Gazzetta n. 91 del 18 aprile 2000 (vai al sommario)
REGIONE TOSCANA
DECRETO 9 dicembre 1999
Piano straordinario per la rimozione delle situazioni a rischio piu' alto, contenente la individuzione e la perimetrazione delle aree a rischio idraulico e idrogeologico.

IL SEGRETARIO GENERALE
Vista la legge 18 maggio 1989, n. 183, recante: "norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo" e successive modifiche ed integrazioni;
Visto il decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998 n. 267, recante: "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi della Regione Campania" che dispone, all'art. 1, comma 1-bis, l'approvazione da parte delle Autorita' di Bacino di rilievo nazionale e interregionale di piani straordinari "diretti a rimuovere le situazioni a rischio piu' alto, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali" e che ordina, al comma 2 dello stesso articolo 1 "la definizione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone nelle quali la maggiore vulnerabilita' del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose e l'ambiente";
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998, "Atto di indirizzo e coordinamento per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1 commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180";
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1o dicembre 1998, "Conferma dei termini stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 per gli adempimenti previsti dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180";
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 1999, "Approvazione della ripartizione dei fondi di cui all'art. 8, comma 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 267";
Vista la legge 13 luglio 1999, n. 226 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 1999, n. 132, recante interventi urgenti in materia di protezione civile";
Vista la delibera n. 36, del 10 novembre 1999, con la quale il Comitato Istituzionale, in una puntuale esecuzione della normativa in epigrafe, ha approvato il Piano Straordinario per la rimozione delle situazioni a rischio piu' alto contenente l'individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico da elevato a molto elevato nel bacino del Sele;
Atteso che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 contenente l'atto di indirizzo e coordinamento per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2, della legge 3 agosto 1998, n. 267, ordina la redazione di una cartografia della perimetrazione delle aree a maggior rischio idrogeologico ed alluvionale che sia in scala almeno 1:25.000; verificato che tale scala topografica non puo' rappresentare compiutamente lo stato dei luoghi e, pertanto, si e' reso necessario effettuare numerosi sopralluoghi tecnici per l'adeguato controllo del territorio;
Preso atto che e' stata effettuata la dovuta considerazione del territorio, in comparazione con le informazioni storiche disponibili presso gli Enti territoriali, con il doveroso coinvolgimento delle autonomie locali nell'attivita' di programmazione, cosi' come specificatamente e analiticamente ordinato dalla legge n. 267/1998, e successive modifiche ed integrazioni;
Considerato che le strutture tecniche di tutti gli enti locali, relativamente alla loro competenza territoriale, sono state coinvolte, a partire dalla nota n. 863 del 17 giugno 1999, in un'osmosi lavorativa, che, nell'ottica complessiva dell'intero contesto della vasta normativa sulla difesa del suolo e delle acque, ha considerato Regolamenti edilizi, programmi di fabbricazione e piani regolatori, unitamente alle regole e programmi dei consorzi di bonifica, parchi e amministrazioni provinciali di Salerno e Potenza;
Tenuto conto che le perimetrazioni e le misure di salvaguardia stabilite con il piano straordinario in pubblicazione, possono essere modificate ed integrate, cosi' come stabilito dal comma 1-bis dell'art. 1 del decreto-legge 180/1998, convertito con legge 267/1998 e dall'art. 9 della legge 226/1999, in funzione di ancora piu' obiettive considerazioni comparate sul territorio e proposte dall'Ente locale competente. Gli Enti territoriali continueranno ad operare, in sinergia lavorativa, con la segreteria tecnica operativa e, con le eventuali osservazioni relative al Piano straordinario, vorranno, anche, fornire il supporto informatico cartografico per le comuni attivita' e per tutti gli adempimenti legislativi previsti, ivi compreso, la realizzazione dei dovuti prototipi in scala 1:5000 (081/7618919 - 081/683578 - Fax 081/682465);
Si avvisa che, sul dovuto adeguamento alle norme di salvaguardia, essendo gli interventi in atto sul territorio sottoposti a verifica di compatibilita', il mancato rispetto da parte degli Enti territorialmente interessati dei termini, delle modalita' e degli adeguamenti disposti dalle norme di salvaguardia, comporta l'applicazione dell'intervento, in via sostitutiva, dell'Autorita' di Bacino, ai sensi e per gli effetti della normativa sulla difesa del suolo e delle acque. Quanto alla documentazione di supporto del pubblicato Piano straordinario, gli Enti territoriali interessati possono richiedere gli elaborati cartografici relativi al territorio di competenza;
Decreta:
Considerando tutto quanto in motivazione quale parte integrante del dispositivo, la pubblicazione, del "Piano straordinario per la rimozione delle situazioni a rischio piu' alto contenente l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato", nel supplemento alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana nel Bollettino della Regione Campania e della Regione Basilicata.
Li', 9 dicembre 1999
Il segretario generale: Polito
 
Relazione Introduttiva

1. Introduzione

Il Governo, con il Decreto Legge dell'11 giugno 1998 n. 180, ha emanato misure straordinarie ed urgenti per garantire un livello di protezione adeguato alle popolazioni soggette a rischio idrogeologico.

In particolare, il decreto stabilisce che le Autorita' di Bacino di rilievo nazionale ed interregionale, nonche' le regioni per gli altri bacini, adottano i Piani Stralcio di bacino, di tipo emergenziale, finalizzati all'individuazione ed alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico. Per tali aree, e' necessario adottare idonee misure di salvaguardia finalizzate alla mitigazione dei rischi presenti.

Successivamente, ai sensi dell'art. 9 della legge 226/99, sono state emanate norme per la prevenzione del rischio idrogeologico. In particolare, tra l'altro, e' stato stabilito che entro il 31 ottobre 1999, le Autorita' di Bacino di rilievo nazionale e interregionale e le Regioni per i restanti bacini, in deroga alle procedure della legge 18 maggio 1989 n. 183 e in virtu' dell'art. 9 comma 1 bis del D.L. 132/99 convertito con L. 226/99 approvano, ove non si sia gia' provveduto, Piani Straordinari diretti a rimuovere le situazioni a rischio piu' alto, redatti anche sulla base delle proposte delle Regioni e degli Enti Locali. I Piani Straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idroeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225. I Piani Straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone, per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per dette aree sono adottate le misure di salvaguardia con il contenuto di cui al comma 6-bis dell'art. 17 della legge n. 183 del 1989, oltre che con i contenuti di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo articolo 17 qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui all'articolo 17, comma 6-ter della legge n. 183 del 1989. Esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani.

Al fine di adempiere a tale complessa attivita', il Governo aveva gia' impartito, con il DPCM 29/9/98, alcune norme di indirizzo e coordinamento che, anche se finalizzate alla realizzazione dei Piani Stralcio, costituiscono un utile indirizzo per la redazione del Piano Straordinario.

In particolare, le norme stabiliscono che il contenuto di quest'ultimo deve essere tale da rispondere, in via prioritaria, ai seguenti punti:

- l'individuazione e la quantificazione delle situazioni in atto e potenziali di degrado del sistema fisico, nonche' le relative cause; - le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli; - l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione dei pericoli di inondazione e della gravita' ed estensione del dissesto per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo economico e sociale o per il riequilibrio territoriale; - l'individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere finalizzate alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente; - la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi; - l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche. Nei paragrafi che seguono vengono illustrate le attivita' svolte per dare attuazione, con il presente Piano Straordinario, alla normativa vigente, in simbiosi lavorativa con le autonomie locali.

2. Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele

L'Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele, considera il bacino idrografico come ecosistema unitario, cosi' come e' scritto all'art. 12 della Legge istitutiva del 18 maggio 1989, n. 183, contenente "norme per il riassetto organizzativo e funzionale della Difesa del Suolo", trae ordinamento da tutta la normativa comunitaria, nazionale e regionale sulla Difesa del Suolo e sulle acque.

Le norme statali istitutive delle Autorita' di Bacino considerano due categorie di ecosistemi unitari, giuridicamente configurate in enti strumentali a competenza territoriale:

a)le Autorita' di Bacino Nazionali e Interregionali, entrambe contraddistinte da una puntuale e specifica destinazione della normativa statale, sono ordinate dall'art. 15 (che ne determina la perimetrazione geografica) e dall' art. 18 (che ne specifica i termini per l'adozione del Piano di Bacino) della Legge 183/89 citata;

b)le Autorita' di Bacino regionali, che traggono fondamento istituzionale dalle succitate leggi e trovano, poi, attuazione regolamentare nelle leggi della regione di appartenenza.

Per l'istituzione dell'Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele le Regioni Campania e Basilicata (come ordinato dal comma 3, dall'art. 15, della legge 183/89 citata), hanno raggiunto una specifica intesa, approvata con delibera della Regione Basilicata n. 212, del 26 giugno 1991 e con delibera della Regione Campania n. 306, del 2 febbraio 1993.

La competenza territoriale dell'Autorita' di Bacino e', quindi, relativa ai territori della Regione Campania e della Regione Basilicata, nel comprensorio del Bacino Idrogeologico del Fiume Sele.

Cioe', l'Autorita' di Bacino Interregionale del Sele opera in applicazione della normativa, sulla difesa del suolo e sulle acque, relativamente al governo del complesso territoriale del sistema idrografico naturale delineato dal fiume Sele e che comprende anche i bacini dei fiumi Calore, Tanagro, Bianco e dei bacini dei relativi affluenti.

In esecuzione di tale fine e di tanta normativa, compito primario dell'Autorita' di Bacino e' la redazione del piano di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo, per affrontare in una visione sistematica tutte le problematiche legate alla salvaguardia del territorio ed alla corretta gestione delle sue risorse.

L'attivita' dell'Autorita' di Bacino, sia essa nazionale e interregionale, o regionale, ha il fine della prevenzione idrogeologica, nella scientifica considerazione della natura con la sua fenomenologia e con le sue leggi, in attuazione delle leggi comunitarie, nazionali e regionale sulla difesa del suolo e delle acque.

Ne consegue che nel sistema di gerarchia delineato dalla legge, il piano di bacino assume una posizione sovraordinata nei confronti degli altri strumenti di pianificazione di settore, ponendosi come vincolo anche rispetto alla pianificazione urbanistica e ad ogni altra pianificazione territoriale, cosi' come risulta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 85190 la quale, sostanzialmente, stabilisce che, di fatto, la legge 183189 non contiene alcuna lesione dell'autonomia costituzionalmente garantita agli enti territoriali, dal momento che si limita a definire un ruolo di programmazione giustificato dall'esigenza di perseguire un determinato obiettivo, ovvero la difesa del suolo.

Per l'attivita' conoscitiva, l'Autorita' di Bacino ha acquisito dal Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Campania lo studio delle caratteristiche territoriali e socioeconomiche, redatto in esecuzione della Legge 26 febbraio 1982, n. 53.

La Segreteria Tecnico Operativa dell'Autorita' di Bacino, utilizzando i dodici volumi e le cartografie tematiche, del sopracitato studio, sta dando risposta alla normativa del D.L. 180/98 convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 1998 n. 267, e del D.L. 132 del 13 maggio 1999 convertito con modificazioni dalla legge 13 luglio 1999 n. 226, che dispone come completare, aggiornare e perfezionare il documento di base predisposto dal Ministero, gia' redatto dallo Studio Viparelli.

3. Inquadramento generale del bacino del fiume Sele

Al fiume Sele, che sottende complessivamente un bacino di superficie pari a circa 3250 KM2, va attribuito un regime prettamente appenninico, in dipendenza non solo degli afflussi meteorici che si verificano, in modo efficace, nel periodo tardo autunno-inverno inizio primavera, ma anche dalla rapidita' con cui si esauriscono, al cessare delle piogge, i deflussi superficiali da esse prodotti, nelle aree montagnose e collinari.

Il bacino del fiume Sele e' divisibile in tre grandi contesti geomorfologici:

- le aree sub-pianeggianti, sovente terrazzate, formate da depositi alluvionali, sia presso la costa, sia episodicamente in conche endoreiche; - le aree collinari, con cui si presentano unita' litologiche non lapidee, depositatesi nel terziario e nel quaternario tra le aree sub-pianeggianti costiere e le montagne; - le aree montagnose, formate da rocce lapidee, emergenti quasi sempre con pareti subverticali, dalle aree collinari. Conviene precisare che le aree montagnose constano sostanzialmente delle grandi strutture carbonatiche, costituite quindi da calcari o dolomie, che fanno da basamento ai terreni di ere piu' recenti affioranti al loro contorno.

Dal punto di vista idrografico, il bacino del Fiume Sele e' caratterizzato dalla geologia territoriale che determina la formazione del bacino idrogeologico, vero e proprio, del Sele per un 21 %; il bacino dell'affluente Tanagro per un 58%; il bacino dell'affluente Calore Lucano per il restante 21%. Entrambi questi due affluenti confluiscono nel Sele sulla sinistra del corso principale, sicche' la porzione di bacino da attribuire esclusivamente al Sele si sviluppa interamente sul bordo occidentale, lasciando ad oriente i due bacini di detti affluenti.

Il ramo iniziale del Sele parte a nord dalla grande sorgente di Caposele sgorgante al margine orientale della struttura carbonatica del massiccio del Cervialto, lungo il cui piede muove da nord a sud, fino a raggiungere il margine orientale dell'altra area montagnosa rappresentata dal Monte Polveracchio. Da questa, il Sele, sempre con corso nord-sud, si distacca per solcare quasi al centro le aree collinari, che dividono il Cervialto ed il Polveracchio dalle aree montagnose ad est, in cui spiccano i Monti Marzano ed Ogna. A partire da Contursi il corso del Sele volge a sud-ovest solcando ancora aree collinari, delimitate ad ovest inizialmente dalle ultime propaggini del Monte Polveracchio: Monte Raione e Monte Ripalta. Infine piu' avanti il corso, sempre in direzione nord-ovest sud-est, attraversa le alluvioni delle aree pianeggianti costiere.

Se ora si ritorna a nord, ai due lati est e sud della struttura carbonatica in cui si elevano i gia' citati monti Marzano ed Ogna, si ritrovano due aree collinari, di cui la fascia a sud e solcata dall'ultimo tronco del Tanagro, prima della confluenza nel Sele a Contursi. In questa fascia, a non grande distanza da Contursi, si ha la confluenza nel Tanagro del torrente Bianco, il cui bacino ad est comprende le aree collinari che dai citati monti Marzano ed Ogna si estendono fino allo spigolo nord-est del bacino del Sele, inglobando nel loro interno terreni della Basilicata.

Il corso del Tanagro, e qui conviene seguirlo risalendo dalla confluenza nel Sele a Contursi verso l'origine, si svolge dapprima nella fascia di aree collinari, in cui si ha anche la confluenza, gia' citata, del Bianco. In tale tratto la fascia di aree collinari confina a sud con i Monti Alburni. Risalendo ulteriormente verso l'origine, il corso del Tanagro prosegue ancora verso sud est al centro dell'area pianeggiante della conca del Vallo di Diano, delimitata a nord dai Monti della Maddalena, a sud dall'estremita' nord del massiccio del Cervati. Solo episodicamente si hanno strati di rocce non lapidee lungo la linea di contatto tra le alluvioni del Vallo di Diano e le strutture carbonatiche dei Monti della Maddalena a nord e del Cervati a sud.

Il bacino dell'altro grande affluente il Calore Lucano si presenta come una chiostra di monti a forma di U, riempita al centro da aree collinari che degradano verso la costa, dove subentrano aree pianeggianti alluvionali. Lungo il contorno si susseguono, gli Alburni che fanno da spartiacque tra Tanagro e Calore Lucano, il Monte Motola, il Monte Cervati, i Monte Vesole e Monte Soprano; questi ultimi due costituiscono una esile corona di aree montagnose alle aree collinari centrali.

La rete idrografica del bacino del Sele puo' essere classificata attraverso tre livelli di importanza: un primo livello costituito dai corsi d'acqua principali, un secondo livello costituito dagli affluenti principali, un terzo livello costituito dai corsi d'acqua minori.

Nel primo gruppo va senz'altro ricompreso il fiume Sele, fino alla confluenza con il fiume Tanagro, nel secondo il fiume Tanagro ed il fiume Calore, entrambi limitatamente all'asta principale, e nel terzo tutti gli altri corsi d'acqua.

4. Attivita' preliminari

L'atto d'indirizzo e coordinamento ha previsto una prima fase nella quale si e' realizzata una carta dei fenomeni franosi, in base ad elementi noti ed a dati gia' disponibili, in scala almeno 1:25.000, utile per definire le zone a differente pericolosita' e quindi alla perimetrazione speditiva delle aree a rischio.

Per costruire le carte della pericolosita', tenendo presente tale direttiva si e' partito dagli studi ed indagini gia' effettuati dallo Studio Viparelli, in base alla legge 53/82, per conto del Ministero del LL.PP. Provveditorato alle OO.PP. per la Campania.

In particolare si sono utilizzate le notizie e le cartografie elaborate a suo tempo, aggiornandole alla data attuale. In effetti sia la carta idraulica, sia la carta di stabilita' e sia la carta geologica del bacino sono elementi ricavati, anche se opportunamente rivisitati, dallo studio generale del 1990. Detti elementi sono risultati indispensabili e fondamentali per procedere alle successive fasi di pianificazione del lavoro.

Per quanto attiene il quadro cartografico di riferimento, va rilevato che e' stata utilizzata la base cartografica fornita dall'Autorita' di Bacino, relativa ad una copertura aerea in scala 1:25.000 aggiornata al 1992.

Al fine di acquisire ulteriori ed aggiornate informative dell'impatto antropico sul territorio, per la Regione Campania si e' utilizzato il materiale messo a disposizione dagli uffici regionali. In particolare con l'ausilio delle foto Telespazio relative all'anno 1998 e' stato possibile individuare la presenza di elementi nuovi sul territorio. Tale carta, con i necessari limiti dalla scala 1:25.000, contiene informazioni sugli insediamenti esistenti e sulle attivita' antropiche in atto, nonche' informazioni sul patrimonio ambientale di particolare rilievo. Nei grafici che accompagnano il presente studio e' possibile rilevare, grazie allo studio predisposto da tecnici particolarmente esperti nel settore della interpretazione delle informazione da foto restituzione, il notevole espansionismo di infrastrutture, abitazioni, coperture di aree agricole nel bacino del fiume Sele.

Quanto alla suddivisione di geografia politica del territorio della Regione Basilicata, in competenza normativa e naturale dell'Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele, il bacino idrografico del fiume Sele si estende ad Est, inglobando parte del territorio della Regione Basilicata e comprende 20 Comuni, tutti della Provincia di Potenza, per un totale di circa 1300 Kmq di superficie; ed e' in questo territorio della Basilicata, che forma parte costitutiva del Bacino idrografico del fiume Sele, che nascono i suoi principali affluenti di sinistra, il Platano ed il Melandro, che scorrono in territorio Lucano e rientrano nel secondo livello di classificazione della rete idrografica del bacino.

Nella zona Nord-Est sono, invece, presenti corsi d'acqua minori come il torrente Pergola, che alimenta le acque del Melandro, e le fiumare di Tito, Avigliano, Muro e Picerno, che rientrano nel terzo livello della rete idrografica. La parte Sud-Est del bacino del Sele, sempre in territorio della Basilicata, si presenta prevalentemente montuosa ed e' caratterizzata dai massicci dei Monti Facito, di Tigliano e Longa ricchi di conche e bacini carsici. Zona idrogeologica, quindi, vitale alla esistenza e caratterizzazione dell'unico bacino del fiume Sele.

