periodo del 1^ comma del richiamato art. 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 - che ha provveduto ad integrarlo, ponendo, nel caso di contratti con prestazioni eterogenee, un limite invalicabile (50 per cento) all'apprezzamento soggettivo dell'amministrazione appaltante circa l'incidenza, nella configurazione complessiva del contratto, del valore della prestazione di lavori che, qualora economicamente ad altre prevalente, non puo' essere ritenuta alle stesse funzionalmente subvalente al fine della individuazione della normativa complessivamente applicabile.

Cio' non esclude, tuttavia, proprio in base all'individuato principio della obiettiva valenza funzionale del criterio dell'accessorieta', che dato della prevalenza economica che ha funzioni di evidenziatore della accessorieta' di altra prestazione, non conservi valenza determinante in fattispecie non disciplinate nel nostro ordinamento in cui il contratto che prevede lavori e forniture e servizi ma in special modo lavori e forniture possa essere considerato misto solamente in senso improprio.

Ci si riferisce ai casi in cui l'oggetto del contratto sia sostanzialmente un lavoro pubblico. Cio' si ha quando la sua funzione, cioe' il risultato che dallo stesso l'amministrazione pubblica intende conseguire, e' quella della realizzazione dell'opera pubblica, che costituisce l'oggetto principale del contratto. In questa ipotesi, pur se sono previste forniture di materiali o di componenti, come consentito dalla moderna tecnica, di valore economico prevalente rispetto agli oneri di lavorazione, queste forniture conservano una funzione meramente strumentale, non acquistano valenza di autonoma prestazione che si affianchi a quella concernente lavori, il contratto non diviene misto, la fornitura costituisce mera componente dell'unitaria prestazione di lavoro pubblico, prestazione - si ripete - intesa a che sia realizzata l'opera pubblica.

Conclusivamente, si deve quindi ritenere che al contratto di fornitura e posa in opera di beni (nella specie inerenti la sicurezza della circolazione stradale) qualora implicanti prestazione di lavori assumenti rilievo economico superiore al 50 per cento del complessivo contratto ed ancorche' la prestazione relativa ai lavori sia funzionalmente ritenuta subvalente rispetto alla fornitura del bene, deve trovare applicazione la normativa di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni. Questa normativa si applica anche nei casi in cui la fornitura, quale ne sia l'entita' economica, abbia una valenza meramente strumentale rispetto alla unitaria funzione del contratto che, per essere inteso alla realizzazione di un'opera pubblica costituisce un contratto in senso proprio unitario e concernente lavori pubblici.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 14/99 del 28 dicembre 1999 Applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10
gennaio 1991, n. 55.

1. Il Collegio Costruttori Edili della Provincia di B. segnalava, con atto pervenuto il 4 novembre 1999, che il bando di gara, per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione della residenza universitaria I., di importo a base d'asta di MLD 4,395, conteneva le seguenti prescrizioni in tema di requisiti dei partecipanti alla gara:
a. fatturato per lavori di ristrutturazione non inferiore a L.7.000.000.000 per ciascun anno;
b. elenco dei lavori di ristrutturazione svolti e relative referenze da parte delle committenze, che attestino che i lavori di ristrutturazione eseguiti dall'impresa sono stati svolti in modo soddisfacente. 2. Il Collegio dei Costruttori Edili sosteneva nell'atto citato che il bando innanzi detto era illegittimo perche' in contrasto con il D.P.C.M. 10 gennaio 1991 n.55, recante disposizioni per garantire omogeneita' di comportamenti alla stazione committente relativamente ai contenuti dei bandi, avvisi di gara e capitolati speciali, nonche' disposizioni per la qualificazione dei soggetti partecipanti alle gare per l'esecuzione di opere pubbliche.

L'art. 4, comma 2, del citato D.P.C.M. dispone, infatti, che per gli appalti di importo superiore ad un milione e inferiore a cinque milioni di ECU, quale l'appalto in esame, l'ente committente puo' richiedere, oltre al certificato dell'Albo Nazionale dei Costruttori, ulteriori requisiti afferenti alla cifra d'affari in lavori, variabile tra 1 e 1,50 volte l'importo a base d'asta, il costo del personale dipendente, non inferiore allo 0,1% della cifra d'affari richiesta nel limite anzidetto, nonche', per gli appalti di importo pari o superiore 3,5 milioni di ECU, l'esecuzione di lavori nella categoria prevalente per un importo complessivo variabile tra 0,30 e 0,40 volte l'importo a base d'asta.