Per le aree della Regione Basilicata ricadenti nel bacino idrografico, nonostante le sollecitazioni piu' volte effettuate da questa Autorita' di Bacino, non si sono potute acquisire notizie, cartografie, fotorestituzioni o dati piu' aggiornati rispetto allo studio "Viparelli". In queste aree, pertanto, facendo riferimento alla cartografia del Piano elaborato ai sensi della gia' citata L.53/82 si e' riuscito con le numerose e qualificate considerazioni e rilevazioni sul territorio effettuate in comparazione con le informazioni storiche disponibili presso gli Enti territoriali, con il doveroso coinvolgimento delle autonomie locali nell'attivita' di programmazione, cosi' come specificatamente ordinato dalla L.267/98 e successive modifiche ed integrazioni.

E' stato notevole l'apporto delle strutture tecniche degli Enti Locali, in quanto territorialmente competenti, sono state coinvolte, a partire dalla nota n.863 del 17 giugno 1999, in un'osmosi lavorativa, che, nell'ottica complessiva dell'intero contesto della vasta normativa sulla difesa del suolo e delle acque, ha considerato Regolamenti Edilizi, Programmi di Fabbricazione e Piani Regolatori, unitamente alle regole e programmi dei Consorzi di Bonifica, Parchi e Amministrazioni Provinciali di Salerno e Potenza. Solo dopo il 31 Ottobre si e' ottenuta in fotocopia dal Ministero dell'Ambiente, una quota parte degli studi, riguardanti il territorio della Basilicata a competenza dell'Autorita' di Bacino del Fiume Sele. Gli uffici della Regione Basilicata, avevano inviato e consegnato tale parte di studi, sia pure effettuati in modo superficiale, direttamente al Ministero, ponendoli come base per la definizione del programma di interventi urgenti, inglobandoli nella progettazione generale della Regione Basilicata, contravvenendo, cosi', a quanto disposto dalle vigenti leggi (ed in particolare all'art.1 del D.L. dell'11 Giugno 1998, n.180) e mettendo la Segreteria Tecnica Operativa in condizione di non poter utilizzare il materiale necessario ed essenziale per la compilazione di questo Piano Straordinario.

I dati di base utilizzati sono stati forniti per la maggior parte dalla Segreteria Tecnica Operativa dell'Autorita' di Bacino. Ulteriori informazioni sono state acquisite presso le Strutture Commissariali di cui all'OPCM 2499/97. I dati provenienti dagli Enti locali, dai Consorzi di Bonifica ed altri Enti sono stati elaborati dalla Segreteria Tecnica Operativa dell'Autorita' di Bacino e trasmessi per l'acquisizione dell'informazione al redattore del presente Piano Straordinario.

Ulteriori dati sono stati ricavati, cosi' come indicato nel documento di indirizzo, tra le informazioni archiviate dal Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (GNDCI-CNR), nell'ambito del progetto Aree vulnerate italiane (AVI), i cui risultati sono presentati sinteticamente in rapporti regionali editi a cura del GNDCI-CNR.

5. Redazione delle carte

Nell'atto di indirizzo e coordinamento concernente l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti necessari per procedere alla definizione delle aree soggette a rischio idraulico sono state previste tre fasi successive di approfondimento. La prima prevede l'acquisizione di tutte le informazioni disponibili sullo stato del dissesto, la seconda e' finalizzata alla perimetrazione delle aree e la terza avvia la fase di programmazione sul territorio.

Particolare importanza viene data alla fase seconda poiche' essa consente la perimetrazione, attraverso "valutazioni speditive", delle aree nelle quali applicare le misure di salvaguardia. Per la definizione di dette aree, lo stesso documento d'indirizzo suggerisce di utilizzare, ove disponibili, adeguati studi idraulici, idrogeologici, geomorfologici e di stabilita'. In casi particolari e' chiesto alle Autorita' di Bacino di suffragare le stime delle aree inondabili con calcoli idraulici semplificati.

Questa Autorita' di Bacino nel suo percorso di costituzione ha gia' sviluppato tali tipi di studi sull'intero territorio ed, inoltre, ha potuto avvalersi di precedenti studi redatti dall'ing. Viparelli, approvati dal Ministero del LL. PP.. Pertanto, ha ritenuto opportuno rivisitare ed integrare, con la collaborazione di detto tecnico, gli studi e gli strumenti conoscitivi gia' predisposti. Partendo da detti dati, si e' potuto passare alle fasi successive per procedere alla perimetrazione "speditiva" delle aree a rischio. Tale perimetrazione, per quanto attiene al rischio idraulico, e' stata limitata ai corsi d'acqua definiti di primo e secondo livello. La necessita' di limitare gli studi a questi alvei e', ovviamente, conseguenza dei tempi molto ristretti messi a disposizione per sviluppare l'indagine. Pertanto a tale prima fase di studio, si dovra' dar corso alla successiva che richiedera' tempi ed impegni economici di gran lunga superiori a quelli oggi disponibili.

Operativamente, l'ing. Giulio Viparelli, incaricato da questa Autorita' di Bacino a dare risposta alle prescrizioni riportate nelle norme di indirizzo e coordinamento, ha proceduto a rivisitare i dati elaborati, gia' a suo tempo, per conto del Ministero dei LL.PP. ed a confrontare detti risultati con quelli del progetto VAPI messo a disposizione dal GNDCI-CNR. Mediante la rielaborazione delle carte del territorio si e' proceduto ad individuare le aree a rischio molto elevato e quelle a rischio elevato. Il risultato di tale attivita' di studio e' rappresentata cartograficamente negli elaborati grafici alla scala 1:25.000 costituenti parte integrante del Piano Straordinario.

5.1 Carta delle Aree Inondabili

Definiti i valori delle portate rispetto ai quali verificare il funzionamento idraulico degli alvei di primo e secondo livello, lo Studio Viparelli ha provveduto ad implementare, previa acquisizione delle sezioni piu' significative, detti dati nel modello matematico del fiume Sele. Partendo dai valori delle portate riferite a diversi periodi di ritorno, si sono ricavati i volumi di allagamento necessari per la definizione della carta delle aree inondabili.

Per le aree soggette a rischio di alluvioni ed esondazioni, lungo le aste dei corsi d'acqua di 1 e 2 livello, sono state individuate diverse classi di pericolosita' in funzione del numero degli anni con cui si ripetono i fenomeni di esondazione. In particolare si sono indicate con:

- Aa, le aree potenzialmente coinvolte dai fenomeni di inondazione con pericolosita' molto elevata o elevata (periodo di ritorno Tr< 100 anni); - Ac, le aree potenzialmente coinvolte dai fenomeni di inondazione con pericolosita' bassa o molto bassa (tempo di ritorno Tr> 100 anni).

In funzione dei risultati acquisiti con le indagini indicate nei precedenti paragrafi e degli studi sopra riportati, sono state individuate per il territorio dell'Autorita' di Bacino, le due classi di rischio idraulico e idrogeologico:

- rischio elevato, dove e' possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l'incolumita' delle persone, di danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilita' degli stessi e l'interruzione delle attivita' socioeconomiche danni al patrimonio culturale;

- rischio molto elevato, dove e' possibile l'instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale e la distruzione di attivita' socio-economiche.

5.2 Carta delle Aree Critiche

I fattori presi come riferimento essenziale per la valutazione del grado di stabilita' del territorio del bacino del Fiume Sele sono:

- Litologia e tipologia dei dissesti; - Distribuzione delle aree in frana nei vari tipi litologici.

Al fine di omogenizzare le tipologie dei fenomeni franosi e' stato realizzato un "accorpamento" tenendo conto dei meccanismi di frana e della litologia entro cui si sviluppano tali fenomeni.

Sulla base di tale distinzione sono scaturiti tre grandi complessi:

a) il complesso delle rocce lapidee (calcari, dolomie, rocce silicee delle unita' lagonegresi) b) i depositi detritico alluvionali sabbioso-ghiaiosi-plioquaternari c) i complessi eterogenei argilloso-calcarei e argilloso-marnoso-arenacei.

Individuati questi tre complessi, si e' proceduto alla definizione delle relative classi di stabilita'. In particolare sono state cartografate con opportuna simbologia tre classi di stabilita'.

Sono state classificate come aree stabili quelle parti del territorio con scarsa probabilita' di frequenza di eventi franosi e nelle quali l'uso del territorio stesso puo' avvenire in condizioni di sufficiente sicurezza nel rispetto delle norme del buon costruire.

Questi corrispondono alla gran parte dei territori pianeggianti e poco acclivi (pendenze < 50%) ove affiorano i terreni detritici e sabbioso-conglomeratici plio-quaternari nonche' gli altipiani dei massicci carbonatici e settori di versanti dei medesimi meno acclivi e le aree di cresta delle innumerevoli dorsali in terreni "difficili" (complessi eterogenei), ove si osserva una forte riduzione delle pendenze e la rarefazione del reticolo idrografico e quindi la pressoche' totale assenza degli effetti negativi del medesimo (erosione).

Le aree potenzialmente instabili corrispondono a quelle parti di territorio nelle quali l'evoluzione dei versanti avviene con velocita' rapportabile alla durata delle opere umane; pertanto la probabilita' di occorrenza di eventi franosi lungo i pendii attualmente stabili' deve considerarsi significativa.

In questa classe sono stati inseriti terreni molto diversi tra loro, attualmente non in frana, ma giudicati in condizioni geomorfologiche precarie (pendenza accentuata; notevole sviluppo locale del reticolo idrografico; grado di discontinuita' dell'ammasso).

Nei "complessi eterogenei", ove e' stata osservata la maggiore percentuale di aree in frana e ove le frane attuali si sono manifestate gia' per pendenze dei versanti dell'ordine del 10/15%, e' apparso doveroso assumere un criterio assai cautelativo e far rientrare tutte le aree in pendio (salvo le zone di cresta gia' introdotte nelle aree stabili) nella categoria delle zone "potenzialmente instabili".

Sicuramente piu' difficile e' stata la individuazione di "aree potenzialmente instabili" nei terreni diversi dai complessi eterogenei (essenzialmente negli estesi affioramenti in pendio di sabbie e conglomerati plio-quaternari e di rocce lapidee), cioe' ove e' stato, non a caso, osservato uno scarso numero di frane, tant'e' che essi caratterizzano gran parte delle aree definite stabili.

Tenuto conto del fatto che si e' osservata qualche frana in terreni detritici per pendenze intorno al 50% (versante a nord di Baragiano), si e' ritenuto di estendere la qualifica di "dubbia stabilita'" a quei tratti di versante oggi esenti da dissesti, ma dotati di uguale pendenza (50%).

Le aree instabili corrispondono a quelle nelle quali sono in atto frane e/o diffusi fenomeni di erosione connessi ad una locale particolare densita' del reticolo idrografico.

Le piu' diffuse ed estese aree attualmente instabili sono state osservate nel bacino del F. Calore e nell'alto Sele.

Sono stati altresi' considerate "instabili" (nel senso d aree ad elevata probabilita' di dissesto) anche pareti sub verticali in rocce lapidee di fatto interessate da distacchi piu' o meno isolati di blocchi e da situazioni strutturali sfavorevoli, individuabili tuttavia solo attraverso analisi di dettaglio. Lo studio della stabilita' ha, inoltre, esaminato la condizione di alcuni centri abitati, al fine di dare risposta alla normativa 445 del 1908.

6. Misure di salvaguardia

L'individuazione delle aree a rischio idraulico e frane sono state articolate, come innanzi detto, in due livelli:

- rischio elevato, dove e' possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l'incolumita' delle persone, di danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilita' degli stessi e l'interruzione delle attivita' socioeconomiche, nonche' di danni al patrimonio culturale; - rischio molto elevato, dove e' possibile l'instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale e la distruzione di attivita' socio-economiche.

Per dette aree, sono state elaborate le norme di salvaguardia, che rappresentano il momento conclusivo della redazione del Piano Straordinario. Dette norme regolano l'uso del territorio e sono rivolte soprattutto alla messa in sicurezza delle aree a rischio, delle opere esistenti, ovviamente in regola con gli strumenti urbanistici vigenti, e delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico in esse presenti.

In linea generale, rinviando allo specifico allegato di Piano Straordinario, nelle aree a rischio molto elevato sono consentiti esclusivamente gli interventi idraulici volti alla messa in sicurezza delle aree a rischio tali da migliorare significativamente le condizioni di funzionalita' idraulica, tali da non aumentare il rischio di inondazione a valle e da non pregiudicare la possibile attuazione di una sistemazione idraulica definitiva. Sono altresi' consentiti gli interventi di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo senza aumento di superficie o volume, interventi volti a mitigare la vulnerabilita' dell'edificio.

Sono altresi' consentiti interventi di manutenzione, ampliamento, ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico riferiti a servizi essenziali e non delocalizzabili, purche' risultino essere comunque coerenti con la pianificazione degli interventi d'emergenza di protezione civile.

Nelle aree ad elevato rischio sono consentiti esclusivamente, oltre agli interventi innanzi indicati, gli interventi di ristrutturazione edilizia, a condizione che gli stessi non aumentino il livello di rischio.

Naturalmente tutti gli interventi sopra indicati potranno essere realizzati previo accertamento di compatibilita' ambientale ed idrogeologico da parte degli Enti locali competenti per territorio.

Misure di Salvaguardia per le aree arischio idrogeologico

1. Premesse

Il Piano Straordinario per il Rischio Idrogeologico, di seguito indicato (Piano Straordinario) redatto ai sensi della intervenuta L. 267/98 art. 1 bis cosi' come modificata dalla L. 226/99 art. 9 - comma 2 -, disciplina, con le presenti norme, le azioni da intraprendere al fine di mitigare le condizioni di rischio molto elevato (frane ed alluvioni) presenti nell'ambito del territorio di competenza dell'Autorita' di Bacino Interregionale del fiume Sele, di seguito indicato Autorita' di Bacino.

Il Piano Straordinario e' redatto, adottato ed approvato tenuto conto di quanto previsto dalla legge 18 maggio 1989, n. 183 quale piano propedeutico alla formazione del "Piano stralcio per l'assetto idrogeologico" e del definitivo "Piano di Bacino".

Il Piano Straordinario, attraverso le sue disposizioni, persegue l'obiettivo di garantire al territorio dell'Autorita' di Bacino, mediante la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato e le relative misure di salvaguardia, una mitigazione delle condizioni di rischio per ottemperare ad un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico ivi presenti.

Il Piano Straordinario rappresenta un primo livello di pianificazione, sino alla data della redazione del Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico (previsto in base alla normativa attualmente vigente, entro il 30 giugno 2001).

Con l'adozione del Piano Straordinario, l'Autorita' di Bacino dovra' attivare una serie di azioni organiche finalizzate:

- al recupero degli ambiti fluviali e del sistema delle acque; - alla programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa, della stabilizzazione e del consolidamento dei terreni e del recupero delle aree fluviali. Le finalita' del Piano Straordinario saranno perseguite mediante: - la definizione del quadro del rischio idraulico e idrogeologico in relazione ai fenomeni di dissesto considerati; - la costituzione e/o la revisione dei vincoli, delle prescrizioni, degli incentivi e delle destinazioni d'uso del suolo; - l'individuazione di interventi finalizzati al recupero naturalistico ed ambientale, nonche' alla tutela ed al recupero dei valori presenti e/o alla riqualificazione delle aree degradate; - l'individuazione di interventi su infrastrutture e manufatti di ogni tipo, anche edilizi, che determinino rischi idrogeologici, anche con finalita' di rilocalizzazione; - l'adeguamento delle norme urbanistico-territoriali; - la sistemazione dei versanti e delle aree instabili a protezione degli abitati e delle infrastrutture con l'utilizzo di tecniche anche naturalistiche; - la modulazione delle piene, la difesa e la regolazione dei corsi d'acqua; - la definizione delle esigenze di manutenzione, completamento ed integrazione dei sistemi di difesa esistenti, in funzione del grado di sicurezza compatibile e del loro livello di efficienza ed efficacia; - la definizione di nuovi sistemi di difesa, ad integrazione di quelli esistenti, con funzioni di controllo dell'evoluzione dei fenomeni di dissesto; - il monitoraggio dello stato dei dissesti.

I Programmi ed i Piani regionali e nazionali nonche' quelli degli Enti Locali di sviluppo economico, di uso del suolo e di tutela ambientale, devono essere coordinati con il presente Piano Straordinario. Di conseguenza gli organismi competenti provvederanno, ove necessario, ad adeguare alle prescrizioni del presente Piano Straordinario, cosi' come previsto dall'art. 17, comma 4 della L. 18 maggio 1989, n. 183.

Sono fatte salve, in ogni caso, disposizioni piu' restrittive di quelle previste dalle presenti norme, contenute nella legislazione regionale e statale in materia di beni culturali ed ambientali e di aree naturali protette, negli strumenti di pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale ovvero in altri piani di tutela del territorio ivi compresi i Piani Paesistici.

Le previsioni e le prescrizioni del presente Piano Straordinario hanno valore, a norma di legge, fino all'approvazione del Piano Stralcio e comunque per un periodo non superiore ai tre anni. Esse sono inoltre verificate periodicamente in funzione dello stato di realizzazione delle opere programmate e dal variare della situazione morfologica ed ambientale dei luoghi ed in funzione dell'approfondimento degli studi conoscitivi in corso e/o da attivare.

L'aggiornamento, le integrazioni e le modifiche agli elaborati costituenti il Piano Straordinario possono essere effettuati, in conformita' dei disposti normativi, con deliberazione del Comitato Istituzionale, dell'Autorita' di Bacino, su proposta dei soggetti comunque interessati.

2. Natura, contenuti ed effetti del Piano Straordinario

2.1 - Generalita'

Il Piano Straordinario per il rischio idrogeologico ha valore di piano territoriale di settore. Esso e' lo strumento mediante il quale sono pianificate e programmate le norme d'uso riguardanti l'assetto idraulico ed idrogeologico del bacino idrogeologico fino alla redazione del Piano Stralcio di cui al comma 1 bis della L. 267/98 cosi' come modificato dall'art. 9 della L. 226/99.

2.2 - Ambito territoriale

Le norme contenute nel presente Piano Straordinario si applicano all'intero territorio di competenza dell'Autorita' di Bacino, cosi' come definito dalla L. 183/89, la cui delimitazione e' riportata nell'allegata planimetria, in scala 1:100.000. Sono ricompresi nel bacino del fiume Sele i territori comunali riportati nella tabella 1 allegata al presente documento.

2.3 - Elaborati del Piano Straordinario

Sono elaborati fondamentali del Piano Straordinario per la parte afferente il rischio idrogeologico (frane ed alluvioni) i seguenti elaborati:

A) Parte generale.

A.1. Relazione illustrativa delle attivita' svolte e dei risultati ottenuti;

A.2. Carta del reticolo idrografico in scala 1:100.000;

A.3. Carta dell'aggiornamento antropico al 1998 su base Telespazio in scala 1:25.000;

A.3.1 Quadrante 186-IV A.3.2 Quadrante 186-III A.3.3 Quadrante 186-II A.3.4 Quadrante 197-I A.3.5 Quadrante 198-IV A.3.6 Quadrante 198-I A.3.7 Quadrante 199-IV A.3.8 Quadrante 197-II A.3.9 Quadrante 198-III A.3.10 Quadrante 198-II A.3.11 Quadrante 199-III A.3.12 Quadrante 209-I A.3.13 Quadrante 210-IV A.3.14 Quadrante 210-I A.3.15 Quadrante 210-II

A4. Carta degli insediamenti, delle attivita' antropiche e del patrimonio ambientale in scala 1:25.000

A.4.1 Quadrante 186-III A.4.2 Quadrante 186-II A.4.3 Quadrante 197-I A.4.4 Quadrante 198-IV A.4.5 Quadrante 198-I A.4.6 Quadrante 199-IV A.4.7 Quadrante 197-II A.4.8 Quadrante 198-III A.4.9 Quadrante 198-II A.4.10 Quadrante 199-III A.4.11 Quadrante 209-I A.4.12 Quadrante 210-IV A.4.13 Quadrante 210-I

A.5. Censimento e schedatura delle frane e delle inondazioni su segnalazioni provenienti dai dati AVI (Aree Vulnerate Italiane);

B) Frane

B.1. Carta geolitologica in scala 1:100.000 (prima stesura L.53/82 a cura del prof. Roberto De Riso);

B.2. Carta della stabilita' in scala 1:100.000 (pdma stesura L.53/82 a cura del prof. Roberto De Riso);

B.3. Carta delle aree critiche in scala 1:25.000 con individuazione delle aree instabili, ad incerta stabilita' e stabili;

B.3.1 Quadrante 186-III B.3.2 Quadrante 186-II B.3.3 Quadrante 198-IV B.3.4 Quadrante 198-I B.3.5 Quadrante 199-IV B.3.6 Quadrante 198-III B.3.7 Quadrante 198-II B.3.8 Quadrante 199-III B.3.9 Quadrante 209-I B.3.10 Quadrante 210-IV B.3.11 Quadrante 210-I B.3.12 Tavola 36 - Regione Basilicata

B.4. Carta degli scenari delle aree a rischio piu' alto: prima perimetrazione - in scala 1:25.000;

B.4.1 Quadrante 186-III B.4.2 Quadrante 186-II B.4.3 Quadrante 198-IV B.4.4 Quadrante 198-I B.4.5 Quadrante 199-IV B.4.6 Quadrante 198-III B.4.7 Quadrante 198-II B.4.8 Quadrante 199-III B.4.9 Quadrante 209-I B.4.10 Quadrante 210-IV B.4.11 Quadrante 210-I B.4.12 Tavola 36 - Regione Basilicata

C) Alluvioni

C.1. Relazione idrologica;

C.2. Relazione idraulica e modello idraulico;

C.3. Carta delle aree inondabili in scala 1:25.000;

C.3.1 Quadrante 197-I C.3.2 Quadrante 198-IV C.3.3 Quadrante 198-I C.3.4 Quadrante 199-IV C.3.5 Quadrante 197-II C.3.6 Quadrante 198-III C.3.7 Quadrante 199-III

C.4. Carta degli scenari delle aree a rischio piu' alto: prima perimetrazione - in scala 1:25.000;

C.4.1 Quadrante 197-I C.4.2 Quadrante 198-IV C.4.3 Quadrante 198-I C.4.4 Quadrante 199-IV C.4.5 Quadrante 197-II C.4.6 Quadrante 198-III C.4.7 Quadrante 199-III

D) Norme di salvaguardia e linee guida.

D.1. Misure di salvaguardia per le aree a rischio idrogeologico. D.2. Linee guida per la programmazione e la pianificazione degli interventi strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio. D.3. Patrimonio ambientale di interesse D.4. Capitolato del Ministero dell'Ambiente D.5. Quaderno delle opere tipo

2.4 - Effetti del Piano Straordinario

Ai sensi dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989 n. 183, le prescrizioni di cui agli articoli successivi sono dichiarate di carattere immediatamente vincolante per le Amministrazioni e gli Enti pubblici nonche' per i soggetti privati.

Fermo restando il carattere immediatamente vincolante delle prescrizioni di cui al precedente comma, le Regioni Campania e Basilicata, ai sensi del citato art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell'atto di approvazione del Piano Straordinario, emanano, ove lo ritengano necessario, disposizioni concernenti l'attuazione del Piano Straordinario nel settore urbanistico. Decorso tale termine gli Enti territorialmente interessati dal Piano Straordinario sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni, adottando i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici in analogia con quanto disposto dall'art. 17, comma 6, della L. n. 183/89.

In tutti i casi in cui gli interventi e/o le opere riguardino o interferiscano con beni o aree tutelate ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089 e della L. 29 giugno 1939, n. 1497 e loro successive modificazioni ed integrazioni, essi saranno soggetti alle procedure autorizzative previste dalle stesse.

Restano ferme, ove piu' restrittive, le altre norme vigenti in materia di tutela e difesa del territorio, per cui qualsiasi intervento e/o opera dovra' acquisire i rispettivi pareri e/o nulla osta rilasciati dagli Enti territorialmente competenti.

2.5 - Definizione delle aree a rischio idrogeologico

Il presente Piano Straordinario individua le aree a rischio idrogeologico molto elevato in funzione delle valutazioni e delle analisi illustrate nella relazione generale di cui agli elaborati di sintesi e finali.

Tali analisi sono state effettuate sulla base delle conoscenze acquisite dall'Autorita' di Bacino al momento dell'adozione del presente atto.

Al fine di mantenere aggiornato il quadro delle conoscenze sulle condizioni di rischio, i contenuti del Piano Straordinario saranno periodicamente aggiornati a cura dell'Autorita' di Bacino in attuazione delle modalita' previste dalla normativa vigente in materia.

Le Regioni, gli altri Enti Locali nonche' tutti gli organismi operanti in materia di difesa del suolo, interessati dal presente Piano Straordinario, sono tenuti a comunicare all'Autorita' di Bacino i dati e le variazioni in relazione allo stato di realizzazione delle opere programmate in relazione al variare dei rischi sul territorio.

2.6 - Individuazione e perimentrazione delle aree interessate da dissesto idrogeologico.

Il Piano Straordinario individua, all'interno dell'ambito territoriale di competenza, le aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico. Le aree sono distinte secondo la metodologia indicata negli elaborati del Piano Straordinario.

La perimetrazione delle aree interessate da fenomeni di dissesto e' stata articolata nelle classi di cui al successivo art. 7, ed e' rappresentata cartograficamente negli elaborati grafici alla scala 1:25.000 costituenti parte integrante del Piano Straordinario.

In funzione delle indagini e degli studi riportati nella relazione illustrativa sopra citata, sono state individuate per il territorio dell'Autorita' di Bacino le seguenti classi di rischio idrogeologico:

- rischio elevato, in quanto e' possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l'incolumita' delle persone, di danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilita' degli stessi e l'interruzione delle attivita' socio-economiche danni al patrimonio culturale; - rischio molto elevato, in quanto e' possibile l'instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale o la distruzione di attivita' socio-economiche.

Gli Enti in funzione di dati aggiornati, indagini e studi specifici, realizzazione di opere ed interventi per la mitigazione del rischio possono avanzare, in conformita' al comma precedente, proposte di modifica alla individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico elevato e molto elevato.

Queste saranno in ogni caso valutate dall'Autorita' di Bacino che, sentiti i redattori del Piano Straordinario, e previa istruttoria della Struttura Tecnica Operativa, provvedera' in merito, comunicandone gli esiti positivi e/o negativi al soggetto richiedente.

2.7 - Misure di salvaguardia derivanti dalle condizioni di dissesto idrogeologico

2.7.1 - Generalita'

Le aree interessate dai fenomeni di dissesto sono classificate in relazione alla specifica tipologia dei fenomeni idrogeologici cosi' come sono definiti nell'ambito degli specifici elaborati del Piano Straordinario.

In particolare, per le aree soggette a rischio di frana, sono state individuate due classi di pericolosita' : Fa e Fp:

- Fa, aree interessate da frane attive - con pericolosita' da elevata a molto elevata; - Fp, aree interessate da frane potenziali - con pericolosita' da elevata a media;

Per le aree soggette a rischio di alluvioni ed esondazioni lungo le aste dei corsi d' acqua di 1 e 2 livello sono state individuate due classi di pericolosita' : Aa, Ap, ed un'area di attenzione Ac, da sottoporre a piani di protezione civile:

- Aa, aree ad alta probabilita' di inondazione (periodo di ritorno Tr= 20-50 anni); - Ap, aree a moderata probabilita' di inondazione (periodo di ritorno Tr=100-200 anni); - Ac, aree a bassa probabilita' di inondazione (tempo di ritorno Tr= 300-500 anni).

2.7.2 - Interventi nelle aree soggette a rischio di frana.

Nelle aree Fa sono consentiti:

- gli interventi di demolizione, senza ricostruzione e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, cosi' come definiti alla lettera a) b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978 n. 457, purche' in regola con gli strumenti urbanistici e che non comportino aumenti di superficie o di volume ne' aumento del carico urbanistico;

- gli interventi volti a mitigare la vulnerabilita' degli edifici esistenti, quelli volti a migliorare la tutela della pubblica incolumita' senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso e che comportino aumento del carico insediativo ed urbanistico;

- gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;

- la realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali e nuove opere pubbliche a condizione che sia dimostrata l'assenza di alternative di localizzazione.

- le opere di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi; - le opere di regimentazione delle acque superficiali e sotterranee.

Nelle aree Fp, oltre agli interventi indicati nel comma precedente, sono consentiti:

- gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, cosi' come definiti dalle lettere a), b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume, purche' in regola con gli strumenti urbanistici e che non comportino aumenti di superficie o di volume ne' aumento del carico urbanistico;

- gli interventi di adeguamento igienico funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto dalla legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze delle attivita' e degli usi in atto;

- l'ampliamento e/o la ristrutturazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico esistenti purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente.

Nelle aree Fp compete alle Regioni e agli Enti Locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, regolamentare le attivita' consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei Piani di protezione civile, nonche' dei programmi di previsione e prevenzione redatti ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225.

2.7.3 - Interventi nelle aree soggette a rischio di inondazioni ed alluvioni.

Nelle aree Aa sono esclusivamente consentiti:

- gli interventi di demolizione, senza ricostruzione e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, cosi' come definiti alla lettera a) b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978 n. 457, purche' in regola con gli strumenti urbanistici e che non comportino aumenti di superficie o di volume ne' aumento del carico urbanistico;

- gli interventi volti a mitigare la vulnerabilita' degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumita' senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo, purche' in regola con gli strumenti urbanistici;

- gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;

- i cambi colturali, purche' non interessanti una ampiezza di 5 m dal ciglio della sponda;

- gli interventi volti alla ricostruzione degli equilibri naturali alterati ed alla eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;

- le opere di difesa e di sistemazione idraulica;

- la realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali e nuove opere pubbliche a condizione che sia dimostrata l'assenza di alternative di localizzazione.

Nella aree Ap, oltre agli interventi di cui al precedente comma, sono consentiti:

- gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, cosi' come definiti dalle lettere a), b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume, purche' in regola con gli strumenti urbanistici e che non comportino aumenti di superficie o di volume ne' aumento del carico urbanistico;

- gli interventi di adeguamento igienico funzionale degli edifici esistenti e necessari per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza sul lavoro connessi ad esigenze delle attivita' e degli usi in atto, purche' in regola con gli strumenti urbanistici;

- la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico nonche' l'ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente;

2.7.4 - Misure di salvaguardia nelle altre aree

Nelle aree classificate Ac, compete alle Regioni e agli Enti Locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, regolamentare le attivita' consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225.

2.8 - Verifica di compatibilita' per gli interventi

Tutti gli interventi consentiti, di cui ai precedenti commi, sono subordinati ad una verifica tecnica, condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988 volta a dimostrare la compatibilita' tra l'intervento e le condizioni di dissesto e/o il livello di rischio esistente, sia per quanto riguarda possibili aggravamenti delle condizioni di instabilita' presenti sia in relazione alla sicurezza dell'intervento stesso. Tale verifica deve essere allegata al progetto d'intervento, redatta e firmata da un tecnico abilitato.

Il controllo sui divieti e sulla compatibilita' degli interventi consentiti sara' effettuata dagli enti e dagli organismi competenti in materia ai sensi delle vigenti disposizioni nazionali e regionali, non ultimo il D. Lgs. n. 112/98.

Le integrazioni e le modifiche agli elaborati costituenti il Piano Straordinario possono essere effettuate, su proposta dei soggetti comunque interessati, corredata da studi ed indagini di maggior dettaglio, in conformita' dei disposti normativi, con deliberazione del Comitato Istituzionale, dell'Autorita' di Bacino.

L'Autorita' di Bacino provvede, attraverso gli Enti Locali, ad aggiornare il Piano Straordinario con le modalita' previste dalla normativa ed in conformita' a quant'altro previsto nelle presenti norme.

Nella Regione Campania continuano ad applicarsi le norme transitorie previste dall'art.14 della L.R. n.8/94, considerando, altresi', la Legge della Regione Basilicata 16 luglio 1994, n. 29.

Nella Regione Basilicata continuano ad applicarsi le norme vigenti in materia.

2.9 - Interventi autorizzati in area a rischio

I Comuni dovranno notificare ai titolari di concessioni, nel termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione del presente Piano Straordinario, le condizioni di rischio rilevato.

I titolari di concessioni ricadenti in aree a rischio, dovranno trasmettere, pena decadenza della concessione, nel termine di sessanta giorni decorrenti dalla notifica del Comune, la documentazione tecnica completa anche degli elaborati indicati nelle linee guida. Gli elaborati tecnici dovranno essere sottoscritti da tecnici abilitati che se ne assumeranno la piena, incondizionata e totale responsabilita'.

Nei successivi sessanta giorni dalla data di acquisizione dei predetti elaborati tecnici, i Comuni dovranno esprimersi nel merito. Nel caso di parere favorevole sul rilascio della concessione, i Comuni ne daranno immediata comunicazione all'Autorita' di Bacino.

Gli interventi di interesse pubblico e quelli gia' autorizzati o per i quali sia stata gia' presentata denuncia di inizio di attivita' (ai sensi dell'art. 4 comma 7 del D.L. 5 ottobre 1993 n. 398, cosi' come convertito in legge n. 493 del 4 dicembre 1993), i cui lavori dovranno essere completati entro tre anni dalla data di inizio, potranno essere completati esclusivamente previa verifica di compatibilita' idrogeologica da parte dei Comuni ed a condizione che gli stessi ricadano nella zona A o B degli strumenti urbanistici o nella zona C purche', in quest'ultimo caso, destinati a edilizia residenziale pubblica e/o ad insediamenti di interesse pubblico.

3. Attivita' di programmazione

3.1 - Piena di progetto

L'Autorita' di Bacino definisce, con atto formale, da emanarsi entro sei mesi dalla data di pubblicazione delle presenti norme:

- i criteri ed i metodi di calcolo per determinare i tempi di ritorno delle portate di piena da impiegare nel dimensionamento o nella verifica delle diverse opere;

- i valori delle portate di piena e delle precipitazioni intense da assumere come base di progetto e relativi metodi e procedure di valutazione per le diverse aree del bacino;

- i criteri e i metodi di calcolo dei profili di piena nei corsi d'acqua;

- i franchi (la distanza dalla sommita' dell'argine al pelo libero dell'acqua) da assumere per rilevati arginali e per le opere di contenimento ed attraversamento.

Nella progettazione delle opere di difesa idraulica, delle opere di consolidamento dei versanti e delle infrastrutture interferenti con i corsi d'acqua, le Amministrazioni competenti sono tenute a rispettare la direttiva di cui al precedente comma. Le stesse Amministrazioni possono applicare deroghe, in relazione a particolari situazioni collegate sia a specifiche modalita' di uso del territorio e dei relativi insediamenti, sia alle caratteristiche dei corsi d'acqua, esplicitando le motivazioni delle scelte ed indicando gli effetti sulle opere progettate e sul livello di rischio.

3.2 - Portate limite di deflusso nella rete idrografica

I valori limite delle portate o dei livelli idrometrici nelle sezioni critiche delle aste dei fiumi presenti l'interno del bacino idrografico di competenza, da assumere come base di progetto, sono definiti dall'Autorita' di Bacino con apposita direttiva che sara' emanata entro sei mesi dalla pubblicazione delle presenti norme.

Le sezioni critiche attualmente individuate devono essere oggetto, a cura delle Amministrazioni competenti, di monitoraggio ideologico continuativo con aggiornamento costante della geometria dell'alveo, misura dei livelli idrometrici, costruzione ed aggiornamento delle scale di deflusso.

I valori fissati rappresentano condizioni di vincolo per la progettazione degli interventi di difesa dalle piene sul reticolo idrografico del bacino. La sistemazione dei tratti fluviali a monte delle sezioni critiche di cui al precedente comma 2, devono essere fatte in modo tale che nelle stesse sezioni non venga convogliata una portata massima superiore a quella limite. A questo fine i singoli interventi di difesa devono essere definiti dall'Autorita' idraulica competente all'interno di un progetto preliminare che interessi la porzione di corso d'acqua significativamente influenzabile dagli effetti di dette opere.

Ai fini del rispetto dei valori limite, di cui ai commi precedenti, le Amministrazioni competenti devono provvedere alla progettazione e alla realizzazione degli interventi necessari a garantire, mantenere e/o ripristinare i volumi idrici invasabili all'interno della fascia di espansione ove individuata nel presente Piano Straordinario, per ciascun tratto di corso d'acqua. Nell'ambito delle attivita' di progettazione ed a seguito della realizzazione degli interventi, le Amministrazioni sopra indicate attuano adeguate operazioni di monitoraggio sulla morfologia e sulle caratteristiche idrauliche dell'alveo, finalizzate all'approfondimento della valutazione dei volumi invasati ed al controllo nel tempo degli stessi.

Ogni variazione rispetto al valori limite delle portate e dei livelli idrometrici viene comunicata all'Amministrazione competente ed all'Autorita' di Bacino che provvede a verificare i dati ed aggiornare le relative tabelle di riferimento.

3.3 - Limiti alle portate scaricate dalle reti di drenaggio artificiali

L'Autorita' di Bacino definisce, con atto formale, le modalita' ed i limiti a cui assoggettare gli scarichi delle reti di drenaggio delle acque pluviali dalle aree urbanizzate e quelle individuate come future espansioni nel reticolo idrografico.

Nella realizzazione dei nuovi interventi infrastrutturali deve essere limitato lo sviluppo delle aree impermeabili, e nel contempo, sono definite opportune aree nell'ambito delle quali possa essere favorito il temporaneo ristagno delle acque di precipitazione meteoriche.

Per i territori dei comuni individuati nella direttiva, gli strumenti urbanistici comunali generali ed attuativi devono contenere la progettazione preliminare delle reti di smaltimento delle acque meteoriche, comprensiva della compatibilita' delle portate scaricate nei corpi idrici ricettori nel rispetto dei limiti di cui al medesimo comma.