3. La stazione appaltante A., cui il Collegio dei Costruttori aveva richiesto con nota 10 settembre 1999 n.1020/D.1 la modifica del bando, non contestava l'asserito contrasto con il D.P.C.M. 55/91, ma sosteneva, che per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 9 della legge 11 febbraio 1994 n. 109, come modificato dalla legge 18 novembre 1998, n.415, l'applicazione del D.P.C.M. citato non era piu' un obbligo ma una mera facolta' della stazione appaltante.

Secondo l'A., infatti, l'espressione "la partecipazione... e' altresi' ammessa in base al D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55", usata dal legislatore della L. 415 in luogo di quella del testo previgente dell'art. 9: 1a partecipazione ... e' regolata dal D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55" avrebbe l'effetto di privare il citato D.P.C.M. dell'efficacia propria di norma d'ordine pubblico, e di ridurlo invece ad un insieme di regole meramente dispositive.

La stazione appaltante esponeva quindi i motivi per cui non aveva ritenuto, per il caso in esame, di fare ricorso alla facolta' di applicare il D.P.C.M. citato, indicandoli nella particolare complessita' della natura dell'intervento e nel particolare rilievo urbanistico della zona interessata dai lavori.

4. La tesi della stazione appaltante non puo' essere condivisa.

Va osservato, in primo luogo, che la norma di cui all'art. 9 della L. 109 del 1994 nella sua formulazione definitiva, fa espresso riferimento anche alla legge 10 febbraio 1962 n.57. Tale circostanza che, secondo le indicazioni interpretative sostenute da detta stazione, porterebbe ad escludere perfino l'obbligatorieta' della stessa iscrizione all'ANC, contribuisce in realta' a chiarire il significato dell'espressione contenuta nel testo novellato dell'art. 9, c.1, della citata legge n. 109/94.

La disposizione in esame va, infatti, letta, in conformita' ai generali principi di ermeneutica, nell'intero contesto della legge n. 109/94, come modificata dalla legge 415/98.

Cosi' operando, vengono in rilievo le modifiche apportate al testo di altro articolo, l'8, che prevede la possibile operativita' del nuovo sistema di qualificazione, anche anteriormente al 31 dicembre 1999.

Il legislatore della novella del 1998, col precisare che la partecipazione e' "ammessa in base" e non piu' e' "regolata", ha voluto consentire che la disciplina della partecipazione stessa potesse rinvenirsi anche nel D.P.C.M. del 1991, pur se emanata la normativa sul nuovo sistema di qualificazione.

Le norme in tema di requisiti di partecipazione di cui alla legge 10.2.1962 n.57 e del D.P.C.M. 10. 1. 1991 n.55 conservano, pertanto, piena efficacia fino a detta data del 31 dicembre 1999, salve le particolari disposizioni transitorie che potranno essere emanate in ordine al passaggio dal precedente al nuovo sistema di qualificazione delle imprese.

Il Presidente
Firma Illegibile

DETERMINAZIONE n. 15/99 del 28 dicembre 1999 Previsione nei bandi dei requisiti relativi alla capacita' tecnica e
finanziaria.