I Consorzi di Bonifica, ove presenti, verificano la compatibilita' degli scarichi delle nuove aree urbanizzate o di nuovi impianti di serre con i propri ricettori, proponendo gli interventi e le azioni necessari agli adeguamenti finalizzati a mantenere situazioni e livelli di sicurezza idonei al grado di urbanizzazione presente al contorno e/o nelle aree d'influenza.

4. Programmazione degli interventi per la mitigazione del rischio

4.1 - Attuazione degli interventi e formazione dei Programmi annuali e pluriennali

Gli interventi coerenti con il Piano Straordinario sono attuati in tempi successivi, anche per singole parti del territorio, attraverso programmi annuali e pluriennali di intervento, in analogia con quanto previsto dall'articolo 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989 n. 183, redatti tenendo conto delle finalita' e dei contenuti del Piano stesso e dei suoi allegati.

I Programmi di cui al precedente comma riguardano principalmente le seguenti categorie di intervento:

- manutenzione degli alvei, delle opere di difesa e dei versanti; opere di sistemazione e difesa del suolo; - interventi di manutenzione dei sistemi fluviali e dei versanti - opere nel settore agricolo e forestale finalizzate alla difesa idraulica e idrogeologica; - adeguamento delle opere viarie di attraversamento.

Il Piano Straordinario puo' essere attuato, per gli interventi che coinvolgono piu' soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie statali, regionali, delle province autonome nonche' degli enti locali, anche mediante le forme di accordo tra i soggetti interessati secondo i contenuti definiti dall'art. 2 della L. 23 dicembre 1996, n.662 (Accordi di programma, Contratti di programma, Programmazione negoziata, Intese istituzionali di programma, ecc.).

Nell'ambito delle procedure di cui al precedente comma, l'Autorita' di Bacino puo' assumere il compito di promozione delle intese e anche di Autorita' preposta al coordinamento degli interventi programmati.

L'Autorita' di Bacino, sulla base degli indirizzi e delle finalita' del Piano di Bacino e dei suoi stralci, tenuto conto delle indicazioni delle Amministrazioni competenti, redige i Programmi di intervento ai sensi degli art. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183 ed aggiorna le direttive tecniche concernenti i criteri e gli indirizzi di formulazione della programmazione nonche' di progettazione degli interventi oggetto di programmazione.

L'Autorita' di Bacino definisce e aggiorna un quadro del fabbisogno di interventi tenendo conto delle linee di intervento, anche sulla base delle indicazioni delle Amministrazioni regionali. Il quadro di fabbisogno di interventi individua le opere strutturali da realizzare ed i relativi costi di massima ed e' ordinato secondo criteri di priorita'.

Le Amministrazioni competenti, ai fini della programmazione, sviluppano a livello di progetto preliminare gli interventi prioritari ricadenti nelle aree a rischio molto elevato di cui al presente Piano Straordinario. L'Autorita' di Bacino, su tale base, predispone un parco progetti da proporre agli organismi nazionali ed internazionali per il relativo finanziamento.

I Progetti preliminari realizzati in conformita' del comma precedente, potranno costituire un Parco progetti da attivare periodicamente in funzione delle disponibilita' finanziarie.

Detti progetti oltre ad essere compatibili con le norme contenute nel presente Piano Straordinario devono garantire un corretto inserimento paesaggistico ambientale.

A tal fine:

- i progetti delle opere strutturali di modesta rilevanza devono uniformarsi alle indicazioni delle Linee Guida;

- i progetti delle opere strutturali e delle opere rilevanti, devono contenere uno studio di inserimento ambientale che tenga conto degli elementi di rilevanza naturalistica e paesaggistica presenti, con riferimento a quanto indicato nelle suddette Linee Guida.

Il Programma pluriennale e' redatto sulla base del Parco progetti e tiene conto della programmazione finanziaria, con priorita' per gli interventi sui nodi critici individuati nell'ambito del presento Piano Straordinario. Possono, inoltre, essere considerati interventi di rilevanza locale sulla base di necessita' documentata e in coerenza con le linee di intervento fissate negli elaborati del Piano Straordinario.

I progetti preliminari inseriti nel Programma di cui al precedente comma, qualora riguardino o interferiscano con le aree o i beni, tutelati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939 n. 14/97, dovranno ottenere preventivo parere favorevole dagli Uffici competenti alla tutela archeologica architettonica, storica artistica, paesaggistica e ambientale.

I progetti degli interventi inseriti nel suddetto Programma devono contenere, unitamente alla definizione delle opere strutturali previste, la perimetrazione delle aree di dissesto conseguente alla realizzazione delle opere stesse e le relative norme d'uso del suolo.

Ai fini della programmazione degli interventi di manutenzione vengono costituiti e aggiornati appositi archivi presso l'Autorita' di Bacino, sulla base delle indicazioni delle Amministrazioni competenti. Gli archivi contengono:

- il censimento e la caratterizzazione dei tratti fluviali aventi maggiori necessita' di manutenzione periodica; - il parco dei progetti di ristrutturazione, redatti a livello preliminare.

I progetti sono ordinati secondo un parametro di priorita' definito in base alle linee d'intervento indicate nel presente Piano Straordinario.

Il Programma pluriennale di manutenzione e' redatto sulla base di appositi progetti di manutenzione, redatti e/o proposti dagli Enti locali, e tiene conto della programmazione finanziata.

4.2 - Interventi di manutenzione idraulica e idrogeologica

Il Piano Straordinario ha quale obiettivo primario quello di promuovere gli interventi di manutenzione e le opere di difesa del territorio, al fine di assicurare il progressivo miglioramento delle condizioni di sicurezza e della qualita' ambientale.

Gli interventi di manutenzione devono essere realizzati tenendo conto di quanto previsto dal DPR 14/4/93 (Atto d'indirizzo e coordinamento - Criteri e modalita' per la redazione di programmi di manutenzione idraulica e forestale).

In particolare, lo scopo del Piano Straordinario e' di mantenere:

- in buono stato idraulico e ambientale il reticolo idrografico eliminando gli ostacoli al deflusso delle piene in alveo e in golena; - in buone condizioni idrogeologiche e ambientali i versanti; - in piena funzionalita' le opere di difesa essenziali per la sicurezza idraulica e idrogeologica.

Gli interventi di manutenzione idraulica devono mantenere le caratteristiche naturali dell'alveo e salvaguardare la varieta' e la molteplicita' delle biocenosi riparie, tenendo conto anche delle risultanze della Carta della natura di cui all'art. 3 comma 3, della L. 16 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). Devono inoltre essere effettuati in maniera tale da non compromettere le funzioni biologiche del corso d'acqua e degli ecosistemi ripariali.

Gli interventi di manutenzione idraulica che comportano l'asportazione di materiale litoide dagli alvei devono essere conformi alle direttive in materia di attivita' estrattive attualmente vigenti nelle aree fluviali.

Gli interventi di manutenzione dei versanti e delle opere di consolidamento o protezione dai fenomeni di dissesto devono tendere al mantenimento di condizioni di stabilita', alla protezione del suolo da fenomeni di erosione accelerati e instabilita', al trattenimento idrico ai fini della riduzione del deflusso superficiale e dell'aumento dei tempi di corrivazione. In particolare, devono privilegiare il ripristino di boschi, la ricostruzione di boschi degradati e di zone umide, i reimpianti, il cespugliamento, la semina di prati e altre opere a verde.

Detti interventi sono inoltre effettuati in maniera tale da non compromettere le caratteristiche naturali degli ecosistemi.

Le Amministrazioni competenti costituiscono e aggiornano, secondo modalita' coordinate con l'Autorita' di Bacino, un catasto delle opere di difesa idraulica e di consolidamento dei versanti ai fini della programmazione degli interventi di manutenzione. Il catasto ed i relativi aggiornamenti periodici vengono trasmessi da parte delle Amministrazioni competenti all'Autorita' di Bacino.

L'Autorita' di Bacino aggiorna periodicamente le linee guida per la programmazione e la pianificazione degli interventi strutturali, nonche', provvede alla formulazione di appositi programmi di manutenzione delle opere esistenti.

Al fine di consentire interventi di manutenzione con mezzi meccanici nelle reti di scolo artificiali, le aree di rispetto lungo canali consortili sono estese rispetto ai limiti di cui all'art. 140, lett. e ) del RD 8/5/1904 n.368 fino a 5 m.

4.3 - Interventi di riqualificazione ambientale e di rinaturalizzazione

Il Piano Straordinario promuove interventi di riqualificazione e rinaturalizzazione al fine di favorire:

- la riattivazione e l'avvio di processi evolutivi naturali e il ripristino o la creazione di ambienti umidi naturali; - il ripristino e l'ampliamento delle aree a vegetazione spontanea allo scopo di ripristinare, ove possibile, gli equilibri ambientali e idrogeologici; - il recupero dei territori fluviali ad uso naturalistico e ricreativo o scientifico educativo.

4.4 - Interventi di sistemazione idraulica e di difesa del suolo

Il complesso delle opere di sistemazione e difesa del suolo necessarie al conseguimento degli obiettivi di Piano Straordinario e' definito sulla base delle indicazioni contenute nelle linee guida.

Gli interventi di cui al precedente comma 1 sono oggetto di una attivita' di verifica e monitoraggio di attuazione da svolgere a cura dell'Autorita' di Bacino in collaborazione con le Amministrazioni competenti con le seguenti finalita':

- la verifica dello stato di avanzamento dell'attuazione degli interventi finanziati e l'individuazione di azioni correttive che dovessero risultare utili o necessarie sulla base delle risultanze circa lo stato di avanzamento degli interventi;

- la predisposizione degli aggiornamenti della programmazione e la rilevazione dello stato di attuazione dal punto di vista dei finanziamenti impegnati; - l'analisi critica e la valutazione dei risultati raggiunti.

4.5 - Interventi idraulico-forestali ed idraulico-agrari

Nella definizione dei programmi di intervento in agricoltura e nella gestione forestale, sono considerati prioritari quelli finalizzati a:

- migliorare il patrimonio forestale esistente; - favorire l'instaurarsi delle successioni naturali in atto nei terreni abbandonati dall'agricoltura; - monitorare e controllare le successioni naturali al fine di evitare condizioni di dissesto conseguenti all'abbandono; - gestire e realizzare le adeguate sistemazioni idraulico agrarie e idraulico forestali; - incrementare la forestazione naturalistica lungo le aste fluviali; - mantenere una opportuna copertura erbacea nelle colture specializzate collinari (viticoltura e frutticoltura); - realizzare interventi coordinati di tipo estensivo (forestazione ed inerbimenti a completamento di opere o di interventi di tipo intensivo); - realizzare interventi intensivi, ove possibile, attraverso le tecniche di ingegneria naturalistica

Ai sensi dell'art. 9 della L. 31 gennaio 1994 n. 97, le Comunita' montane sono tenute a promuovere la costituzione di forme programmate di gestione del patrimonio forestale (Piani di assestamento forestale) redatti in conformita' alla normativa nazionale e regionale vigente. In conformita' a tali piani e' sviluppata la gestione compatibile delle superfici forestali.

Ai fini della salvaguardia e del ripristino delle condizioni di equilibrio del sistema idrogeologico e forestale, gli Enti competenti adottano i criteri e gli indirizzi di buona pratica agricola, funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e di consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. Laddove non risultino adottati tali criteri, l'Autorita' di Bacino interverra' in via sostitutiva ai sensi e per gli effetti della normativa sulla difesa del suolo e delle acque.

4.6 - Indicazioni alla pianificazione urbanistica

Le Regioni, ove lo ritengano opportuno, emanano disposizioni concernenti l'adeguamento delle norme degli strumenti urbanistici comunali rispetto alle condizioni di dissesto idrogeologico individuate e perimetrate nella cartografia di cui al presente Piano Straordinario. Tali disposizioni hanno validita' fino alla redazione del Piano Stralcio e comunque per un periodo non superiore a tre anni.

Per tali zone, esposte a condizioni di "rischio molto elevato", ove non provvedano le Regioni interessate, valgono le limitazioni d'uso del suolo di cui all'art. 2 delle presenti norme.

Le stesse Regioni definiscono, eventualmente, i Comuni esonerati da tali disposizioni in quanto gia' dotati di strumenti urbanistici compatibili con le condizioni di dissesto individuate nel presente Piano Straordinario e/o perche' gia' soggetti ad altre limitazioni piu' restrittive.

I Comuni, in sede di formazione ed adozione degli strumenti urbanistici generali o di variante, sono tenuti a tenere in debita considerazione le risultanze del Piano Straordinario, adeguando le loro previsioni alle delimitazioni e alle disposizioni di cui al comma precedente. Al fine di migliorare l'efficacia dell'azione di prevenzione, i Comuni devono effettuare una verifica della compatibilita' idraulica e idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti con le condizioni di dissesto presenti o potenziali rilevate nella citata cartografia di Piano Straordinario, avvalendosi, tra l'altro, di analisi di maggior dettaglio eventualmente disponibili in sede Regionale, Provinciale o della Comunita' Montana di appartenenza.

La verifica di compatibilita' deve essere effettuata con le seguenti modalita' e contenuti:

- rilevazione e caratterizzazione dei fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico attivi o potenzialmente attivi che sulla base di ulteriori accertamenti tecnici condotti in sede locale, interessano il territorio comunale, con particolare riferimento alle parti urbanizzate o soggette a previsioni di espansione urbanistica;

- delimitazione, in scala opportuna, delle porzioni del territorio soggette a dissesti idraulici e idrogeologici, prendendo a riferimento quelle contenute negli elaborati del Piano Straordinario, in funzione delle risultanze degli accertamenti tecnici espressamente condotti, di cui al punto precedente;

- descrizione, con elaborati adeguati e di maggior dettaglio, riferiti all'ambito territoriale ritenuto significativo, delle interferenze fra lo stato del dissesto presente o potenziale e le previsioni del piano regolatore generale, e/o degli strumenti di attuazione;

- indicazione delle misure da adottare al fine di rendere compatibili le previsioni degli strumenti urbanistici con lo stato dei dissesti presenti o potenziali, in relazione al loro grado di pericolosita', ai tempi necessari per gli interventi ed agli oneri conseguenti.

I Comuni, in sede di adozione di strumenti urbanistici generali o relative varianti, allegano la verifica di compatibilita' idraulica o idrogeologica redatta in conformita' alle disposizioni richiamate nel presente articolo.

I Comuni sono tenuti a trasmettere all'Autorita' di Bacino le risultanze della verifica di compatibilita' di cui ai commi precedenti, comprensiva delle eventuali proposte di modifiche apportate alle perimetrazioni delle aree in dissesto e alle relative limitazioni d'uso del suolo.

I Comuni sono tenuti a informare i soggetti attuatori delle previsioni dello strumento urbanistico sulle limitazioni di cui al precedente art. 2 e sugli interventi prescritti nei territori delimitati come aree in dissesto idraulico o idrogeologico per la loro messa in sicurezza. Provvedono altresi' ad inserire nel certificato di destinazione urbanistica, previsto dalle vigenti disposizioni di legge, la classificazione del territorio in funzione del dissesto individuato dal presente Piano Straordinario. Il soggetto attuatore e' tenuto a sottoscrivere un atto liberatorio che escluda ogni responsabilita' dell'amministrazione pubblica in ordine ad eventuali futuri danni a cose e a persone comunque derivanti dal dissesto segnalato.

Sono fatte salve in ogni caso le norme di cui al R.D. 3267/23, della L. 9 luglio 1908, n. 445, della L. 2 febbraio 1974, n. 64, nonche', quella dettata dalla Legge 1 giugno 1989, n. 1089 e dalla Legge 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 82 del D.P.R 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni.

4.7 - Opere di attraversamento

Le nuove opere di attraversamento stradale o ferroviario, o comunque le infrastrutture a rete interessanti il reticolo idrografico, devono essere progettate nel rispetto dei criteri e delle prescrizioni tecniche per la verifica idraulica di cui all'apposita direttiva che verra' successivamente emanata dall'Autorita' di Bacino.

Gli Enti proprietari delle opere viarie di attraversamento del reticolo idrografico predispongono, entro un anno dalla data di pubblicazione dell'atto di approvazione del presente Piano, una verifica di compatibilita' idraulica delle stesse sulla base dell'apposita direttiva emanata dall'Autorita' di Bacino. Laddove non risultino adottati tali criteri l'Autorita' di Bacino, interverra', in via sostitutiva ai sensi e per gli effetti della normativa sulla difesa del suolo e delle acque.

Gli Enti medesimi, in relazione ai risultati della verifica menzionata, individuano e progettano gli eventuali interventi strutturali correttivi e di adeguamento necessari.

L'Autorita' di Bacino, anche su proposta degli Enti proprietari ed in coordinamento con i settori regionali competenti, delibera specifici Programmi triennali di intervento ai sensi degli artt. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183, per gli interventi di adeguamento di cui al precedenti comma, con priorita' per le opere che comportano condizioni di rischio idraulico per gli abitati o per la protezione di opere di notevole valore culturale ed ambientale.

4.8 - Infrastrutture pubbliche ed impianti tecnologici a carattere pubblico

L'Autorita' di Bacino stabilisce, con apposita direttiva avente anche carattere prescrittivo, i requisiti di sicurezza ambientale a cui devono esser adeguati le infrastrutture e gli impianti, qualora esistenti, che ricadono all'interno delle aree inondabili con diverso periodo di ritorno, nonche' in aree potenzialmente interessate da condizioni di dissesto idrogeologico delimitate negli strumenti del Piano Straordinario dell'Autorita' di Bacino stessa.

4.9 - Adeguamento dei tratti tombinati dei corsi d'acqua naturali

I soggetti pubblici o privati, proprietari o concessionari, predispongono, entro un anno dalla data di pubblicazione dell'atto di approvazione del Piano Straordinario, una verifica idraulica delle opere di tombinamento dei corsi d'acqua naturali in corrispondenza degli attraversamenti dei centri urbani e/o in aree urbanizzate, sulla base di apposita direttiva emanata dall'Autorita' di Bacino. Le Amministrazioni competenti in relazione ai risultati della verifica menzionata, individuano e progettano, gli eventuali interventi strutturali di adeguamento necessari, privilegiando ove possibile il ripristino di sezioni di deflusso a cielo libero. Laddove non risultino attuate tali verifiche l'Autorita' di Bacino, interverra', in via sostitutiva, ai sensi e per gli effetti della normativa sulla difesa del suolo e delle acque.

L'Autorita' di Bacino, su proposta delle Amministrazioni locali e in coordinamento con le Regioni territorialmente competenti, inserisce nei programmi annuali di intervento di cui agli art. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989 n. 183, gli interventi di adeguamento di cui al precedente comma, con priorita' per le opere che comportano condizioni di rischio idraulico per le aree abitate.

4.10 - Compatibilita' dalle attivita' estrattive

Le attivita' di escavazione di sabbia e ghiaia nell'alveo dei corsi d'acqua, al di fuori del demanio fluviale, per il quale valgono le prescrizioni di cui ai R.D. 25 luglio 1904 n. 523, nelle spiagge e nei fondali lacuali e di coltivazione di cave e torbiere (cosi' come definite dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) sono individuate nell'ambito dei Piani di settore, i quali devono garantire la compatibilita' delle stesse con le finalita' del Piano Straordinario. A tal fine, i piani di settore regionali e provinciali e loro varianti devono essere corredati da uno studio di compatibilita' idraulico -geologico - ambientale; dell'adozione del Piano Straordinario di settore deve essere data comunicazione all'Autorita' di Bacino.

I piani di settore devono definire le modalita' di ripristino ambientale, coerente con le finalita' e gli effetti del piano delle aree estrattive al termine della coltivazione, nonche' di manutenzione e gestione a conclusione dell'attivita' di recupero ambientale per quelle insistenti in aree protette.

I piani di settore, vigenti alla data di approvazione del presente Piano, devono essere adeguati alle presenti norme.

Nelle more di approvazione dei piani di settore, i progetti delle attivita' di cava devono essere corredati da uno studio di compatibilita' idraulica redatto da un ingegnere idraulico e da uno studio geologico-ambientale, redatto da un geologo.

4.11 - Protezione civile

Gli Enti competenti, ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225, predispongono Programmi di previsione e prevenzione, tenuto conto delle ipotesi di rischio indicate nel presente Piano Straordinario.

Gli Enti di cui sopra, nell'ambito delle rispettive competenze, curano i rapporti con i Comuni interessati dal Piano Straordinario, per l'organizzazione e la dotazione di strutture comunali di Protezione Civile ai sensi dell'art. 15 della richiamata L. 225/92, ovvero per la stesura dei Piani comunali ed intercomunali di Protezione Civile, secondo quanto disposto dal dettato dell'art. 108 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.
----> Vedere TABELLA da pag. 59 a pag. 63 <----

Linee guida per la programmazione e la pianificazione degli interventi strutturali e non strutturali per la mitigazione del
rischio
PARTE I
NOTIZIE GENERALI 1. Lineamenti generali

1.1 Premesse

Con legge n. 267 del 3 agosto 1998, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 183 del 7 agosto 1998, venivano emanate norme per la prevenzione del rischio idrogeologico. In particolare con detta legge veniva stabilito che "entro il 31 ottobre 1999, le Autorita' di Bacino di rilievo nazionale e interregionale e le Regioni per i restanti bacini, in deroga alle procedure della legge 18 maggio 1989 n. 183 approvano, ove non si sia gia' provveduto, piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a rischio piu' alto, redatti anche sulla base delle proposte delle Regioni e degli Enti Locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione, delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone, per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per dette aree sono adottate le misure di salvaguardia con il contenuto di cui al comma 6-bis dell'art. 17 della legge n. 183 del 1989, oltre che con i contenuti di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo articolo 17. ... omissis .... qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza del piani stralcio di cui all'articolo 17, comma 6-ter della legge n. 183 del 1989, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani".

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 settembre 1999 veniva approvato l'atto di indirizzo e coordinamento dei criteri per l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio. In detto documento veniva specificato che l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idraulico deve essere formulata sulla base:

- delle segnalazioni provenienti dagli Enti locali; - delle segnalazioni provenienti dalle attivita' di emergenza idrogeologica (per la Regione Campania Commissariato O.P.C.M. 2499/97 e 2787/98); - delle conoscenze storiche disponibili riguardanti la localizzazione e la caratterizzazione di eventi avvenuti nel passato integrato dalle informazioni archiviate dal Gruppo Nazionale per la difesa delle catastrofi idrogeologiche; - di rilievi e campagne di indagini speditive; - su valutazioni idrologiche basate su applicazioni, a scala di bacino, di studi a carattere regionale; - su calcoli idraulici semplificati elaborati sulla base del D.P.C.M. 29/9/98.

La predisposizione di tali atti rappresenta una prima fase di studio e definizione delle aree soggette a rischio di esondazione. L'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idraulico, elevato ed molto elevato, infatti, secondo i dettati dell'atto di indirizzo sono necessariamente soggetti a successivi approfondimenti piu' ampi e rigorosi. Con tempi e disponibilita' economiche piu' adeguate, oltre che, ovviamente, con accertamenti di maggior dettaglio, le Autorita' potranno definire la reale entita' ed estensione del rischio.

L'individuazione delle possibili situazioni di pericolosita', dipendenti dalle condizioni idrauliche ed idrogeologiche del territorio, potra' essere realizzata attraverso indagini e rilievi di dettaglio, anche sullo stato delle antropizzazioni esistenti.

Tali accertamenti una volta definito il reale stato di antropizzazione del territorio, ivi comprese le aree di espansione, renderanno possibile l'applicazione di metodologie complesse capaci di valutare la probabilita' di accadimento in aree mai interessate, in epoca storica, da tali fenomeni.

1.2 Campo di applicazione

La nuova formulazione del Piano Straordinario, introdotta dalla Legge di conversione del D.L. 132/99 (art. 9 L. 226/99), prevede, oltre all'individuazione ed alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato, l'adozione di misure di salvaguardia con il disposto del comma 6-bis e del comma 3 lettera d) dell'articolo 17 della L. 183/89.

Il comma 6-bis, sopra citato, prevede che, in assenza dei Piani Stralcio, le Autorita' di Bacino adottino idonee misure di salvaguardia nei corsi d'acqua, in particolare nelle zone nelle quali la maggiore vulnerabilita' dei territori si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale.

La nuova formulazione del Piano Straordinario, introdotta dalla Legge di conversione del D.L. 132/99 (art. 9 L. 226/99) prevede, oltre all'individuazione ed alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato, l'adozione di misure di salvaguardia con il contenuto di cui al comma 6-bis dell'articolo 17 della L. 183/89 oltre che ai contenuti di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo art. 17.

Il comma 6-bis, sopra citato, (introdotto dalla L. 493/93) prevede che, in attesa del Piano di Bacino, le Autorita' adottano idonee misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondovalle ed ai contenuti di cui alle lettere b) c) f) l) ed m) del comma 3.

I contenuti del comma 3, dell'art. 17 della L. 183/89, relativamente alle lettere sopra citate, prevedono:

b. individuazione e la quantificazione delle situazioni in atto e potenziali di degrado del sistema fisico, nonche' le relative cause;

c. le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;

d. l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione dei pericoli di inondazione e della gravita' ed estensione del dissesto, del perseguimento degli obiettivi di sviluppo economico e sociale o di riequilibrio territoriale nonche' del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

f. l'individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idrauliche agrarie, idraulico-forestali, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni ed ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;

l. la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

m. l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e dalla prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici.

La sola lettura dei commi sopra richiamati evidenzia l'imponente mole di lavoro che occorrerebbe mettere in piedi per attuare alla lettera tale complessa normativa, risultando, di fatto, inattuabile nei tempi e con le modalita' imposte dal dettato normativo sopra citato.

Si e' quindi cercato nell'ambito dell'articolazione del presente lavoro di dare comunque una risposta, anche se in forma sintetica, alle norme sopra riportate facendo tesoro di quanto elaborato dalle altre Autorita' di Bacino Nazionali e Regionali in modo da fornire, per quanto possibile, testi e norme vincolistiche piu' o meno congruenti, e comunque rispecchianti le specifiche connotazioni e caratterizzazioni degli areali di rispettiva competenza.

Partendo dall'atto di indirizzo di cui al D.P.C.M. 29 settembre 1998, che prescrive al punto 2.2 che nella seconda fase delle attivita' da svolgere per il conseguimento degli scopi del precitato atto, si deve procedere alla perimetrazione delle aree a rischio, nell'ambito della perimetrazione sono state individuate per il territorio dell'Autorita' di Bacino le seguenti classi di rischio idraulico e idrogeologico:

- aree a rischio elevato, nelle quali e' possibile l'instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l'incolumita' delle persone, di danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilita' degli stessi ed l'interruzione delle attivita' socio-economiche danni al patrimonio culturale;

- aree a rischio molto elevato, nelle quali e' possibile l'instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale e la distruzione di attivita' socio-economiche.

Per dette aree sono state individuate le misure di salvaguardia da adottare al fine di limitare i danni e l'aumento di insediamenti potenzialmente a rischio.

Si e' cercato nell'ambito dell'articolazione del presente lavoro di dare attuazione, anche se in forma sintetica, alle norme sopra riportate, fornendo, per quanto possibile, indirizzi e norme vincolistiche piu' o meno congruenti e di immediata applicabilita'.

Pertanto, mentre nelle misure di salvaguardia sono stati evidenziati i vincoli e le prescrizioni da osservare nelle aree individuate e perimetrate ad alto rischio idrogeologico, nel presente documento vengono fornite indicazioni sulle tipologie degli interventi consentiti nonche' le modalita' tecniche (linee guida) a cui far riferimento per una corretta progettazione degli stessi, fermo restando, la normativa tecnica di riferimento e la sfera di autonomia di ogni singolo progettista.

Le aree sottoposte a misura di salvaguardia possono essere modificate ed integrate in qualsiasi direzione secondo le modalita' previste dall'art. 1 comma 1 bis della D.L. 180/98 e dell'art. 9 della legge 226/99. In particolare le variazione al Piano Straordinario sono ammesse purche' gli interessati presentino indagini e studi di maggiore dettaglio, risultanze di studi specifici o nuove conoscenze tecniche. Sono altresi' consentite variazioni al Piano allorquando, per effetto di interventi finalizzati alla messa in sicurezza delle aree a rischio, si verificano variazioni delle condizioni del rischio.

Tutte le misure di cui ai successivi articoli sono immediatamente vincolanti per la gestione del territorio e restano in vigore, salvo precedenti variazioni, per un periodo di tempo non superiore ai tre anni a decorrere dalla data del presente atto.

L'osservanza delle misure stabilite nel presente documento e' assicurata dagli Enti competenti per territorio, a cui e' demandata la vigilanza ed il controllo sulle attivita' consentite e non dalle presenti norme.
PARTE II
RISCHIO ALLUVIONI

1. Studio di compatibilita' idraulica

I progetti relativi ad interventi ammessi nelle aree a rischio devono essere corredati da uno studio di compatibilita' idraulica commisurato all'importanza ed al dimensionamento degli stessi.

Detto studio non sostituisce gli altri studi di settore ed in particolare le valutazioni di impatto ambientale, gli studi e gli atti istruttori di qualunque tipo richiesti dalla normativa vigente nell'ambito della zona oggetto d'intervento;

Lo studio di compatibilita' idraulica dovra' valutare gli eventuali effetti che l'evento produce sulla dinamica fluviale ed, in particolare, sulle condizioni di stabilita' dell'alveo, sull'assetto vegetazionale preesistente nella zona di intervento, sull'ecosistema fluviale e sui valori paesaggistici ed ambientali.

A corredo dello studio di compatibilita' in funzione della criticita' dell'area (concomitanza di fenomeni franosi e/o aree potenzialmente instabili) e dei vincoli ivi presenti e' obbligatorio allegare i seguenti elaborati:

- una relazione geologica e geotecnica finalizzata all'individuazione, per il tratto d'alveo di influenza, del grado di stabilita' attuale dell'alveo e delle sponde, di eventuali dissesti in atto e/o potenziali e delle probabili tendenze evolutive degli stessi, anche in connessione con la stabilita' dei versanti. La relazione, redatta in conformita' del D.M. 11/3/88, dovra' contenere una valutazione degli effetti che l'intervento produce sulle condizioni di stabilita' attuali per un significativo tratto del corso d'acqua (non inferiore ai 300 m), sia a monte che a valle dell'intervento;

- una relazione idrologica ed idraulica finalizzata all'individuazione, per il tratto d'alveo di influenza, dei parametri idrologici ed idraulici in relazione sia allo stato di fatto che alle previsioni di progetto, in cui dovranno essere evidenziati gli effetti che l'intervento produce sulla dinamica fluviale. Le verifiche dovranno essere realizzate secondo le prescrizioni contenute nel presente documento;

- ove vi siano presenze arboree ed arbustive di un certo interesse paesagaistico-ambientali e/od in presenza di essenze vegetali autoctone di particolare pregio, va redatta una relazione che descriva le caratteristiche della vegetazione presente nella zona di intervento e nel territorio circostante; ove necessario dovra' essere redatta una carta tematica e dovranno quindi essere valutati gli effetti che l'intervento produce sull'assetto vegetazionale preesistente.

Gli interventi consentiti nelle aree a rischio debbono essere realizzati, in accordo con le presenti linee guida, per la definizione degli interventi strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio.

Di seguito vengono descritte le categorie principali degli interventi che si ritengono a grandi linee ammissibili in tali zone lasciando ampia liberta' e responsabilita' al professionista incaricato di valutare caso per caso l'azione piu' opportuna per mitigare le condizioni di rischio ivi presenti.

2. Interventi di manutenzione

Gli interventi di manutenzione idraulica sono finalizzati alla eliminazione di situazioni di pericolo per i centri abitati e per le infrastrutture, in conseguenza di eventi critici di deflusso, derivanti da carenze dello stato manutentorio degli alvei e delle opere idrauliche, (Atto di indirizzo e coordinamento-Criteri e modalita' per la redazione di programmi di manutenzione idraulica e forestale - DPR 14/4/93).

In particolare, gli interventi devono avere finalita' di manutenzione e caratteristiche tali da non comportare alterazioni sostanziali dello stato dei luoghi. Gli interventi devono porsi come obiettivo primario il mantenimento ed il ripristino del buon regime idraulico delle acque, il recupero della funzionalita' delle opere idrauliche e la conservazione dell'alveo del corso d'acqua, riducendo, per quanto possibile, l'uso dei mezzi meccanici.

3. Tipologie degli interventi

3.1 Interventi nei corsi d'acqua non regimati

Le tipologie degli interventi manutentori da effettuarsi secondo la norma sopra citata, nei corsi d'acqua non regimati sono le seguenti:

- rimozione dei rifiuti solidi e taglio di alberature in alveo, intesi come eliminazione dalle sponde e dagli alvei dei corsi d'acqua dei materiali di rifiuto provenienti dalle varie attivita' umane e collocazione a discarica autorizzata; rimozione dalle sponde e dagli alvei attivi delle alberature che sono causa di ostacolo al regolare deflusso delle piene ricorrenti, con periodo di ritorno orientativamente trentennale, sulla base di misurazioni e/o valutazioni di carattere idraulico e idrologico, tenuto conto dell'influenza delle alberature sul regolare deflusso delle acque, nonche' delle alberature pregiudizievoli per la difesa e conservazione delle sponde, salvaguardando, ove possibile, la conservazione dei consorzi vegetali che colonizzano in modo permanente gli habitat riparii e le zone di deposito alluvionale adiacenti;

- rinaturazione delle sponde, intesa come protezione al piede delle sponde dissestate od in frana con strutture flessibili spontaneamente rinaturabili; restauro dell'ecosistema ripariale, compresa l'eventuale piantumazione di essenze autoctone. Per quanto e' possibile, gli interventi non devono essere realizzati contemporaneamente su entrambe le sponde, in modo da facilitare la colonizzazione spontanea della sponda opposta e conservare l'ecosistema fluviale preesistente;

- ripristino della sezione di deflusso, inteso come eliminazione, nelle tratte critiche per il deflusso delle portate idriche, dei materiali litoidi, trasportati e accumulati in punti isolati dell'alveo, pregiudizievoli al regolare deflusso delle acque. La sistemazione degli stessi di norma deve avvenire nell'ambito dello stesso alveo. Solo in casi eccezionali o di manifesto sovralluvionamento puo' essere prevista l'asportazione dall'alveo del materiale estratto, nel rispetto delle vigenti normative;

- sistemazione e protezione spondale, intese come risagomatura e sistemazione di materiale litoide collocato a protezione di Erosioni spondali; sostituzione di elementi di gabbionata metallica deteriorata od instabile od altra difesa artificiale deteriorata od in frana, utilizzando tecnologie di ingegneria ambientale;

- interventi di riduzione dei detrattori ambientali, intesi come rinaturazione delle protezioni spondali con tecnologie di ingegneria ambientale, allo scopo di favorire il riformarsi della stratificazione vegetazionale;

- ripristino della funzionalita' di tratti tombati, tombini stradali, ponticelli ecc., inteso come ripristino del regolare deflusso sotto le luci dei ponti, con rimozione del materiale di sedime e vario accumulato nei sottopassi stradali, nei tombini, nei sifoni, sulle pile od in altre opere d'arte;

- ripristino della stabilita' dei versanti, inteso come ripristino della stabilita' dei versanti prospicienti le sponde di corsi d'acqua, mediante tecniche di ingegneria ambientale.

3.2 Interventi nei corsi d'acqua regimati

Le tipologie degli interventi manutentori da effettuarsi nei corsi d'acqua regimati sono le seguenti:

- manutenzione delle arginature e loro accessori, intesa come taglio di vegetazione sulle scarpate, ripresa di scoscendimenti, ricarica di sommita' arginale, interventi di conservazione e ripristino del parametro, manutenzione di opere d'arte e manufatti connessi al sistema arginale (chiaviche, scolmatori, botti a sifone ecc.), manutenzione e ripristino dei cippi di delimitazione e individuazione topografica delle pertinenze idrauliche e delle aree demaniali per una attiva individuazione dei tratti fluviali;

- rimozione di rifiuti solidi e taglio delle alberature, intesi come eliminazione dalle sponde e dagli alvei dei corsi d'acqua dei materiali di rifiuto provenienti da attivita' antropiche e collocazione a discarica autorizzata; rimozione dalle sponde e dagli alvei attivi delle alberature che sono causa di ostacolo al regolare deflusso delle piene ricorrenti, con periodo di ritorno orientativamente trentennale, sulla base di misurazioni e/o valutazioni di carattere idraulico e idrologico, tenuto conto dell'influenza delle alberature sul regolare deflusso delle acque, nonche' delle alberature pregiudizievoli per la difesa e conservazione delle sponde, salvaguardando, ove possibile, la conservazione dei consorzi vegetali che colonizzano in modo permanente gli habitat riparii e le zone di deposito alluvionale adiacenti;

- rimozione di materiale di sedime dalle banchine pavimentate, intesa come allontanamento a discariche autorizzate del materiale presente sulle banchine del corso d'acqua;

- taglio di vegetazione e rimozione di depositi alluvionali su banchine in terra, intesi come sfalcio di vegetazione infestante e rimozione dei depositi alluvionali che riducono la sezione idraulica del corso d'acqua;

- rinnovo di pavimentazioni di banchine, inteso come rimozione e ripristino di tratte di pavimentazione fatiscenti con analoghi materiali;

- rimozione di materiale vario dagli accessi e dalle discese pubbliche a fiume con trasporto a pubbliche discariche autorizzate;

- rimozione di tronchi d'albero dalle luci di deflusso dei ponti, intesa come ripristino del regolare deflusso sotto le luci dei ponti, con rimozione del materiale di sedime e vario accumulato nei sottopassi stradali, nei tombini, nei sifoni, sulle pile od in altre opere d'arte;

- ripristino di protezioni spondali deteriorate o franate in alveo (gabbioni e scogliere), inteso come risagomatura e sistemazione di materiale litoide collocato a protezione di erosioni spondili; sostituzione di elementi di gabbionata metallica deteriorata o instabile od altra difesa artificiale deteriorata od in frana, utilizzando, ove possibile, tecnologie di ingegneria ambientale;

- manutenzione di briglie e salti di fondo, intesa come sistemazione delle briglie ed idonei interventi a salvaguardia di possibili fenomeni di aggiramento o scalzamento o erosione dell'opera da parte delle acque, interventi di mitigazione dell'impatto visivo;

- ripristino della stabilita' dei versanti, inteso come ripristino della stabilita' dei versanti prospicienti le sponde di corsi d'acqua, mediante tecniche di ingegneria ambientale.