1) L'Associazione costruttori edili della Provincia di B. segnalava, con atto del 25 agosto 1999, che in un bando di gara pubblicato dal Consorzio di B., avente ad oggetto la costruzione di un canale di gronda, per un importo a base di gara pari a L. 3.817.145.123, erano contenute delle prescrizioni non conformi alla normativa che disciplina i requisiti che le imprese devono possedere per poter partecipare alle gare. In particolare l'Associazione evidenzia che i requisiti di cui all'elenco che segue, sono relativi ad affidamenti sopra la soglia dei 5 MLD di Ecu e, pertanto, non potevano essere richiesti nel bando:
a) referenze bancarie;
b) cifra di affari globale ed in lavori, nell'ultimo triennio, da attivita' diretta od indiretta rispettivamente di 8 e 6 MLD;
c) esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di lavori analoghi per la categoria G8 per 3 MLD;
d) esecuzione, nell'ultimo quinquennio, di uno o due lavori nella categoria G8, per un importo di 2 MLD (se un solo lavoro) e di 3,4 MLD (se due lavori);
e) elenco attrezzature, mezzi d'opera, equipaggiamento tecnico;
f) organico medio annuo e numero dei dirigenti negli ultimi tre anni, con costo del personale dipendente almeno pari allo 0,10 della cifra d'affari in lavori. 2) Sostiene l'esponente che i requisiti indicati possono essere richiesti solo per appalti pubblici di importo pari o superiori ai 5 MLD di Ecu, cosi' come previsto dagli artt. 20 e 21 del Decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406 e dall'art. 6 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 gennaio 1991, n. 55, mentre per la gara in questione avrebbe dovuto trovare applicazione, quanto ai requisiti comprovanti l'idoneita' tecnica e finanziaria, il comma 2 dell'art. 5 del D.P.C.M. 55/91.

Sostengono sempre gli esponenti che, a seguito dell'introduzione nel bando delle richiamate prescrizioni, la stazione appaltante avrebbe illegittimamente operato un'arbitraria restrizione circa il numero dei possibili concorrenti all'appalto.

3) Con riferimento alla prima questione prospettata dall'esponente, assume rilievo l'art. 9, comma 1 e 2 della legge 11 febbraio 1994, n.109 e successive modifiche. Tale disposizione detta norme in materia di partecipazione alle gare che rimarranno in vigore fino all'introduzione del nuovo sistema di qualificazione delle imprese, previsto per il 1^ gennaio 2000.

La disposizione in parola effettua un richiamo espresso alla disciplina contenuta nel D.P.C.M. 55/91, c. d. bando tipo, che, congiuntamente alla legge istitutiva dell'Albo Nazionale Costruttori, regola l'ammissione alle gare fino al 31 dicembre 1999.

Il sistema individuato dal D.P.C.M. 55/91, come noto, indica quali sono i requisiti il cui possesso dovra' essere accertato dalla stazione appaltante, diversificati secondo l'importo dell'appalto (art. 5 e 6).

L'enunciazione della norma consente, dunque, all'ente appaltante di affidare l'opera da realizzare a soggetti con requisiti predeterminati dalle disposizioni del decreto in commento e che verranno ammessi alla procedura di gara provando la propria capacita' tecnica e finanziaria mediante la dimostrazione del possesso dei requisiti stessi.

D'altronde, il fine perseguito dalla legge 19 marzo 1990, n.55, di cui il D.P.C.M. 55/91 rappresenta la disciplina attuativa, e' quello di garantire l'omogeneita' di comportamenti delle stazioni appaltanti in ordine ai contenuti dei bandi ed alla qualificazione dei soggetti partecipanti alle gare.

E' evidente, dunque, che di fronte ad un'elencazione di requisiti che il concorrente deve dimostrare per potersi qualificare in una procedura ad evidenza pubblica, l'ente appaltante non potra' prevedere nel bando disposizioni maggiormente onerose rispetto a quelle previste da fonti normative.

Cio' non solo per evitare un inutile aggravio della procedura di gara, ma soprattutto nel rispetto di un principio generale, mai smentito dalla giurisprudenza che tende a garantire la partecipazione del massimo numero di concorrenti.

Confermata la piena efficacia delle norme contenute nel decreto sul bando tipo, si rileva che a sanare l'illegittimita' del bando di gara non e' certo sufficiente la dichiarazione della stazione appaltante di non aver tenuto conto delle previsioni del bando stesso contrarie alle norme di riferimento, nel momento in cui ha effettuato la qualificazione delle imprese. Cio' in quanto, a seguito della pubblicazione del bando contenente le prescrizioni di cui al punto 1, ne e' conseguito, di fatto, ad imprese non in possesso degli ulteriori requisiti richiesti, un ostacolo alla partecipazione alla gara, con cio' concretizzandosi una illegittima restrizione del mercato.

Il Presidente
Firma Illegibile
 
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