4. Attuazione degli interventi

Nei bacini di rilievo interregionale e regionale, ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183, alla realizzazione degli interventi provvedono le regioni, le province, gli enti locali nonche' i vari organismi subdelegati, secondo le rispettive competenze territoriali.

Per la esecuzione dei lavori, detti enti ed organismi possono avvalersi dei soggetti indicati dall'art. 11, comma 1, della legge 18 maggio 1989, n. 183.

Per quanto riguarda la tutela del patrimonio naturalistico, gli interventi di manutenzione ordinaria, rientranti tra quelli previsti dal suddetto Atto d'indirizzo, vanno eseguiti sotto la vigilanza degli enti competenti e/o dal Corpo forestale dello Stato, nell'ambito delle funzioni allo stesso demandate ai sensi dell'art. 8, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349.

Ove occorra, i soggetti preposti alla vigilanza sulla attuazione degli interventi possono avvalersi dei servizi tecnici di altri enti pubblici anche nazionali competenti per materia.

Per quanto attiene i criteri di priorita' per la redazione dei programmi di manutenzione possono essere seguite le indicazione contenute nel DPR 14/4/93.

Pertanto, oltre al presupposto di base costituito dalla individuazione e perimetrazione di aree a rischio i programmi d'intervento possono essere realizzati in funzione della valutazione dei seguenti elementi:

a) situazione a rischio di evento dannoso a causa di:

- officiosita' delle sezioni; - condizioni delle arginature; - condizioni delle opere d'arte interessanti il corso d'acqua; - mancata osservanza delle norme di polizia idraulica;

b) situazione a rischio ambientale a causa di:

- mancata conservazione degli habitat naturali; - potenziale perdita delle caratteristiche naturali degli alvei.

5. Interventi di regimazione e difesa idraulica

Gli interventi di regimazione e difesa idraulica sono identificabili in una serie di interventi strutturali capaci di aumentare il periodo di ritorno critico dell'asta fluviale e possono essere di tipo attiva o passivo.

Nel tempo di vigenza delle presenti misure di salvaguardia, la realizzazione di ulteriori nuove opere di regimazione e di difesa idraulica nelle aree a rischio e' consentita soltanto nei casi in cui sia dimostrata la necessita', l'urgenza e l'indifferibilita' degli stessi, in funzione di situazione connesse a motivi di pubblica incolumita' e finalizzati ad azioni di protezione degli abitati e delle infrastrutture o comunque mirate alla mitigazione del rischio.

Gli interventi di regimazione e di difesa idraulica devono favorire, ove possibile, la progressiva dismissione e rinaturazione delle opere non funzionali alla sicurezza idraulica.

Qui di seguito, vengono riportati i criteri guida per la pianificazione degli interventi di regimazione e difesa idraulica:

- il valore della portata di piena da assumere per il dimensionamento delle opere finalizzate alla regimazione ed alla difesa idraulica e' fissato pari a quello corrispondente ad un periodo di ritorno Tr di 100 anni, salvo casi particolari in cui, il progettista incaricato o per situazioni locali, sia necessario assumere un periodo di ritorno superiore, oppure in tratti di alveo in cui le opere di protezione e di sistemazione idraulica siano dimensionate per un periodo di ritorno piu' elevato;

- il progetto elaborato dovra' evidenziare inoltre che per la scelta delle opere sono state esaminate diverse soluzioni, tenendo conto della valutazione costi-benefici e considerando anche i costi e i benefici di carattere ambientale, optando per la soluzione che realizza il miglior grado di integrazione tra i diversi obbiettivi.

A livello di progetto preliminare o di fattibilita', oltre agli elaborati standard previsti dalla normativa vigente, (vedi L. 415/98), dovranno essere allegati:

- una relazione sintetica con la giustificazione del progetto, la descrizione dei risultati che con esso si intendono raggiungere e le eventuali interconnessioni con i progetti riguardanti altre aree critiche; - una cartografia, in scala possibilmente 1:10.000 o superiore, con la localizzazione delle opere e degli interventi proposti; - una scheda con l'indicazione delle caratteristiche dell'intervento; il grado di dettaglio nella descrizione dell'opera deve essere sufficiente per un'attendibile stima dei costi; - l'analisi costi - benefici delle soluzioni esaminate.

All'atto della progettazione definitiva e/o esecutiva, oltre agli elaborati standard previsti dalla normativa vigente, (vedi L. 415/98), il dimensionamento delle opere di difesa idraulica andra' definito in funzione:

- degli elementi idrologici del corso d'acqua in termini di portate (definendo la piena di progetto, ed eventualmente di altre portate caratteristiche del corso d'acqua nel caso di opere di regimazione idraulica);

- delle valutazioni sull'assetto morfologico dell'alveo e della relativa tendenza evolutiva (erosioni di sponda e di fondo, depositi, caratteristiche tipologiche dell'alveo);

- delle caratteristiche idrauliche della corrente in relazione alle portate di dimensionamento delle opere (velocita' della corrente, altezza idrica, resistenza dell'alveo, ecc.);

- della dinamica del trasporto solido e delle relative fonti di alimentazione, per tutti gli aspetti interferenti con il buon funzionamento delle opere in progetto;

- degli effetti indotti dalle opere in progetto sul comportamento del corso d'acqua per i tratti di monte e di valle;

- delle condizioni d'uso a cui destinare le pertinenze demaniali in rapporto alla situazione in atto;

- delle valutazioni sulle componenti naturali proprie del corso d'acqua e sulle relative esigenze di protezione, ripristino, conservazione.

Deve costituire parte integrante del progetto la definizione delle esigenze di manutenzione delle opere da realizzare, corredata da una stima dei costi connessi ai sensi della nuova normativa vigente, in materia di opere pubbliche (vedi anche le direttive in materie di manutenzione previste dalla L. 415/98).

Gli eventuali interventi stralcio (lotti esecutivi), rispetto al progetto generale complessivo, devono avere comunque carattere di completezza e funzionalita' in rapporto al conseguimento parziale delle finalita' generali che presiedono all'insieme delle azioni da attuare.

Oltre alla documentazione progettuale prevista dalla normativa vigente, dovra' essere predisposta:

- la documentazione attestante le finalita' da conseguire attraverso l'intervento proposto e le conseguenti modalita' esecutive prescelte;

- una relazione geologica, finalizzata alla individuazione, per il tratto d'asta d'influenza, del grado di stabilita' attuale dell'alveo e delle sponde, di eventuali dissesti in atto e potenziali e delle probabili tendenze evolutive degli stessi; la relazione dovra' contenere una valutazione degli effetti che l'intervento produce sulle condizioni di stabilita' attuali per un significativo tratto del corso d'acqua, sia a monte che a valle dell'intervento;

- una relazione idrologica e una relazione idraulica, finalizzate all'individuazione, per il tratto d'asta di influenza, dei parametri idraulici ed idrologici in relazione sia allo stato di fatto che alle previsioni di progetto; infine, dovranno essere evidenziati gli effetti che l'intervento produce sulla dinamica fluviale;

- ove significativa, una relazione che illustri la vegetazione presente nella zona d'intervento e nel territorio circostante con relativa carta tematica; verranno quindi valutati gli effetti che l'intervento produce sull'assetto vegetazionale preesistente;

- qualora nelle zone oggetto di intervento siano presenti opere d'arte o manufatti, dovranno essere allegate sezioni eseguite in corrispondenza di dette strutture, di cui dovranno essere riportate dimensioni e caratteristiche.

6. Interventi nei bacini montani e/o per corsi d'acqua a forte pendenza

In attesa della predisposizione di apposita direttiva da parte dell'Autorita' di Bacino Interregionale, i progetti di sistemazione idraulica, in aree montane e/o per corsi d'acqua a forte pendenza, vanno redatti seguendo le norme emanate con D.M. 20/8/1912 nonche' quelle previste dalla L. 24/12/1928 n. 3134 e del R.D. 2477/1930 n. 1145, ove non in contrasto con quanto riportato nelle presenti norme.

Vanno altresi' tenute in debita considerazione le norme per la "Compilazione dei progetti e norme esecutive per la sistemazione dei corsi d'acqua a forte pendenza" riportate nella Circolare del Ministero dei LL.PP. n. 6122 del 3/7/1969.

7. Interventi di idraulica forestale

Gli interventi di idraulica forestale sono finalizzati alla riduzione del grado di compromissione di aree soggette ad erosione in ambiti montani e/o in aree forestali.

Tali interventi attengono, specificamente, ai seguenti aspetti:

- consolidamento dello strato superficiale dei versanti attraverso opere di bonifica montana e/o idraulico forestale; - ripristino di superfici forestali in zone montane destinate a bosco e distrutte da incendi e/o da altre cause naturali o antropiche. - essi sono sempre di tipo passivo e devono essere in sintonia con quelli di rinaturazione di seguito riportati.

Il valore della portata di piena, da assumere per il dimensionamento del ripristino delle sezioni idrauliche in tali ambiti, e' fissato pari a quello avente un periodo di ritorno di 30 anni, salvo casi particolari in cui sia necessario assumere un periodo di ritorno superiore, ovvero tratti in cui le opere di protezione e di sistemazione presenti siano dimensionate per un periodo di ritorno superiore.

I progetti di manutenzione idraulica e di idraulica forestale devono tendere al recupero e alla salvaguardia delle caratteristiche ambientali degli alvei.

Il progetto esecutivo delle opere di manutenzione e di idraulica forestale deve contenere, oltre alla descrizione degli interventi, una relazione concernente:

- le finalita' e gli obiettivi dell'intervento; - la descrizione del contesto ambientale entro cui l'intervento si inserisce, corredata da documentazione fotografica d'insieme e di dettaglio dell'area; - gli aspetti idrologici caratterizzanti il regime delle portate di piena del corso d'acqua; - per il tratto d'asta d'influenza, il grado di stabilita' attuale dell'alveo e delle sponde, gli eventuali dissesti in atto e potenziali e le probabili tendenze evolutive degli stessi anche in connessione con la stabilita dei versanti; - la valutazione degli effetti che l'intervento produce sulle condizioni di stabilita' attuali per un significativo tratto del corso d'acqua, sia a monte che a valle dell'intervento; - ove significativa, dovra' essere effettuata una descrizione della vegetazione presente nella zona d'intervento e nel territorio circostante nonche' degli effetti che l'intervento produce sull'assetto vegetazionale preesistente; inoltre in caso di presenza di specie di particolare pregio dovra' essere realizzata apposita carta tematica; - l'indicazione delle sezioni da tenere sotto osservazione per valutare gli effetti degli interventi; - Quando si prevede la ricollocazione in alveo del materiale di risulta degli interventi, il progetto dovra' contenere l'individuazione cartografica delle aree di accumulo, la giustificazione e le finalita' perseguite da tale proposta.

L'asportazione di materiale dal corso d'acqua dovra' essere giustificata da situazioni di manifesto sovralluvionamento (art. 2, comma 1, lett. C, D.P.R. 14/4/93), verificando comunque la compatibilita' dell'operazione con il complessivo equilibrio trasporto/sedimentazione del corso d'acqua.

Le alberature interessate dagli eventi di piena con periodo di ritorno trentennale, nei tratti fluviali di intervento, devono essere sottoposte a taglio selettivo, al fine di evitare la formazione di sezioni critiche in occasione del possibile sradicamento; la vegetazione arbustiva sulle sponde potra' essere controllata nel suo sviluppo attraverso il taglio periodico (ceduazione).

8. Interventi di rinaturalizzazione

Gli interventi di rinaturalizzazione sono finalizzati alla riqualificazione e alla protezione delle aree naturali esistenti.

Tali interventi sono favoriti, in particolare, nell'alveo inciso, limitatamente alla parte non attiva dello stesso.

Essi attengono, specificamente, ai seguenti elementi:

- mantenimento ed ampliamento delle aree di esondazione, anche attraverso l'acquisizione di aree da destinare al demanio, la dismissione delle concessioni in atto (intervento di tipo attivo); - riattivazione o ricostituzione di ambienti umidi. Tali interventi devono assicurare la compatibilita' con l'assetto delle opere idrauliche di difesa e la ridotta incidenza sul bilancio del trasporto solido del tronco.

9. Interazioni tra le infrastrutture e la rete idrografica

Per la progettazione dei ponti stradali si richiamano le norme vigenti, D.M. 2 agosto 1980 e D.M. 4 maggio 1990 Norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo dei ponti stradali e la Circolare del Ministero LL.PP. n. 34233 del 25 febbraio 1991 recante istruzioni relative alla normativa tecnica dei ponti stradali in cui sono contenuti indirizzi e prescrizioni circa il dimensionamento idraulico dei manufatti; ulteriori riferimenti, utili alla progettazione di tali manufatti, potranno essere desunti, anche dalla delibera n. 2/99 dell'11/5/99 dell'Autorita' di Bacino del Fiume Po - G.U. n. 225 del 24/9/99.

Il valore della portata di piena da assumere per le verifiche idrauliche delle opere interferenti con la rete idrografica e' fissata pari a quella avente un periodo di ritorno di 100 anni. salvo casi particolari in cui sia necessario assumere un periodo di ritorno superiore ovvero in cui le opere di protezione e sistemazione presenti siano dimensionate per un periodo di ritorno superiore.

Il progetto delle opere infrastrutturali, oltre alla documentazione prevista dalla specifica normativa di settore vigente, dovra' essere corredato da una relazione idrologica e da una relazione di progetto idraulico dei manufatti, contenenti:

- descrizione e giustificazione della soluzione progettuale proposta in relazione all'ubicazione e alle dimensioni degli elementi strutturali interessanti l'alveo (sia in fase di costruzione che d'esercizio) in rapporto all'assetto morfologico attuale dello stesso e alla sua prevedibile evoluzione, alla natura geologica della zona interessata, al regime idraulico del corso d'acqua;

- definizione della portata di piena di progetto e del relativo periodo di ritorno;

- calcolo del profilo di corrente per la piena di progetto, in condizioni di moto stazionario, in assenza e in presenza dei manufatti stradali o ferroviari, con evidenziazione degli effetti di rigurgito eventualmente indotti;

- evidenziazione delle interazioni con l'alveo di piena in termini di eventuale restringimento della sezione di piena, orientamento delle pile in alveo in rapporto alla direzione della corrente, eventuale riduzione delle aree allagabili, eventuali effetti di possibili parziali ostruzioni delle luci a causa del materiale galleggiante trasportato dall'acqua;

- individuazione e progettazione degli eventuali interventi di sistemazione idraulica (difesa di sponda, soglie di fondo, argini, ecc.) che si rendano necessari in relazione alla realizzazione delle opere secondo criteri di compatibilita' e integrazione con le opere idrauliche esistenti;

- quantificazione dello scalzamento prevedibile in corrispondenza delle fondazioni delle pile in alveo, delle spalle e dei rilevati e progettazione delle eventuali opere di protezione necessarie;

- indicazione delle eventuali interferenze delle opere di attraversamento con le sistemazioni idrauliche presenti (argini, difese di sponda, ecc.) e delle soluzioni progettuali che consentano di garantirne la compatibilita';

- l'ampiezza e l'approfondimento del progetto idraulico e delle indagini che ne costituiscono la base dovranno essere commisurati al grado di elaborazione del progetto generale.

I progetti degli attraversamenti dovranno prevedere, ai fini della sicurezza delle stesse strutture, le seguenti verifiche:

- franco minimo tra quota di massima piena di progetto e quota di intradosso del ponte pari a 0.5 volte l'altezza cinetica della corrente e, comunque, non inferiore a 1.00 m;

- interasse minimo tra le pile adeguato a non provocare fenomeni di ostruzione;

- scalzamento massimo, in corrispondenza delle fondazioni delle pile e delle spalle, che tenga conto dello scalzamento diretto e della tendenza evolutiva dell'alveo, tale da non compromettere la stabilita' della struttura.

Il progetto dei rilevati in area golenale dovra' prevedere le seguenti verifiche:

- franco minimo tra quota di massima piena di progetto e quota del piano viabile pari a 0.5 volte l'altezza cinetica della corrente e, comunque, non inferiore a 1,00 m;

- scalzamento massimo ammissibile al piede compatibile con la stabilita' del rilevato ed eventuali opere di protezione.

Dovra' essere inoltre verificato che la presenza dell'attraversamento e/o del rilevato non provochi ostruzioni e condizionamenti delle modalita' di deflusso dell'alveo di piena incompatibili con le condizioni di sicurezza dell'area circostante e con le caratteristiche delle opere di difesa esistenti.

Dovra' pertanto essere condotta la valutazione della compatibilita' dei manufatti con l'assetto dell'alveo in termini di:

- effetti di restringimento dell'alveo e/o di indirizzamento della corrente: - effetti di rigurgito a monte;

- compatibilita' locale con le opere idrauliche esistenti;

- effetto di riduzione della capacita' di invaso dovuto alla realizzazione dei rilevati.

Per le opere minori di attraversamento (ponticelli e scatolari), il dimensionamento idraulico dei manufatti dovra' considerare e definire i seguenti elementi essenziali: - condizioni di deflusso in funzione della portata liquida di progetto;

- condizioni di deflusso in funzione della portata solida di progetto;

- effetti di erosione allo sbocco e relative protezioni.
PARTE III
RISCHIO FRANE

1. Studio di compatibilita' geologica

I progetti relativi ad interventi ammessi nelle aree a rischio devono essere corredati da uno studio di compatibilita' geologica commisurato all'importanza ed al dimensionamento delle opere previste in progetto o in funzione del grado di dissesto presente sul territorio.

Detto studio non sostituisce gli altri studi di settore ed in particolare quello di impatto ambientale, gli studi e gli atti istruttori di qualunque tipo richiesti dalla normativa vigente nell'ambito della zona oggetto d'intervento.

Lo studio di compatibilita' geologica dovra' valutare gli eventuali effetti che l'evento produce sulla dinamica del fenomeno ed, in particolare, sulle condizioni di stabilita' generale del versante, sull'assetto vegetazionale preesistente nella zona di intervento, sull'ecosistema e sui valori paesaggistici ed ambientali.

A corredo dello studio di compatibilita', in funzione della criticita' dell'area e dei vincoli ivi presenti e' obbligatorio allegare i seguenti elaborati:

- una relazione geologica e una relazione geotecnica, opportunamente estese a tutta la zona di influenza, finalizzate all'individuazione del grado di stabilita' attuale, ed alla definizione di eventuali dissesti in atto e/o potenziali e delle probabili tendenze evolutive degli stessi. Le relazioni, redatte in conformita' del DM 11/3/88, dovranno contenere una valutazione degli effetti che l'evento produce sulle condizioni di stabilita', opportunamente estese alle aree adiacenti alla zona d'intervento;

- (in concomitanza di fenomeni alluvionali) una relazione idrologica ed idraulica finalizzata all'individuazione, per il tratto d'alveo di influenza, dei parametri idrologici ed idraulici in relazione sia allo stato di fatto che alle previsioni di progetto, in cui dovranno essere evidenziati gli effetti che l'intervento produce sulla dinamica fluviale. Le verifiche dovranno essere realizzate secondo le prescrizioni contenute nel presente documento;

- ove vi siano presenze arboree ad arbustive di un certo interesse paesaggistico-ambientali e/od in presenza di essenze vegetali autoctone di particolare pregio, va redatta una relazione che descriva le caratteristiche della vegetazione presente nella zona di intervento e nel territorio circostante; ove necessario dovra' essere redatta una carta tematica e dovranno quindi essere valutati gli effetti che l'intervento produce sull'assetto vegetazionale preesistente.

Gli interventi consentiti nelle aree a rischio debbono essere realizzati in accordo con le presenti linee guida per la definizione degli interventi strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio.

Di seguito vengono descritte le categorie principali degli interventi che si ritengono a grandi linee ammissibili in tali zone lasciando ampia liberta' al professionista incaricato di valutare caso per caso l'azione piu' opportuna per mitigare le condizioni di rischio ivi presenti.

2. Interventi non strutturali

2.1 Presidio territoriale

I classici interventi non strutturali che si attivano in occasione di un dissesto e/o di un evento che produce un certo impatto sul territorio, si concretizzano, di fatto, nell'apposizione di vincoli, divieti e/o limitazioni d'uso del territorio ( vedi a tal proposito il D.M. 14/2/96).

Poiche' questa parte e' stata ampiamente definita nell'ambito dell'elaborato specifico relativo alla definizione delle misure di salvaguardia, previste nell'ambito della L.267/98 e del DPCM 29/9/98, di seguito viene descritta una serie di attivita' non strutturali che possono essere programmate ed attivate nelle zone individuate e perimetrate come aree ad alto rischio idrogeologico, le quali recentemente vengono sintetizzate e definite con il generico termine di: "osservatorio o presidio territoriale".

Questa attivita' sta trovando larghi consensi anche attraverso il coinvolgimento degli Enti a carattere locale, regionale e nazionale, per gli evidenti risvolti di tipo economico nonche' istituzionali.

Comunque, ritenendo l'iniziativa piu' che valida e degna di essere supportata, di seguito, vengono delineate le attivita' connesse all'attivazione di un presidio o di un osservatorio territoriale, da realizzare chiaramente in ambiti omogenei ed in situazioni con contesti territoriali ben definiti, oltre ad avere, possibilmente, una sede baricentrica nell'ambito di zone riconosciute ad alto rischio e/o con situazioni di incombente pericolo.

Sottoliniamo anche che le attivita' di presidio territoriale, oltre ad essere inquadrabili come un intervento di mitigazione del rischio di tipo non strutturale, costituiscono, di fatto, un vero e proprio monitoraggio in continuo dei fenomeni, per cui dette attivita' possono essere inquadrabili anche come vere e proprie azioni di monitoraggio e quindi finanziabili e/o attivabili in tale ottica.

2.2 Descrizione delle attivita'

Le azioni di monitoraggio, da attivare attraverso la costituzione dell'osservatorio o del presidio territoriale prima descritto, consistono nella realizzazione di una serie di attivita' sistematiche da porre in essere periodicamente e finalizzate ad acquisire una serie di elementi mediante procedure o metodi standardizzati e/o innovativi da definire mediante il supporto di una unita' di coordinamento tecnico scientifica.

Le azioni da intraprendere propedeuticamente tendono ad individuare nell'ambito delle aree a rischio i siti e/o le situazioni, per le quali e' ragionevole ipotizzare allo stato attuale delle conoscenze situazioni di pericolo incombente per la pubblica e privata incolumita'.

Una volta individuati tali siti occorre stabilire dei "protocolli" di attivita' e/o di operazioni da realizzare nel tempo per seguire l'evoluzione dei fenomeni ritenuti degni di attenzione.

Pertanto oltre ad azioni di primo impatto e di tipo semplicistico, tese ad una prima individuazione ed alla perimetrazione delle aree critiche, dovranno essere successivamente realizzate una serie di operazioni, sempre piu' approfondite ed a scala di dettaglio.

Poiche' non esiste una procedura standardizzata o codificata, ci permettiamo di segnalare alcune attivita' che a nostro giudizio sono sicuramente fondamentali per l'avvio di una attivita' di presidio e di monitoraggio.

Sicuramente l'elencazione di seguito effettuata non e' esaustiva delle attivita' che possono essere realizzate ma puo' costituire l'avvio di una azione di controllo sistematico da porre in essere da parte delle unita' territoriali precedentemente descritte e che potranno essere implementate da professionisti incaricati e/o costituenti l'unita' di supporto tecnico scientifico.

Tra le attivita' propedeutiche si evidenziano quindi:

- rilievi geologici, idrogeologici, geomorfologici e nel caso di costoni rocciosi, rilievi strutturali (secondo metodologie classiche) per la caratterizzazione degli ammassi rocciosi Bieniawski, Romana, ecc.) e per la caratterizzazione e tipicizzazione dei fenomeni in atto (stato di attivita', tipologia, ecc. - Cruden e Varnes 1993);

- osservazioni sui tipi colturali presenti in zona e valutazione di eventuali squilibri presenti; - apposizioni di picchetti, caposaldi, identificativi e quanto altro necessario per la verifica periodica degli eventuali spostamenti del terreno e per il riconoscimento univoco dei punti stazione e delle zone tenute sotto controllo: - controllo sistematico dell'evoluzione dei fenomeni; - eventuali rilievi sui manufatti antropici presenti al contorno e definizione, attraverso grafici e foto, del quadro fessurativo ed eventualmente presente.

In questo ultimo caso si ritiene utile suggerire la messa in opera di spie e mirini per il controllo degli eventuali spostamenti delle fessure.

Gli esiti degli accertamenti e dei sopralluoghi dovranno essere riportati su moduli standardizzati (a schede) e dovranno riportare fondamentalmente una serie di informazioni identificative del sito, dati sul tipo di fenomeno e sullo stato di attivita'. Essi, inoltre, dovranno evidenziare le infrastrutture presenti ed eventualmente coinvolte.

Detti moduli, descrittivi anche delle operazioni effettuate, dovranno essere corredate da foto, grafici, diagrammi e quanto altro necessario per dare un quadro informativo quanto piu' possibile completo sul fenomeno in atto.

Le azioni di monitoraggio possono essere finalizzate anche all'accertamento dello stato di fatiscienza dei manufatti e delle opere presenti in zona al fine di redigere programmi di manutenzione finalizzati al ripristino della funzionalita' delle opere dismesse, al recupero di quelle che potrebbero risultare obsolete e la sostituzione di quelle oramai coinvolte e/o dissestate da fenomeni in atto.

Appare evidente che per l'organizzazione e l'espletamento di dette attivita' occorre costituire un gruppo tecnico sia a livello operativo che a livello di coordinamento.

Chiaramente le attivita', i programmi e l'entita' dei gruppi potranno variare da zona a zona e potranno essere implementati, di volta in volta, in funzione delle necessita' che via via potrebbero presentarsi.

Secondo procedure che vanno man mano consolidandosi, le attivita' di monitoraggio e di controllo tendono a realizzare una serie di elaborati tematici, ad implementazione successiva, con scale di analisi sempre piu' dettagliate (rispetto a quello di base). Gli elementi di base possono essere individuate in:

- carta geolitologica e strutturale; - carta delle coperture; - carta degli elementi geomorfologici significativi e dei fenomeni franosi in atto; - carta inventario fenomeni franosi; - carta idrogeologica di dettaglio; - carta degli insediamenti e delle infrastrutture;

- schede per il rilevamento dei dissesti, di tipo semplificato, con indicazione, per ogni fenomeno franoso, (univocamente individuabile attraverso una apposita sigla distintiva) dalla natura dei terreni interessati e dei parametri morfologici piu' significativi;

- schede semplificate per il rilevamento dello stato di antropizzazione, riportanti il tipo di strutture ed infrastrutture presenti nell'area in frana e del relativo stato di conservazione, ed eventualmente, ove presenti, il rilievo dei dissesti (ausilio di foto con note e grafici di dettaglio relativi al quadro fessurativo).

I risultati dell'attivita' di presidio territoriale dovranno essere inoltre forniti agli organismi competenti in materia di Protezione Civile che ne trarranno le indicazioni necessarie per la gestione del rischio e l'eventuale attivazione, quando esistenti, di soglie di allerta e/o di allarme ( vedi "Gestione dell'emergenza nel rischio di inondazione" P. Versace Roma 1996).

2.3 Attivita' intermedia (6 - 12 mesi) - Revisione e/o adeguamento della normativa relativa ai vincoli territoriali

Come precedentemente evidenziato, la costituzione di un presidio territoriale ben si concilia con operazioni di tipo emergenziale da attivare a valle di eventi calamitosi, mentre una operazione di questo genere, in tempi normali, trova una serie di ostacoli talvolta di difficile soluzione.

Una operazione intermedia potrebbe essere costituita dall'attivazione di un centro pilota, nell'ambito del bacino d'interesse, costituito da tecnici locali che, saltuariamente o in occasione di eventi meteorici particolari, effettuano una serie di osservazioni standardizzate su di un areale definito o su un fenomeno specifico, con procedure codificate da parte di un gruppo di consulenti tecnici.

Tali azioni potrebbero sensibilizzare maggiormente le comunita' locali che in mancanza di un livello di attenzione adeguato (dovuto alla mancanza di un evento catastrofico e/o emergenziale) tendono a finalizzare le attivita' e le azioni verso i soliti interventi di tipo strutturali ben visibili e spesso richiesti dalle Comunita' locali.

L'"handicap" maggiore e' costituito dal fatto che, vista l'ampiezza del territorio d'interesse e l'estensione delle aree a rischio elevato, non essendoci un evento certo o piu' probabile rispetto agli altri, l'individuazione della zona e/o del fenomeno da tenere sotto costante controllo appare molto soggettiva e facilmente attaccabile senza la costruzione di un modello oggettivamente sostenibile.

Per cui l'unica forma di controllo attivabile concretamente deve seguire necessariamente un modello, creando diversi nuclei operativi presso ogni singola comunita' locale (Comunita' Montane, Enti Parco, ecc.).

Nell'ambito di tali strutture, come precedentemente evidenziato, tecnici qualificati, anche mediante apposito corso di formazione, effettuano con cadenza sistematica rilievi ed accertamenti, infittendo il controllo nel periodo invernale e/o in occasione di eventi meteorici particolari.

Nel contempo occorre sicuramente mettere mano ad una revisione della normativa vincolistica presente sul territorio ai sensi dell'art.3 della L.183/89 ed in particolare:

- consolidamento abitati, ex L.445/1908; - vincolo idrogeologico, ex R.D. 3267/1923; - estrazione d'inerti dai corsi d'acqua, ex T.U. 523/1904; - servizio di polizia idraulica, ex L.2248/1865 allegato F; - regolamentazione degli interventi di manutenzione e straordinaria delle opere finalizzate alla difesa del suolo; - valutazione impatto ambientale, D.P.R. 12/4/96.

L'elencazione sopra effettuata sicuramente non e' esaustiva delle varie problematiche territoriali (infatti non sono state citate le norme di tutela paesaggistiche ed ambientali); ma questa attivita', di tipo non strutturale, costituisce, di fatto, un altro sistema attraverso il quale si puo' procedere alla mitigazione del rischio in zone particolarmente "sensibili" e di fatto gia' soggette per le loro caratteristiche intrinseche ad una serie di norme cautelative.

Dette attivita' si concretizzano in divieti ed autorizzazioni che di fatto mitigano le azioni antropiche prescrivendo, in caso positivo, una serie di opere per la mitigazione di alcuni effetti notoriamente pregiudizievoli per la stabilita' di siti riconosciuti storicamente vulnerabili.

Quindi, attraverso una revisione di tali norme (totalmente trasferite alle Regioni per effetto del D.P.R. 616/77 e del recente D.P.R. n.112/97), e delle relative forme di utilizzo del territorio, attraverso un controllo sistematico delle richieste di autorizzazione, si puo' sicuramente incidere meglio sulle singole attivita' antropiche, cercando di mitigare le condizioni di rischio presenti nell'ambito del territorio di competenza che, tra l'altro, evidenzia anche un'altissima pericolosita' sismica (vedi progetto Finalizzato Geodinamica, D.M. 7/6/81 ed Individuazione delle zone ad elevato rischio Sismico del territorio nazionale (O.P.C.M. 2788 del 12/6/1998 - G.U. n.112 del 25/6/1998).

2.4 Attivita' di Protezione Civile

In conformita' a quanto previsto dal comma 4 dell'art. 1 del D.L. 180/98, entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di individuazione e perimetrazione delle aree ad alto rischio idrogeologico, gli organi di protezione civile, cosi come definiti dalla L.24/2/92 n.225, e dal D.Lgs 31/3/98 n. 112, provvedono a predisporre per le suddette aree, con priorita' assegnata a quelle zone in cui la maggiore vulnerabilita' del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale. Piani Urgenti di Emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumita' delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva, anche utilizzando appositi sistemi di monitoraggio, da programmare anche con i disposti di cui al comma 7 dell'art.2 dello stesso D.L. 180/98.

Le azioni sopra descritte costituiscono interventi non strutturali per la mitigazione del rischio e debbono essere attivate ai vari livelli istituzionali in conformita' della normativa vigente.

Cio' significa che oltre al Sindaco e alle Amministrazioni Provinciali, (D. Lgs. 112/98) compete anche agli organismi di livello nazionale attivarsi per la realizzazione di Piani Urgenti di Emergenza per garantire un livello di sicurezza adeguato alla popolazione esposta a rischio idrogeologico.

In funzione di tali finalita', appare indispensabile trasmettere gli elaborati costituenti il Piano Straordinario a tutti gli Enti cointeressati in materia di protezione civile affinche' gli stessi, prendendo coscienza delle condizioni di rischio esistenti nell'ambito del territorio di competenza, si attivino ognuno per quanto di propria competenza.

3. Manutenzione

3.1 Interventi di manutenzione

Per quanto attiene le attivita' di manutenzione si fa espresso riferimento a quanto riportato nel D.P.R. 14/4/93 "Atto d'indirizzo e coordinamento recante criteri e modalita' per la redazione dei programmi di manutenzione idraulica e forestale".

Va altresi' evidenziato che tale atto si riferisce in modo particolare ad una manutenzione di tipo idraulico (trattata nelle linee guida idrauliche), per cui di seguito si fara' riferimento specificatamente ad opere di manutenzione dei versanti fermo restando la stretta interconnessione dei due fenomeni.

Le finalita' e le caratteristiche degli interventi di manutenzione sono finalizzati alla eliminazione di situazioni di pericolo per i centri abitati e per le infrastrutture, in conseguenza di eventi critici derivanti da carenze dello stato manutentorio degli alvei, delle opere idrauliche e delle opere di difesa del suolo.

Pertanto, di seguito vista la molteplicita' di casi, si fara' riferimento ad una serie di interventi, generalmente, limitati e di semplice esecuzione. Questi, ogni qualvolta sia possibile ed a seguito di accurate valutazioni di un Geologo, potranno essere realizzati facendo ricorso a tecniche di ingegneria naturalistica descritte nelle linee guida del Ministero dell'Ambiente (in allegato), lasciando in ogni caso al progettista incaricato la possibilita' di valutare i fenomeni in atto e la soluzione ritenuta piu' idonea per mitigare lo squilibrio rilevato.

3.2 Costoni rocciosi

In questi casi la manutenzione assume una importanza considerevole, tenuto conto del fatto che questa va effettuata nelle situazioni che richiedono interventi mirati attraverso la individuazione di una serie di situazioni particolari, quali:

- zone nelle quali si puo' verificare di frequente il distacco di masse lapidee con volumi di limitata estensione; - zone in cui si rilevano reti riempite di materiale detritico, e/o fatiscenti o obsolete; - reti paramassi dissestate o in condizioni di non svolgere piu' le loro funzioni di contenimento, ecc.

Le attivita' manutentorie possono essere indirizzate quindi verso due tipi di finalita':

- ridurre la probabilita' dell'evento franoso; br; - restituzione efficienza alle opere di consolidamento eventualmente presenti in zona.

Nel primo caso queste potranno, quindi, consistere in una serie di azioni di dimensioni contenute dirette alla rimozione delle specifiche cause d'innesco dei fenomeni che spesso precedono la rottura. Tra queste segnaliamo le azioni di radici nelle fratture, le azioni del ghiaccio o della pressione dell'acqua nelle fratture, erosione alla base dei blocchi rocciosi, ecc.).

Nel secondo caso si tratta di realizzare interventi piuttosto limitati con l'utilizzo prevalente di mano d'opera e senza mezzi meccanici. Tra questi possiamo individuare in modo non esaustivo:

- realizzazione di opere atte a ridurre l'erosione al piede di blocchi di roccia fratturati; - pulizia e ripristino delle reti paramassi ostruite dall'accumulo di materiale detritico; - ripristino delle opere di consolidamento soggette a fenomeni di corrosione, mediante sostituzione di parti o integrazione del sistema con elementi aggiuntivi; - ripristino e riqualificazione di opere strutturali lesionate, mediante rinforzi, ecc.

Al fine di una ottimale utilizzazione delle risorse economiche potra' essere opportuno svolgere, durante l'esecuzione delle opere di manutenzione, tutti quei rilievi in parete che sono spesso resi impraticabili dall'inaccessibilita' dei luoghi e che risultano di fondamentale importanza nella progettazione dei piu' impegnativi interventi di consolidamento.

3.3 Colate di materiale incoerente

Va precisato che nel territorio d'interesse le disastrose colate rapide di fango, che in Campania negli ultimi anni hanno fatto registrare una serie di eventi luttuosi, hanno una scarsissima incidenza nell'ambito del bacino di riferimento in quanto i depositi piroclastici affioranti in tali aree sono pressoche' nulli e, ove presenti, gli spessori sono relativamente trascurabili.

Pertanto, nell'ambito del bacino del F. Sele, possono verificarsi fenomeni di colate rapide soprattutto per mobilitazione di materiali diversificati per lo piu' detriti e/o depositi alluvionali posti su versanti in condizioni giaciturali di precario equilibrio.

Nelle zone soggette a questo tipo di rischio, indipendentemente dalla natura del materiale mobilitato, gli interventi di manutenzione esplicano una azione fondamentale, considerando che anche in questo caso l'evento di prima generazione e' scarsamente prevedibile.

Poiche' tra le cause d'innesco principali vengono annoverate le azioni destabilizzanti operate dalle acque meteoriche, una prima azione fondamentale, in linea quanto previsto nell'Atto d'indirizzo e coordinamento (D.P.R. 14/4/93) e' costituita dal controllo del regime delle acque superficiali.

Tale azione puo' essere esplicata attraverso una serie di interventi capaci di evitare che un deflusso incontrollato vada man mano concentrandosi producendo una serie di fenomeni di erosione accelerata con vistosi effetti non sempre controllabili.

Gli interventi che potrebbero essere facilmente attivati con una certa rapidita', possono essere, ad esempio :

- verifica e controllo del reticolo drenante superficiale (pattern); - misure periodiche delle portate idriche defluenti in zona; - controllo delle eventuali fratture presenti nel terreno; - controllo del grado di saturazione dei terreni di copertura; verifica delle condizioni di pressioni neutre in profondita'.

In contemporanea un'altra azione fondamentale che puo' essere attivata facilmente e rapidamente consiste nel controllo sistematico dell'efficienza dei manufatti destinati alla riduzione dell'erosione presenti nella zona d'interesse (bacino e/o sottobacino idraulico).

Una verifica della integrita' delle opere idrauliche condizionanti il deflusso delle acque superficiali (cunette, briglie, canali, trincee drenanti, ecc.) e della funzionalita' delle opere destinate alla protezione degli insediamenti (vasche di laminazione e di accumulo, ecc.) garantisce un ulteriore margine di sicurezza rispetto all'innesco di eventuali fenomeni erosionali.

Tra gli interventi che possono essere attivati facilmente, fermo restando la piena autonomia e responsabilita' del progettista incaricato, citiamo alcune opere che nella prassi consolidata degli interventi di consolidamento vengono utilizzati per eliminare o quanto meno ridurre alcune di queste cause:

- messa in opera e/o l'integrazione su modeste superfici, di specie arbustive ed arboree capaci di ridurre l'infiltrazione superficiale e consolidare col proprio apparato radicale gli strati piu' superficiali; - la rimodellazione dei versanti; - la pulizia delle linee impluviali e dei fossi.

Va precisato che oltre alle azioni delle acque meteoriche e di ruscellamento sopra descritte tra le altre cause d'innesco di fenomeni franosi vengono annoverate :

- azioni sismiche; - azioni antropiche.

Nella casistica maggiormente presente nell'ambito del bacino del Fiume Sele (frane in materiali argillosi o flyschoidi), le operazioni di manutenzione assumono una importanza fondamentale in quanto dirette al ripristino della funzionalita' di tutte le opere di presidio eventualmente esistenti sul versante.

Quindi fermo restando gli interventi finalizzati a ridurre l'afflusso idrico nelle aree instabili mediante la costruzione di canali di gronda, trincee drenanti, ecc. e di tutte le opere destinate al controllo dell'erosione, le attivita' di manutenzione devono essere improntate fondamentalmente al ripristino di tutte le opere strutturali presenti sul territorio (muri, paratie, pozzi, ancoraggi, opere in terra rinforzata, ecc.) che possono aver subito, per una serie di cause, una perdita di efficienza,

4. Indagini

4.1 Premessa

Secondo la recente normativa in materia di opere pubbliche le attivita' di progettazione (art.16 L. 11 febbraio 1994 n.109 e successive modifiche ed integrazioni - testo aggiornato Supplemento ordinario G.U. n.234 del 5/10/99) evidenzia la necessita' di procedere alla realizzazione di indagini sin dalla fase preliminare al fine di definire la soluzione migliore da adottare rispetto alle problematiche oggetto delle attivita' (nel nostro caso interventi strutturali per la mitigazione del rischio).

 
Queste chiaramente vanno man mano approfondite in funzione del livello di progettazione che si intende realizzare.

L'aspetto innovativo e' costituito dal comma 7 dello stesso art.16 in cui si evidenzia inequivocabilmente che gli oneri inerenti la definizione del progetto ivi compresi i rilievi ed i costi riguardanti prove, sondaggi, analisi, ecc. fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori e vanno inseriti negli stati di previsione della spesa.

Sulla base di quanto precedentemente evidenziato, appare quanto mai ovvio affermare che le attivita' di indagine (nella piu' ampia interpretazione del termine) hanno la funzione di raccogliere tutti i dati necessari per la progettazione degli interventi finalizzati alla mitigazione del rischio. Queste possono essere di tipo topografico, geologico, geomorfologico, idrogeologico, geotecnico, idraulico, urbanistico e strutturale, ed il loro grado di approfondimento e' commisurato al livello di progettazione previsto (preliminare, definitivo, esecutivo art.16 L. 415/98).

Appare evidente che nel nostro caso trattandosi di interventi finalizzati alla mitigazione di problematiche di tipo idrogeologico, il programma delle indagini deve essere definito nell'ambito di un progetto pluridisciplinare redatto, quanto meno, da un geologo e da un ingegnere, competente per le specifiche tematiche d'interesse.

Pertanto, lasciando ampia liberta' e responsabilita' ai professionisti incaricati della redazione di tale progetto, di seguito vengono date delle indicazioni di massima sulle attivita' d'indagini richiamando, ove esistente, la relativa normativa di riferimento,

4.2 Rilievi topografici

I rilievi topografici, opportunamente estesi per un congruo interno, devono essere realizzati al fine di fornire ad una scala di dettaglio l'effettiva ricostruzione dell'andamento piano altimetrico della zona d'intervento e possibilmente dell'intero fenomeno sul quale si intende intervenire.

Anche in questo caso, emerge la necessita' di basare tale attivita' su di uno studio geologico preliminare che individui con relativa precisione l'estensione areale del fenomeno su cui si intende intervenire.

La rappresentazione topografica del territorio dovra' inoltre consentire di ricavare un numero di sezioni congrue a definire profili da utilizzare successivamente per verifiche di stabilita', calcoli e quanto altro necessario per un corretto dimensionamento delle opere in progetto.

Va altresi' precisato che nel caso di costoni rocciosi e' opportuno basare le successive indagini su ricostruzioni della morfologia delle pendici realizzata attraverso tecniche di fotogrammetria terrestre.

La cartografia ricavata con tali rilievi va sviluppata in una scala adeguata alla dimensione del fenomeno e delle aree investigate e deve essere commisurata alla dimensione delle aree in dissesto.

4.3 Indagini geologiche, geomorfologiche ed idrogeologiche

Per questo tipo di indagine si ritiene esaustivo quanto previsto dal D.M. 11/3/88 e dalla relativa Circolare esplicativa n. 30483 del 24/9/88, per le indagini sui terreni di fondazione, per i consolidamenti e per gli insediamenti su grandi aree, oltre alla specifica regolamentazione di riferimento per ogni singola attivita'.

Si ritiene necessario effettuare solo alcune precisazioni in funzione delle finalita' del progetto.

Nel caso in cui le attivita' di cui sopra siano finalizzate alla redazione di studi di dettaglio a carattere areale dovranno essere redatte dal progettista anche una serie di carte tematiche sintetizzanti le informazioni raccolte nella fase di studio.

A tal proposito in linea di massima si ritengono valide le indicazioni fornite al punto H del sopra richiamato D.M. 11/3/88 " Fattibilita' geotecnica su grandi aree" nonche', quanto previsto dalla L.R. n.9/83 (rischio sismico), L.R. 35/87 (PUT) e L.R. 14/82 (Pianificazione urbanistica) per la Campania e la L.R. 10/82 e L.R. 38/97 (rischio sismico), L.R. 29/94 (uso del suolo), e L.R. n. 50/93 (aree protette) per la Basilicata.

La scala delle carte tematiche da realizzare, salvo a verificare la disponibilita' di cartografia aereo fotogrammetrica aggiornata, e' quella richiamata nelle suddette norme regionali, in cui si prevedono elaborazioni non inferiori alla scala 1/5.000, fermo restante che per situazioni particolari questa va commisurata al tipo di problematiche (di maggior dettaglio) da analizzare.

Pertanto le cartografie tematiche da produrre, in linea di massima, sono quelle previste dalla sopra richiamata normativa regionale salvo esigenze specifiche connesse anche alla presenza di vincoli e/o di situazioni particolari.

Quindi al momento dello svolgimento delle attivita' previste dal D.L. 180/98 si richiama l'attenzione e la necessita' di realizzare (vedi D.P.C.M. 29/9/98), tra l'altro, l'elaborato denominato:

- carta inventario dei fenomeni franosi.

Questa secondo tali norme (allegato A), dovra' contenere oltre all'individuazione del bacino nell'ambito del quale si intende intervenire, una serie di informazioni tra le quali segnaliamo:

- definizione del tipo di fenomeno; - stato di attivita'; - definizione delle possibili zone di espansione e di influenza.

Riferimenti per tali caratterizzazioni possono essere reperite nelle Raccomandazioni del WP/WLI (1993a e b) nonche' in Cruden e Varnes (1994) e in RIG n.2/95 (Canuti ed ESU). Va infine segnalata, per completezza documentale, il volume del SGI "Guida al censimento dei fenomeni franosi ed alla loro archiviazione" - Roma 1996.

Sempre in linea con il D.P.C.M. 29/9/98, ai fini della definizione del rischio, appare indispensabile acquisire informazioni sullo stato di antropizzazione del territorio interessato dalle fenomenologie oggetto d'indagine. Anche se per tale prodotto non esistono standard di riferimento il dettato normativo prima citato evidenzia che detto elaborato deve contenere l'aggiornamento dell'edificato, le possibili aree di espansione edilizie, le infrastrutture principali esistenti ed in programma, i beni ambientali e culturali di particolare pregio oltre a quanto ritenuto d'interesse socio economico dalle amministrazione locali e dai tecnici incaricati (beni paesaggistici e culturali, emergenze ambientali e localita' storiche, ecc.).

Altra esigenza che si manifesta in questa fase e' quella connessa alla disponibilita' di una cartografia, di tipo aereo fotogrammetrico, aggiornata e possibilmente anche di tipo digitale per eventuali implementazioni a livello di GIS ed altri applicazioni di tipo informatico.

Appare evidente che altro elemento necessario per una corretta definizione del livello di rischio e' quello connesso allo stato di conoscenza dell'antropico esistente, autorizzato e abusivo, ove presente.

Al momento l'anagrafe edilizia in Campania e' obbligatoria, in base alla L.35/87 (PUT), solo per i comuni ricadenti nell'area Sorrentina-amalfitana, mentre non si conoscono norme similari per la regione Basilicata, oltre alla L.R. n.50/93 (aree protette).

Fermo restante quanto precedentemente evidenziato, circa la piena autonomia e responsabilita' del professionista incaricato, si ritiene utile suggerire quanto segue:

- per problematiche areali inerenti nuclei abitati e/o insediamenti ed infrastrutture urbane principali, la cartografia dovra' avere un dettaglio non inferiore alla scala 1/5.000; (per particolari situazioni va valutata la possibilita' di fornire anche inquadramenti a scala piu' ampia 1/25.000 e/o 1/10.000);

- per quanto attiene problematiche inerenti singoli fabbricati o situazioni di estensione limitata (manufatti isolati esterni ad aree urbanizzate, interventi puntuali, ristrutturazioni localizzate ed interventi similari) possono essere ritenute ampiamente sufficienti e piu' che esaustive i contenuti, le prescrizioni e le indicazioni del DM 11/3/88 e della relativa circolare esplicativa sopra richiamata.

Va altresi' specificato che per tali situazioni e' quanto mai indispensabile acquisire una dettagliata relazione geologica a corredo degli elaborati progettuali, anche se, ai sensi del punto B.5 secondo comma, questa e' prescritta per tutto il territorio d'interesse dell'Autorita' di Bacino del Fiume Sele.

Chiaramente il livello di approfondimento va commisurato allo stato di progettazione a cui si fa riferimento (L.415/98).

4.4 Indagini geotecniche ( per le quali sono valide le definizioni e le indicazioni contenute nelle Norme AGI 1977 " Raccomandazioni sulla programmazione ed esecuzione di indagini geotecniche)

Queste raccomandazioni forniscono una serie di criteri di progetto per la programmazione e la esecuzione delle indagini ed hanno lo scopo di caratterizzare, dal punto di vista geotecnico, il sottosuolo al fine di definire un modello da utilizzare per tutte le verifiche ed i calcoli necessari per la valutazione delle condizioni di stabilita' dei versanti e/o dei manufatti e la progettazione dei necessari interventi di consolidamento.

Il grado ed il livello di approfondimento delle indagini geotecniche va commisurato al tipo di problematiche in esame in accordo con quanto previsto dal D.M. 11/3/88 e relativa circolare esplicativa.

In molti casi, in funzione dei tempi e delle disponibilita' economiche, puo' essere anche utile ed opportuno articolare lo studio e le relative indagini geotecniche in piu' fasi cosi' come previsto dall'art. 16 della L. 415/98.

Per quanto attiene le finalita' e le tipologie di indagine da effettuare si rimanda a tali raccomandazioni ritenendole esaustive di quanto necessario per un approccio sistematico a tale problematiche (AGI 1977).

Riteniamo opportuno ribadire la necessita' di un propedeutico studio geologico al fine di inquadrare correttamente le problematiche in essere e fornire utili indicazioni al progettista per l'ubicazione dei sondaggi e di quanto altro lo stesso professionista riterra' utile prevedere per una corretta caratterizzazione dei terreni.

Va inoltre precisato, che nel caso di ammassi rocciosi, l'indagine finalizzata all'accertamento della struttura del sottosuolo deve considerare la descrizione dei sistemi di discontinuita' attraverso la misura della loro orientazione spaziale, della spaziatura, della persistenza, della rugosita', dell'apertura e della natura dell'eventuale materiale di riempimento (metodo Bieniawski 1989 e successive modifiche - RMR system - o sistemi analoghi).

Tali misure dovranno essere effettuate, ove possibile, su fronti di scavo che consentano il rilievo delle discontinuita' su piani mutuamente ortogonali, ovvero, quando possibile, in galleria.

In assenza di questo tipo di dati sara' necessario effettuare rilievi dello stato di fratturazione su carote derivanti da sondaggi a carotaggio continuo.

4.5 Indagini per la caratterizzazione fisico-meccanica

Per questo tipo di accertamento le raccomandazioni AGI forniscono una serie di indicazioni precise relativamente alle indagini in sito con particolare riferimento alle misure delle pressioni neutre, alla determinazione del coefficiente di permeabilita', alle prove penetrometriche statiche e dinamiche nonche' alle indicazioni sulle prove scissometriche.

Per quanto attiene le prove di laboratorio usualmente utilizzate occorre far riferimento ai testi di geotecnica comunemente utilizzati dagli addetti ai lavori (Cestelli Guida, Lancellotta, Manuale dell'ingegnere, ecc.).

Le condizioni di prova vanno realizzate in laboratorio cercando di simulare quanto piu' possibile le condizioni in sito e vanno scelte anche in funzione del tipo di problema da affrontare.

I risultati delle indagini geotecniche devono essere compendiati in una apposita relazione geotecnica secondo la normativa vigente in materia (D.M. 11/3/88 e relativa circolare).

Un'ultima raccomandazione va rivolta alle indagini finalizzate alle condizioni sismiche presenti ed al grado di classificazione sismica del territorio Comunale. Le norme regionali in materia di tutela dal rischio sismico (sia in Campania che in Basilicata) sono in buona parte sufficienti a garantire un livello di protezione sufficiente a tutelare la pubblica incolumita'.

Per i territori ricadenti anche in aree a rischio idrogeologico, verificata l'elevata sismicita' del bacino d'interesse, i progettisti sono invitati a tenere conto della riclassificazione sismica operata con OPCM 12/6/98 n.2788, utilizzando per tutti gli interventi di tipo pubblico, consentiti dalle misure di salvaguardia, anche i coefficienti di protezione sismica, previsti al fine di garantire una maggiore sicurezza di queste nel caso di una concomitanza di effetti negativi.

5. Interventi strutturali

5.1 Premessa

La progettazione e la scelta degli interventi per la mitigazione del rischio sono subordinate alla valutazione di numerosi fattori afferenti sia al contesto geologico-strutturale (nonche' geotecnico) dell'area in esame nonche' all'uso a cui la stessa e' destinata (in termini di mitigazione del rischio).

In definitiva, dalle considerazioni effettuate nei precedenti paragrafi, emerge che anche la scelta tipologica degli interventi di stabilizzazione richiede, cosi' come tutte le fasi della progettazione, una chiara visione della problematica oggetto di studio che non puo' prescindere dallo svolgimento accurato e responsabile di tutte le fasi discusse nella presente relazione.

Di seguito, vista l'ampiezza e la complessita' degli argomenti, piuttosto che regole generali di progetto, difficilmente codificabili, verranno fornite alcune raccomandazioni basate su esperienze oramai consolidate, rimandando sempre e comunque alla professionalita' del progettista incaricato la scelta della tipologia d'intervento.

Come evidenziato precedentemente, le indagini e gli studi svolti nell'ambito delle attivita' di presidio territoriale finalizzate all'inquadramento del fenomeno, costituiscono la fase preliminare fondamentale per la scelta di ogni intervento.

L'accurata individuazione topografica del fenomeno, le conoscenze di base degli elementi di geologia, geomorfologia, geotecnica, rappresentano infatti l'indispensabile punto di partenza della progettazione.

Pertanto le verifiche condotte risulteranno di gran lunga piu' affidabili in funzione del grado e dell'entita' degli studi effettuati.

5.2 Criteri d'intervento

Nel nostro caso trattandosi di azioni di mitigazione del rischio dirette a rimuovere situazioni di dissesto connesse a fenomeni evolutivi di versante, il progetto delle opere per la stabilizzazione di un pendio puo' comprendere sia una serie di provvedimenti immediati di tipo temporaneo sia una serie di interventi successivi per la sistemazione definitiva.

Utilizzando questo tipo di approccio il professionista incaricato della progettazione degli interventi potra' optare, in alternativa ad un intervento massivo finalizzato ad una stabilizzazione definitiva del versante (i quali spesso danno effetti negativi), per un approccio flessibile ed economicamente gestibile in piu' annualita'.

Questo criterio permette anche di sviluppare nel tempo il progetto di consolidamento, commisurando l'entita' degli interventi successivi agli effetti di stabilizzazione man mano raggiunti nonche' in funzione dei finanziamenti che si rendono via via disponibili.

E' evidente che per tale tipo di approccio occorre disporre di un adeguato sistema di monitoraggio (gia' esistente o appositamente predisposto) che tenga sotto controllo essenzialmente l'efficacia delle opere di volta in volta realizzate.

Le opere devono essere dimensionate con una progettazione geologica e geotecnica redatta sulla base dei risultati degli studi e delle indagini indicate nei paragrafi precedenti ed in particolare tenendo in debita considerazione i contenuti del D.M. 11/3/88 e della relativa circolare esplicativa.

Cosi' come previsto dalla normativa vigente, andranno verificate le condizioni di stabilita' ( coefficiente di sicurezza) prima e dopo l'intervento, in modo tale da effettuare una correlazione tra l'intervento proposto e l'incremento di sicurezza conseguito (sia in termini tecnici che in termini economici).

Sempre in linea con quanto precedentemente evidenziato, il progetto che si andra' ad elaborare dovra' comprendere, oltre al programma di manutenzione di cui alla L. 415/98, un piano di misure e di controlli (monitoraggio - verifica e controllo) commisurato all'importanza ed alla natura dell'intervento.

Per quanto attiene la tipologia degli interventi di consolidamento, ricadendo questi nella sfera di autonomia professionale, come gia' evidenziato nel contesto delle presenti linee guida, si lascia ampia liberta' e responsabilita' ai professionisti incaricati sulla scelta e sulla natura degli interventi da porre in essere, fermo restante che questa scelta va basata su di una serie di indagini opportunamente realizzate per l'acquisizione dei dati di progetto.

Si ritiene opportuno evidenziare infine che, ove possibile, si potra' far ricorso ad opere di ingegneria naturalistica (vedi allegati) al fine di diminuire l'eventuale impatto ambientale dei manufatti in progetto.

Il Segretario Generale: POLITO
 
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